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Campionato di calcio Serie A stagione 2020/2021

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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Al Toro non basta Belotti:
l'Atalanta riparte con un poker da applausi



Doppietta del Gallo, ma la squadra di Gasp è un rullo:
Gomez, Muriel, Hateboer e De Roon a segno.
Primi tre punti per la Dea, Giampaolo resta a zero dopo due gare


Andrea Elefante

L'Atalanta è ancora una macchina da gol, il Torino non è ancora la macchina che Giampaolo sta assestando, secondo i suoi principi di calcio. La squadra di Gasperini debutta in campionato vincendo serenamente in rimonta - un'abitudine mantenuta - dopo il gol-illusione di Belotti, concedendosi momenti di grande calcio e ancora qualche errore difensivo di troppo. Il Toro non ha ancora la forza per approfittarne: sta in partita per un tempo, aggrappata a un Belotti sempre più leader, ma nella ripresa denuncia ancora un calo atletico e di convinzione, proprio di una squadra ancora in cantiere. I nuovi - Giampaolo ne ha schierati tre - sono ancora da inserire, le idee di gioco nascono imperfette rispetto al credo del tecnico.

LE SCELTE — Giampaolo lancia da titolari i nuovi laterali di difesa, Vojvoda e Murru, da cui non avrà il contributo sperato. Conferma Berenguer trequartista (preferendolo a Verdi) con la coppia Zaza-Belotti. Doppio centravanti (colombiano) anche per Gasperini, con Muriel e Zapata: trio offensivo completato da Gomez, il centrocampo è quello della scorsa stagione, mentre in difesa, con Romero e Djimsiti squalificati e Palomino in ritardo di condizione, fiducia al croato Sutalo, assieme a Toloi e Caldara.

PRIMO TEMPO — Due gol nei primi 13', preceduti da una traversa piena di Zaza che si beve Sutalo, ma poi sceglie il tiro di potenza invece che incrociato: il segnale della partita divertente e ricca di errori che sarà. Apre la partita Belotti: Rincon salta secco Gomez, che non lo insegue, Toloi per uscire su di lui molla il Gallo, che taglia come un coltello e infila Sportiello. Il Papu capisce che deve rimediare e ci mette meno di 2', anche perché Rincon lo imita, lasciandolo libero di scegliere e mirare un destro disegnato. È il momento in cui l'Atalanta prende saldamente in mano il governo della partita, tormentando il Torino sulla fascia sinistra - Vojvoda molto in difficoltà sul martello di Gosens - e con i cambi di gioco già sofferti a Firenze dai granata. Che cadono ancora al minuto 21' - cross di Gomez e fantastico destro incrociato di Muriel, scivolato alle spalle del fragile Murru - e rischiano di crollare al 42', quando il secondo assist di Gomez trova, ancora a destra, il rimorchio di Hateboer, senza che Murru (o Nkoulou in aiuto) riescano a intervenire. Ma il Toro, che aveva "visto" il possibile 2-2 al 28' (incursione di Berenguer che inspiegabilmente perde il tempo e non tira), ha se non altro carattere. Quello di Belotti, che tiene a galla la sua squadra appena un minuto dopo: Vojvoda dà il primo segnale di vita mettendo una palla in mezzo, Caldara viene scavalcato da un tentativo di intervento di Zaza, in agguato c'è ancora il Gallo che lascia sul posto Toloi e segna il 3-2 di testa.

SECONDO TEMPO — Chi si aspetta un Toro che completi la rimonta nella ripresa, trova quasi solo Atalanta, che gioca con consapevolezza sempre crescente. L'anteprima del 4-2 è un colpo di testa schiacciato fuori da Hateboer dopo solito cambio di fascia con Gosens, ma passa meno di un minuto prima che la squadra di Gasperini metta in frigo la vittoria: Muriel ha tutto lo spazio che vuole per leggere l'incursione centrale di De Roon, che completa con il gol sicurezza una gara da dominatore del centrocampo. E lì la squadra di Giampaolo si arrende, nonostante in cambi del tecnico, che si gioca le carte Lukic, Verdi e poi Millico, per disegnare un 4-3-3. Gasperini ha la panchina lunga e la usa, regalando il debutto anche a Mojica e Lammers, appena arrivati. Ma quello che conta di più è poter gestire le energie, governando in serenità la partita: mercoledì l'Atalanta va di nuovo in campo, a Roma contro la Lazio. Una promessa di grande calcio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 00:29
 
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Lazio, buona la prima.
Inzaghi fa festa con Lazzari e Immobile.
Cagliari k.o.



I biancocelesti hanno dominato il primo tempo (oltre al gol, palo di Correa),
poi nella ripresa i sardi hanno fallito il pari con Simeone e sono stati puniti dal bomber laziale


Stefano Cieri

Buona la prima. La Lazio comincia il campionato con una vittoria a Cagliari, sullo stesso campo dove nella scorsa stagione ottenne una vittoria rocambolesca che fu una tappa chiave della intera annata dei biancocelesti. Anche questo nuovo successo alla Sardegna Arena (il terzo consecutivo ottenuto sul campo dei sardi per la squadra di Inzaghi) può avere un risvolto che va oltre i tre punti. La Lazio era infatti reduce da un’estate piena di dubbi tra un mercato che non ha regalato troppi squilli ed un certo malumore dell’ambiente. I tre punti ottenuti fanno invece respirare la formazione romana alla vigilia del doppio difficile impegno con Atalanta e Inter. Il Cagliari rimedia invece la prima sconfitta dopo il pari ottenuto a Reggio Emilia col Sassuolo. Una battuta d’arresto che conferma i limiti attuali della squadra sarda, specie in difesa, evidenziati già contro il Sassuolo nonostante il risultato positivo. La squadra di Di Francesco concede troppo: l’inserimento di Godin (ieri rimasto in panchina) può aiutare l’ex tecnico di Roma e Sampdoria a migliorare la situazione.

UN GOL PER TEMPO — Vittoria limpida per la Lazio. La squadra di Inzaghi la sblocca subito, va al riposo con un solo gol di vantaggio nonostante tante occasioni costruite, poi rischia a inizio ripresa quando il Cagliari ha un sussulto e si divora il pari con Simeone, ma torna in cattedra nella seconda parte della ripresa trovando il raddoppio e sfiorando il tris. A rompere il ghiaccio ci pensa Manuel Lazzari dopo appena 4 minuti. L’ex Spal segna così il suo primo gol in campionato con la maglia della Lazio. Bravo Marusic a lavorare la palla quasi sulla linea di fondo e servirla poi al centro dove Lazzari, tutto solo, deve solo depositare in rete. Il Cagliari accusa il colpo e non riesce a reagire, la Lazio è padrona del campo. I biancocelesti, prima dell’intervallo, hanno una mezza dozzina di opportunità per raddoppiare, ma le falliscono. Un po’ per imprecisione, un po’ per la bravura di Cragno che si supera su Milinkovic e due volte su Immobile. In un’altra circostanza è invece Rog a negare il gol a Milinkovic. La Lazio rischia di pagare il conto di tanto spreco a inizio ripresa, quando il Cagliari si fa finalmente vedere dalle parti di Strakosha. L’occasione più ghiotta capita sui piedi di Simeone che spara alto, a porta spalancata, una palla respinta da Strakosha dopo un tiro di Joao Pedro. Inzaghi a quel punto corre ai ripari, toglie Leiva e mette dentro Escalante, poi sostituisce anche Correa e Milinkovic con Caicedo e Akpa Akpro. Il raddoppio arriva grazie al solito Immobile che sfrutta con un piatto chirurgico un altro assist di Marusic che arriva dopo una cavalcata strepitosa del montenegrino (che parte con un controllo di tacco). La partita finisce lì, anche se Pavoletti (al rientro nel finale di gara) prova a movimentarla con un paio di colpi di testa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 00:34
 
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È un Benevento da impazzire: SuperPippo rimonta la Samp e vince 3-2

La squadra di Ranieri sul 2-0 dopo 18’ (Quagliarella e Colley) subisce
la rimonta dei campani a segno con Caldirola (doppietta) e Letizia


Filippo Grimaldi


Da 0-2 a 3-2: chapeau, Benevento. Concordiamo: non è la stessa squadra di tre anni fa, su questo punto Filippo Inzaghi ha ragione e non lo certifica solo questo rocambolesco successo per tre a due al Ferraris con cui gli ospiti hanno ribaltato il doppio svantaggio iniziale, certificando la prima crisi della Samp. Certo, gli ospiti devono ritrovare un po’ di cinismo in più, mancato nelle fasi iniziali, in un campionato che si annuncia maledettamente divertente per Moncini e compagni, se queste sono le premesse. La Samp, invece, fa e disfa, illude e si spegne. Perché i blucerchiati (con il deb Candreva che ha impiegato poco ad inserirsi nei meccanismi della squadra servendo l’assist perfetto per il due a zero) sembrano chiudere la pratica dopo diciotto minuti – uno-due di Quagliarella e Colley e vittoria all’apparenza in cassaforte -, a conferma di un atteggiamento in avvio degli ospiti troppo rinunciatario, che costringe poi il Benevento a un lungo inseguimento. Ma non è così: la squadra di Ranieri, viceversa, doveva dimostrare come il modo in cui era maturata la sconfitta di Torino con la Juve, che tanto aveva irritato Ranieri, andava archiviato alla voce incidenti di percorso, ma su questo punto restano aperti molti dubbi. Il Benevento, invece, certifica che questa squadra dopo avere spadroneggiato in B può crescere anche in A, ma a patto di evitare disattenzioni come quella di Montipò costata la rete del primo vantaggio blucerchiato.

BOTTA E RISPOSTA — Ne è venuta fuori una gara gestita in larga parte sino all’intervallo da Quagliarella e compagni, anche se il Benevento avrebbe potuto riaprire la partita al 25’, quando Audero ha risposto con una respinta-capolavoro ad un colpo di testa di Moncini e poi si è ripetuto sette minuti dopo su Dabo. Alla squadra di Inzaghi va pure riconosciuto il merito di non essersi mai arresa, approfittando anche di un gioco blucerchiato alla distanza meno efficace. Così (33’) Caldirola ha firmato il suo primo gol in A, ridando fiato alle speranze del Benevento. Il primo tempo si è chiuso con la Samp avanti per due a uno e la ripresa ha confermato la difficoltà dei padroni di casa ad attaccare con efficacia la profondità. Blucerchiati meno propositivi del primo tempo, dunque, che hanno rischiato dopo ottanta secondi di subire il pari ospite, per un retropassaggio avventato di Colley intercettato senza fortuna da Insigne. Inzaghi ha provato a sfruttare di più gli esterni e il gioco ha funzionato: al 27’ angolo dell’ex Caprari e stacco vincente del capitano Caldirola. Due a due e gara che si riaccende nel finale: dopo venticinque secondi dal suo ingresso in campo Gabbiadini ha colpito il palo alla destra di Montipò e poi Jankto è andato a segno, ma in posizione irregolare. Mancava il tiro velenoso dalla distanza di Letizia che al 43’ ha portato il Benevento in paradiso. La Samp, però, deve fare un mea culpa grande così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 00:37
 
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È la solita pazza Inter: rimontona finale e Fiorentina battuta 4-3

Nei minuti finali Lukaku e D'Ambrosio in 2' ribaltano il risultato.
Grandissimo Ribery, in gol anche Kouame, Lautaro, autorete di Ceccherini, Castrovilli e Chiesa


Filippo Conticello


La seconda Inter di Conte, quella che dovrebbe dare l’assalto alla Juve, ha appiccicato dietro alle spalle il solito aggettivo, quello che assai poco piace al suo tecnico: è pazza. Folle, come un 4-3 finale in cui la Fiorentina, partita a razzo era stato prima rimontata da Lautaro e aveva poi contro-sorpassato i nerazzurri. Era un 2-3 impreziosito dalle giocate di Ribery, professore in giro per il campo, prima dell’uno-due nerazzurro tra l’87’ e ’89 figlio anche dei cambi che hanno dato benzina. D’Ambrosio è l’eroe della vittoria dopo i gol della solita Lu-La e regala a Conte una prima vittoria: sembrava insperata e penalizza una Viola che esce da San Siro a testa altissima.

L'AVVIO — Conte all’inizio sceglie una formazione più conservativa di quanto ci si aspettava: c’è Brozovic nei due centrali, mentre la freccia Hakimi è in panchina per far posto al più tattico Young. La Fiorentina, invece, trova nel 3-5-2 un vestito su misura: Chiesa può sgasare a tutta fascia, il genio di Ribery assiste davanti Kouamé, mentre in mezzo si sentono i centimetri e i chili di Amrabat tra i più virtuosi Bonaventura e Castrovilli. Al contrario, i redivivi Perisic ed Eriksen faticano a trovare il proprio posto in questa casa in costruzione. Se più avanti è un corpo estraneo, il danese sa rifinire con precisione quando si abbassa e ha più campo davanti. Il ruolo di esterno a tutta fascia è un mondo nuovo per il croato, che non riesce quasi mai a strappare negli ultimi metri.

INIZIO SHOCK — Trentasei giorni dopo lo psicodramma dell’Europa League, sfuggita sul più bello con tutto il successivo carico di tensioni, l’Inter sembra così intrappolata dentro allo stesso incubo. Con un gol regalato e primi minuti sui carboni ardenti. In avvio l’ordinatissima Viola di Iachini se la spassa nel festival di errori interisti e, su cross dell’ex Biraghi (di destro), ecco il patatrac difensivo al 2’: errore di posizionamento di Kolarov, poco a suo agio in marcatura, e Bonaventura può servire Kouamé per il più facile dei gol. Oltre alla difesa improvvisata, alcuni semplici passaggi sbagliati sono la spia di una certa ansia. Serve il miglior Handanovic per evitare la doppietta della punta: una Fiorentina così bella non è, però, figlia del caso, perché Iachini sta lavorando bene su un’ottima stoffa. Poi, pian piano, la squadra di Conte si desta dal torpore e inizia ad attivare, almeno in parte, la connection per la Lu-La: un rigore su Lautaro viene dato e poi tolto dal Var, ma è un segno di normalità ritrovata. Un attimo prima della fine del primo tempo il pari arriva con una delle più classiche giocate del Conte I: Lukaku, da centroboa, libera campo alle sue spalle e, dopo l’incursione del motorino Barella, Lukaku inventa la giocata dal limite.

FUOCHI D’ARTIFICIO — L’ispirazione del Toro si trascina subito nel secondo tempo con una azione tutta di forza e caparbietà, una di quelle che giustifica il soprannome che gli hanno appicicato: Lautaro difende la palla in area e riesce a tirare in qualche modo e, dopo la deviazione di Amrabat, causa la deviazione fatale di Ceccherini. L’autogol è solo un bagliore, una illusione nerazzurra: non mette la partita nei binari che si aspetterebbe Conte perché subito dopo cade il pareggio viola. Sull’incursione di Castrovilli, servito dal solito Ribery, Brozo è in ritardo ed è 2-2. Anzi, il francese imprendibile mette in porta Chiesa dopo una giocata fantastica in un contropiede da libri di scuola: l’azzurro fa l’ennesima sgroppata della partita e beffa Handanovic, ribaltando ancora una volta la frittata. La contro-rimonta è il segno che, tra i viola, non c’è solo qualità, ma anche spiccata personalità: servirà a Iachini per abitare le zone alte della classifica.

IL FINALE — Sul 2-3 Conte non può che fare marcia indietro rispetto all’11 iniziale: Hakimi, scalpitante in panchina, entra al posto di Young ed Eriksen, dopo l’ennesima prestazione deludente, lascia la trequarti al più produttivo Sensi. A quel punto l’asse dell’Inter pende sempre di più verso la metà campo della Fiorentina, anche a costo di rischiare ancora contropiedi: i nerazzurri recuperano l’ardore mancato e cominciano a macinare occasioni. Lukaku ne divora una di destro dopo aver ancora bullizzato Ceccherini, mentre Dragowski è miracoloso su Barella. Serve altro spirito guerriero: così, a un quarto d’ora dalla fine, esordisce Vidal e riassaggia la Milano nerazzurra Nainggolan. Escono Barella-Brozovic, i due centrali, e per passare a una disperata difesa a 4 deve entrare anche Sanchez al posto di Perisic: la deviazione dall’ortodossia contiana pagherà. Alla fine, dopo minuti a sbattere contro il muro, riesce pure a sfondare: il pari è di Lukaku, ma è il primo lampo di Hakimi che dà un gioiellino di assist al volo. Alla fine, però, Conte può portare in trionfo il fedelissimo D’Ambrosio che segna di testa l’incredibile 4-3. Più pazza di così, è difficile.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 00:43
 
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Spezia, amaro debutto in A.
Djuricic e Caputo show! E il Sassuolo cala il poker

Emiliani in gol anche con Berardi e Defrel.
La Var annulla tre reti a Caputo per fuorigioco.
Per i liguri la prima storica marcatura la firma Galabinov


Guglielmo Longhi


La prima in A finisce in incubo: lo Spezia è durato oltre un’ora prima di arrendersi a una squadra più forte e più organizzata. Il Sassuolo. Ci sta, troppo la differenza come valori tecnici e come esperienza.

FIAMMATA — Lo Spezia col 4-3-3 di ordinanza comincia bene (tiro di Gyasi parato), ma è una fiammata di pochi minuti, perché il Sassuolo prende in fretta il comando. Logico: gioca a memoria con il il 4-2-3-1 super collaudato e non ha 8 debuttanti in A (più Italiano e diventeranno 9 con Ferrer) come gli avversari. Il gol arrivato in tempi brevi potrebbe indirizzare la sfida, ma come vedremo, non sarà così: minuto 12, lancio lungo di Ferrari a scavalcare il centrocampo, Djuricic controlla di sinistro, si ferma, salta con un tunnel il frastornato Sala e batte Zoet col destro. Lo Spezia accusa il colpo e al 20’ potrebbe crollare: Caputo si libera in area dopo un assist di petto di Ferrari (non si quanto voluto). Dell’Orco, in ritardo, sembra tenere in gioco il centravanti. O forse no, visto che Ghersini prima convalida poi ferma tutto, chiamato dal Var. Tre minuti di attesa e l’arbitro decide di annullare. Poi ci ripensa un’altra volta e non fa riprendere. Ci sono problemi di audio con la sala Var, altri tre minuti di stop prima delle decisione definitiva.

LA REAZIONE — Lo Spezia si rianima e si riorganizza, grazie soprattutto a Federico Ricci (il gemello Matteo siede sulla panchina del Sassuolo). E’ proprio lui a innescare Galabinov con un perfetto cross da destra, il gigante bulgaro, dimenticato da Chiriches, fa una gran movimento e di testa infila Consigli. Si riparte ma nel finale il Sassuolo potrebbe passare: punizione di Locatelli, il pallone deviato da Gyasi in barriera finisce sull’incrocio, ma Chiriches sulla respinta manda fuori di testa.

IL CROLLO — Nel secondo tempo, succede però quello che Italiano temeva: la sua squadra crolla sotto il peso dell’inesperienza. Il campanello d’allarme è il salvataggio di Sala sulla linea (10’), subito dopo viene annullato il secondo gol a Caputo, poi arriva (19’) il giusto rigore per fallo di Zoet su Caputo: segna Berardi. La partita finisce adesso. Dopo due minuti, Defrel colpisce con una bella girata di sinistro dopo l’ennesimo errore di Dell’Orco. Visto annullare il suo terzo gol (!), Caputo ne segna finalmente uno regolare. Debutto col poker, povero Spezia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 22:52
 
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Il primo gol in A di Favilli stende l'Udinese: Verona primo a punteggio pieno

I veneti vincono 1-0 grazie ad una zampata del giovane scuola Juventus.
I friulani colpiscono due traverse per tempo, una con Becao e l'altra con Samir


Francesco Velluzzi


Una partita vinta a tavolino con la Roma, un’altra conquistata (1-0) con l’Udinese con un rimpallo fortunoso, sul quale, però, Andrea Favilli conclude da opportunista nel modo migliore e l’Hellas Verona è primo in classifica a punteggio pieno dopo due giornate. Fortuna sì, ma nel calcio vince chi segna e l’Udinese, che sembra abbia una miglior compattezza, ha preso due traverse ma non è riuscita. concretizzare (sbagliando l’impossibile) quella che a inizio ripresa sembrava una partita facile da prendere. Per come Rodrigo De Paul si sta imponendo su tutti. E invece, ecco il Verona operaio di Tameze (una bella new entry) e Faraoni, di Veloso e Barak, l’ex al veleno che voleva fare una gran figura. E il pubblico del Bentegodi se ne va in festa. Sono pochi gli invitati nella Tribuna Est, ma si fanno sentire.

PRIMO TEMPO — Juric dà ancora fiducia al giovane Lovato tra i tre dietro e dà fiducia anche a Samuel Di Carmine in attacco, supportato da Barak che diventa titolare e Zaccagni. L’Udinese è quella annunciata con il turco-tedesco Arslan che prende il posto in mezzo lasciato libero dall’infortunato Walace. Il Verona parte a razzo sostenuto dalle urla di Juric, l’unico in maglietta in uno stadio in cui fa freddo davvero a fine settembre. Aggressività, pressione totale con le punte che azzannano i difensori bianconeri che sono esperti (Samir è un po’ in difficoltà) ed escono bene. Dopo 7’ Zaccagni, liberato da una combinazione Di Carmine-Barak, può portare l’Hellas in vantaggio, ma angola troppo e il pallone finisce a lato di pochissimo. Cetin di testa manda alto, ma poi è Lasagna, imbeccato da Coulibaly che si invola e sbaglia la mira. Piace il senegalese apprezzato da Gotti per intraprendenza e dinamismo. Si gioca con intensità e aggressività e con tanti falli sui quali spesso l’arbitro Volpi sorvola un po’ troppo. Tecnica poca, ma al 35’ Tameze colpisce bene al volo e manda fuori, al 37’ il pezzo di bravura è di Rodrigo De Paul, sul quale il Verona in mezzo crea assembramento chiudendolo anche con tre uomini. Stavolta ne fa fuori un paio, ma trova pronto Silvestri che respinge. Al 40’ Juric deve sostituire Di Carmine, infortunato con Favilli. Ma nel recupero è ancora l’Udinese che sfiora il vantaggio. Sulla punizione del solito De Paul svetta Becao e Silvestri si salva mandando la palla con la testa sulla traversa e in angolo.

SECONDO TEMPO — Si riparte da dove si era cominciato con De Paul che diventa inarrestabile: quando parte non lo fermano. E al 5’ su suo calcio d’angolo Samir centra la traversa. Ma il Verona esce dal torpore e al 10’ Musso si supera su Faraoni che 2’ dopo contribuisce fortunosamente al vantaggio dell’Hellas: Barak semina Samir, crossa e il pallone finisce sul corpo di Faraoni e da lì arriva a Favilli che anticipa Becao: 1-0. Gotti cambia subito dentro Forestieri e Ouwejan per Arslan e Zeegelaar. Ma il gol è una mazzata, l’Udinese perde smalto, non riesce a reagire rabbiosamente. Anche se Silvestri si salva due volte prima su un maldestro tocco di un compagno e poi sul tiro di Ouwejan. Gotti ricorre anche alle tre punte inserendo (tardi) Nestorovski. La mossa produce una mischia in area su imbeccata di Coulibaly sulla quale lo sciagurato Lasagna spedisce alto. Ultimo sussulto di una partita che manda già in altissimo il Verona. A sorpresa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 22:56
 
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No Ibra, no problem! Il Milan passeggia a Crotone e scopre Brahim Diaz



Un rigore di Kessie e il gol dello spagnolo piegano i calabresi
e lasciano i rossoneri, privi dello svedese, a punteggio pieno.
La brutta notizia per Pioli è l'infortunio di Rebic che rischia di essere serio


Marco Pasotto

La conferma è che senza Ibra, allora, si può. Siamo al secondo indizio, dopo quello di coppa, e per il momento può bastare. Il Milan si sbarazza del Crotone 2-0 senza particolari affanni, resta a punteggio pieno, dà continuità al lungo filotto senza sconfitte (superata la serie da 16 di Ancelotti nel 2008) e raccoglie altro coraggio in vista del playoff di Europa League che giovedì metterà in palio la fase a gironi del torneo. Il Crotone aveva invece l'obbligo, morale e di classifica, di cancellare i quattro ceffoni col Genoa. Stroppa aveva chiesto meno timidezza, in attesa del mercato in cui confida di vedere potenziata la sua rosa. Ma, soprattutto nel primo tempo, non è stato accontentato. Punti zero, gol fatti uno, gol presi sei: strada già parecchio in salita. Il Milan si è presentato in Calabria con un doppio esordio dall'inizio, ovvero Tonali (sacrificato Bennacer, non in grande spolvero in questo avvio di stagione) e Brahim Diaz (al posto di Castillejo ma piazzato a sinistra, con Saelemaekers più a proprio agio dall'altra parte), che parevano ancora indietro di condizione per poter essere schierati dal primo minuto ma che evidentemente negli ultimi giorni hanno convinto Pioli. In avanti Rebic è stato preferito a Colombo: per il 18enne protagonista della magica serata di coppa giovedì scorso, il palcoscenico sarà ancora l'Europa League nel playoff di giovedì. Per Stroppa è stato un tuffo nel passato: mai incontrati i rossoneri da allenatore. Fra i rossoblù da registrare il debutto dal primo minuto per il neo acquisto Dragus, partner d'attacco di Simy, e l'esordio assoluto di Pereira, arrivato in settimana.

PRIMO TEMPO — Il Crotone si è confermato squadra che sa muoversi abbastanza bene con la palla fra i piedi in fase offensiva, ma risulta troppo perforabile quando viene attaccato. Il problema è che nel primo tempo è mancato anche il filtro della mediana, dove Tonali (buona la prima dall'inizio) e Kessie, con l'aiuto prezioso dei ripiegamenti di Saelemaekers, hanno comandato il gioco quasi senza sosta. Una frazione praticamente a senso unico, perché le (poche) ripartenze dei calabresi (a favore di vento, piuttosto forte), ben orchestrate, si sono poi perse al momento di concludere. Solo Messias ha dato l'impressione di avere idee davvero chiare e la rabbia agonistica giusta per tutto il match. Il fulcro rossonero è stato ancora una volta l'ubiquo Calhanoglu, da cui è passato il novanta per cento dei palloni in fase offensiva, grazie alla sua abilità di trovare spazi fra mediana e trequarti. Il piede di questi tempi è caldissimo, e infatti Hakan prova a tirare ogni volta che ne ha l'opportunità. Per due volte ha scaldato le mani di Cordaz, poi al 20' dalla bandierina l'ha messa sulla testa di Kjaer: traversa.

BRAHIM — In un paio di occasioni si è visto anche Brahim Diaz, prove generali per un secondo tempo da protagonista. Il gol è arrivato alla scadere di tempo: lancio lungo di Hernandez per Rebic, che ha trovato l'unico spunto dei primi 45, liberandosi di Marrone col tacco in area. Steso, rigore netto e inutili le proteste calabresi per un presunto controllo del croato col braccio, visionato dal Var. Kessie in scioltezza e uno a zero. Nella ripresa i rossoneri hanno ulteriormente legittimato la supremazia dopo cinque minuti, con una bella azione Calhanoglu-Saelemaekers sulla destra, che ha fatto pervenire il pallone sui piedi di Brahim Diaz a pochi passi da Cordaz: lo spagnolo si è girato in un lampo e ha infilato.

AHI REBIC — La tegola della giornata milanista è caduta all'11', quando Rebic correndo accanto a Magallan è rovinato a terra: molto brutta l'immagine, con il gomito sinistro uscito visibilmente dalla sede. La diagnosi parla di lussazione, ridotta immediatamente in spogliatoio, prima di andare in ospedale per accertamenti. Al suo posto Colombo. Dopo il raddoppio comunque il Diavolo si è praticamente fermato, lasciando campo agli avversari, che si sono rinfrancati ma non sono riusciti a impensierire davvero Donnarumma. Un calo di tensione, quello rossonero, magari per certi versi comprensibile, ma anche molto pericoloso perché al tramonto della sfida mancava ancora parecchio. La buona notizia è stata il rientro fra i ranghi di Leao (dentro negli ultimi minuti) dopo l'assenza per Covid. Con la penuria di attaccanti che c'è in questo momento a Milanello, il portoghese dovrà rendersi utile il più in fretta possibile.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 23:00
 
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Napoli devastante: 6-0 al Genoa! Segnano tutti tranne Osimhen

Tutto facile per la squadra di Gattuso a segno con Lozano (doppietta), Zielinski.
Mertens, Elmas e Politano. Ansia per Insigne, uscito dopo pochi minuti per un fastidio muscolare


Maurizio Nicita


Peccato ci siano soltanto mille spettatori, perché il Napoli dà spettacolo al San Paolo e si presenta domenica prossima in casa della Juve a punteggio pieno, dopo aver segnato 8 gol senza subirne. Certo il Genoa ha resistito solo un tempo, mostrando grandi limiti, ma sicuramente questo Napoli sta mostrando di avere qualità e competitività per come lo schiera Gattuso.

IL CAMPO REGGE — Alla fine si gioca, il maltempo che ha imperversato in Campania da venerdì alla fine, nonostante i danni, consente di giocare anche perché la tenuta del terreno di gioco del San Paolo è ottima. Gattuso opta per la versione più offensiva del 4-2-3-1 con sei giocatori offensivi. Maran risponde schierando subito i nuovi acquisti Luca Pellegrini e Pjaca e stringendo una linea a 5 difensiva per sopportare l’urto dell’attacco azzurro.

SUBITO LOZANO — Ma dura solo 10’ la resistenza. Con i magnifici quattro attaccanti tutti protagonisti nello sbloccare la partita. Perché Insigne e Mertens duettano prendendo in mezzo il povero Zappacosta. Il belga crossa bene, Osimhen in mezzo è trattenuto fisicamente da Goldaniga ma dietro sbuca con un tempestivo taglio Lozano e il messicano segna. Il Napoli ora manovra con armonia e crea diverse occasioni, col Genoa in difficoltà soprattutto ad arginare un vivacissimo Osimhen.

INSIGNE FUORI — Peccato, per gli azzurri, che il tutto duri poco più di 20’ perché Insigne esce per infortunio: sospetto stiramento ai flessori della coscia sinistra. Gattuso preferisce inserire in quel ruolo Elmas che si disimpegna bene ma non ha le stesse caratteristiche del capitano. Il Genoa mette il naso fuori appena può ed è soprattutto Pellegrini a spingere a sinistra. Da uno dei suoi cross, rimpallato, Lerager si ritrova a dover tirare un rigore in movimento ma il danese scivola incredibilmente e sfuma l’occasione più pericolosa dei rossoblù che arrivano qualche altra volta al tiro dalla distanza con Zappacosta.

CROLLO GENOA — Nella ripresa pronti via e l’azione più bella che passa da Elmas, con un tacco di Osimhen che smarca di tacco Zielinski il quale dopo aver avviato l’azione la conclude pure. I liguri perdono compattezza e il Napoli comincia ad infierire. Con Mertens, poi ancora con Lozano, dunque con Elmas entrato davvero bene in partita anche con un assist (a Lozano) e infine con Politano. Gattuso si diverte anche a cambiare le posizioni del suo 4-2-3-1 con Zielinski ed Elmas che giocano sottopunta. Al festival del gol manca solo Osimhen ma il Nigeriano come a Parma ha lasciato un’ottima impressione. Il Genoa invece forse si era illuso dopo il poker col Crotone. Maran ha invece tanto da lavorare per dare compattezza alla sua squadra.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 23:04
 
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Ronaldo salva una brutta Juve: con la Roma finisce 2-2

Doppiette di Veretout e CR7 con un rigore a testa.
I giallorossi sprecano e non sfruttano la superiorità numerica (rosso a Rabiot)


Andrea Pugliese


Doveva essere la partita di Edin Dzeko, l’uomo più atteso di tutti per i mille intrecci di mercato che l’hanno coinvolto nell’ultimo mese. Ed invece alla fine è diventata soprattutto la partita di Jordan Veretout e Cristiano Ronaldo, che con una doppietta a testa hanno marchiato a fuoco questo Roma-Juventus. Il 2-2 finale, a conti fatti, rende giustizia al campo, anche se alla Roma resta il rammarico di non aver gestito il vantaggio in superiorità numerica (davanti a Dan e Ryan Friedkin). E, soprattutto, di non aver chiuso i conti ad inizio ripresa proprio con Dzeko, con il bosniaco che di fatto ha sprecato sul palo la palla del possibile 3-1. Per la Juve, invece, tantissime difficoltà in mediana, nella fase di costruzione. Lì c’è da lavorare ancora molto, anche se poi la bilancia tende in positivo per orgoglio e capacità di reazione. Quando tutto sembrava infatti terribilmente difficile, la squadra di Pirlo ha reagito all’espulsione (ingenua) di Rabiot e portato a casa un punto prezioso.

JORDAN SHOW — Come annunciato, Fonseca vara una Roma formato fantasia, con l’arretramento di Pellegrini in mediana per migliorare la qualità nel palleggio e nella costruzione dal basso. Ma molto offensiva è anche la Juventus, con Pirlo che si gioca la carta-Morata dal via, con il conseguente arretramento di Kulusevski a fare il tornante a destra e lo spostamento di Cuadrado dalla parte opposta (a galleggiare tra esterno di centrocampo e quarto di difesa). La mossa però non paga, perché Kulusevski è una gemma in fase offensiva, ma fatica un po’ quando c’è da coprire. Così la Roma spinge spesso a sinistra con Spinazzola, il lato destro è quello debole dello schieramento juventino, anche se le difficoltà maggiori sono in mediana: la coppia Rabiot-McKennie soffre troppo nella costruzione e nell’inventiva (con Bentancur in panchina). Dall’altra parte, invece, Dzeko è il punto di riferimento, Pedro e Mkhitaryan attaccano bene gli spazi e Veretout è il solito giocatore da box to box: corre, recupera e riparte. Ne viene fuori una partita dove all’inizia si fatica a giocare, anche perché le due squadre sono molto corte e pressano forte sui primi portatori. Mkhitaryan, all’improvviso, al 13’ potrebbe anche rompere gli equilibri, ma dopo aver fatto quasi 50 metri di campo palla al piede spreca su Szczesny in uscita. Poi è Dzeko a protestare per un presunto fallo di Chiellini a campo aperto, con il bosniaco (che però trattiene per primo la maglia dell’avversario) lanciato da solo verso la porta avversaria. Così a sbloccare il risultato arrivano due rigori, uno per parte, entrambi per fallo di mano: Veretout realizza quello concesso per fallo di Rabiot, Ronaldo risponde con quello concesso per il mani di Pellegrini. Sembra tutto finito, in attesa dell’intervallo. Ed invece su una punizione a proprio favore la Juventus si fa trovare scoperta: Dzeko lancia Mkhitaryan in contropiede, l’armeno trova al centro Veretout che non fallisce e fa 2-1. Ma lo sbilanciamento bianconero è di quelli clamorosi e sottolinea come i meccanismi in casa bianconera vadano ancora molto oliati.

JET CRISTIANO — Nella ripresa ci si aspetta qualcosa di diverso da parte dei bianconeri, con Pirlo che dopo 13 minuti prova a cambiare le carte in tavola buttando dentro Douglas Costa e Arthur per Morata (evanescente) e McKennie. Cambia poco, però, la Juve non trova mai né profondità né la qualità che cerca nella manovra. Anzi, poco prima dei due cambi è Dzeko a sfiorare il 3-1 (palo esterno con la porta spalancata), in una partita in cui il bosniaco si trova mille volte a duellare corpo a corpo con Chiellini. L’espulsione (doppio giallo) di Rabiot complica ancora di più i piani dei bianconeri, che passano così ad un 4-3-2 (che poi diventerà 4-4-1, con Kulusevski a pendolare alle spalle di Ronaldo). Con l’uomo in più, la Roma si dedica al possesso palla, cercando di sfruttare l’ampiezza del campo e lavorando soprattutto sulle corsie esterne. Pirlo allora a metà ripresa butta dentro anche Bentancur e al 24’ viene premiato, con Ronaldo che sale fino in cielo e di testa fa 2-2 su un cross pennellato alla perfezione da Danilo. Nel finale la superiorità territoriale dei giallorossi non produce poi nulla di particolare, con le squadre che si dividono la posta in palio. Per Fonseca un esame in positivo, per Pirlo un punto prezioso.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/09/2020 23:08
 
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Soriano show, Mihajlovic sorride: 4-1 del Bologna al Parma

Nell'ultima gara della seconda giornata il centrocampista segna
una doppietta e serve a Skov Olsen l'assist del k.o, al 94' segna Palacio.
La rete di Hernani evita un passivo pesantissimo ai gialloblù, che chiudono in 10 per l'espulsione di Iacoponi


Andrea Tosi


Gran poker del Bologna che vince facile il derby regionale punendo un Parma partito forte e poi crollato sotto i gol di Soriano e compagni. Mihajlovic cambia coi giovani il suo Bologna: dentro il 18enne Hickey, lo scozzese al debutto assoluto, al posto dello squalificato Dijks e Skov Olsen sulla corsia di Orsolini, scalato in panchina. Il Parma ripresenta Gervinho e punta su Dezi come "falso nueve" in un sistema che all'inizio getta scompiglio nella difesa rossoblù. Dopo 1'20" infatti Tomiyasu deve murare in extremis la battuta a colpo sicuro di Gervinho dopo un prolungato dribbling dell'ivoriano che mette a sedere mezza difesa avversaria. Poi Karamoh mette in porta Brugman ma il pallonetto di testa del centrocampista argentino viene bloccato da Skorupski, uscito coi tempi giusti per evitare guai. Il Bologna sembra soffrire ma intanto comincia a crescere Hickey che assume molte iniziative con grande personalità. Da un corner di Barrow nasce l'improvviso vantaggio dei padroni di casa: sulla parabola del gambiano prolungata in area irrompe Soriano il cui colpo di testa viene bloccato da Sepe oltre la linea del gol. Il Parma incassa il colpo ne approfitta per piazzare il raddoppio ancora con un destro dal limite di Soriano, fortunato prima su un rimpallo e poi sulla deviazione di Bruno Alves che mette fuori causa Sepe. Il Parma reclama un rigore per un mani sospetto di Tomiyasu in scivolata su Karamoh ma nella sostanza non crea pericoli mentre dall'altra parte Hickey si guadagna la fiducia dei compagni che lo cercano di continuo negli scambi in profondità e in appoggio.

LA RIPRESA — All'intervallo il 2-0 premia la squadra che ha più voglia di vincere. Nella ripresa il Parma accentua il pressing, Gervinho cerca la corsa ma arriva il tris di Skov Olsen su assist di Soriano, match winner del Dall'Ara tra gli applausi dei mille tifosi in tribuna. Cominciano i cambi: dentro Siligardi per Dezi, calato dopo il grande inizio. Un rinvio svirgolato di Skorupski a difesa aperta consente a Hernani di accorciare le distanze allungando la serie di partite del Bologna con almeno un gol al passivo. Gli ospiti però non prendono slancio anzi si complicano di più la vita con l'espulsione di Iacoponi. Nel recupero arriva il quarto centro rossoblù di Palacio che ribadisce la sua tradizione anti Parma: per il Trenza è l'11° gol in carriera rifilato alla squadra gialloblù dal 2009 ad oggi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
29/09/2020 23:34
 
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