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Campionato di calcio Serie A stagione 2021/2022 (quello dei Campioni d'Europa)

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 13:28
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Juve, ecco la prima vittoria.
Ma che sofferenza con lo Spezia

In vantaggio con Kean, i bianconeri si fanno rimontare da Gyasi e Antiste.
Ma sono proprio i discussi Chiesa e De Ligt a firmare aggancio e sorpasso della squadra di Allegri


Livia Taglioli


E alla fine la Juve trovò la sua prima vittoria in campionato. Ma è stata una storia tesa, tutt’altro che scontata, contro uno Spezia mai domo. La trama sembra essere la solita: Juve in vantaggio, avversario prima in rimonta poi addirittura in sorpasso. Ma stavolta il finale è diverso: Chiesa firma il 2-2, De Ligt il 3-2 finale al Picco. Proprio loro due, i destinatari dei più recenti strali allegriani, hanno risolto e deciso il match, dopo che Kean aveva firmato il vantaggio bianconero e Gyasi e Antiste le reti liguri. Se la Juve non trova il clean sheet per la 19ª gara consecutiva in campionato, almeno un tabù è rotto: il secondo tempo da terra di conquista degli avversari per la prima volta diventa culla del gol juventino, e persino della vittoria. Ora in classifica i punti sono 5, in 5 gare. Sempre pochi, ma possono significare la svolta.

PRIMO TEMPO IN EQUILIBRIO — Le preannunciate novità di formazione fioccano al Picco: in difesa trovano spazio De Ligt (con Chiellini lasciato a Torino, febbricitante) e De Sciglio, con Chiesa sulla destra nel poker di centrocampo, lì dove McKennie dà a Locatelli un turno di riposo, e Kean in avanti, a far rifiatare Morata, recuperato ma in panchina. Nello Spezia si contano sei assenze, con Thiago Motta che schiera un 4-2-3-1 capace di chiudere tutti gli spazi e tenere compattissime le linee. Esattamente la situazione tattica che la Juve soffre di più, tanto che il primo tempo fa registrare parità non solo nel risultato ma anche negli equilibri in campo. La Juve si muove con ordine, prudente e circospetta, ma anche zavorrata dall’imperativo non solo morale dei tre punti. La squadra non decolla: non corre rischi, colleziona calci d’angolo, De Ligt manda alto di poco, ma la costruzione è poco fluida, gli spazi ristretti ma soprattutto impenetrabili, nonostante McKennie insista nelle verticalizzazioni e Chiesa stantuffi da par suo sulla destra, con più disciplina del solito. Capitan Dybala, alla 200ª volta da titolare con la Juve, fin qui si vede pochissimo, assorbito da un oscuro lavoro di raccordo, Chiesa è l’unico che provi l’affondo o il cambio di passo, spesso in coppia con Danilo. Per il resto è Juve prevedibile, cauta nel palleggio, più attenta a restare coperta che impegnata a costruire azioni offensive corali. Lo Spezia non trova difficoltà nell’evitarsi rischi, e trascorre una mezz’oretta di sostanziale tranquillità. Ci pensa Kean a vivacizzare la gara: al 28’ raccoglie un assist di testa di Rabiot e infila Zoet con un rasoterra. La sua ultima rete bianconera era arrivata nell’aprile 2019 contro la Spal, 893 giorni fa. Ma il sollievo dura poco: al 33’ Gyasi inventa un destro vincente da posizione angolata e firma l’1-1. Dybala dà un segno di vitalità chiamando Zoet a una deviazione in angolo non banale, e il primo tempo finisce qui.

AGGANCIO E SORPASSO — La ripresa parte con due cambi: dentro Alex Sandro e Locatelli, fuori De Sciglio e Bentancur. Ma la sorpresa arriva dallo Spezia: dopo 4’ il 19enne Antiste, che nella passata stagione giocava nella seconda divisione francese, sfugge a Bonucci e De Ligt e di destro batte Szczesny. Per la Juve, inchiodata ai suoi due punti in classifica, si fa davvero dura. Prova la reazione immediata Kean, ma un suo colpo di testa viene respinto d’istinto da Zoet, poi Chiesa serve l’accorrente McKennie che conclude alto dal limite. La Juve si riversa nella metà campo avversaria, ma, come già nel primo tempo, non dà l’impressione di dominare, nonostante il possesso di palla sia ampiamente a suo favore. Al quarto d’ora Morata subentra a Kean, Dybala affila il sinistro (Zoet bravo a respingere), ma il pericolo più grande arriva da Maggiore, che sfiora il 3-1: Locatelli salva a Szczesny battuto. Sul capovolgimento di fronte, al 22’, Chiesa riporta il match sul 2-2 con un destro di rabbia, in scivolata e inverte il trend del match. Bernardeschi prende il posto di Rabiot, la gara è ora un flipper impazzito. Ma il gol che spariglia la gara, al 27’, è di marca bianconera, con De Ligt che di destro supera Zoet. Lo Spezia non ci sta, la gara diventa sofferenza pura, i palloni diventano pesantissimi, per dirla alla Max Allegri. Ma la forza di reazione della Juve è premiata, nel finale Szczesny salva il risultato con una parata-miracolo su Maggiore e la Juve festeggia i primi tre punti in campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
22/09/2021 23:36
 
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Riecco Di Francesco, poi la perla di Stulac: Empoli, che colpo a Cagliari!

Bella prova dei toscani, che vincono con merito con un gol per tempo.
Nel finale Henderson sfiora il tris: sarebbe stato un eurogol



Dopo la clamorosa vittoria dello Stadium, si erano perse le tracce dell'Empoli. Ma la squadra di Andreazzoli infila un altro colpo esterno fondamentale, anche questo non esattamente atteso. I toscani infatti vincono 2-0 a Cagliari, e il verdetto è indiscutibile. Brutto stop per i sardi, che dopo il bel pari dell'Olimpico steccano.

LA PARTITA — Andreazzoli ha coraggio, perché in un passaggio delicato attua un ampio turnover: in difesa ci sono Romagnoli e il baby Viti, mentre l'attacco è quello di scorta, composto da Pinamonti e Federico Di Francesco, redce da un lungo periodo di anonimato. Riposa anche Bajrami. Meno cambi per il Cagliari, che forse anche per questo perde in brillantezza rispetto all'Olimpico. Subito meglio l'Empoli: Pinamonti e Di Francesco lisciano sottoporta, poi è proprio il figlio di Eusebio a sbloccarla su assist di Haas e dormita della difesa sarda. Il Cagliari fatica a costruire e lascia anche spazi: l'unico vero sussulto è di Keita in avvio di ripresa, che colpisce il palo interno a Vicario battuto. Dopo un mezzo spreco di Pinamonti, la chiude il nuovo entrato Stulac con un missile da fuori area. La galleria di gioielli dell'Empoli non finisce qui: Henderson colpisce una traversa immaginifica da metacampo, avendo visto Cragno fuori dai pali. Sarebbe stato un serio candidato alla palma di gol dell'anno. Ma ad Andreazzoli va benissimo così.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
22/09/2021 23:39
 
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Il Milan aggancia l'Inter in testa:
Diaz ed Hernandez stendono il Venezia

I rossoneri passano nella ripresa dopo un’ora molto complicata contro un avversario chiuso.
Decisivi i cambi di Pioli, in particolare l’ingresso di Theo e Saelemaekers.
In attesa del Napoli, il Diavolo è di nuovo in testa con l’Inter


Marco Pasotto


Mancava ancora questo scenario, e allora adesso lo si può dire: il Milan è cresciuto e si è fatto adulto in tutte le circostanze. E’ maturato contro le grandi, nella gestione delle partite, nello sviluppo del gioco e ora anche contro le piccole rinchiuse nel bunker: senza andare troppo lontano, negli ultimi due anni i rossoneri faticavano maledettamente a scollare le difese più arroccate. Contro il Venezia il Milan ha usato l’arte della pazienza (che ormai stava iniziando a venir meno) e Pioli quella dei cambi, decisivi nell’imprimere un’accelerazione diversa a una squadra che man mano si stava accartocciando su se stessa nel tentativo di avvicinarsi alla porta veneta. A San Siro è finita 2-0 con gol di Diaz ed Hernandez, autore anche dell’assist allo spagnolo e grande protagonista del match pochi minuti dopo essere entrato. Soprattutto, il Milan si tiene incollato all’Inter, con cui torna provvisoriamente in cima alla classifica in attesa del Napoli. E lo fa senza otto giocatori e senza incassare gol. Un inizio d’autunno che regala sorrisi grandi così al mondo rossonero e lascia invece nell’ombra la Laguna. A un certo punto il Venezia ha iniziato ad annusare il profumo di un punticino d’oro, ma con una partita giocata quasi costantemente nella propria metà campo è logico mettere nel conto di poter capitolare.

LE SCELTE — Pioli ha confermato il turnover immaginato alla vigilia – Florenzi per Saelemaekers, Bennacer per Kessie, Gabbia per Tomori -, ma anche stavolta non è mancata la sorpresa: in questo caso è stata il debutto dal primo minuto di Ballo-Touré al posto di Hernandez, che fin qui non aveva saltato nemmeno un minuto e ha vissuto un avvio di stagione è stato abbastanza opaco. Una linea difensiva quindi tutta nuova: Kalulu, Gabbia, Romagnoli e Ballo-Touré. Scelte ovviamente obbligate anche dal lungo elenco di indisponibili. Rispetto alla Juve non ha recuperato nessuno, nemmeno Giroud: otto giocatori inutilizzabili tra infortunati e a corto di condizione (Messias). Davanti, quindi, straordinari per Rebic e Leao, così come per Tonali in mediana. Zanetti, sempre privo di Lezzerini (in porta Maenpaa), in difesa ha confermato al centro l’ex rossonero Caldara e Ceccaroni, reduce dal gol allo Spezia, mentre a destra si è piazzato Ebuehi. Molinaro ha vinto il ballottaggio con Schnegg a sinistra. Il tecnico dei veneti ha cambiato sul centro destra, con Aramu e Peretz al posto di Okereke e Crnigoj. Ma ha cambiato anche il centravanti, preferendo Forte a Henry. Conferma per Johnsen a sinistra.

IL PROBLEMA DEL NUMERO 9 — Ed è stato proprio a sinistra che il Venezia, nelle rarissime occasioni in cui c’è riuscito, ha provato a distendersi e avvicinarsi alla porta di Maignan. Il primo tempo dei veneti in fase offensiva è riassumibile in un solo episodio, al 45’, quando Peretz ha mancato per pochi centimetri la deviazione vincente di testa su una spizzata in area di Forte. Il resto è stato soltanto fase difensiva perché il Milan si è installato nella metà campo avversaria. Copione chiaramente prevedibile, che però non ha portato grandi vantaggi. E’ un vecchio problema che Pioli non è ancora riuscito a risolvere e ha afflitto il Diavolo anche la scorsa stagione: contro le squadre chiuse a doppia mandata, i rossoneri spesso faticano a scardinare il chiavistello. Un po’ per colpa del giro palla prevedibile – in questo caso non particolarmente lento, ma leggibile troppo facilmente -, un po’ per le assenze. Perché Rebic non è un centravanti e ama muoversi e spaziare. Il croato è stato, per distacco, il migliore del Milan nella prima frazione, ma i compagni hanno faticato ad approfittare dei suoi movimenti. Risultato: area spesso sguarnita di maglie rossonere e tanti, troppi cross – per quanto ben eseguiti e potenzialmente pericolosi – smarriti nel cuore dell’area. Un grande spreco, ma senza un vero uomo d’area il copione è stato questo. Leao per esempio ha messo in mezzo un paio di palloni velenosi, da cui il Venezia è uscito indenne perché non sono stati sufficienti gli inserimenti del Milan: in una circostanza non ci sono arrivati per un soffio prima Ballo-Touré e poi Florenzi. Già, ma Rebic e Diaz dov’erano? Le linee strette dei veneti hanno chiuso gli spazi soprattutto allo spagnolo. Occasioni concrete per i rossoneri: Rebic ha sprecato di testa su un’uscita malsana di Maenpaa, Kalulu e Florenzi hanno sfiorato il palo dalla destra.

INGRESSI DECISIVI — La ripresa non ha modificato l’inerzia della gara. Milan avanti tutta, cercando ancora di più l’ampiezza, ma in partite simili occorre maggiore cattiveria quando arriva la palla buona. E’ il caso di Diaz, servito da Rebic al centro dell’area: il 10 rossonero si è ritrovato da solo ma ha sprecato alzando malamente la mira. Al quarto d’ora triplo cambio simultaneo di Pioli: Tomori per Gabbia, Hernandez per Ballo-Touré e Saelemaekers per Florenzi (dall’altra parte Henry per Forte e Crnigoj per Peretz). Cambio che ha ravvivato la manovra rossonera e dato modo a Diaz di farsi perdonare: Saelemaekers per Bennacer, lancio profondo e calibrato per Hernandez, cross al volo per l’inserimento di Brahim, sfuggito a Ceccaroni. Un gol che porta per metà la firma dei nuovi entrati. A quel punto, cancellati i fantasmi di una gara stregata, il Milan si è sciolto. A un quarto d’ora dalla fine Pioli ha offerto la gioia del debutto a Pellegri (al posto di Rebic), ma la scena se la sono presa di nuovo gli ultimi entrati: giocata spettacolare di Saelemaekers che ha messo Hernandez davanti alla porta, siluro di sinistro e due a zero. A quel punto, partita in cassaforte e ansia praticamente azzerata di fronte ai tentativi veneti di riaprire il match. Sabato il Diavolo farà visita allo Spezia, un’altra piccola: la partita dello scorso campionato (2-0 per i liguri) è il monito migliore.

Fonte: Gazzetta dello Sport
22/09/2021 23:44
 
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Osimhen è una furia,
Napoli show anche con la Samp:
4-0 ed è di nuovo 1° da solo

A Genova gli uomini di Spalletti segnano due volte col nigeriano e anche con Ruiz e Zielinski.
Ospina tiene la porta inviolata


Filippo Grimaldi


Controsorpasso. Il Napoli mette la freccia, piazza per la terza volta nella sua storia il quinto successo di fila in cinque partite di campionato, e tiene a due lunghezze le milanesi. Al Ferraris (0-4 il finale, con doppietta di Osimhen e reti di Fabian Ruiz e Zielinski) la squadra di Spalletti conferma di non avere in questo momento alcun punto debole, trascinata dal nigeriano in stato di grazia e da un impianto di gioco praticamente perfetto. Dove, appunto, idee, piedi buoni e una forza fisica straripante si fondono in modo ideale. La Samp ha fatto quel che ha potuto: D’Aversa aveva parlato chiaro, dicendo ai suoi che contro una corazzata come quella azzurra non sarebbero stati concessi errori.

FIAMMATE SENZA FORTUNA — Così i blucerchiati, che pure erano partiti con il piede giusto, si sono arresi. Caputo (3’) ha messo paura a Ospina, ma partendo da posizione di fuorigioco. I padroni di casa hanno mostrato orgoglio e coraggio, tenendo inizialmente il Napoli nella propria metà campo, anche se alla prima ripartenza Osimhen è andato vicinissimo al vantaggio trovando Audero decisivo nella respinta (7’). Ma il vantaggio del Napoli era solo questione di tempo. Tre minuti ancora lui, Osimhen, confermando il suo straordinario momento di forma, ha colpito a rete sul cross di Insigne aprendo la goleada della capolista. Blucerchiati orgogliosi, però, con Ospina bravo a evitare il pari sampdoriano di Candreva su una conclusione deviata da Koulibaly. Ci ha provato poi ancora Lozano innescato da uno straripante Osimhen, poi è stato Silva (19’) a impegnare Ospina. Gara bella e vibrante, a ritmi altissimi, con i blucerchiati più efficaci sulla destra, dove Candreva ha confermato di avere una marcia in più dei compagni, e gli ospiti capaci di verticalizzazioni improvvise, pronti a colpire con il loro tridente. Osimhen, sempre è andato a segno (rete annullata), poi Lozano è riuscito provvidenzialmente a murare Yoshida. Ma non poteva bastare questa vivacità dei padroni di casa per sorprendere un Napoli gigantesco anche sul piano della personalità. Audero decisivo su Insigne, ma un minuto (39’), sugli sviluppi di una combinazione Lozano-Insigne, il rasoterra violento di Fabian Ruiz è andato a bersaglio.

DISCORSO CHIUSO — Troppo pesanti i due gol da recuperare. Manolas in campo per Rrahmani infortunato, ma il Napoli al 5’ dilaga. Tre a zero firmato ancora da Osimhen, che chiude una combinazione Zielinski-Lozano. Vittoria in cassaforte, e allora D’Aversa fa rifiatare Quagliarella lanciando Torregrossa, ma la gara è senza storia. Napoli tritatutto, e dopo un quarto d’ora dal via della ripresa Zielinski, pescato sempre dal messicano, fa quattro a zero. Osimhen, troppo egoista, spreca il pallone del cinque a zero, ma la musica non cambia mentre entrambe le squadre cambiano pelle e la Samp fa debuttare Ciervo. I blucerchiati vanno in rete al 28’ a chiusura di una combinazione Candreva-Caputo-Candreva, ma l’ex Sassuolo è in fuorigioco e l’arbitro Valeri annulla. Finisce con Osimhen e Insigne (due assist per lui, come per Lozano) che danzano sotto lo spicchio di curva napoletana. La festa è qui, e può durare ancora a lungo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/09/2021 00:00
 
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Pjaca ci ha preso gusto, ma Immobile
nel recupero beffa un bel Toro

Come contro il Sassuolo, il croato entra e segna,
ma il centravanti al 91’ su rigore evita la sconfitta alla Lazio


Mario Pagliara


Il rigore trasformato da Immobile al 91’ ha decisamente il sapore della beffa per il Toro di questa sera, che aveva aperto le ali dopo il vantaggio firmato Pjaca (76’). L’uno a uno lascia ovviamente amarezza in Juric, suona come un pericolo scampato per Maurizio Sarri che ha seguito la sfida dalla tribuna (squalificato). I granata escono dallo stadio tra gli applausi del proprio pubblico, perché restano le immagini di un Toro bello e travolgente, che inizia a fare paura. La terza vittoria consecutiva è sfuggita all’ultimo secondo, ma la prestazione è stata impressionante per forza, determinazione, occasioni da gol create (7 pulite, con almeno 3 parate prodigiose di Reina). Aveva fatto sognare Marko Pjaca, per la seconda partita di fila eletto a spacca partita: subentrando aveva marchiato a fuoco la sfida in casa del Sassuolo di venerdì, per poco non si è ripetuto anche ieri sera. Questo Toro non muore mai, è indiavolato fino al novantesimo, e non è un caso se sei degli otto gol realizzati finora in campionato siano arrivati nel quarto d’ora finale. E la Lazio? Non si è visto praticamente nulla del sarrismo, è stata arroccata e schiacciata nella propria metà campo. E’ riuscita a tirare in porta per la prima volta all’88’ con un colpo di testa di Immobile, frutto di una carambola. E ringrazia l’intervento scomposto di Djidji nel finale se torna a Roma con un punto.

PRESSIONE TORO — Un po’ alla volta Ivan Juric comincia a trovare le tracce a conferma che la sua creatura sia stata pervasa dall’identità e dallo spirito desiderati dal suo allenatore. Dopo la goleada contro la Salernitana e il blitz di Reggio Emilia, anche il primo tempo di questo giovedì sera torinese conferma un Toro in salute, che mette in evidenzia ferocia ed intensità abbinate a una ottima struttura organizzata. A metà gara, a tratti, il Toro ha dominato il campo. E’ solo per un pizzico di imprecisione e per i meriti di Reina se i granata non mettono una ruota avanti all’intervallo. Dall’altra parte continua invece la difficoltà di questa Lazio nell’assorbire le richieste di Maurizio Sarri: a metà partita, nessun tiro nello specchio di Milinkovic da parte degli ospiti. Ma soprattutto, i proverbiali concetti del sarrismo proprio ancora non si vedono.

SANABRIA IN CATTEDRA — In partenza poche sorprese nel Toro: Linetty vince il ballottaggio con Lukic, c’è per la prima volta la coppia Pobega-Mandragora in regia. Stupisce invece la Lazio, con 4 cambi rispetto all’undici annunciato: panchina per Leiva, Milinkovic, Pedro e Lazzari. Dentro Marusic, Cataldi, Akpa-Akpro e il baby Raoul Moro (classe 2002). Il Toro gioca con impeto i primi venti minuti e gli ultimi venti del primo tempo, nel mezzo la Lazio non riesce mai a risalire la corrente o a riorganizzarsi. Si affaccia timidamente verso l’area granata solo sfruttando un paio indecisioni degli uomini di Juric: come al 10’, quando Milinkovic sbaglia la traiettoria del passaggio, Immobile intercetta e prova un pallonetto dalla lunga distanza che non ha né la forza né la precisione. Per il resto, i biancocelesti nel primo tempo finiscono schiacciati dalla pressione granata. Il primo squillo del Toro è firmato da Brekalo (9’), conclusione dalla distanza senza fortuna. Ma è nel finale che sale in cattedra Sanabria: al 38’ approfitta dell’errore in disimpegno di Marusic, ma il suo diagonale esce. Al 42’ l’occasione più ghiotta: la testa di Sanabria sbuca su un cross di Aina dalla sinistra, chiamando al super intervento Reina, aiutato anche dalla traversa.

PJACA SPACCA PARTITA — A inizio ripresa Sarri corre ai ripari: dentro Pedro per Moro e Milinkovic per Luis Alberto. La prima folata offensiva è proprio della Lazio con l’incursione di Felipe Anderson , ma Pedro in scivolata non riesce a deviare in porta una palla solo da spingere dentro. Nei successivi otto minuti il Toro arriva due volte alla conclusione: prima il tiro di Linetty, poi la zuccata di Sanabria, Reina è sempre attento. E mentre è il Toro a fare sempre la partita, all’ora di gioco arrivano le prime mosse di Juric, che getta nella mischia Ansaldi (per Aina) e Lukic (per Mandragora). Ci mette poco, anzi pochissimo, il fuoriclasse argentino di cui il Toro può disporre sulla sinistra. Rivedere per credere quello che combina al 25’: prima delizia il pubblico con una serie di finte e controfinte che mandano in tilt tre difensori della Lazio, pochi secondi dopo scarica un sinistro che senza l’intervento prodigioso di Reina (in angolo) avrebbe concluso la corsa all’incrocio. Per l’assalto finale, Juric inserisce Pjaca (per Brekalo) e Rincon (per Linetty), avanzando Lukic sulla trequarti. E’ la mossa che spacca la partita, perché due minuti dopo (31’) Marko Pjaca si fa trovare puntuale all’appuntamento con il gol sul cross di Singo. E’ il meritato vantaggio del Toro. Il croato si costruisce, quattro minuti dopo, anche la palla del raddoppio, ma Reina sfoggia la terza super parata della serata e dice di no ancora a Pjaca. E sull’angolo successivo il colpo di testa di Bremer non inquadra per pochi centimetri la porta. Al 91’ la beffa per il Toro: Djidji interviene in maniera scomposta su Muriqi, per Abisso è rigore. Dal dischetto Immobile non sbaglia. Il punto punisce il Toro, è troppo per la Lazio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
[Modificato da binariomorto 24/09/2021 00:07]
24/09/2021 00:04
 
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La Roma batte l'Udinese 1-0 e torna quarta.
Ma perde Pellegrini per il derby



Decide un gol di Abraham dopo un buon primo tempo.
Nella ripresa emergono i friulani che tengono il controllo della partita,
nel finale espulso il capitano che salterà la Lazio


Massimo Cecchini

Il calcio spettacolo è un’altra cosa, però Roma e Udinese è una partita vibrante, che rilancia i giallorossi i piani alti della classica e condanna l’Udinese alla seconda sconfitta di fila. Tutto questo grazie a un 1-0 santificato da un gol nel primo tempo di Abraham, che non ha disdegnato, nella ripresa, anche a dare una mano nei ripiegamenti. I friulani, principalmente nel secondo tempo, grazie ai cambi costruiscono gioco, però danno l’impressione di non avere un bomber che capitalizzi il lavoro svolto dagli altri. Il neo per la Roma è che domenica perderanno per il derby capitan Pellegrini, espulso nel finale.

SIGILLO DI ABRAHAM — Rispetto alla gara di domenica a Verona, Mourinho in avvio cambia solo un uomo, mentre Gotti - con un giorno in meno di riposo dopo il match col Napoli - ne avvicenda due. In partenza è la Roma che fa la partita, cercando di spingere forte nei primi minuti. Non è un caso che già al 4’ una conclusione di Mkhitaryan colpisce il palo esterno alla destra di Silvestri e quattro minuti più tardi, su azione d’angolo dalla sinistra, Cristante allunga il pallone calciato da Pellegrini verso il palo sinistro, su cui va a sbattere il colpo di testa di Zaniolo, in posizione defilata. Progressivamente, però, i friulani prendono le misure alle sgroppate dei padroni di casa, il cui ritmo lento riesce solo a liberare alla conclusione una volta Pellegrini, ma Silvestri blocca senza problemi. In avanti, comunque, l’Udinese stenta a farsi pericolosa, se si eccettua per un paio di guizzi firmati da Deulofeu. Il paradosso però arriva al 36’ quando, con la Roma in dieci per via del fatto che Mancini era a bordo campo per farsi medicare un taglio sullo zigomo, Calafiori parte in contropiede sulla fascia; l’impressione che Molina possa contenerlo, ma l’argentino lo perde goffamente e così il terzino mette al centro dove Abraham, sfruttando anche un errato movimento di Nuytinck, è puntuale all’appuntamento con primo gol all’Olimpico in campionato (il terzo stagionale). Il vantaggio spinge i bianconeri a uscire dal guscio, ma senza troppe idee. Solo un’accelerazione di Deulofeu, al 41’, costringe Rui Patricio alla risposta sul cross dell’attaccante, a quel punto è bravo Mancini ad anticipare Pussetto, che di testa avrebbe realizzato a porta vuota.

PELLEGRINI, CIAO DERBY — L’avvio di ripresa è al cloroformio, con i giallorossi che congelano il pallone cercando di provocare il pressing dei friulani - che invece a lungo non arriva - per cercare spazi. Solo al 17’ un bella di Makengo libera Udogie, il cui tiro non va lontano dal palo sinistro di Rui Patricio. Fuori un Molina totalmente negativo e il generoso ma sterile Pussetto, l’Udinese inserisce Soppy e Beto. Proprio Soppy, al 23’, si libera bene, ma conclude alto da buona posizione. I bianconeri però prendono campo, sfondando soprattutto a sinistra, dove viene adattato Ibanez per l’uscita di Calafiori. Così al 28’ Deulofeu conclude da posizione defilata, impegnando in tuffo Rui Patricio. L’inerzia alla fine è tutta per la squadra di Gotti, che negli ultimi minuti è anche in superiorità numerica per il secondo giallo a Pellegrini causato da una presunta gomitata a Samardzic. Il finale è ansiogeno per i colori giallorossi, che però non rischiano troppo, visto che l’unica conclusione nello specchio della porta è di Deulofeu, bravo al 46’ a impegnare Rui Patricio su punizione. Morale: pur soffrendo vince la Roma, ma per restare nei piani alti dovrà fare di più.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/09/2021 00:11
 
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SERIE A 2021/2022 5ª Giornata (5ª di Andata)

21/09/2021
Bologna - Genoa 2-2
Atalanta - Sassuolo 2-1
Fiorentina - Inter 1-3
22/09/2021
Salernitana - Verona 2-2
Spezia - Juventus 2-3
Cagliari - Empoli 0-2
Milan - Venezia 2-0
23/09/2021
Sampdoria - Napoli 0-4
Torino - Lazio 1-1
Roma - Udinese 1-0

Classifica
1) Napoli punti 15;
2) Inter e Milan punti 13;
4) Roma punti 12;
5) Atalanta punti 10;
6) Fiorentina punti 9;
7) Lazio e Bologna punti 8;
9) Torino e Udinese punti 7;
11) Empoli punti 6;
12) Juventus e Sampdoria punti 5;
14) Sassuolo, Verona, Genoa e Spezia punti 4;
18) Venezia punti 3;
19) Cagliari punti 2;
20) Salernitana punti 1.

(gazzetta.it)
24/09/2021 00:19
 
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Maldini-Diaz da sogno: il baby Milan ritorna in vetta!

I rossoneri vincono 2-1 in casa dello Spezia.
Per Daniel era l’esordio dal primo minuto in A: in tribuna la gioia di papà Paolo.
Poi il pareggio di Verde (deviazione decisiva di Tonali) e la rete vincente di Diaz, appena entrato


Marco Pasotto


Le mille forme del Milan. Anche quando non ci sono i centravanti o, come stavolta, il centravanti non riesce a incidere, il Diavolo sa di avere tante strade diverse per arrivare in porta. E le usa sapientemente tutte. A La Spezia Pioli si è preso pure la soddisfazione di vedere in gol Daniel Maldini, al debutto da titolare in A, 13 anni dopo l’ultima rete di papà Paolo e 60 anni dopo l’ultima di nonno Cesare.

Il Milan non ha meritato particolarmente la vittoria sul piano del gioco e delle occasioni, ma è stato ammirevole nel reagire al pareggio di Verde arrivato a dieci minuti dal 90’, trovando la forza e soprattutto lo spirito di riportarsi avanti con Diaz. E occhio all’anagrafe dei gol. Il primo: cross di Kalulu (2000) e rete di Maldini (2001). Il secondo: cross di Saelemaekers (1999) e rete di Brahim (1999). Un inno al progetto e a un futuro che appare disegnato sempre più sulla pelle del Diavolo. Nota di merito anche per Pioli: la rete da tre punti è arrivata di nuovo da un giocatore entrato dalla panchina. Lo Spezia (tre k.o. su tre gare casalinghe) esce ancora tra gli applausi come con la Juve, ma anche stavolta a bocca asciutta: un peccato, considerata la produzione offensiva dei liguri, sciagurati però sotto porta.

LE SCELTE — Di fronte, due squadre alle prese con svariati problemi di infermeria. Coperte corte in diverse zone del campo per Thiago Motta e Pioli. Il tecnico dello Spezia rispetto alla scorsa partita infatti non ha recuperato nessuno e un paio di rotazioni nel 4-2-3-1 sono state inevitabili. Davanti alla difesa, confermata in blocco, è tornato Sala accanto a Bourabia (preferito a Ferrer), mentre al centro dell’attacco si è rivisto Nzola, con Antiste – reduce dal gol alla Juve – a destra e la conferma di Maggiore e Gyasi. Verde in panchina. Pioli, anche in ottica Champions, ha dato una bella rimescolata cambiando sei undicesimi rispetto all’undici iniziale col Venezia. In difesa sono tornati Tomori ed Hernadez, in mediana Kessie, sulla trequarti Saelemaekers da una parte, Rebic dall’altra (Leao fuori) e soprattutto la grande novità Daniel Maldini al posto di Diaz: per il figlio d’arte è stato il debutto in campionato da titolare, evento a suo modo storico 67 anni dopo l’esordio del nonno e 36 dopo quello di papà. Novità anche al centro dell’attacco, col ritorno di un centravanti di ruolo come Giroud.

CONCRETEZZA — Il problema per Pioli è stato che nei primi 45 nessuno è riuscito a servirlo. Né con una giocata singola, tanto meno facendogli arrivare la palla con azioni manovrate, che è poi la vera forza di una squadra in cui il collettivo è molto più importante delle individualità. Il Milan anche stavolta si è ritrovato impantanato presto nella ragnatela avversaria, ma rispetto alla partita col Venezia ha dovuto vedersela con un problema in più perché lo Spezia, a differenza dei veneti, si buttava nella metà campo rossonera ogni volta che poteva. E infatti negli ultimi venti metri è stato più concreto del Milan, pasticcione nella gestione della palla e nella scelta non solo dell’ultimo passaggio, ma anche del penultimo. Particolarmente opachi Kessie, Saelemaekers e Rebic (tanti palloni sbagliati per il croato), mentre Maldini dopo un avvio di personalità è sparito di scena. Se aggiungiamo che Hernandez in fascia doveva vedersela con un pessimo cliente come Antiste, che lo ha costretto a una inevitabile prudenza, ecco spiegati gli stenti rossoneri, incapaci di cambiare passo. Anche stavolta il giro palla non è stato particolarmente lento in sé per sé, ma prevedibile, effettuato in modo scolastico. Senza guizzi capaci di creare apprensione allo Spezia (giusto un tiro sbilenco di Tonali da buona posizione), che invece ne ha create più d’una a Maignan con i movimenti di Antiste, un paio di conclusioni velenose di Nzola, ma soprattutto con un contropiede in superiorità numerica dilapidato da Nzola e soci: nessuno si è preso la responsabilità di tirare, tutti hanno traccheggiato e alla fine Kalulu ha risolto la situazione sradicando la palla dai piedi di Nzola.

TESTIMONE SCOMODO — Nell’intervallo Pioli ha provato a correre ai ripari: fuori Giroud e Rebic, dentro Pellegri e Leao. Il portoghese è stato subito protagonista, con un paio di spunti che hanno spaventato lo Spezia e hanno preceduto di pochi secondi il gol rossonero: minuto numero 3, azione ben avviata dal portoghese, cross impeccabile di Kalulu e testa vincente di Maldini, abile a prendere il tempo a Hristov. In tribuna, il sorriso e la felicità negli occhi del papà sono stati una meravigliosa cartolina di famiglia. Il vero spacca partita però è stato Leao, particolarmente ispirato: al 12’ ha preso un palo con un visionario pallonetto a giro, poi ha sprecato davanti a Zoet. In mezzo, lo Spezia ha nuovamente dilapidato davanti a Maignan. Anzi, senza Maignan perché sul cross di Bastoni si è avventato Maggiore che ha incredibilmente spedito alto in area piccola a porta vuota. E’ stata una partita divertente nella ripresa perché i liguri hanno cercato con insistenza il pareggio e il Milan ha goduto di spazi maggiori rispetto ai primi 45 (fuori Maldini al quarto d’ora, dentro Bennacer con Kessie sulla trequarti). Lo Spezia ha riacciuffato il Milan a dieci minuti dalla fine con un’azione caparbia di Verde, polmoni freschi e spunto che gli hanno permesso di liberarsi dalla marcatura di Hernandez e concludere di sinistro. Il resto l’ha fatto uno stinco di Tonali: deviazione netta e decisiva, Maignan spiazzato e 1-1. A quel punto della partita per molti sarebbe stato uno schiaffo difficile da cui riprendersi. Ma ecco invece il nuovo Milan. Quello con una mentalità ulteriormente rafforzata, spinto dal desiderio di non accontentarsi e passare uno scomodo testimone a Napoli e Inter. Come col Venezia è stato decisivo Saelemaekers, con un’azione travolgente da sinistra che ha liberato al tiro – comodo – Diaz, entrato da poco. Zoet di nuovo battuto, Milan di nuovo coi tre punti in tasca grazie ai cambi di Pioli. Ora all’orizzonte prima della sosta ci sono Atletico Madrid in Champions e Atalanta in campionato: sarà un’altra settimana di passione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/09/2021 10:26
 
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Gol, pali, rigori sbagliati, Var e polemiche:
che 2-2 tra Inter e Atalanta! E gode... il Milan



Partita incredibile a San Siro: Lautaro porta subito avanti i suoi, Malinovskyi e Toloi la ribaltano.
Nella ripresa pareggia Dzeko, Dimarco sbaglia un rigore e a Piccoli
viene cancellato il gol vittoria in un caldissimo finale.
I rossoneri soli in testa per una notte


Luca Taidelli

Un match incredibile che alla fine fa felici solo le rivali scudetto. Ma Inter e Atalanta devono essere orgogliose di avere regalato uno spettacolo avvincente dal primo all'ultimo minuto. A San Siro Lautaro porta subito avanti i padroni di casa, Malinovskyi e Toloi la ribaltano. Nella ripresa pareggia Dzeko, mentre negli ultimi minuti prima Dimarco sbaglia un rigore, poi a Piccoli viene cancellato dalla Var il gol vittoria. Di fatto quattro partite in una -con tanto di record di conclusioni: 40! -, ma intanto (aspettando il Napoli) il Milan allunga e dorme una notte in testa da solo. E l'Inter interrompe a 18 la striscia di vittorie interne consecutive in campionato.

LE SCELTE — Inzaghi, che non ha convocato Correa, punta su Dzeko e Lautaro e a destra preferisce Darmian a Dumfries per il delicato duello con Gosens. Sull'altra fascia c’è Perisic, che incrocerà Zappacosta. Gasp recupera Pessina e lo piazza alle spalle di Zapata e Malinovskyi. Demiral titolare dietro, panchina per Djimsiti.

SFURIATA E RIBALTONE — Spesso in affanno all'alba degli altri match stagionali, l'Inter stavolta parte tarantolata. Due tackle consecutivi di Calhanoglu per esempio non si erano mai visti. Così come non s'era mai vista la Dea presa a sberle sui cambi gioco e sugli esterni. Al 3' Dzeko si mangia il vantaggio sul traversone di Darmian sporcato a centro area, ma subito dopo Lautaro (tenuto in gioco da Freuler) si avventa sul solito cross di Barella - 5 assist, il secondo per il Toro dopo il gol in fotocopia alla Samp - e fa esplodere il Meazza con una rasoiata al volo a fil di traversa. L'Atalanta sembra in trappola, perché se alza il baricentro si espone alle ripartenze avversarie. Dzeko e Lautaro si intendono a meraviglia, ma il bosniaco sbaglia il controllo del 2-0. Dopo un quarto d'ora però la musica inizia a cambiare. La mediana si sveglia e Zapata fa un gran lavoro sporco per far salire anche gli esterni. Manca presenza in area, che però può diventare relativa se hai Malinovskyi. L'ucraino prima affila il mancino con angoli velenosi (Brozovic al 26' si immola su Pessina) e poi al 30' dipinge un capolavoro dai 25 metri su cui Handanovic non può arrivare. Meno irreprensibile invece il portiere al 38' quando, dopo un gol mangiato da De Vrij in mischia, respinge sui piedi di Toloi un'altra sassata di Malinovskyi. Match ribaltato anche psicologicamente, perché i padroni di casa perdono lucidità nelle uscite, scambiano Dzeko per Lukaku servendolo in profondità sulla corsa, mentre la Dea ritrova l'antica sicurezza, facendo correre a vuoto Brozo e compagni.

LA RIPRESA — Nessun cambio nell'intervallo, con Handanovic che deve subito murare Pessina per evitare il tracollo. Maresca al 5' si inventa un mani di Skriniar e veleno Malinovskyi su punizione innesca la deviazione di Zapata: palo interno e poi Bastoni mura il colombiano. L'Inter barcolla, ora arriva sempre dopo sulle seconde palle e non riesce mai ad allargare il gioco. Calha sbaglia una lettura in ripartenza e lascia il posto a Vecino. Stessa sorte per l'ammonito Bastoni e per Darmian, dentro Dimarco e Dumfries. Il match si accende perché l'Inter non ci sta e prova ad alzare i giri. Vecino esalta Musso, Dimarco sui piazzati è la risposta a Malinovskyi e da corner Dzeko va vicino al 2-2, prima che Lautaro manchi la porta di un nulla sulla smanacciata di Musso da tiro cross di Barella. Ora è Gasp che cerca un cambio di marcia con Djimsiti, Ilicic e Piccoli per Pessina, Malinovskyi e Zapata, con Zappacosta che si alza nel tridente. Mossa che dura un amen, perché si fa male Palomino, entra Maehle e Djimsiti si abbassa. Il tempo di riassestarsi e l'Inter pareggia al termine dell'ennesima azione a falange sulla sinistra. Musso vola sul mancino di Dimarco, ma Dzeko sul tap-in non perdona. Apparecchiato un finale stupendo, in coda a una partita che già ne contiene tre. L'Inter ne ha di più, ma gli equilibri contiani saltano e Maehle in contropiede prova lo scherzetto. Le ultime cartucce sono Sanchez per Lautaro e Pasalic per Zappacosta. Handanovic dice di no a Ilicic. Demiral fa una pazzia, colpendo il pallone di mano per anticipare Dzeko. Rigore che però Dimarco stampa sulla traversa. Ma i colpi di scena non sono finiti. Perché su un pasticcio di Dumfries Piccoli fredda Handanovic. Sembra la beffa, ma in precedenza il pallone era uscito oltre la linea di fondo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/09/2021 10:30
 
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Che show a Marassi! Destro ribalta il Verona,
Kalinic al 91' ferma il Genoa americano



Sotto 2-0 per i gol di Simeone e Barak, la squadra di Ballardini
nel finale si porta sul 3-2 con Criscito e la doppietta dell'attaccante.
In pieno recupero il colpo di testa del croato vale il pareggio


Filippo Grimaldi

Fuochi d’artificio e sei gol nell’anticipo del Ferraris fra Genoa e Verona (3-3 il finale). Doveva essere la notte della festa dei nuovi padroni americani del Grifone di 777 Partners, che prima del fischio d’inizio hanno raccolto il primo applauso sotto la gradinata nord, sfiorata dai rossoblù di Ballardini dopo il sofferto recupero da 0-2 a 3-2, prima che Kalinic di testa in pieno recupero regalasse il pari finale ai veneti, che conquistano così il quinto punto in tre gare della gestione-Tudor.

Il Genoa ha pagato nel primo tempo le poche scelte di Ballardini e un atteggiamento poco efficace nella mediana, dove la squadra ha faticato parecchio. Rossoblù rinnovati rispetto a Bologna: Ballardini rinuncia a Vanheusden, Biraschi parte titolare e in mezzo fuori Touré e dentro Melegoni trequartista nell’ormai consueto 4-2-3-1, con Kallon largo a destra e Farés sulla fascia opposta. Tudor rivoluziona l’attacco: fuori Kalinic e Caprari, spazio a Lasagna e Simeone, la coppia offensiva supportata da Barak nel 3-4-1-2 di Tudor.

AVVIO SPRINT — I padroni di casa partono a ritmo altissimo, vanno vicino al gol con un sinistro di Criscito (2’), e schiacciano il Verona nella sua metà campo. Ma a sorpresa va in vantaggio il Verona: all’8’ Simeone stacca alto di testa sulle spalle di Cambiaso al limite dell’area piccola), dopoché Ilic aveva saltato Maksimovic sulla fascia destra. Il gol mette le ali ai veneti, il Genoa fatica a riorganizzarsi, ma il Verona continua a spingere forte sugli esterni. La squadra di Ballardini non convince: Destro è troppo isolato, destro da solo fatica. Al 27’ Cambiaso calcia da lontano, ma fuori misura. Barak in azione di disturbo sui due mediani del Genoa rallenta le ripartenze rossoblù. Poco dopo la mezz’ora Ballardini passa al 5-3-2, abbassando Fares e alzando Kallon al fianco di Destro. Ma cambia poco: Badelj (36’) ha il pallone giusto dal limite, calciando però malissimo.

LA RISCOSSA — Ballardini dopo l’intervallo piazza però Pandev a rinforzare l’attacco (fuori Cambiaso), con Behrami in mezzo al posto di uno spento Melegoni, ma i rossoblù incassano il raddoppio ospite al 3’: ingenuo Maksimovic, che colpisce da dietro Simeone appena entrato in area rossoblù e dopo il penalty check Doveri assegna il rigore: Barak spiazza Sirigu e fa due a zero. Il Genoa non va e quando si fa male Biraschi chiude tutti i cambi. Sirigu salva due volte su Lasagna e Barak, poi la gara cambia. Dawidowicz (30’), che ingenuità, tocca di mano sul cross di Pandev per Destro. Rigore, Criscito fa centro e riapre la gara: cinque minuti dopo una punizione di Rovella trova Destro che stacca altissimo di testa e fa centro, statica la difesa ospite. Due a due e rossoblù trasformati. Ancora l’attaccante innescato da Pandev firma il 3-2 con un pallonetto morbido sull’uscita di Montipò. Finale caldissimo, il Verona non ci sta e al 46’ Kalinic su assist di Casali dalla destra sigla il definitivo 3-3. Che gran divertimento.

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/09/2021 10:34
 
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