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Campionato di calcio Serie A stagione 2019/2020

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Milenkovic-gol, la Fiorentina non si ferma più.
Anche l’Udinese k.o.

Terza vittoria consecutiva per i viola, che passano con un colpo di testa del difensore.
In attesa delle partite del pomeriggio Montella irrompe in zona-Europa.
Annullato dalla Var un gol a Nestorovski, espulso Tudor


Giovanni Sardelli


Non si ferma più la Fiorentina, giunta al terzo successo consecutivo ed in grado di allungare a cinque la striscia dei risultati positivi. E’ servito un balzo di Milenkovic per sfondare il muro dell’Udinese, in grado di reggere molto bene fino a venti minuti dal termine. Montella conferma la formazione capace di battere il Milan a San Siro con Ribery e Chiesa davanti senza una vera prima punta di ruolo. Di punte vere Tudor ne schiera addirittura due con Nestorovski a far coppia con Okaka. Dentro anche De Paul dopo la lunga squalifica.

MATCH BLOCCATO — Udinese comunque molto chiusa, viola senza sbocchi offensivi e così la gara fila via senza emozioni eccetto un colpo di testa di Pezzella schiacciato e poi terminato alto. Al 34’ Nestoroski insacca da due metri sugli sviluppi di un corner, ma il pallone era finito al centravanti grazie al braccio di Opoku. Dopo il controllo Var, Prontera annulla giustamente. Lo stesso Nestorovski due minuti più tardi è abile a salvare sulla linea una girata di Castrovilli. Logico lo 0-0 all’intervallo

SBLOCCATA — Nessun cambio, ma Viola più feroce nella ripresa. Dopo 10 minuti occasionissima per la Fiorentina con il retropassaggio sbagliato di Ekong che lancia in porta Chiesa, Musso si esalta e respinge. Tudor, prima di essere espulso per proteste, cambia davanti. Fuori Nestorovski, dentro Lasagna per sfruttare la velocità in contropiede. Montella risponde con Benassi per Badelj. La Fiorentina alza il ritmo ma non riesce a sfondare e così si affida ai calci piazzati. E proprio su corner passa con un gran colpo di testa di Milenkovic in anticipo su Okaka e Opoku. L’Udinese reagisce immediatamente con Lasagna lanciato in velocità, Dragowski è prodigioso nel deviare in angolo. I viola congelano il risultato grazie ad una prova maiuscola del terzetto difensivo e così la sosta sarà dolce per la squadra di Montella. Udinese discreta dietro ma poco propositiva davanti. Tattica che alla fine non ha pagato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
06/10/2019 14:56
 
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Atalanta, dolce ritorno!
Tris col Lecce nel rinnovato Gewiss Stadium

Con le reti di Zapata, Gomez e Gosens, Gasperini conquista
la prima vittoria casalinga ed è al terzo posto in classifica


Andrea Elefante


In attesa di Inter-Juventus di stasera, l'Atalanta consolida il terzo posto e continua a volare, con il miglior attacco del campionato (56 gol segnati nell'anno solare 2019) e la sua miglior partenza dopo sette giornate nell'era dei tre punti. La resistenza del Lecce dura mezz'ora, poi è uno show senza soluzione di continuità che celebra nel miglior possibile il debutto nel "nuovo" stadio, 160 giorni dopo l'ultima partita in casa. E la squadra sotto la Nord riqualificata festeggia il momento magico in campionato.

LE SCELTE — Gasperini preferisce Djimsiti a Toloi, per il resto Kjaer torna titolare dopo il debutto dell'Olimpico e - come praticamente annunciato alla vigilia - davanti c'è il tridente titolare, con Gomez e Ilicic ad assistere Zapata. Liverani dà fiducia a Rispoli rispetto all'emergente Meccariello e lascia in panchina Tachtsidis, non al meglio, dando spazio a Imbula. La coppia offensiva vede Falco e La Mantia, che era stato titolare solo alla prima di campionato contro l'Inter.

PRIMO TEMPO — Rispetto al solito "rombo", stavolta il tecnico delle Lecce, avendo un vero centravanti (La Mantia) allarga Mancosu a sinistra, con Falco a destra: è 4-3-3. Dopo un minuto e mezzo il Lecce rischia già di andare sotto, ma su cross di Gomez il comodo colpo di testa di Zapata è mirato male e dunque la supremazia dell'Atalanta tarda a concretizzarsi. Anche perché Gabriel per due volte tira su il muro giusto (al 9' su Ilicic, al 30' su Gomez). Ma il martellamento dell'Atalanta è paziente e soprattutto continuo e alla prima sbavatura del Lecce trova il varco giusto. Errore in comproprietà fra Lucioni e Rispoli, Gosens trova il tempo giusto per rubare il pallone, il resto lo fa Zapata con una sassata che si fa perdonare l'errore iniziale. Più che per l'1-0, il Lecce accusa il colpo per la parata di 3' dopo di Gollini su girata a colpo sicuro di La Mantia (che forse si era aiutato con un braccio). E al 40' va sotto di nuovo: combinazione Gosens-Zapata, corridoio aperto per Gomez che si insinua al momento giusto e piazza il 2-0 facendo sponda sul palo alla sinistra di Gabriel.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa l'Atalanta non dà al Lecce neanche la possibilità di cercare una reazione, o di sfruttare Mancosu spostato nel ruolo di trequartista. L'assedio continua e dopo 11' Gosens, in condizioni fisiche strepitose, cerca e trova l'uno-due con Ilicic, andando a segnare il 3-0. La partita finisce lì, c'è spazio solo per un errore clamoroso di Ilicic che divora il 4-0, per confermare Gabriel migliore dei suoi, con almeno altre tre grandi parate (su Gomez, Muriel e Gosens) e per una distrazione su calcio da fermo dell'Atalanta, che su punizione consente a Lucioni di staccare di testa indisturbato e di segnare il 3-1, su assist di Falco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
06/10/2019 18:16
 
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Bologna e Lazio, spettacolare 2-2 davanti a Mihajlovic

Nel primo tempo, Immobile riacciuffa prima Krejci e poi Palacio.
Nella ripresa, espulsi Leiva e Medel prima del rigore fallito da Correa nel finale


Stefano Cieri


Non poteva che finire così. Con un pareggio che non mortifica né Bologna né Lazio e soprattutto l’uomo che è il simbolo tanto dell’una quanto dell’altra squadra. Quel Sinisa Mihajlovic che, con i giocatori già schierati in campo, sbuca dal tunnel degli spogliatoi e tra il boato del pubblico (tanto di fede bolognese quanto laziale) si accomoda in panchina battendosi il petto. Scena ricca di significati che dà il via ad una partita che si gioca senza soste con continui ribaltamenti di fronte, tantissime emozioni e anche qualche errore, il tutto equamente distribuito (dai gol alle occasioni, dalle espulsioni ai rimpianti). Motivo per cui il pareggio alla fine è il risultato più giusto. Ma vallo a dire alla Lazio che, a due minuti dalla fine, ha la possibilità di assestare il colpo del k.o. con un calcio di rigore che Correa tira sulla traversa.

EMOZIONI E GOL — La grande emozione suscitata dalla presenza di Mihajlovic mette benzina nelle gambe del Bologna e rende la partita subito scoppiettante. Niente preamboli, niente tatticismi, le due squadre si affrontano a viso aperto, cercando di essere sempre propositive e mai conservative. Certo, la fase difensiva lascia a desiderare da ambo le parti, gli uomini di centrocampo fanno fatica a imporre la propria legge, ma le emozioni non mancano e il pubblico gradisce molto. Il Bologna passa in vantaggio per due volte, ma in entrambe le occasioni viene raggiunta dalla Lazio, anzi da Immobile, tornato in versione cecchino implacabile. La sblocca Krejci, che alla Lazio segnò anche in Europa League quando giocava con lo Sparta Praga, con un colpo di testa favorito dalla serpentina e dal cross al bacio di Orsolini. Ma l’1-0 dura solo un paio di minuti, perché Immobile - pescato tutto solo da Lulic in area - anticipa il tiro e beffa sia Danilo (che lo marca a distanza) sia Skorupski. Il botta e risposta rende le due squadre più giudiziose? Neanche per sogno. Il Bologna riparte, la Lazio è più sorniona ma prova anche lei a far male. Sono comunque i padroni di casa a tornare in vantaggio, poco dopo la mezzora. Il gol è di Palacio (ottavo centro contro i biancocelesti) che raccoglie e butta dentro un pallone respinto dal palo sul tiro di Svanberg. Questa volta il vantaggio felsineo dura un po’ di più, ma neanche tanto. Otto minuti dopo, infatti, Immobile colpisce ancora, stavolta servito da Luis Alberto. Il tentativo di Danilo di stoppare il suo tiro in scivolata è inutile.

EMOZIONI SENZA GOL — Non cambia il punteggio nella ripresa, ma le emozioni sono le stesse e anche più della prima frazione di gioco. Si comincia con un gol annullato al Bologna (lo segna Svanberg, sulla traiettoria c’è in fuorigioco Danilo che non tocca la palla ma partecipa all’azione) e si finisce con il rigore sciupato dalla Lazio con Correa, il cui tiro dagli undici metri (fallo di Palacio su Acerbi) scheggia la traversa e finisce fuori. In mezzo ci sono almeno altre due palle-gol per parte (una la fallisce clamorosamente Correa, evidentemente non in giornata) e due espulsioni, una per parte. Quella laziale arriva al 15’ per il secondo giallo rimediato da Leiva. La parità numerica si ristabilisce dieci minuti dopo per il rosso a Medel per fallo da ultimo uomo su Correa. Il primo rosso non frena la Lazio che si riorganizza in un 5-4-1 (dentro Bastos per Luiz Felipe e Parolo per Immobile), mentre il secondo rosso inibisce il Bologna che pensava di avere la partita in pugno. Mihajlovic mette dentro Schouten (per Svanberg), Skov Olsen (per Orsolini) e infine Satander (per Sansone), ma i cambi non sortiscono alcun effetto. Nell’ultimo quarto d’ora, così, la maggiore esperienza della Lazio sembra poter avere il sopravvento. Ma a Correa manca ancora una volta l’istinto del killer.

Fonte: Gazzetta dello Sport
06/10/2019 18:20
 
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La Roma non sfonda, bloccata dal Cagliari.
Giallorossi furiosi, espulso Fonseca

Sardi in vantaggio con un rigore di Joao Pedro, il pari arriva grazie a un'autorete di Ceppitelli.
Il tecnico portoghese furibondo a gara finita per un gol annullato a Kalinic


Massimo Cecchini


Finisce in “far west”, con Paulo Fonseca e il suo collaboratore Nuno Romano espulsi per proteste reiterartissime, che costeranno almeno un paio di giornate ai contestatori. Al centro del mirino della Roma l’arbitro Massa, “reo” di aver annullato un gol di Kalinic al 45’ della ripresa. Sarebbe stato il 2-1, dopo che Joao Pedro su rigore e Ceppitelli nella porta sbagliata (autogol) avevano sancito il pari già nel primo tempo. Ma dopo una lunga pausa, anche per il serio k.o. di Pisacane (svenuto in campo), spinto da Kalinic contro Olsen - cosa che ha motivato l’annullamento - la segnalazione giunta dalla Var cancella tutto e quindi il recupero “mostre” di undici minuti non cambia il risultato e scatena la rabbia del tifo giallorosso. Intendiamoci, ai punti stravincerebbe la Roma perché il Cagliari ha interpretato la gara in modo solo difensivo, tirando in porta - oltre che per il rigore - in una sola altra occasione nella ripresa con Castro. Per il resto, una Roma certamente non bella, come nei migliori scherzi del destino, incoccia nell’ex Olsen - peraltro ancora di sua proprietà - che fa almeno tre grandi parate. All’8’ e al 9’ su Zaniolo e Diawara, al 37’ su Dzeko nel primo tempo, in cui una manovra lenta porta a due gol casuali. Al 26’, un tocco di Simeone non viene intercettato da Smalling - autore peraltro di una buona prova - e la palla carambola sul braccio largo di Mancini: è rigore che Joao Pedro trasforma. Passano 5’, però, che un cross di Kluivert viene deviato nella propria porta da Ceppitelli per anticipare Dzeko. Ma il credito con la fortuna dei giallorossi si è già esaurito, perché Diawara è già uscito per un infortunio al ginocchio destro che pare abbastanza serio (rottura del menisco interno). Entra al suo posto Antonucci, che si piazza sulla fascia sinistra, mentre Zaniolo sloggia Veretout dalle zolle di trequartista. Il baby giallorosso, al 47’, innesca un’azione pericolosa che Ceppitelli salva.

SUPER ZANIOLO — Nella ripresa è arrembaggio giallorosso: con l’ingresso di Kalinic la Roma passa al 4-2-4, mentre il Cagliari, sostituendo Simeone con Castro, si copre ulteriormente in un 4-4-1-1. Insomma, tocca ancora Olsen sminare le situazioni, deviando su Zaniolo tre volte: al 2’, al 28’ (tiro deviato da Ceppitelli) e al 38’. Ma la manovra è troppo lenta per impensierire davvero e così alla fine, se si eccettuano i tanti cross di Kolarov su cui un paio di volte Dzeko impatta e manda alto di testa, è più prova di nervi che di gioco. Così si arriva all’infuocatissimo finale già descritto, che fa arrabbiare tanto anche il presidente Pallotta e il d.s. Petrachi. Il Cagliari, invece, tira un sospiro di sollievo. Il pareggio, stavolta, è un vestito un po’ abbondante.

Fonte: Gazzetta dello Sport
06/10/2019 18:23
 
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Torino e Napoli ci provano ma non segnano.
E all'Olimpico finisce 0-0

Primo tempo con netta prevalenza della squadra di Ancelotti, ma il tridente non punge come ci si aspetterebbe.
I granata chiudono senza soffrire


Mario Pagliara


Il Toro guarda negli occhi il Napoli e conquista un punto legittimato da un primo tempo votato all’attenzione e da una ripresa di personalità. Gli azzurri sono un’orchestra stonata, lontana parente della squadra brillante che ha steso il Liverpool in Champions. La squadra di Ancelotti rallenta e frena ancora, per Mazzarri invece è uno zero a zero tutto a colori. Ed è la prima volta dall’inizio del campionato che il suo Toro non subisce gol.

LA GABBIA DI MAZZARRI — Il racconto della prima parte della gara non include né lo spettacolo né il bel gioco. Il merito, probabilmente, è soprattutto della capacità del Toro di far uscire continuamente il Napoli dalla partita. Nel primo tempo, funziona la gabbia costruita da Mazzarri per spegnere le fonti di gioco di Ancelotti: Walter imposta un Toro trasformista, che difende con il 4-4-1-1, con Laxalt nella posizione di terzino sinistro, Ansaldi alto a destra, Verdi dirottato sulla sinistra e Lukic più avanzato, praticamente incollato ad Allan. Quando invece il Toro deve costruire si rimodella in un 3-5-2, con Verdi che riconquista la posizione di campo alle spalle di Belotti. Manca all’appello De Silvestri, che non è nemmeno in panchina nonostante fosse convocato: l’esterno destro è stato fermato nella notte da un picco di febbre. Il Napoli parte con il 4-3-3, affidandosi al tridente tutto fantasia (Lozano-Mertens-Insigne), almeno sulla carta, che però si accende poco e non riesce ad incidere. La coppia centrale difensiva è composta da Luperto-Manolas, a sinistra gira Hysaj, si fa male subito e al suo posto subentra Ghoulam.

INCIDENTI — Il Toro gioca 45’ di applicazione e di attesa, provando a colpire in contropiede; il canovaccio del Napoli è all’insegna del vorrei ma non posso. La squadra di Ancelotti non alza quasi mai il ritmo, Zielinski graffia poco (si evidenzia giusto per un tiro dalla distanza, al 23’, controllato da Sirigu), Fabian Ruiz prova a infondere la marcia in più ma non trova il conforto né di Lozano né di Allan e finisce per sbattere spesso contro la diga granata a centrocampo. Il primo squillo della gara, al decimo, lo firma proprio Ruiz, con una conclusione dalla distanza deviata in angolo da Sirigu. Poi, al quarto d’ora, Izzo sbaglia l’anticipo a centrocampo permettendo ad Insigne di scappare via ma Lyanco alla disperata riesce a smorzare il gesto tecnico a giro di Lorenzo. Sessanta secondi dopo, Zielinski scivola innescando Rincon che serve Verdi, ma il diagonale dell’ex non va a bersaglio. Intorno al 25’ sale la tensione tra i tifosi del Napoli e quelli del Toro presenti nella curva Primavera: un numeroso gruppo di tifosi azzurri scavalcano il divisorio tra il settore ospiti e la Primavera, facendo salire la tensione. Dentro lo stadio, comunque, al di là di una diffusa preoccupazione non si verifica nessun contatto, mentre è fuori dallo stadio che per un quarto d’ora circa vengono segnalati incidenti tra opposte tifoserie lungo via Filadelfia, con la polizia impegnata a sedare gli animi. Alla fine del primo tempo gli ultras rientrano dentro lo stadio nei rispettivi settori e torna la calma.

MERTENS ED ANSALDI — In un primo tempo che non decolla, sono due le principali occasioni. La prima del Napoli, al minuto numero ventotto, quando Mertens prova un pallonetto che dà l’illusione del gol (palla fuori). La seconda piove al secondo e ultimo minuto di recupero, poco prima dell’intervallo, quando dagli sviluppi di un calcio di punizione Ansaldi lancia un siluro che esalta le qualità di Meret. Parata dall’alto indice di difficoltà.

CALLEJON PIù LLORENTE — Nel primo quarto d’ora del secondo tempo non cambia di molto la filosofia generale della partita. Certo, il Toro è più combattivo e un po’ alla volta prova guadagnare campo, ma è sempre il Napoli ad avere il pallino senza però riuscire a sfondare la doppia linea, di difensori e centrocampisti, eretta da Mazzarri. All’undicesimo un contatto nell’area del Napoli tra Izzo e Ghoulam chiama in causa l’arbitro Doveri, che lascia correre. Scollinata l’ora di gioco, Ancelotti piazza la mossa Callejon, richiamando in panchina uno spento Lozano, e sei minuti dopo lancia nella mischa Llorente al posto di Insigne, ancora una volta incapace di lasciare il segno sulla serata. L’occasione più importante del Napoli cade proprio sulla testa di Llorente, centoventi secondi dopo essere entrato: cross di Di Lorenzo, Lyanco si perde lo spagnolo il cui colpo di testa a pochi passi da Sirigu è alto.

IL RITORNO DI FALQUE — La risposta dalla panchina di Mazzarri sono i muscoli di Meité per uno stremato Baselli (partita la sua di grande corsa). Alla mezzora, anche il Toro ha la sua chance, affidata a una botta secca di Ansaldi, deviata da Luperto con una spalla in angolo. A dieci minuti dalla fine, l’arbitro Doveri conferma il suo metodo di condotta di gara facendo correre su un contatto, stavolta nell’area del Toro, ancora tra Ghoulam e Izzo. Llorente ha almeno un paio di cross buoni per battere di testa, ma ci arriva sempre senza mordente. Nel finale Mazzarri fa appello alla freschezza di Aina e, soprattutto, al talento di Iago Falque (per Verdi, al 44’) che ritorna in campo dopo l’infortunio del 25 luglio contro il Debrecen. La voglia c’è, e si vede: Iago impiega venti secondi per arrivare alla conclusione. Non accade più nulla. È un pari giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
07/10/2019 00:05
 
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Sinfonia Juve a San Siro: Dybala e Higuain stendono l’Inter.
E la Signora torna in testa

Bella partita e successo meritato per la squadra di Sarri, che viene fuori alla distanza.
Tre gol argentini: la Joya, Lautaro su rigore e il Pipita, appena entrato


Davide Stoppini


San Siro dice Juventus, dice Maurizio Sarri, dice bianconero: Dybala e Higuain battono l’Inter, a nulla serve il pareggio momentaneo di Lautaro su rigore nel primo tempo. E’ sorpasso in testa alla classifica: Antonio Conte perde proprio nello scontro diretto al vertice la sua prima partita in campionato, la seconda in quattro giorni dopo quella in Champions di Barcellona. Il capitolo ultimo, in coda a una partita intensa e bellissima, l’ha scritto Higuain, subentrato nel secondo tempo e decisivo a 10 minuti dalla fine, proprio quando Handanovic e compagni pensavano di aver ormai addormentato la furia juventina.

PRIMO TEMPO — Mica un caso, se Inter e Juve sono le prime due della classe di questo campionato. Conte propone gli 11 annunciati, con Lukaku regolarmente vicino a Lautaro. Sarri sorprende lasciando fuori Huguain e Ramsey per Dybala e Bernardeschi, per un continuo tourbillon offensivo codificabile in un 4-3-1-2. L’intensità è subito a mille. La Juve parte meglio e dopo neppure 4’ è già avanti: De Vrij esce alto su Ronaldo, Pjanic vede il corridoio e lancia splendidamente Dybala, Skriniar è morbido nella copertura, dal sinistro dell’argentino esce un missile che Handanovic può appena toccare. L’Inter pare accusare il colpo, la Juve fa male sul fronte sinistro offensivo. Ed è lì, al 7’, che Ronaldo si infila prima di essere contenuto da Godin. Suona male per l’Inter: al 9’ CR7 da sinistra si accentra e con il destro colpisce la traversa ad Handanovic battuto. L’Inter non ci sta e si affaccia dall’altra parte: ancora minuto 9, De Ligt perde palla, Lautaro innesca Lukaku che però viene contenuto da Bonucci. La squadra di Conte prende fiducia e un po’ di campo. E al 17’ un cross di Barella trova il gomito di De Ligt: Rocchi fischia il rigore, che Lautaro trasforma con un destro preciso alla destra di Szczesny. Parità ristabilita, San Siro infuocato, i ritmi sono altissimi e gli animi in campo vanno di conseguenza. Arriviamo al minuto 28: Lautaro sfrutta un’indecisione di Bonucci dopo una giocata di Lukaku su De Ligt, il Toro va col destro, Szczesny deve impegnarsi per deviare. Juve col predominio del gioco, anche se un po’ in difficoltà nella costruzione in difesa: per poco lo stesso Szczesny e Pjanic non combinano una frittata, sulla pressione di Sensi. Sensi che però deve alzare bandiera bianca: problema muscolare all’adduttore, al 34’ Conte inserisce al suo posto Vecino, spostando sul centrosinistra Barella. La Juve prende campo. Eccoci al minuto 41: Matuidi dalla sinistra innesca Dybala, appoggio per Ronaldo, conclusione violenta che Handanovic respinge d’istinto. L’azione prosegue, CR7 scambia con Dybala e solo davanti al portiere nerazzurro trova il vantaggio, ma Rocchi annulla giustamente per una posizione irregolare di Dybala. Finire del tempo col giallo, perché Rocchi dopo aver toccato il pallone scodella per Godin, ordinando all’uruguaiano di restituire il pallone alla Juve: Dybala passa dietro al difensore e gliela soffia, cosa che scatena un parapiglia all’ingresso negli spogliatoi prima dell’intervallo.

SECONDO TEMPO — Ripartenza senza cambi. Juve subito in pressione, al 4’ Bernardeschi ha una buona chance, il destro dai 20 metri è parato da Handanovic. Conte però perde subito un altro pezzo: al 9’ fuori Godin, dentro Bastoni che lascia il centrodestra a Skriniar. Due minuti più tardi Juventus pericolosa: Dybala innescato in posizione regolare, Handanovic è bravo a limitarlo in uscita bassa, poi lo stesso argentino non riesce a trovare la porta in girata. Adesso è Sarri a far ricorso alle sostituzioni. Doppio cambio: fuori Khedira per Bantancur, poi dentro Higuain per Bernardeschi, con Dybala che passa a fare il trequartista. I ritmi fisiologicamente un po’ si abbassano, l’Inter prende un po’ di campo. Al 24’ Vecino scarica un destro dai 20 metri che carambola sulla schiena di De Ligt e per pochissimo non beffa Szczesny immobile, sfiorando il palo. Cambio di versante, fiammata bianconera: minuto 25, Higuain per Ronaldo, da posizione angolata sinistro potentissimo letto bene da Handanovic. Sarri gioca anche il terzo cambio: fuori Dybala, dentro Emre Can, la trequarti cambia di nuovo padrone, a vantaggio di Bentancur. Ultima sostituzione Inter: minuto 32, fuori Lautaro, Politano va a far coppia con Lukaku. E siamo al passaggio decisivo, è il 35’: Pjanic, ancora lui, in verticale per Ronaldo, palla a Bentancur che legge benissimo l’inserimento di Higuain, Bastoni è fuori tempo, il Pipita con il destro batte Handanovic. Juve di nuovo avanti, Inter colpita quando pareva aver superato il momento difficile. La reazione arriva allo scoccare del minuto 40: D’Ambrosio vede l’inserimento di Vecino, l’uruguaiano devia in scivolata ma Szczesny è bravo in uscita. E’ l’ultimo acuto nerazzurro, non c’è più tempo: è sorpasso Juve.

Fonte: Gazzetta dello Sport
07/10/2019 00:09
 
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SERIE A 2019/2020 7ª Giornata (7ª di Andata)

05/10/2019
Spal - Parma 1-0
Verona - Sampdoria 2-0
Genoa - Milan 1-2
06/10/2019
Fiorentina - Udinese 1-0
Atalanta - Lecce 3-1
Bologna - Lazio 2-2
Roma - Cagliari 1-1
Torino - Napoli 0-0
Inter - Juventus 1-2
07/10/2019
Brescia - Sassuolo (rinv.)

Classifica
1) Juventus punti 19;
2) Inter punti 18;
3) Atalanta punti 16;
4) Napoli punti 13;
5) Roma punti 12;
6) Lazio, Cagliari e Fiorentina punti 11;
9) Torino punti 10;
10) Verona, Bologna, Parma e Milan punti 9;
14) Udinese punti 7;
15) Sassuolo(*), Brescia(*), Spal e Lecce punti 6;
19) Genoa punti 5;
20) Sampdoria punti 3;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
07/10/2019 00:13
 
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Muriel e Gomez show, poi l'Atalanta si butta via.
E la Lazio firma la rimonta



Avanti di tre reti all'intervallo, la squadra di Gasperini subisce il ritorno
biancoceleste firmato da un doppio rigore di Immobile e il gol di Correa


Nicola Berardino

Due partite in una, col forte profumo di Champions, a suon di gol e spettacolo. La prima la vince l'Atalanta, dominando il primo tempo con un 3-0 scandito dalla doppietta di Muriel e da un gol di Gomez. La seconda se l'aggiudica la Lazio, con una ripresa d'applausi che suggella un'incredibile rimonta grazie a due gol di Immobile (entrambi su rigore) e a uno di Correa. Tre reti per parte e un pareggio finale che porta pure qualche reciproco rimpianto ma esalta il valore e le prospettive delle due squadre in questo campionato.

TRIS NERAZZURRO — Inzaghi inserisce Parolo in regia al posto dello squalificato Leiva. Sulla fascia destra Marusic avvicenda Lazzari, che si ferma durante il riscaldamento per problemi intestinali. In attacco, Correa affianca Immobile. Ampio turnover nell'Atalanta verso la sfida di Champions di martedì a Manchester col City. Gasperini sceglie Muriel per sostituire l'infortunato Zapata. In difesa, tornano dal 1' Toloi e Masiello; a metà campo, riecco Hateboer e Pasalic; sulla trequarti c'è Malinovskyi. De Roon e Ilicic partono dalla panchina. Si affacciano subito al tiro i nerazzurri. Al 2', è alta la botta dalla distanza di Malinovskyi, un minuto dopo Strakosha para su Pasalic. Si sgancia la Lazio: Gollini anticipa Correa. Al 5' irrompe in area Milinkovic: Palomino fa muro. Insiste l'Atalanta: al 12', Strakosha è pronto a respingere di piede su tocco ravvicinato di Pasalic, un minuto dopo Muriel calcia a lato da buona posizione. Partita molto viva con rapidi capovolgimenti di fronte. Al 21' tenta la conclusione improvvisa Muriel ma non inquadra la porta. E al 23' la squadra di Gasperini va in vantaggio con Muriel servito in area da Gosens. Due minuti dopo l'Atalanta sfiora il raddoppio con lo stesso Muriel (fuori). Gran ritmo della formazione di Gasperini, mentre la Lazio è in difficoltà in fase di costruzione del gioco. Al 28' il raddoppio atalantino è un'operazione chirurgica: Muriel fa il bis su punizione dalla sinistra che coglie in controtempo i difensori laziali, a parte una deviazione finale di Parolo. Dalla Curva Nord nuovi cori contro il presidente della Lazio, Lotito. L'Atalanta non rallenta: al 31', bordata di Gomez a lato. Strakosha si oppone al sinistro radente di Malinovskyi su punizione. Lazio incerta e senza incisività. Freuler tenta il tris dalla distanza (a lato). Al 37', biancocelesti al tappeto: ennesima ripartenza dell' Atalanta che sigla il terzo gol con un sinistro velenoso di Gomez. La Lazio cerca di scuotersi dinanzi al dominio avversario ma è troppo appannata. Alla fine del primo tempo, biancocelesti subissati dai fischi dell'Olimpico.

RIMONTA LAZIALE — Al via della ripresa, Lazio con due cambi: Patric rileva Marusic, Cataldi prende il posto di Parolo. Inzaghi prova a riportare in partita la sua squadra. All'8', tiro ravvicinato di Immobile, neutralizzato da Gollini. All'11' destro a giro di Luis Alberto: fuori bersaglio. Biancocelesti in crescita. Gomez lamenta noie muscolari. Correa non centra lo specchio della porta. Al 15', prima sostituzione nell'Atalanta: De Roon per Pasalic. Anche Immobile non graffia al tiro: al 21', colpo sopra la traversa. Fuori Muriel, Gasperini innesta Ilicic. Al 24' Immobile accorcia le distanze su rigore dopo esser stato atterrato da Palomino. Passano trenta secondi e la Lazio segna ancora: Immobile lancia Correa che non dà scampo a Gollini. L'Olimpico si accende e la squadra di Inzaghi scorge una clamorosa rimonta. Gasperini avvicenda Palomino con Kjaer. Dopo un gran primo tempo, Atalanta in riserva di energie. Al 33', dai 25 metri Luis Alberto fa volare Gollini per deviare in angolo. Inzaghi toglie Radu, vittima di crampi, per irrobustire l'attacco con Caicedo. Al 34' Gollini c'è sul colpo di testa di Correa. Riparte l'Atalanta: Gosens conclude a lato, così come va sul fondo un tentativo insidioso di Malinovskyi. Lazio all'assalto. Strakosha evita il quarto gol in uscita su Gomez. Cinque minuti di recupero. Rocchi non ha dubbi nel concedere di nuovo il rigore dopo che De Roon travolge Immobile. Al 48' dal dischetto il bomber di Inzaghi firma il 3-3: Golini tocca ma non trattiene il pallone. Nono gol per il capocannoniere del campionato. L'ultimo tentativo è dell'Atalanta con una punizione di Malinovskyi parata da Strakosha. Tra gli applausi dell'Olimpico finisce 3-3 una partita stupenda, ricca di gol ed emozioni fino alla fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
20/10/2019 00:50
 
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Super Milik abbatte il Verona. E il Napoli torna a vincere

Gli azzurri conquistano i 3 punti e guadagnano posizioni in classifica.
Decidono il match due reti, le prime stagionali, del polacco schierato da Ancelotti dal primo minuto:
una al 37’ su assist di Fabian Ruiz, l’altra al 67’ su punizione di Insigne.
Nel finale palo di Mertens


Mimmo Malfitano


Non è stato facile mettere sotto il Verona. Ma, alla fine, il Napoli c’è riuscito ritrovando la sua forza offensiva e, soprattutto i gol di Arek Milik: doppietta del polacco ed Hellas abbattuta 2-0. Primi gol stagionali per Milik che hanno aggiunto tre punti pesanti alla classifica e, in qualche modo, rilanciato l’ambizione scudetto. Onore agli sconfitti, comunque, perché la formazione di Juric avrebbe meritato qualcosina in più nel primo tempo. E se non l’ha ottenuta è stato soltanto per le prodezze di Alex Meret che ha parato l’impossibile, mascherando così il momento di grande confusione in cui erano piombati i suoi compagni.

FUORI MERTENS — Carlo Ancelotti pensa anche alla gara di Champions League, a Salisburgo, mercoledì sera. Dal risultato di questa partita si potrà avere un’idea più chiara di quante possibilità abbia il Napoli di passare agli ottavi. E, dunque, l’allenatore tiene a riposo Dries Mertens e schiera Insigne al fianco di Milik. Nella linea di centrocampo, al posto del capitano, c’è Amin Younes. Novità anche in difesa, dove Di Lorenzo agisce a sinistra, mentre nel suo ruolo, a destra, c’è Malcuit. Ivan Juric, invece, chiede conferme al suo Verona che è in serie positiva da tre partite: quattro degli attuali nove punti in classifica, li ha conquistati in trasferta e, dunque, non avendo impegni europei, sia affida alla formazione titolare, con Stepinski al centro dell’attacco.

SENZA TIMORE — Il Verona lascia subito intendere che non si arrenderà facilmente: non sarà un boccone semplice da buttare giù. Ed il Napoli comincia con l’insolito 4-2-3-1, archiviato dopo la sconfitta di Torino, contro la Juventus, alla seconda giornata. Insigne agisce da centrale nei tre alle spalle dell’unica punta, Milik. È proprio l’attaccante polacco che viene anticipato, in due tempi, da Silvestri sul cross di Malcuit (7’). Ed è sempre il portiere veneto a respingere una conclusione senza troppe pretese di Allan (8’). Da quel momento, il Napoli scompare, il Verona prende l’iniziativa e inizia a pressare a tutto campo, Juric ha preparato una gara che non contempla l’attesa: il Napoli va aggredito.

PRODEZZE MERET — Dovrà considerarlo, Roberto Mancini, tra i portieri da portare al prossimo Europeo. Il giovane numero uno napoletano si merita l’apoteosi del San Paolo quando, al 18’ respinge di seguito le conclusioni di Lazovic, Pessina e Stepinski. E non è finita qui, perché appena due minuti più tardi, con i suoi in bambola, respinge coi piedi un gran tiro ravvicinato di Zaccagni. Il Napoli è spaventato dall’aggressività degli avversari, a centrocampo Veloso e Amrabat avviano le azioni per le incursioni di Lazovic, a sinistra, e di Faraoni a destra. E il Napoli? Sembra una squadra spaesata, senza un’anima. Ogni tanto, riemerge dal grigiore e prova a organizzare qualcosa di serio, ma con risultati improbabili. Tanto movimento tra le linee offensive, ma di conclusioni pericolose nemmeno a parlarne.

RIECCO MILIK — Quando non concretizzi succede poi che vieni punito. Ed è quanto è successo al Verona: le imprecisioni sotto porta e le parate di Meret gli hanno impedito di segnare. Cosa che, invece, ha saputo fare il Napoli al 37’, quando Milik ha deviato in rete il cross basso di Fabian Ruiz dalla sinistra. Per il centravanti polacco è il primo centro stagionale, per lui una vera e propria liberazione. Il tempo si chiude coi veronesi all’attacco.

SUPERIORITÀ — Emerge tutta nel secondo tempo, quando il, Napoli pressa con maggiore insistenza. Juric richiama Zaccagni e inserisce Salcedo (7’), mentre Silvestri deve distendersi per respingere la conclusione di destro di Fabian Ruiz. Lo stesso portiere veronese devia in angolo una conclusione ravvicinata di Younes (12’). Intanto, Juric provvede alla seconda sostituzione, inserendo Di Carmine al posto di un impalpabile Stepinski. Anche Ancelotti provvede a un cambio: dentro Zielinski e fuori Younes. Ed è proprio il centrocampista polacco che conquista la punizione dalla quale nasce il secondo gol di Milik: la battuta di Insigne viene deviata a volo dal centravanti. Per lui è doppietta. Il doppio svantaggio non abbatte il Verona che di tanto in tanto si presenta nell’area napoletana, con Salcedo (fuori di poco) e con un tiro dalla distanza di Faraoni che termina a lato. Poco dopo la mezz’ora c’è spazio pure per Mertens (colpisce il palo al 37’) che entra per sostituire Insigne: per il capitano c’è l’applauso del San Paolo. Lo stesso tripudio riservato a Milik a dieci minuti dalla fine, quando lascia il suo posto a Fernando Llorente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
20/10/2019 00:55
 
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La Juve vola con Ronaldo e Pjanic ma al 94'
è la traversa a condannare un bel Bologna

A segno CR7, il Danilo rossoblù e il bosniaco, autore di un’altra grande partita.
Santander in pieno recupero sfiora il pari.
In attesa di Sassuolo-Inter, bianconeri a +4 sui nerazzurri


Filippo Conticello


Ronaldo che scavalla la vertigine dei 700. Pjanic che, oltre a dare la carte, tira fuori anche l’asso. E la Juve che si conferma bella, sarriana e, soprattutto, prima. Questo Bologna di Mihajlovic in trasferta a Torino è pur sempre una squadra di ottima fattura e spaventa pure con la perla di Danilo e con la traversa finale di Santander, ma i bianconeri hanno ormai preso l’ascensore: al netto di pericolosi cali di tensione, stanno decisamente salendo di livello. Hanno perfino superato la vecchia legge della sosta: raramente si era vista una squadra così in palla dopo la pausa delle nazionale. Martedì arriva la Lokomotiv in Champions e, forse, bisognerà capitalizzare di più e rischiare meno nel finale.

L’AVVIO — All’inizio l’applauso emozionato per il grande Sinisa, che da queste parti è stato sempre “nemico” ma poteva pure diventare allenatore, ha sciolto il cuore dell’Allianz. Questo stadio, però, ha un soltanto un sovrano, fresco di vetta hymalaiana raggiunta, omaggiato dal presidente Agnelli con una maglia metà bianca e metà nera con dietro il numero 700. Può sembrare impossibile, ma sono tanti i gol segnati da Cristiano in carriera. Anzi no, non fai neanche in tempo a celebrarlo che lui sposta i mirino: il portoghese ha segnato il numero 701. Oltre a Ronaldo, da notare però la novità più interessante nell’ormai solita architettura sarriana: al posto di Matuidi, Rabiot che un po’ fa il play aggiunto e un po’ si allarga.

LA MANOVRA — Per il resto è la solita manovra armoniosa vista nelle ultime settimane, col pallone che guizza via veloce sul campo bagnato. Il Bologna di Mihajlovic “buca” soprattutto a destra dove alle spalle di Mbaye ha spazio Alex Sandro: da lì arrivano le azioni pericolose del primo tempo, anche se il gol arriva curiosamente da destra. Il tiro dell’1-0 di CR7 (errore di Skorupski) è affilatissimo, ma non quanto quello del Danilo bolognese, che in libera uscita dalla difesa pesca un incredibile destro qualche minuto dopo: è l’1-1 che beffa Buffon. Sull’azione si nota che è in ritardo nell’uscire Cuadrado: spingerà pure parecchio, ma nel nuovo ruolo di terzino deve ancora imparare certi movimenti. Il pari suona come una sveglia per i bolognesi che crescono in fiducia ed escono dal nascondiglio in cui la Juve li aveva messi. Così Palacio punzecchia un imperfetto De Ligt, l’ex Orsolini inizia ad accentrarsi e cadono palloni pericolosi nell’area bianconera.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa i bianconeri si riprendono subito la scena, portando più in alto il baricentro, pressando e aumentando la velocità dei triangoli. Certo, il gol del nuovo sorpasso arriva in un’azione buffa e confusa: errore in disimpegno di Soriano che riceve una palla imperfetta da Danilo, Orsolini e Poli inciampano sul pallone, palla a Ronaldo che in piena area tira in porta ma centra un avversario. Alla fine la sfera finisce a Pjanic che segna da due passi. Per il bosniaco il coronamento di una partita deliziosa, l’ennesima, da quando il nuovo tecnico gli ha dato le chiavi della macchina. Da quel momento piovono le occasioni per il tris, ma un po’ Skorupski e un po’ gli errori davanti negano ai bianconeri il gol della sicurezza. Per come hanno giocato, soprattutto nel secondo tempo, l’avrebbero pure meritato, mentre il Bologna a immagine e somiglianza di Sinisa ha confermato di aver tutto per stare dalle parti nobili della classifica. Anzi, può mangiarsi le mani per quell’ultima azione maledetta: quando l’arbitro fischia, trema ancora la traversa colpita di testa da Santander. E subito dopo è il numero 9 a tentare una rovesciata spettacolare: Buffon, stavolta, ci mette le mani e protegge il risultato. Pareva sicuro e, invece, poteva scivolare via.

Fonte: Gazzetta dello Sport
20/10/2019 00:59
 
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