Campionato di calcio Serie A stagione 2019/2020

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binariomorto
00sabato 24 agosto 2019 14:10
Campionato di Serie A, si ricomincia.

Fra qualche ora, con gli anticipi della prima giornata a Parma (dove debutterà la Juve di Sarri senza... Sarri) ed a Firenze (che ospiterà il Napoli), prenderà il via la nuova stagione calcistica italiana con le solite luci e le solite ombre e svariate novità, a cominciare dal nuovo regolamento tecnico (una rapida sintesi QUI).
Novità importanti in panchina, a cominciare dalla dominatrice delle ultime annate, la Juventus: Allegri ha lasciato il posto all'avversario partenopeo, quel Maurizio Sarri che a Napoli aveva lasciato tanti bei ricordi e un gruppo forte al suo successore Carlo Ancelotti (riconfermato dal patron De Laurentiis) eche pure ne aveva dette contro i bianconeri (e poi anche contro De Laurentiis) e che ora ritorna in Italia dopo la felice pausa inglese col Chelsea con cuiha vinto l'Europa League. A Sarri l'ingrato compito di riconfermare i bianconeri ai vertici del campionato nostrano e continuare quel che di buono avevano fatto i predecessori Conte e Allegri, magari puntando anche alla Champions League. Ma la Juventus di Sarri ha patito uno strano pre-campionato con la rosa: da sfoltire, con le cessioni di Rugani e Kean, e quelle mancate di Dybala e Higuain, stravolgendo i piani della società di rinforzare il reparto offensivo (ma in realtà per accontentare Cristiano Ronaldo e i suoi capricci). Dubbi anche su difesa, dove si registra il clamoroso ritorno tra i pali di Gigi Buffon dopo l'addio di due anni fa (ritorno come secondo portiere e solo per poche partite: l'età c'è, purtroppo...) e l'addio di Rugani e Barzagli, quest'ultimo per ritiro dall'attività. Dubbi anche in panchina a causa di una polmonite che ha messo ko Sarri per il debutto a Parma e per il successivo big match col Napoli.
Altra novità in panchina, e grande, in casa Inter per l'arrivo del'ex nemico Antonio Conte, chiamato in maglia nerazzurra dall'altro ex Juve, il ds Marotta. La mano di Conte e qualche innesto importante nella rosa ben sfoltita da Marotta hanno fatto dell'Inter una serie pretendente al titolo, quanto meno per gioco e carattere. Per i milanesi resta da sciogliere il nodo Icardi: dopo le voci di un possibile scambio Dybala-Icardi tra gli avversari storici di sempre, il bomber argentino e l'ingombrante moglie tuttofare hanno aperto le porte al clamorosotrasferimento a Napoli, e De Laurentiis ancora non ha perso le speranze.
Novità in panchina anche per il Milan: via la bandiera Rino Gattuso, il nuovo allenatore è Marco Gianpaolo che è approdato nel grande club milanese della sponda rossonera dopo il buon lavoro fatto sulla panchina della Sampdoria. Per lui una vera e propria rifondazione della rosa e societaria dopo le deludenti stagione milaniste del recente passato.
Novità rilevanti anche in casa Roma. In panchina è arrivato il portoghese (ma nato in Mozambico quando era colonia portoghese) Paulo Fonseca e avrà l'ingrato compito di traghettare una squadra di grande potenziale ma gestita malino dalla dirigenza americana di Pallotta e che per la prima volta non avrà in rosa una delle sue ultime bandiere, dopo l'addio al calcio di Francesco Totti, quel Daniele De Rossi passato agli argentini del Boca Juniors. In attesa di vedere il miglior Edin Dzeko, tra arrivi e conferme della rosa dopo un pre-campionato non proprio esaltante e tra le polemiche tra tifosi e società sulla gestione del caso De Rossi, la Roma di Fonseca è una squadra in cerca di una identità ma con buone potenzialità per stare al vertice.
Chi al vertice ci vuole restare e magari battere la Juventus (e pure l'Inter di Conte) per il terzo scudetto e magari qualcosa di più è sicuramente il Napoli del riconfermato Ancelotti. Il Napoli parte dalle sue certezze, Mertens e Callejón più Insigne e il nuovo arrivo Lozano, colpo del mercato di De Laurentiis che, come si diceva prima, è alla finestra anche per quanto riguarda l'attaccante argentino Icardi, semmai questi partisse davvero da Milano. I tifosi, però avrebbero voluto qualcosa di più dal borsello del patron De Laurentiis e la campagna abbonamenti è partita molto a rilento rispetto alle stagioni precedenti, quasi un flopp rispetto ai ringalluzziti tifosi interisti che primeggiano nella specifica graduatoria, anche davanti ai tifosi della Juventus.

Fischio d'inizio al Tardini di Parma alle 18:00, poi a Firenze prosegue lo spezzatino delle 20:45 che si concluderà lunedì con l'Inter-Lecce a Milano ore 20:45.

Un pensiero a Siniša Mihajlović che in estate ha annunciato la sua grave malattia, la leucemiacontro contro cui ha iniziato la battaglia col primo ciclo di chemioterapia ametà luglio.
La panchina del Bologna lo aspetta vittorioso...

Un pensieto anche al c.t. Roberto Mancini la cui Nazionale è sempre più povera di talenti dopo l'ondata di nuovi stranieri che hanno invaso il campionato di Serie A riducendo al lumicino la presenza di giocatori italiani nelle squadre cosidette big del nostro torneo.
binariomorto
00sabato 24 agosto 2019 23:48
Stagione nuova, certezze vecchie:
Chiellini regala la prima vittoria alla Juve

Finisce 1-0 a Parma: Signora con Higuain unica novità rispetto all’anno scorso, decide una zampata del Capitano al 21’.
Ronaldo molto attivo, ma sbaglia un gol facile e la Var gli cancella il raddoppio


Fabiana Della Valle

Ci fosse ancora Massimiliano Allegri, direbbe che la Juventus a Parma ha vinto di "corto muso", ma che va bene così perché quel che conta è il risultato, soprattutto a inizio stagione, quando le gambe sono pesanti e la squadra non gioca ancora a memoria. Il gol segnato da capitan Chiellini (quello di Ronaldo è stato annullato dalla Var) basta a Madama per battere un Parma combattivo fino all'ultimo ma nettamente inferiore come qualità, e per bagnare con i tre punti il debutto in campionato. Per la sofferenza nel finale, con gol sfiorato da Hernani su punizione nel recupero, ricorda molto l'ultima Signora allegriana, spesso incapace di ammazzare le partite.

SBLOCCA CHIELLINI — La prima Juve di Maurizio Sarri è guidata dal suo secondo Giovanni Martusciello (che sostituisce in panchina l'allentore assente per la polmonite) ma sembra disegnata dal tecnico degli ultimi 5 scudetti di fila: nessun nuovo acquisto in campo, l'unica novità è il cavallo di ritorno Higuain al centro dell'attacco (preferito a Dybala). In difesa De Sciglio la spunta su Danilo e a centrocampo c'è Matuidi al posto di Rabiot. Sarri s'affida al 4-3-3 e all'usato sicuro e la scelta è vincente, perché la sua squadra nel primo tempo non patisce mai, comanda il gioco e dopo venti minuti va in vantaggio. Marcatore, Giorgio Chiellini, il difensore travestito da goleador: su azione d'angolo, Alex Sandro rimette in mezzo il pallone, Bonucci ci prova col tacco ma non c'arriva e Chiello anticipa Barillà d'esterno destro. Poteva essere 2-0 dopo 45', ma l'arbitro annulla per fuorigioco millimetrico il gol di Ronaldo dopo averlo rivisto al Var. Poco prima il portoghese aveva sbagliato un gol non da lui su assist di Higuain. Bella l'azione in contropiede in occasione della rete non convalidata: Douglas Costa (uno dei migliori, costretto a uscire nel finale per un problema fisico) per CR7, finta e poi diagonale imprendibile del portoghese. Il contropiede è l'unica arma utilizzata dal Parma per cercare di impensierire i bianconeri: gli emiliani due volte pericolosi nel primo tempo, sempre con l'attivissimo Inglese (tiro ribattuto da Szczesny dopo galoppata di Gervinho a sinistra e pallone sporcato da Pjanic, poi uno deviato).

BRIVIDO NEL FINALE — Meglio la Juve dell'inizio di quella del secondo tempo, che comincia a sentire la stanchezza: calano vistosamente molti bianconeri, tra cui Khedira, sostituito da Rabiot. Si vedono palloni persi e scelte sbagliate. Il Parma però non ne approfitta e la Juve comunque ci prova ancora, prima con Higuain (su assist di Douglas Costa) poi due volte con Ronaldo (sassata respinta con una mano da Sepe e tiro centrale). Nel finale c'è spazio per Cuadrado e Bernardeschi, ma non per Dybala, che si scalda a lungo, applaudito dai tifosi, ma poi torna mestamente in panchina, per assistere impotente all'assalto finale del Parma, che fa tremare Szczesny con la gran botta, fuori di poco, di Hernani su punizione. Sarri, indiavolato davanti alla tv, di sicuro avrà preso milioni di appunti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00sabato 24 agosto 2019 23:56
Il Napoli risponde alla Juve e vince 4-3 a Firenze.
Esordio di Ribery

Mezz’ora super dei padroni di casa che passano in vantaggio su rigore,
ma nel finale di tempo Mertens (con la complicità di Dragowski)
e Insigne dal dischetto lanciano la squadra di Ancelotti.
Nella ripresa altri botti di Milenkovic, Callejon, Boateng.
Ma la chiude ancora Insigne


Mimmo Malfitano

Il Napoli ne rifila quattro alla Fiorentina e risponde con una vittoria al successo della Juventus. Tre punti pesantissimi, conquistati grazie alla migliore qualità tecnica e alla forza del tridente offensivo che ha deliziato con le sue giocate. Uno spettacolo quello che hanno saputo garantire Insigne, doppietta, e Callejon e Mertens, autori degli altri due gol. Peccato per la Fiorentina, calata nella seconda parte della ripresa, quando ha concesso al Napoli due reti in altrettante ripartenze. Resta il rammarico, per Montella e i suoi, per il rigore concesso a Mertens che l’arbitro Massa si è praticamente inventato. E resta il rammarico, perché nella notte degli esordi di Boateng (un gol) e di Ribery, la Viola avrebbe meritato maggiore fortuna.

ATTACCO BABY — Vincenzo Montella si affida ad un tridente giovanissimo, il più “anziano” è Federico Chiesa, classe 1997. Gli altri due sono Sottil (1999) e Vlahovic (2000). Dall’altra parte, Carlo Ancelotti non presenta novità rispetto alla formazione annunciata. Alle spalle di Mertens, agiscono Callejon, Fabian Ruiz e Insigne. Confermato anche il 4-2-3-1 che sarà il modulo per questa stagione. La gioventù viola dovrà vedersela con una delle coppie più granitiche della serie A, ovvero, Manolas-Koulibaly. La Fiorentina, invece, oppone Pezzella e Milenkovic alla potenza offensiva del Napoli.

VANTAGGIO VIOLA — L’avvio sparato della Fiorentina crea disagio alla retroguardia napoletana. A destra, Di Lorenzo soffre maledettamente la velocità di Chiesa, mentre sulla fascia mancina Sottil disorienta Mario Rui. Trascorrono appena 4 minuti e Zielinski col braccio largo tocca il pallone in area di rigore. Massa non fischia e l’azione continua, ma il Var lo richiama: rivedi l’azione, gli consiglia Valeri e lui corre al monitor. Le immagini mostrano il tocco del centrocampista polacco, il rigore è ineccepibile. Alla battuta va Pulgar (9’) che spiazza Meret. Lo svantaggio innervosisce il Napoli. Allan e Callejon sono i primi due a subire il cartellino giallo seguiti poco prima della mezz’ora da Mario Rui. Il ritmo imposto dalla Fiorentina è notevole, ma costa anche parecchie energie. Il primo tiro verso la porta di Dragowski è di Koulibaly, ma la conclusione viene deviata (31’).

IL PAREGGIO — Il collettivo di Ancelotti prova a riprenderla, la partita. Il tridente offensivo la mette sul piano tecnico e qualcosa cambia. La pressione di Allan e Zielinski costringe la mediana villa a arretrare, mentre Chiesa e Sottil restano alti, pronti a far partire il contropiede. Il Napoli, comunque, trova il pareggio al 38’, quando Insigne appoggia a Mertens al limite dell’area. Badelj resta sulle gambe dando la possibilità all’attaccante belga di girarsi e infilare Dragowski con un destro a giro.

L’ABBAGLIO — Corre il minuto 40’ quando in un’azione confusa nell’area fiorentina, Mertens cerca e non trova il contatto con Castrovilli. Massa va dritto sul dischetto e aspetta che il Var, Valeri, né confermi la decisione che gli arriva dopo un minuto. Insigne va alla battuta il gol del vantaggio napoletano. Le immagini, tuttavia, dimostrano invece che Castrovilli non tocca per niente Mertens e che l’attaccante napoletano addirittura simula. Insomma, l’errore di Massa e Valeri è inconcepibile.

BOTTA E RISPOSTA — Ad inizio ripresa le emozioni non mancano, la Fiorentina riparte con lo stesso spirito del primo tempo e si riversa nella metà campo napoletana. E’ il 4’, quando Pulgar batte dalla bandierina, Milenkovic svetta più in alto di Koulibaly e schiaccia di testa in rete per il 2-2: Meret non è esente da colpe. La gara cresce e a tratti diventa persino spettacolare, perché il tridente napoletano vuole dimostrare la propria superiorità. Infatti, all’11’, tocca a Callejon con un diagonale di destro a incrociare, riportare di nuovo il Napoli in vantaggio. Ma non è mica finita qui. Si, perché Montella richiama in panchina Vlahovic per inserire Boateng: siamo al 16’. E quattro minuti dopo è proprio il nuovo entrare a sorprendere Meret con un diagonale di destro. Il pallone sbatte sul palo e finisce in rete. Beh, si pensa, il pareggio potrebbe star bene a entrambe. Macché. La Fiorentina non ha neanche il tempo per festeggiare il pareggio raggiunto che stavolta tocca a Insigne appoggiare di testa in rete il quarto gol napoletano (22’). L’azione è un altro piccolo capolavoro di tecnica del tridente napoletano.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 25 agosto 2019 23:52
La prima di Giampaolo al Milan è un incubo!
L'Udinese fa festa con Becao



Un colpo di testa del difensore all'esordio in Serie A rovina il debutto del nuovo tecnico rossonero


Marco Fallisi

BUIO MILAN — La prima del Milan è una stecca colossale: il Diavolo progettato per il bel gioco cade subito a Udine, bucato da Becao, che di professione fa il difensore centrale, e soprattutto non tira mai in porta nell'arco dei 95 minuti. Giampaolo prende una valanga di appunti, istruisce i suoi nelle pause e finisce per sbracciarsi spazientito: la sua squadra è un cantiere aperto dove i lavori sono in ritardo preoccupante. Ride Igor Tudor, che inizia la sua seconda stagione di A sulla panchina dell'Udinese con il colpo di giornata: ad aprile aveva bloccato sul pari i rossoneri a San Siro, stavolta li ha mandati al tappeto disinnescando Suso e compagni con una facilità disarmante. La formazione mandata in campo da Giampaolo non nasconde sorprese: 4-3-1-2 senza volti nuovi e con Calhanoglu play al posto di Biglia infortunato, in avanti Castillejo al fianco di Piatek e Suso a inventare alle loro spalle. A stupire, semmai, è l'atteggiamento dei rossoneri, molli nell'approccio e inchiodati sul campo: il trio in mediana è statico e i terzini non si aprono, la manovra procede a ritmi bassissimi per vie centrali ma senza sbocchi e alla Dacia Arena va in scena un triste festival del retropassaggio. Suso prova ad accendere la luce ma succede solo a sprazzi, peraltro quando si decentra sulla sua mattonella di destra. Più in generale, la banda Giampaolo dà l'impressione di muoversi sempre con un tempo di ritardo: da Calhanoglu a Paquetà e Castillejo, tutti sembrano impegnati a pensare alle consegne tattiche anziché provare a trovare il guizzo per saltare la prima pressione dell'Udinese. Tudor – lui sì sorprende, lasciando in panchina l'uomo mercato De Paul – ha organizzato un solido 3-4-2-1 con Pussetto e Fofana a supporto di Lasagna: i bianconeri non rubano gli occhi per linee di passaggi particolarmente brillanti ma quantomeno provano a farsi vedere dalle parti di Donnarumma, spesso sfruttando errori in uscita del Milan. Il primo tiro in porta arriva però a inizio ripresa – palla persa da Calabria – e porta la firma di Mandragora: Gigio blocca.


COLPO BECAO, FANTASMA PIATEK — La logica del match al 72' premia chi ci crede. Tudor manda in campo De Paul e l'argentino manda in gol Becao con un cross dalla bandierina su cui Kessie – entrato per Borini – si perde il centrale brasiliano: l'incornata esalta la curva friulana e affossa il Milan. Giampaolo butta nella mischia Leao e Bennacer, ma i suoi rischiano ancora e ci vuole un miracolo di Donnarumma per chiudere la porta al possibile 2-0 di Lasagna. Il gol partita lo segna il difensore che per 90 minuti ha ridicolizzato Kris Piatek, irriconoscibile rispetto a un anno fa: le gambe non girano, l'intesa con i compagni non sboccia e la mira non è più quella del cecchino infallibile che aveva trascinato il Milan a un passo dalla Champions con Gattuso in panchina. Un solo tiro tentato e finito in curva. Ispirazione perfettamente in linea col resto della squadra, che la porta non inquadra mai. La strada da fare è lunga, diceva Giampaolo dopo l'amichevole di Cesena. Da stasera, il percorso è già dannatamente in salita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 25 agosto 2019 23:57
Il Brescia sorprende il Cagliari.
Decide Donnarumma



Buon impatto in A per le Rondinelle di Eugenio Corini. Rossoblù in ansia per Pavoletti


Mario Frongia

Un tonfo che fa male. Il Cagliari allestito per dimenticare le ambasce delle ultime due stagioni, crolla in casa con il Brescia neopromosso. Le Rondinelle degli ex patron e capitano rossoblù, Cellino e Dessena, violano la Sardegna Arena con un rigore concesso dopo un ritardato controllo del Var. Però, a conti fatti, gli ospiti, specie nel primo tempo, hanno fatto meglio e di più. Per Maran, specie nei raccordi mediana-attacco, il lavoro non manca. E anche dietro, c’è qualcosa da registrare. Ma sarebbe sciocco fare drammi. Anche se una sconfitta in casa al debutto in campionato pesa, eccome.

LA CRONACA — Alla Sardegna Arena si parte a mille. Subito ritmi alti, pressione sul portatore, concentrazione senza limiti. Birsa ci prova due volte nei primi 3’: alto. All’8 la prima palla gol. Campo ben occupato, modulo speculare a rombo, con Nainggolan e Tonali in regia. Fase di studio. La prima palla gol la sciupa Joao Pedro, piattone a sfiorare il palo su Joronen in uscita. A seguire, brivido per Rafael. Sabelli crossa a giro, la palla attraversa l’area piccola. I lombardi di Massimo Cellino - standing ovation dai sedicimila dell’Arena appena appare in campo durante il riscaldamento e viene accolto dal vice presidente del Cagliari, Stefano Filucchi - crescono. Palla a terra, Tonali disegna calcio, a macinare miglia ci pensano Spalek e Bisoli. Su cross di quest’ultimo - col papà Pierpaolo, ex tecnico rossoblù, in tribuna in compagnia di Gigi Di Biagio - Donnarumma di testa beffa Ceppitelli: 1-0. Lo stadio diventa di ghiaccio. Urlano di gioia il centinaio di supporter ospiti. Ma Abbattista aspetta il Var: rete annullata per off side. Scampato pericolo. Il Brescia non molla. Tonali inventa un tunnel in area su Birsa, poi cade. Si gioca. Rafael in vetrina su tiro di Spalek. Il Cagliari non riesce a ripartire e fa fatica a innescare JP10 e Pavoletti. I lanci lunghi sono facile preda dei centrali di Corini. Nainggolan - così come Nandez, preferito a Deiola, ancora alla ricerca dei tempi giusti - pesca Pavoletti, ciabattata. Al 37’ assist di Birsa per JP10, Cistana libera. Con Chancellor che rovina sulla caviglia del “Pavoloso”, al 44’ finisce la partite del centravanti di Livorno. Gli ospiti, con azione insistita che parte dall’ex capitano del Cagliari Dessena, trovano il tempo per mettere Ayé al tiro. A lato. I migliori dei primi 45’? Pinna (’97) e Bisoli.

LA RIPRESA — Sconfitti dal Var. Ma non solo. Il Brescia è cinico, ma il Cagliari non trova l’attimo. Nella ripresa i rossoblù partono decisi. Ma la palla finisce ancora alle spalle di Rafael. Bisoli insacca di testa su torre di Chancellor, Abbatista annulla per off side. Al 3’ Cerri calcia a lato servito da Pinna. All’8’ il rigore che cambia la gara: fallo di mano di Cerri in area, Abbattista viene chiamato da Pairetto: rigore. Donnarumma la mette alla sinistra del portiere brasiliano. Il Cagliari reagisce. Castro, subentrato a Birsa, segna in tap in su tiro di Cerri: annullato per fuori gioco. Al 30’ Sabelli salva su JP10 e due minuti dopo Joronen fa il miracolo di piede su zampata di Ionita. Ci prova anche Nandez, sforbiciata a lato. Si rivede il Brescia con Martella, tiro alto. Il Cagliari non trova l’imbeccata giusta. Sale in cattedra Castro. Ma non basta. L’argentino perde l’attimo in area, mentre su azione insistita Joronen salva su incornata di Joao Pedro. I sardi di Maran si riversano avanti, combattono, pressano. Ma la serata è quella sbagliata. La Sardegna Arena fischia e applaude, sconcertata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 26 agosto 2019 00:00
Roma, tre squilli, ma il Genoa risponde sempre:
Fonseca non va oltre il 3-3



Tanti gol all'Olimpico con gli ospiti dell'ex Andreazzoli che rispondono ai gol di Under, Dzeko e Kolarov con Pinamonti, Criscito e Kouamé


Andrea Pugliese

È la Roma di Fonseca, scintillante a tratti, terribilmente goffa in altri. Mancano gli equilibri, mancano soprattutto i difensori centrali. E Petrachi farà bene a correre ai ripari non con uno, ma anche con due pedine in quella zona del campo. Altrimenti la Roma sembra destinata a soffrire a lungo, perché Fazio e Jesus hanno mostrato tutti i loro limiti (e anche Mancini quando è entrato non è andato poi meglio). Un gol e un assist di Dzeko non bastano dunque, nonostante un primo tempo in cui i giallorossi hanno costruito tanto ma hanno pagato le solite amnesie di Juan Jesus. Dall'altra parte, invece, Andreazzoli ha costruito un Genoa sfacciato e che vuole giocare, bravo a recuperare il risultato in ben tre circostanze. Il che, oltre che il gioco, testimonia anche buona personalità. Alla fine finisce 3-3 e se nella Roma si sono messi in mostra soprattutto Dzeko e Under, nel Genoa gli applausi vanno a Pinamonti, Schone e Kouame.

BOTTA E RISPOSTA — Fonseca è costretto a rinunciare a Perotti e lancia dal via Kluivert, Andreazzoli invece piazza Lerager come trequartista per aumentare il potenziale offensivo del suo Genoa. Le prime fiammate fanno capire subito che sarà una partita scintillante, perché la Roma gioca sempre in verticale ma il Genoa sa come farle male negli spazi. La copertina iniziale è tutta per Under, che dopo 6' apre i giochi con una serpentina in area conclusa con un sinistro che non lascia scampo a Radu. Due minuti dopo il turco potrebbe anche bissare i giochi, ma il diagonale stavolta va fuori di poco. Poi la Roma si siede, il Genoa respira e trova il pari al 16' con Pinamonti: Jesus dorme su Romero, assist dell'argentino per la giovane punta che fa secco Pau Lopez. Il problema della Roma è che produce tanto, ma dietro mette i brividi con Fazio e Juan Jesus. Per quindici minuti i giallorossi tornano a produrre in serie, ma Radu prima dice no a Dzeko a tu per tu, poi deve arrendersi ad un gol strepitoso del bosniaco, che va via tra tre in area e insacca di destro cadendo all'indietro. Quindi ci provano anche Florenzi e Zaniolo, ma al 40' arriva la doccia gelata. Follia totale di Jesus, che entra scomposto in scivolata su Pinamonti: rigore e 2-2 di Criscito. La ripresa si apre con la punizione magistrale di Kolarov, che da 25 metri colpisce la traversa in pieno, ma Calvarese assegna il gol grazie alla goal-line. Sembra l'inizio di una storia diversa ed invece i giallorossi per un po' gestiscono anche la partita, ma poi on riescono più a pressare ed a tenere nella sua metà campo il Genoa. La Roma ci prova, ma vive di sbilanciamenti e di mancati equilibri, cosicché al 25' arriva anche il 3-3: traversone perfetto di Ghiglione a girare, Mancini è in ritardo nel posizionamento e Kouame di testa non perdona Pau Lopez. La risposta della Roma è essenzialmente nervosa e arriva solo nel finale, quando Radu prima in uscita salva su Cristante e poi Zappacosta si divora il gol della vittoria da pochi passi. Finisce così, con i primi fischi dell'Olimpico per la Roma di Fonseca e Andreazzoli che si prende la sua rivincita personale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 26 agosto 2019 00:08
Torino, la vittoria del cuore.
Sassuolo piegato 2-1 con Zaza e Belotti

Granata superiori per oltre un’ora, poi subentrano le fatiche di Coppa
e gli emiliani accorciano con Caputo e sfiorano più volte il 2-2.
Infortuni ad Ansaldi e Aina. Nkoulou in tribuna


Mario Pagliara

Un Toro bello di sera per oltre un’ora si prende la rivincita dopo la delusione europea di giovedì contro il Wolverhampton. La squadra di Mazzarri piega due a uno, e con merito, un Sassuolo che inizia a giocare dopo essere sotto 2-0, e parte con il piede giusto in campionato. Serata nel segno di Simone Zaza, uno dei migliori in campo, a segno insieme al “gemello” Belotti. Nei venti minuti finali assalto emiliano, con Sirigu protagonista.

IL CASO NKOULOU — Quando, durante il riscaldamento, la musica dell’Olimpico è rilanciata a palla dagli altoparlanti, c’è una notizia che arriva dallo spogliatoio del Torino che sovrasta i rumori di sottofondo dello stadio. E’ la decisione di Walter Mazzarri di spedire in tribuna il difensore granata, Nicolas Nkoulou, uno dei pilastri del muro granata che si è conquistato i preliminari di Europa League. La spiegazione arrivata proprio dallo spogliatoio, qualche minuto prima che iniziasse il campionato di Torino e Sassuolo, è che Nkoulou questa mattina sarebbe stato proprio Nkoulou ad aver chiesto a Mazzarri di non giocare perché non era sufficientemente motivato. Come si dice in questi casi, non se la sentiva, fortemente distratto dalle attenzioni che nell’ultima settimana la Roma (alla ricerca di un difensore) gli ha rivolto. A quel punto, Mazzarri lo ha spedito in tribuna. La volontà di Nkoulou ha aperto un caso, ora il suo futuro in granata è quanto mai in bilico.

ZAZA, CHE SERATA — C’è dell’altro oltre Nkoulou. Innanzitutto c’è Mazzarri che ne cambia tre rispetto alla serata europea: dentro Bonifazi, Lukic e Rincon. Granata con il collaudato 3-5-2. De Zerbi risponde con un 3-4-1-2 con Traoré alle spalle di Boga e Caputo. Nel primo tempo il Sassuolo fa poco, pochissimo; il Torino aggredisce e riparte, gioca e segna, dimostrando di avere tutta la voglia di resettare la delusione con il Wolverhampton. Sulla sinistra Ansaldi trova un’autostrada grazie ai disastri di Marlon, Rincon nel mezzo si rivede nella modalità solito guerriero, De Silvestri e Izzo sovrastano in potenza Locatelli e Rogerio. Ma è soprattutto Zaza l’uomo in più del Toro: corre ovunque, si fa apprezzare per generosità ed è incisivo in zona gol. Al primo affondo, è il minuto 14’, Zaza (se lo perde Ferrari) si fa trovare pronto sul traversone di Ansaldi dalla sinistra: è il più classifico del gol dell’ex. Cinque minuti dopo Ferrari prova a farsi perdonare con un colpo di testa fuori di poco. Ma è il Toro che sfiora almeno in un paio di occasione il raddoppio: al 20’ ancora di testa con Zaza (ancora su assist di Ansaldi), al 33’ con un’incursione di De Silvestri che fallisce un gol che sembrava già fatto. Brividi per Sirigu nel finale di primo tempo: Caputo non capitalizza un contropiede (44’), un velenoso rasoterra di Boga non inquadra la porta (46’).

IL CANTO DEL GALLO — Nella ripresa, Mazzarri inserisce subito Aina per Ansaldi, mentre De Zerbi in partenza non tocca niente. E agli emiliani l’azione che potrebbe valere il pari capita pura: dopo nove minuti con un colpo di testa di Obiang sul quale Sirigu stampa la parata della serata. Ma è una fiammata. Perché dopo appena trenta secondi arriva il raddoppio granata: c’è ancora Zaza sulla traiettoria del tiro di Belotti e Simone prova un tacco istintivo e diventa la deviazione vincente. Il gol è giustamente assegnato al Gallo. Toro sazio? Nemmeno per sogno. Solo un bell’intervento di Consigli toglie a Belotti la gioia della doppietta (14’).

IL FINALE E’ EMILIANO — Proprio quando il Toro sembra in controllo, il Sassuolo trova il gol della speranza (24’) grazie a una giocata di Boga che prende il palo e sulla cui ribattuta si avventa Caputo. E’ il 2-1. Nei venti minuti finali, gli emiliani risalgono dalle sabbie mobili e serve, più volte, un ottimo Sirigu per evitare il pari. Il Toro si disunisce, stanco anche per le fatiche di Coppa, e Sirigu diventa uno dei protagonisti abbassando più volte la saracinesca.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 26 agosto 2019 00:13
L’Atalanta parte male, poi entra Muriel e firma il ribaltone: da 2-0 a 2-3 alla Spal!

Emiliani sul 2-0 con Di Francesco e Petagna, poi accorcia Gosens.
Nella ripresa entra il colombiano, con due tiri meravigliosi regala i tre punti a Gasp


Francesco Fontana

“Risultati storici alla fine, meno all’inizio”, si diceva. Le prime tre stagioni con Gasperini hanno detto tantissimo, anche questo. E la quarta, fino al 71’, sembrava una maledetta conferma, ma ci ha pensato Muriel a sistemare le cose con due colpi da campione: è lui il protagonista della serata, così la Dea batte un’ottima Spal, che fino alla prima magia dell’ex Siviglia ha annusato il successo grazie al piattone di Di Francesco e al tap-in di Petagna, una sentenza contro chi gli ha voluto (e vuole) bene. Di Gosens il momentaneo 2-1 nel primo tempo, poi il miglior attacco dello scorso campionato (77 gol) è andato oltre anche un super Berisha, decisivo con almeno tre interventi. Ma con un Muriel del genere, l’Atalanta può essere imprendibile.

SFIDA PETAGNA-PAPU — Semplici punta sulla carica degli ex: detto di Berisha tra i pali, spazio per D’Alessandro e Kurtic a centrocampo e, ovviamente, Petagna là davanti. Per il resto, dal 1’ Cionek, Vicari e Felipe in difesa. In mediana anche Valoti, Missiroli e Igor (Fares k.o. per circa quattro mesi) con Di Francesco seconda punta. Gasperini risponde lanciando nell’undici titolare sia Djimsiti che Pasalic, provati nella rifinitura di ieri. Senza l’infortunato Castagne e Ilicic (squalificato, come Sportiello), in attacco ci sono Gomez e Zapata. Sulle fasce Hateboer e Gosens con la “diga” De Roon-Freuler al centro, davanti a Gollini completano la difesa a tre Palomino in mezzo e Masiello a sinistra.

LA SENTENZA DELL’EX — Pronti-via e la Spal gioca “da Dea”, al 7’ è già in vantaggio. Che bravo Di Francesco, da applausi l’azione dell’1-0 che inizia in mediana e chiude battendo Gollini. Ottimo scambio con Valoti e Petagna, poi il destro rasoterra e preciso. I nerazzurri faticano a ingranare, forse manca un po’ di benzina nelle gambe e la fantasia di Ilicic. E non a caso la prima, vera conclusione arriva al 24’: uno-due al limite tra Gomez e Freuler, bravo Berisha sul successivo destro del Papu. Sembra il momento della svolta pro-Atalanta, ma dopo 3’ arriva Petagna con un tap-in facile facile su assist dalla sinistra di Igor: una sentenza il gigante della Spal, al quarto centro da ex nelle ultime tre. La Dea accusa il colpo, ma col Gasp è vietato mollare. E puntuale, al 34’, si vede la classica azione: sulla destra bene Hateboer con un cross forte e preciso, Gosens dall’altra parte arriva come un treno bucando Berisha con un’incornata da bomber. Passano 120’’ e Gollini evita il 3-1 sul colpo di testa di Valoti, pescato perfettamente da un lancio di Kurtic. Nei restanti 9’, Zapata va lassù con due inzuccate pericolose: sulla prima Berisha si salva (poi l’albanese si supera al 42’ su Freuler), sul secondo coglie la parte superiore della traversa. Dopo 1’ di recupero, si va negli spogliatoi sul 2-1.

BOOM BOOM MURIEL! — Gasperini non perde tempo e al 54’ getta nella mischia i nuovi: dentro Malinovskyi (al debutto in Serie A) e Muriel al posto di Freuler e Masiello. È una Dea super offensiva con un tridente puro, Pasalic centrale di centrocampo in coppia con l’ucraino e De Roon in difesa assieme a Djimsiti e Palomino. Schieramento che giocoforza offre campo alla Spal, che prova ad approfittarne: al 59’ che brivido per Gollini dopo la bomba dalla distanza di Igor. Stesso discorso per Berisha, pronto ancora una volta 3’ dopo sulla volée di Muriel. A questo punto, gli schemi saltano con le due squadre che se la giocano sempre di più. Semplici si affida a forze fresche (dentro Murgia, fuori Valoti), Gasperini insiste e il destro “caldissimo” di Muriel fa la differenza: al 70’ con un rasoterra dalla distanza per il 2-2 (per il colombiano, prima rete con l’Atalanta), al 76’ con un colpo nell’angolino basso dal limite dell’area. Il risultato non cambia, al 94’ Manganiello manda tutti sotto la doccia. Nonostante il k.o., Semplici può comunque andare a casa con spunti positivi, mentre il Gasp potrà assistere ai sorteggi per i gironi della prossima Champions, in programma giovedì a Montecarlo, con il sorriso. Nel prossimo turno Spal in trasferta contro il Bologna, Dea in “casa” col Torino (match in programma al “Tardini” di Parma, il Gewiss Stadium sarà pronto il 6 ottobre per Atalanta-Lecce).

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 26 agosto 2019 00:16
Immobile-Correa-Immobile: la Lazio passeggia con la Sampdoria

Dominio biancoceleste fin dal primo minuto.
Il centravanti della Nazionale arriva a 101 gol in Serie A.
Giocate spettacolari di Milinkovic Savic


Filippo Grimaldi


Samp travolta, è festa grande per una Lazio a tratti bellissima: tre gol ai blucerchiati per la squadra di Simone Inzaghi e una prova di forza che certifica la grande differenza dei valori in campo. Al minuto 22 della ripresa, poco dopo la seconda perla della serata di Immobile che firma la sua doppietta e tramortisce definitivamente i blucerchiati, Eusebio Di Francesco ha un gesto di sconforto che la dice lunga sulle difficoltà di una squadra mai capace di reggere il passo degli avversari, dominatori assoluti del campo.

LA LEGGE — Non è stata solo la serata di Immobile, ma molto di più. Ciro (nove gol in carriera alla Sampdoria, la sua vittima preferita in serie A) affonda subito la squadra di DiFra, al debutto sulla panchina della Samp, con il suo gol numero cento in serie A e conferma ciò che accade ininterrottamente dal 2016 ad oggi. Per il quarto anno consecutivo il primo gol del campionato per la Lazio viene infatti segnato sempre da lui. Non solo: la vittoria all’esordio mancava ai biancazzurri da tre anni, e quella di stasera certifica la maggiore qualità ed efficacia del gioco ospite. Nel primo tempo la Lazio, sfruttando la sua continua spinta offensiva, mostra subito maggiore capacità di arrivare al tiro rispetto ai blucerchiati, la cui assimilazione del tridente offensivo, evidentemente, necessita di un rodaggio più lungo e di interpreti più efficaci: domani dovrebbe essere il giorno del ritorno di Defrel a Genova.

CHE SPINTA — Già dalle fasi iniziali della gara gli ospiti si mostrano più propositivi e concreti, sfiorando più volte il vantaggio. Lazzari a destra spinge forte e ci vuole un Audero superlativo per evitare il tracollo prima su Milinkovic-Savic (9’) e poi al 16’ sullo stesso Immobile. I blucerchiati cercano di verticalizzare, ma il tridente non paga e Quagliarella è spesso senza rifornimenti. Vieira prova a sfruttare la sua velocità, ma invano. Gli uomini di Simone Inzaghi mostrano un palleggio più efficace e una grande lucidità. Lo dimostra anche il gol dello 0-1, con la punizione battuta a sorpresa da Luis Alberto, che favorisce il pallonetto di Immobile sull’uscita di Audero. Rete, poi, convalidata con l’aiuto della Var. La Samp sembra avere più coraggio nella ripresa: Linetty impegna Strakosha (3’), ma poi riprende il monologo della Lazio. Audero compie il terzo prodigio della serata salvando sull’ennesimo affondo di un liberissimo Immobile. E’ l’azione che precede il raddoppio. Erroraccio in fase difensiva di Bereszynski, che favorisce Luis Alberto. L’assist per l’ex blucerchiato Correa porta al raddoppio e spegne il vigore dei padroni di casa. Che, anzi, affondano definitivamente al 17’, quando ancora Immobile firma il tre a zero su un pallone fantastico di Milinkovic-Savic: Ciro fa dunque 101 in Serie A. La sfida finisce qui. La Lazio controlla la partita senza difficoltà sino alla fine, sfruttando bene la fasce (ciò che la Samp non è riuscita mai a fare) e le ripartenze velocissime. Per DiFra inizio da dimenticare: con il Sassuolo urge un cambio di rotta immediato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 26 agosto 2019 00:21
Tutti per Mihajlovic.
Ma sul campo il Bologna pareggia con il Verona in 10



Il tecnico rossoblù torna in panchina dopo 40 giorni di battaglia contro la leucemia.
Ospiti avanti con il rigore di Sansone dopo l’espulsione di Dawidowicz, pari su punizione di Veloso


Giuseppe Nigro

Umanità, forza, passione, valori. In panchina 40 giorni dopo l’inizio delle terapie per combattere la leucemia, il ritorno di Sinisa Mihajlovic per la prima di campionato del suo Bologna tocca al cuore il mondo del calcio. Il risultato passa in secondo piano per tanti, ma certo non per lui. Sul campo del Verona neopromosso, in inferiorità numerica dal 15’ dopo l’espulsione di Dawidowicz per un fallo da rigore su Orsolini, i rossoblù dominano a livello di possesso palla ma non vanno oltre l’1-1: al 15’, sul penalty dell’espulsione, il vantaggio ospite con Sansone, al 36’ il pareggio casalingo su magistrale punizione dal limite di Veloso.



DOMINIO ROSSOBLÙ— Juric aveva scelto in avanti la cavalleria leggera con Tutino insieme a Verre e Zaccagni per non dare riferimenti, ma il piano partita è saltato dopo soli 12 minuti per l’espulsione di Dawidowicz nell’intervento da rigore su Orsolini: il rossoblù servito in profondità ha approfittato di un rimbalzo del pallone per aggirare il polacco che, superato, poteva solo atterrare l’avversario. Sansone dal dischetto di interno ha completato l’opera calciando sulla sinistra di Skorupski. In dieci, il Verona ha rinunciato a Zaccagni per inserire Bocchetti, rischiando a lungo schiacciato dal possesso di palla del Bologna in superiorità numerica, poco cinico a concretizzare il dominio: l’occasione migliore per il 2-0 ce l’ha avuta al 25’ Soriano, rientrato sul piede mancino per cercare il palo di destra, ma Silvestri gli ha tolto il pallone dall’angolo allungando in corner. Era qui che gli ospiti dovevano chiuderla.


RESISTENZA SCALIGERA — Così i gialloblù, fin lì capaci di farsi vedere davanti solo con Lazovic a sinistra a mettere in difficoltà Tomiyasu, hanno trovato il pari al 36’ con una punizione di Veloso sulla destra al limite dell’area: gran tiro a giro che passa sopra la barriera tra Danilo e Dijks, Skorupski può solo sfiorare. Alla ricerca del raddoppio controllando gioco e palla, ma a ritmi sempre più bassi anche per il caldo agostano, il Bologna ha continuato a tenere la partita in pugno, con due squilli: a fine primo tempo l’incornata a centro area di Orsolini indisturbato su cross da destra di Soriano, fuori di poco, e al 69’ su calcio d’angolo la palla solo sfiorata ma non indirizzata sotto porta da Santander, entrato per Sansone. Sinisa ha provato anche con Destro al posto di Palacio e Dzemaili per Kingsley per provare coi tiri da fuori. A lungo incapace di uscire col solo Tutino davanti, il Verona ha provato d’orgoglio a ruggire con le salite palla al piede di Amrabat, portando infine a casa un punto prezioso: onore alla squadra di Juric. Pareggia il Bologna, vince Sinisa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 27 agosto 2019 16:23
Capolavori di Brozo, Sensi e Candreva, Lukaku fa esplodere
S. Siro: per la prima di Conte è subito grande Inter

Debutto da sogno per il nuovo tecnico: tre reti meravigliose e anche l’esordio con gol del belga. Lecce annichilito, nel finale espulso Farias


Vincenzo D'Angelo

E’ qui la festa? Il Jova Beach party non è passato da San Siro, e allora l’Inter decide lo stesso di organizzare una serata evento per presentare ai suoi tifosi e al campionato la nuova creatura di Antonio Conte, così intensa nel ritmo e desiderosa di successo che sembra già lontana parente di quella che ha faticato da matti per troppe stagioni dopo il Triplete del 2010. Ed eccola l’Inter, vestita da sera malgrado l’animo operaio e la ferocia di chi sa che solo così può sognare in grande: 4-0 al Lecce con tre reti splendide di Brozovic, Sensi e Candreva e il graffio di Romelu Lukaku proprio sotto la Nord, con la 9 sulle spalle e inchino celebrativo. E’ il certificato della rottura totale con il passato.

LE NOVITA’ — C’è un’attesa quasi spasmodica sugli spalti, con oltre 64 mila tifosi desiderosi di abbracciare la prima Inter di Conte, che perde De Vrij nel riscaldamento e si presenta al fischio di inizio con Ranocchia al centro della difesa. Un fedelissimo di Conte dai tempi di Bari, che lo scorso anno fece il debutto in campionato a gennaio, da centravanti. E sì, quante cose sono cambiate in questa nuova Inter che Conte non vuole più pazza. Un’indicazione presa talmente alla lettere che prima del fischio di inizio non si sente nemmeno più “Amala”, l’inno che da queste parti ha fatto storia. Però quel “pazza Inter” del ritornello mal si sposa con l’era contiana, e infatti è già sparito.

DOPPIO COLPO LETALE — E anche in campo è un’altra Inter, subito arrembante, determinata, agguerrita. Candreva sembra trasformato, in copertura come in fase spinta: prima sradica due palloni agli avversari con tackle durissimi, poi pennella per Lautaro (17’) un cross perfetto che il Toro – da due passi e tutto solo - schiaccia troppo, tanto che dopo il rimbalzo a terra la palla va sopra la traversa. Prima (14’), era stato il Lecce ad andare vicinissimo al vantaggio con Lapadula dopo straordinaria ripartenza di Falco, ma sul pallonetto a porta vuota dell’ex Milan era stato Skriniar a salvare. La partita si sblocca al 21’ con un’azione tipica del calcio di Conte, con gli esterni protagonisti e il centrocampista a rimorchio a segno: Candreva pennella per Asamoah, sponda di prima per Brozovic che stoppa, prende la mira e a giro trova l’incrocio lontano. L’esultanza coinvolge tutti, con abbraccio collettivo in panchina. Passano 3’ e Sensi fa impazzire definitivamente San Siro: slalom a limite e destro a filo d’erba in diagonale che brucia Gabriel per il raddoppio.

APOTEOSI ROMELU — Lukaku si vede poco, mentre Handanovic viene impensierito da un paio di conclusioni dalla distanza. Ma all’intervallo è 2-0. L’avvio della ripresa però è di marca pugliese, con il Lecce intraprendente e più presente nell’area nerazzurra: D’Ambrosio salva su Falco, poi Calderoni da buona posizione manda a lato. L’Inter si riaccende con la fiammata che tutti aspettavano: volata di Lukaku a destra e assist per Lautaro un pelo impreciso. Ma applausi. Che si trasformano in tripudio quando Romelu (15’) si lancia sulla corta respinta di Gabriel e realizza di rapina il suo primo centro nerazzurro. Il resto è accademia: Brozo sfiora il bis, Lautaro spara ancora alto di testa e sfiora l’eurogol da fuori e Conte fa il suo primo cambio, lanciando l’esordio di Barella, mister 45 milioni.

POKER E FESTA — Proprio per un brutto fallo su Barella, Farias si fa cacciare al 33’. Poi il neoentrato Politano trova il gol che viene giustamente annullato per posizione irregolare di Lukaku. Tutti vogliono partecipare alla festa, la squadra continua a spingere e alla fine arrivano i fuochi d’artificio con un missile all’incrocio di Candreva. Il poker è servito, con un messaggio chiaro alle rivali. Meglio fare attenzione a questa Inter: quella pazza sembra già un lontano ricordo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 27 agosto 2019 16:25
SERIE A 2019/2020 1ª Giornata (1ª di Andata)

24/08/2019
Parma - Juventus 0-1
Fiorentina - Napoli 3-4
25/08/2019
Udinese - Milan 1-0
Cagliari - Brescia 0-1
Roma - Genoa 3-3
Spal - Atalanta 2-3
Sampdoria - Lazio 0-3
Torino - Sassuolo 2-1
Verona - Bologna 1-1
26/08/2019
Inter - Lecce 4-0

Classifica
1) Inter, Lazio, Napoli, Atalanta, Torino, Brescia, Juventus e Udinese punti 3;
9) Genoa, Roma, Bologna e Verona punti 1;
13) Fiorentina, Spal, Sassuolo, Cagliari, Milan, Parma, Sampdoria e Lecce punti 0.

(gazzetta.it)
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 00:14
Prima gioia per Mihajlovic!
Soriano abbatte la Spal al 93':
il derby emiliano è del Bologna

I rossoblù dominano ma sprecano troppo.
Poi nel finale ecco il gol vittoria del numero 21


Francesco Velluzzi


Tenera è la notte Sinisa. Questa dovevi vincerla e l'hai vinta. Nel recupero, col batticuore, anzi col cuore dei tuoi ragazzi. Roberto Soriano aveva calciato fuori, aveva trovato lo strepitoso portiere della Spal Berisha, aveva colpito la traversa e Riccardo Orsolini aveva fatto di tutto, ma davvero di tutto per far segnare i suoi compagni. Ma al minuto 48' della ripresa di cabeza Soriano l'ha messa sul centro del solito scatenato Orsolini (ct Mancini, che a Bologna è di casa, gli dia un altro sguardo). Nella notte dei miracoli bisogna fare sempre attenzione. La Spal per poco non fa il colpo come nello scorso torneo, ma questa partita il Bologna non poteva, non voleva lasciarla a nessuno. Per nessuna ragione. Per Sinisa, entrato da re, con la standing ovation del Dall'Ara che ha registrato 25.086 spettatori, frutto anche del record di abbonamenti: 15.375. Miglior dato degli ultimi 15 anni. La Spal resta a zero. Troppo chiusa in difesa, con qualcosa da sistemare negli ultimi tre giorni di mercato.

PRIMO TEMPO — La mano di Sinisa c'è eccome. Perché il tecnico del Bologna lascia in panchina Rodrigo Palacio, non al meglio e dà fiducia davanti all'attaccante che ha rigenerato, Mattia Destro. E, soprattutto, Gary Medel, appena sbarcato dalla Turchia (era al Besiktas) è subito in campo con maglia numero 5 quella che aveva il rimpianto regista Pulgar. Leonardo Semplici non cambia nulla rispetto alla prima giornata in cui ha perso con l'Atalanta dopo esser partita con un tremendo 2-0 nella prima parte. L'effetto Sinisa è forte, il Bologna ha bisogno di una partenza sprint e nel primo quarto d'ora, infatti in attacco ci sono solo i rossoblù con Mihajlovic in piedi che non sbraita, ma dirige il traffico. Destro costringe Berisha in angolo, Sansone ubriaca Cionek con finte e contro finte e mette al centro dove Destro colpisce di testa ma sulla linea trova Vicari. La Spal ha una sola occasione, Kurtic manda sull'esterno della rete, poi è ancora Poli, da fuori, a chiamare Berisha alla risposta in angolo. Quindi esce la Spal; soprattutto D'Alessandro che sulla destra, chiamando in causa anche Cionek, fa soffrire Djiks. Due pericolose palle al centro, su una Valoti, contrastato da Poli, va giù. Tutto regolare. Il finale è ancora del Bologna in particolare di Orsolini che va come un treno, fa tutto bene, ma prima trova Berisha che lo mura, poi calcia alto.

SECONDO TEMPO — E' ancora il Bologna a ripartire con l'idea di cercare la vittoria che serve. Dopo 9' Soriano anticipa con un gran movimento Felipe ma di testa manda sopra la traversa, poi è la Var a negare ai rossoblù la possibilità di tentare più facilmente la via del gol, col rigore. Contatto Sansone-Cionek col difensore spalino che ha il braccio largo e tocca il pallone, Di Bello va a vedere. Non si convince. Al 15' Medel becca il primo giallo italiano, un classico, subito dopo lo becca Igor. Mihajlovic cambia: fuori Destro, dentro Santander, Semplici risponde irrobustendo la mediana con Valdifiori (regista) per Valoti e spostando Missiroli al ruolo naturale di mezzala. La Spal vuole chiudersi, ma lascia i varchi a Orsolini che si beve Igor e mette dentro per Soriano che dall'area piccola di testa scheggia la traversa. Poi Orsolini fa da solo ma trova ancora lo splendido Berisha. La Spal è tutta indietro a protezione del fortino, col solo Petagnone davanti. Tanto se il Bologna lo assalta ci pensa Berisha che è mostruoso su Soriano ancora di testa servito sempre da Orsolini e poi sullo stesso Orsolini. Sinisa, che ha chiesto più dinamismo a Dzemaili (per Poli), tenta anche la carta Palacio (per Medel), Semplici mette Floccari (per Di Francesco). Il pericolo lo corre il Bologna perché Kurtic pesca Missiroli e Skorupski, ma nella notte dei miracoli bisogna fare attenzione sempre al tandem Orsolini-Soriano, uno scodella, l'altro all'ennesimo tentativo di testa fa centro. E' la notte di Sinisa è dolcissima. Tu vai dentro felice, i tuoi ragazzi sotto le curve a dare le maglie. Il regalo più bello.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 00:19
Giampaolo non stecca la prima a San Siro:
Calhanoglu stende il Brescia

Decide il gol del turco che, al 12’, con un colpo di testa sblocca il match su cross di Suso


Alessandra Gozzini


Il Milan e Giampaolo conquistano il primo successo del nuovo corso. Il debutto stagionale a San Siro è un doppio evento: l’esordio del nuovo Milan davanti ai propri tifosi e un’occasione per rasserenare il clima dopo la tormentata sconfitta di Udine. Così è stato e con altro umore la squadra si avvia alla sosta. L’allenatore aveva chiesto ai suoi di cambiare atteggiamento e insieme aveva annunciato cambio di uomini e di sistema. Nessuno però si aspettava lo facesse in modo così netto: fuori Piatek, il centravanti che secondo Giampaolo era indietro nella condizione e nel recepire i nuovi schemi, e dentro André Silva, che per il club è una risorsa più per i soldi che può garantire dalla cessione che non come attaccante di riferimento. Invece nella partita che il tecnico non può permettersi di sbagliare c’è il portoghese e non Kris.

Non c’è nemmeno Paquetà e i 70 milioni spesi nello scorso mercato invernale vanno in panchina. Il Milan però funziona di più, è più propositivo e meno teso e spaesato di quello visto a Udine. Anche fortunato: alla prima vera occasione trova il vantaggio con Calhanoglu, su cross di Suso. Il primo gol dell’anno non è di un attaccante puro, ma di un esterno offensivo riadattato a mezzala. Ci prova anche André Silva, azzardo dell’allenatore e giocatore su cui si concentrano le attenzioni maggiori: sul perfetto lancio di Suso (sempre da lui nascono le giocate di maggiore qualità) aggancia e tenta un pallonetto fuori misura. Il possesso rossonero a metà primo tempo arriva al 70%: è più incisivo di quello di Udine ma ancora lontano dal produrre pericoli veri. Tanto che tra i migliori del Milan c’è ancora il solito Gigio: su un tiro deviato di Sabelli, Donnarumma vola e chiude la porta. Un’occasione anche per Torregrossa, poi costretto al cambio all’intervallo. Corini aveva già dovuto rinunciare a Martella, due defezioni in 45’.

ECCO PIATEK — Il suo Brescia però regge e il Milan non si sente mai certo del risultato: la prima occasione della ripresa è di Aye. In generale il secondo tempo è più piatto del primo: il possesso palla rossonero è ancora troppo sterile, l’avversario cerca di sfruttare le azioni – poche – con cui prova ad avvicinarsi a Donnarumma: una bella punizione di Tonali e un tentativo di acrobazia di Dossena. Dal gol di Calhanoglu ai minuti finali della partita non ci sono stati altri veri tiri rossoneri nello specchio della porta avversaria e questo nonostante in attacco si fosse registrato un cambio significativo: fuori Silva, dentro Piatek. Il primo esce tra qualche fischio di San Siro, il secondo entra incoraggiato dall’ovazione dello stadio. In area Kris sembra dover ritrovare le misure: un preciso pallone che gli arriva addosso è mal controllato, un tentativo solo davanti al portiere è clamorosamente fallito, il terzo è deviato da Joronen. Il quarto è la controprova della serata no: da azione d’angolo Kris trova la palla e la indirizza bene, esulta ma non è gol perché la tecnologia stabilisce che non tutto è il pallone ha varcato la linea della porta. Nel finale una buona palla anche per Kessie, di poco sopra la traversa. Tra Paquetà e il possibile raddoppio del Milan c’è invece di mezzo il palo, colpito dal brasiliano al termine di un’azione di contropiede incrociando troppo il sinistro. Nel finale i rossoneri legittimano una vittoria che fino all’80’ era stata la conseguenza di un solo vero tiro in porta. Ma non ha mai nemmeno dato l’impressione di poter subire. Basta così, il massimo con il minimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 00:24
Juve-Napoli da pazzi: finisce 4-3,
decide un autogol di Koulibaly al 92’

A Torino la squadra di Sarri va sul 3-0 e sembra dilagare,
quella di Ancelotti reagisce alla grande ma fa harakiri all’ultimo istante


Filippo Conticello


Se il campionato sarà così, allora cercare la poltrona più comoda per goderselo fino a maggio: il primo scontro scudetto è un tornado di emozioni, un inno alla irrazionalità e alla bellezza. Vince la Juve che prima domina il Napoli e poi crolla sotto i colpi dei campani e poi ancora raccoglie la più assurda delle vittorie: l’autogol di Koulibaly fissa il 4-3 finale, che difficilmente da queste parti e sotto al Vesuvio dimenticheranno.

A DUE VOLTI — “Cosa stiamo vedendo?”, si chiede l’Allianz Stadium al 66’, mentre si stropiccia gli occhi e la gente attorno si spella le mani: la Juve sarriana, anzi martuscelliana, si diverte a strapazzare il temuto Napoli. Non sa però che la benzina sta per finire e che è vietato cantare con troppo anticipo in questo meraviglioso giochino: in un soffio si rischia di buttare alle ortiche il raccolto e la rimonta del Napoli, tanto beffarda quanto incredibile, è lì a ricordarlo. Da 3-0 a 3-3, tutto di volontà e in mezz’ora appena: la deviazione maldestra del centrale senegalese nell’ultimo minuto di recupero è solo l’ultimo granello di sabbia che scombina l’ingranaggio, ma è quello che è accaduto prima a dover essere analizzato. Anzi, è quasi difficile mettere ordine alla follia: al netto del crollo finale, la Juve ha mostrato a tratti una superiorità spiazzante. Sta iniziando a masticare il nuovo credo del tecnico, ma non può spegnere così presto la luce. Dall’altro ha pesato la timidezza iniziale degli azzurri, pallidi fino a sembrare irriconoscibili, per 65’ almeno: la riscossa finale, però, regala speranze da titolo.

PRIMA FACCIA — Il primo tempo della Juve è un gioiello raro: combinazioni in velocità, occupazione degli spazi, zero rischi (a parte un miracolo iniziale di Szczesny su Allan) e una grandinata di conclusioni. Dal suo box il convalescente Sarri avrà gradito, non immaginando cosa sarebbe poi successo. Ma molto si deve anche ai metri gentilmente concessi da Ancelotti: lì Douglas Costa si infila come una lama nel burro e Higuain, suntuoso, è il gran cerimoniere della serata. Stavolta il destino, spietato, ha obbligato ad azzardare una novità nello spartito “allegriano” già visto a Parma: c’è De Ligt nelle terre di Chiellini, osannato dall’Allianz dopo il guaio al ginocchio, e attorno alla sua zazzera bionda una montagna di curiosità. Il ragazzone olandese mostrerà alcune gravi ingenuità, il suo collega Koulibaly ricorderà invece il dribbling di Higuain nell’azione del 2-0: supergiocata e destro all’incrocio. Vedi Napoli e poi segna, vale ancora quel motto caro al Pipita. Prima era stato un nuovo arrivato ad aprire la partita: speedy Danilo, entrato al posto dell’infortunato De Sciglio, aveva concluso il contropiede dell’1-0 in un amen. Gli sono bastati 29 secondi di Juve e un solo pallone toccato per esultare: si sono visti esordi peggiori nel calcio. Avrebbe potuto partecipare al party del primo tempo anche Khedira, con un gol divorato davanti a Meret e una traversa in girata.

SECONDA FACCIA — Oltre al Napoli, all’Allianz sembrerebbe marcare visita anche Cristiano, più lezioso rispetto a Parma. Nel secondo tempo, mentre Ancelotti prova subito a giocarsi la novità Lozano al posto di un deludente Insigne (dentro anche Mario Rui al posto di Ghoulam), Cristiano aggiusta la mira fino al gol del 3-0: tutto finito? Macché, inizia ora il party. Mentre il pubblico festeggia prematuramente, il Napoli ha una reazione nervosa nello stesso momento in cui i bianconeri staccano misteriosamente la spina: troppe energie spese, ma la caduta è preoccupante e fragorosa. La conseguenza è che Manolas di testa e Lozano a centro area (sfruttando un buco di Danilo e una chiusura in ritardo di De Ligt) riportano la partita sul 3-2 e in 3’ cambiano la sceneggiatura. I bianconeri dovrebbero solo difendersi con ordine e invece cadono ancora, con la stessa palla che in mezzo all’area è difesa malissimo da De Ligt e soci: il gol di Di Lorenzo (terzo gol di un nuovo arrivato) completa la rimonta. Un pari da ricordare negli annali, ma ancora più incredibile è il finale: Koulibaly, l’uomo che aveva dato a Sarri una gioia indicibile due anni fa, ne regala un’altra di uguale dimensione con un assurdo autogol. Degno finale di una partita assurda.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:05
Kolarov per la Roma, poi pari di Luis Alberto.
La Lazio vince solo il derby dei pali

Partita spettacolare per emozioni e capovolgimenti di fronte.
Alla fine un punto a testa e 4-2 il conto dei legni per i biancocelesti


Nicola Berardino


Un derby bello, entusiasmante e ricco di emozioni. Il pareggio finale dà rilievo ai meriti di Lazio e Roma perché nessuna doveva uscire a mani vuote dopo aver dato tutto in una sfida ad alto livello. L'1-1 conclusivo maschera una gara giocata a viso aperto con tante occasioni: in primo piano i sei legni colpiti (quattro della Lazio). Al vantaggio di Kolarov nel primo tempo su rigore ha replicato nella ripresa Luis Alberto. Firme eccellenti sul 173esimo derby (tra campionato e Coppa Italia) della Capitale. È stato anche il primo esame in una stracittadina per Fonseca, che ha cullato legittimamente per un tempo il progetto dell'impresa.

KOLAROV, GOL DELL'EX — Inzaghi recupera Leiva e lo inserisce in regia, confermando poi gli altri titolari del successo contro la Sampdoria. Fonseca deve rinunciare a Zappacosta che si ferma durante il riscaldamento e quindi riporta Florenzi in difesa innestando Kluivert in avanti. In difesa, rispetto alla formazione schierata contro il Genoa, c'è la novità di Mancini: centrale, al fianco di Fazio. Al 3' Lazio già vicinissima al gol: palo di Leiva che al volo ribatte a rete una respinta di Pau Lopez, si lancia sul pallone Immobile ma Fazio fa muro. Al 5' replica la Roma: palo timbrato dal Zaniolo con una rasoiata da fuori area. Derby subito elettrizzante. La squadra di Inzaghi si sgancia in avanti. Alto un tiro di Immobile. Milinkovic pericoloso, Pau Lopez sventa. Luis Alberto conclude a lato. Ritmi elevatissimi. Fallo di mani di Milinkovic su cross di Dzeko: Guida non ha dubbi, è rigore. Al 17' dal dischetto l'ex Kolarov sigla il vantaggio della Roma. La Lazio accusa il colpo senza però smarrirsi. Qualche minuto e i biancocelesti riprendono a carburare. Al 25' nuovo legno colpito dalla Lazio: da Immobile il pallone fiondato all'incrocio. Un minuto dopo ancora un palo per i biancocelesti, questa volta con Correa. Scatta la Roma: al 26' azione ribattuta e Milinkovic salva praticamente sulla linea, pochi secondi dopo Zaniolo si vede fermare nuovamente dal palo una sua bordata a rete. Partita intensa e spigolosa. Duro intervento ai danni di Luiz Felipe da parte di Zaniolo che viene ammonito. Al 33' Immobile tenta la conclusione dalla distanza: fuori. Al 37' Pau Lopez non si fa sorprendere dal doppio passo di Correa al tiro. Al 40' si ferma Luiz Felipe e Inzaghi lo sostituisce con Bastos. Al 46' punizione di Kolarov alzata da Strakosha sopra la traversa. È l'ultimo brivido di un primo tempo senza respiro che si conclude col vantaggio della formazione di Fonseca.

RISPONDE LUIS — La ripresa parte con un'insidiosa incursione di Zaniolo: conclusione sopra la traversa. La Lazio dà continuità alla manovra offensiva. Al 5' Pau Lopez si oppone a Leiva. Al 12', un cross di Radu innesca il colpo di testa di Lazzari che va fuori di poco. Un minuto dopo il pareggio della Lazio: Milinkovic ispira Immobile, che si gira in area e porge il pallone a Luis Alberto lesto a scaraventarlo in rete. Primo gol per lo spagnolo nel derby della Capitale. Al 19', ghiottissima occasione per la squadra di Inzaghi: Correa, dopo una combinazione con Immobile, si fa ipnotizzare da Pau Lopez. Primo cambio per la Roma: al 22' Fonseca avvicenda Under con Pastore. La Lazio insiste, ma la Roma è sempre pronta a farsi valere nelle ripartenze. Seconda sostituzione nella Lazio: al 26' Parolo dà il cambio a Milinkovic. La formazione di Fonseca infittisce le puntate offensive. Inzaghi vuole nuove risorse in avanti: al 33' Jony rileva Lulic. Esordio in A per lo spagnolo, chiamato a dare più incisività sula corsia sinistra. Nella Roma Zaniolo, molto affaticato, è sostituito da Santon, mentre Florenzi viene spostato in avanti. Al 41' la Lazio impreca per un altro legno a sbarrare al via del gol: traversa di Parolo. Ultimo cambio nella Roma: ecco Diawara per Florenzi. Quattro minuti di recupero sempre a caccia del sussulto per prendersi il derby. Crede di trovarlo Lazzari quando vede il pallone in rete ma il gol viene annullato per fuorigioco di Jony. Finisce 1-1 e tutti a testa alta tra gli applausi dell'Olimpico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:15
L’Inter passa a Cagliari con Lautaro e Lukaku.
Ed è a punteggio pieno

Gara durissima per i nerazzurri che mostrano gambe pesanti ma anche tanto cuore.
Brilla Sensi. Di Joao Pedro il gol del momentaneo pareggio rossoblù


Carlo Angioni


Non è ancora l’Inter dinamite che vuole Conte, ma la vittoria di Cagliari, la seconda di fila dopo il poker al Lecce, dà un’altra bella scossa all’entusiasmo nerazzurro e dimostra la solidità del gruppo di Antonio. Merito di Lautaro Martinez, 2 gol in altrettante partite alla Sardegna Arena, e di Romelu Lukaku, che non brilla per 70’ ma poi la decide su rigore dopo un assist perfetto per Sensi, che il calcio dagli undici metri se lo conquista con un movimento che annebbia Pisacane. E il Cagliari? Le ambizioni dei rossoblù rimangono nel cassetto e alla fine gli ultrà fischiano: la squadra di Maran non gioca una brutta partita, fa fatica all’inizio, riacciuffa l’Inter con Joao Pedro a inizio ripresa ma resta a zero punti.

MEGLIO I NERAZZURRI — Il primo tempo è dell’Inter, che non fa nulla di eclatante ma dopo 29’ va in vantaggio. Lautaro non segnava dal 17 marzo, nella notte del 3-2 al Milan, e stavolta incorna perfettamente il cross di Sensi. Festeggiando grazie al Var, che ribalta il fuorigioco segnalato dall’assistente Del Giovane. Un gol importante per l’Inter e per il Toro, che dà una risposta decisa nel giorno della prima convocazione di Alexis Sanchez, con cui si giocherà il posto accanto a Romelu. Per il resto, Olsen, appena arrivato e subito titolare, non fa nemmeno una parata e lo stesso succede a Handanovic. In casa Inter Lukaku si vede pochissimo e fatica a trovarsi con il Toro; in casa Cagliari Cerri sbaglia tanto in appoggio e Nainggolan, che sogna la rivincita contro chi l’ha lasciato andare, si becca una scivolata durissima da Brozovic sulle caviglie ed è il motore dei sardi.

REAZIONE E RIBALTONE — L’intervallo rigenera i muscoli del Cagliari, che si presenta con il nuovo arrivato Simeone al posto di Cerri e dimostra di avere molta più fame. Ecco perché dopo 5’ minuti arriva il pareggio. L’azione-gol la confeziona Nandez sulla destra, che vince il duello con Brozovic e in mezzo pesca la testa di Joao Pedro, bravo a saltare sopra D’Ambrosio. Al 60’ l’Inter è pericolosissima con Sensi: il piccoletto ex Sassuolo inizia a prendere i giri e si guadagna una punizione dal limite che scheggia la traversa. Il Cagliari chiede un rigore per fallo di mano di Brozovic (che non c’è) e subito dopo Conte si gioca la carta Barella, che torna nella sua Cagliari: la Sardegna Arena prima lo fischia e poi lo applaude. La mossa-Nicolò è vincente, perché con il primo pallone toccato dà l’avvio all’azione del calcio di rigore che decide la partita. Poi Lukaku serve benissimo Sensi che fa un movimento super e viene atterrato da Pisacane. La firma ce la mette Romelu: 2 gol in 2 partite di Serie A, con tanto di esultanza un po’ provocatoria e la risposta della curva con qualche buu isolato. L’Inter fa debuttare Godin e potrebbe triplicare, l’assalto del Cagliari non ha successo. Niente dinamite nerazzurra, ma tre punti che valgono tanto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:19
Il Genoa torna a vincere:
2-1 alla Fiorentina grazie a Zapata e Kouame

Ottima gestione della gara per la squadra di Andreazzoli.
A Montella non basta il rigore nel finale trasformato da Pulgar.
Allo scadere palo di Chiesa


Filippo Grimaldi


Festa Genoa, che vince con merito, da rivedere invece la Fiorentina, che fa un passo indietro rispetto alla prestazione casalinga contro il Napoli di otto giorni fa ed al Ferraris commette l’errore di risvegliarsi solo nel finale.

Andreazzoli riconferma la stessa formazione che aveva ben debuttato all’Olimpico con la Roma, mentre Montella rispetto alla gara con il Napoli schiera a sinistra Ranieri al posto di Venuti, con Boateng titolare nel tridente offensivo. Ma è una Viola meno efficace di otto giorni fa, che patisce il gioco in velocità e la spinta sulle corsie esterne di un Genoa ben più tonico degli ospiti. Una differenza di velocità che si avverte subito in avvio, quando Ghiglione (il migliore dei suoi nel primo tempo) serve dalla destra un cross al volo per Pinamonti (4’) che per un soffio finisce a lato. La Fiorentina prova a scuotersi, ma è imprecisa e riesce a rendersi pericolosa solo approfittando di qualche disattenzione dei giocatori di Andreazzoli. Succede al 6’, quando Boateng calcia a lato, ma da lì in poi sino alla mezz’ora è un lungo monologo genoano. Al 10’ sul calcio d’angolo di Schone, Romero colpisce il palo alla sinistra di Dragowski, e un minuto dopo, ancora su angolo del danese, Ghiglione (sempre lui) pesca a centro area Zapata che firma l’uno a zero rossoblù. Il Genoa ci crede, fa un gran possesso palla, verticalizza la manovra e non dà tregua alla Fiorentina che riesce a ragionare poco, ma sbaglia moltissimo. Radovanovic (25’) ci prova dalla distanza, ma senza fortuna.


CHE PAURA — È una fase particolare della gara, con l’attenzione – in campo e fuori – concentrata sull’intervento dei vigili del fuoco per recuperare un tifoso caduto nel fossato della gradinata nord. Giacomelli ferma addirittura il gioco per oltre un minuto, e alla ripresa Barreca serve Pinamonti, sul quale Dragowski evita il bis del Genoa alzando sopra la traversa.

RISCATTO — Viola in difficoltà, ma in avvio di ripresa un paio di combinazioni Lirola-Sottil sulla destra mostrano una Fiorentina più convinta. All’8 Chiesa scende sulla sinistra e impegna Radu a terra, ma sulla ripartenza del Genoa, Pinamonti calcia sull’esterno della rete da posizione favorevole. Genoa che viaggia su ritmi meno alti del primo tempo, ma che non perde in efficacia. Si mette in evidenza il danese Lerager che prima sfiora il raddoppio con un diagonale insidioso, poi serve un cross perfetto che Kouame spreca. Montella passa al 3-4-3 inserendo Dalbert (fuori Badelj), ma un attimo dopo l’ivoriano del Genoa trova il rasoterra (21’) che chiude la partita (secondo gol in campionato), lasciando sul posto Pezzella e Milenkovic. La partita, di fatto, sembra non avere più storia. Montella prima della mezz’ora manda in campo Ribery, poi su un contatto Romulo-Dalbert in area, Giacomelli assegna il rigore che Pulgar realizza (32’). Il gol risveglia gli ospiti. Finale convulso, Ribery prova a riorganizzare i suoi, impegna Radu a terra, ma alla squadra di Montella manca la continuità nella spinta. Nel convulso recupero. Chiesa (46’) colpisce il palo e poi l’attaccante manca di un soffio il gol del pareggio, impegnando ancora Radu a terra. Ma il risultato non cambia più. Finisce così con la festa genoana. Il nuovo corso di Andreazzoli in casa inizia nel migliore dei modi, la Fiorentina reagisce tardi e Montella si ritrova, alla pausa, ancora a zero punti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:23
Pessina beffa Liverani: il Verona vince a Lecce 1-0

All'81', gli ospiti segnano il gol della vittoria e conquistano i primi tre punti della stagione.
Nel primo tempo, Zaccagni colpisce il palo


Al Via del Mare sorride il Verona di Juric che porta a casa i tre punti con il gol decisivo a nove minuti dal fischio finale. Decide Pessina che sfrutta l'assist di Zaccagni e risolve la partita. Nel primo tempo meglio gli ospiti, pericolosissimi con Zaccagni che colpisce un palo. I padroni di casa di Liverani, supportati da una cornice di pubblico spettacolare, si propongono di più nell'avvio di ripresa, ma senza trovare la via del gol.

IL PRIMO TEMPO — Al 4', la prima occasione pericolosa con Lucioni che salta di testa e cerca la porta senza riuscirci. Subito dopo, il Verona risponde su calcio di punizione: incorna Rrahmani, ma Gabriel difende lo 0-0. La squadra di Juric crea di più negli ultimi metri ed è pericolosissima al 21': battuta di Veloso, colpo di testa di Rrahmani e deviazione di Zaccagni che colpisce il palo. Liverani può tirare un sospiro di sollievo. Cinque minuti dopo, ci riprova Faraoni col destro, ma la palla finisce fuori la porta di Gabriel. Il botta e risposta prosegue con Lapadula che, con un colpo di testa, sfiora la traversa. E poi, si rende protagonista Lazovic, ma Gabriel, ancora una volta è decisivo.

LA RIPRESA — Il Lecce è più carico in questo inizio ripresa: al 47' Majer ci prova col sinistro, ma la palla termina a lato. Al 56' è buono il cross di Lazovic per Faraoni che si coordina e calcia al volo, trovando soltanto la deviazione in corner. Poi ci riprova Lapadula, ma Silvestri blocca senza problemi. All'81' l'espisodio decisivo: Pessina sfrutta l'assist di Zaccagni e confeziona il gol della vittoria (segna il suo primo gol in Serie A, al suo primo tiro in assoluto con la maglia del Verona). Mancosu è pericolosissimo, ma il risultato non cambia: il Lecce non si riscatta dal poker subito a San Siro contro l'Inter. Per il Verona di Juric, invece, arrivano i primi tre punti della stagione (dopo il pari all'esordio contro il Bologna).

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:26
Super Berardi manda in crisi Di Francesco:
poker Sassuolo alla Samp

Tripletta dell’attaccante neroverde, a segno anche Traoré.
Per i blucerchiati va in rete Quagliarella su rigore, espulso Vieira


Stefano Cantalupi


Al Mapei Stadium Eusebio Di Francesco ha gettato le basi per una carriera da allenatore che l’avrebbe portato, nel giro di pochissimo tempo, a vivere una semifinale di Champions League con la Roma. Proprio in questo stadio cercava i primi punti sulla panchina della Samp, dopo la tripla scoppola rimediata contro la Lazio all’esordio in questa Serie A: invece il suo ritorno a Reggio Emilia si trasforma in un incubo. Finisce 4-1 per il Sassuolo di De Zerbi, che lascia quota zero trascinato da un super Berardi. Buio pesto per la Samp, che va alla sosta con mille dubbi tattici e soprattutto di personalità.

UN, DUE, TRE — Juve-Napoli aveva messo tutti sull’attenti: in questo calcio di fine estate basta un attimo per ribaltare partite che sembrano pendere chiaramente da una parte. A guardare i primi venti minuti di Sassuolo-Samp i più in palla parrebbero i blucerchiati: Jankto, Quagliarella, Ekdal e poi Vieira testano i riflessi di Consigli. Basta un episodio, però, per cambiare l’inerzia del match: al 29’ Caputo fa una gran giocata sulla sinistra e mette al centro per Berardi, che brucia la difesa ligure e insacca l’1-0. Da lì la Samp, con Quagliarella sostenuto in attacco dal solo Ramirez (panchina per Gabbiadini e Caprari), non trova mai la forza di rialzarsi. E tra il 36’ e il 43’ incassa altri due gol dallo scatenato Berardi: prima Colley s’addormenta in mezzo all’area permettendo all’attaccante neroverde di sfruttare il cross di Duncan, poi il numero 25 trova il tris con un sinistro da fuori area, su cui Audero parte in ritardo.

ROSSO E NOTTE FONDA — Il rosso diretto a Vieira per un inutile pestone a Peluso, un attimo prima dell’intervallo, certifica di fatto la fine del match. Di Francesco comincia il secondo tempo con Barreto al posto di Leris, ma in un attimo si ritrova sotto di quattro reti. Stavolta è Traoré a festeggiare: Muldur premia il suo taglio con un passaggio (deviato) e l’ivoriano fa poker. Il sussulto d’orgoglio blucerchiato si concretizza nel rigore di Quagliarella, fischiato per un contatto tra Duncan ed Ekdal. Ma poco cambia per questa Samp, che si ritrova sul fondo della classifica con la difesa più battuta del campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:29
Gervinho devastante:
il Parma va sotto a Udine, poi si scatena col tris

Gran gol di Lasagna, poi si scatena l’ivoriano che segna e serve l’assist a Inglese.
Di Gagliolo l’altra rete degli emiliani


Una fase difensiva solida e tanto contropiede, con quella formidabile freccia che è Gervinho. Le ricette del Parma per conquistare un’altra salvezza sono le stesse dell’anno scorso. E ci sono tutti i presupposti per riuscirci: il 3-1 di Udine, primo successo stagionale, arriva principalmente grazie a Gervinho, sempre formidabile se gli lasci un minimo di spazio.

L’EPISODIO CHIAVE — E’ la papera di Musso sul finire del primo tempo. Fino ad allora l’Udinese aveva dominato: uno straordinario gol di Lasagna in progressione, irridendo Iacoponi sullo scatto con pregevole finalizzazione di sinistro. Poi la squadra di Tudor gioca meglio e sfiora il raddoppio, finché il portiere argentino si fa quasi gol da solo sul tiro di Gervinho, tutt’altro che imparabile. 1-1 all’intervallo e inerzia ribaltata.

VAI GERVI! — Col passare dei minuti la partita si riequilibra: Sepe non soffre e le capacità del Parma di ribaltare fanno la differenza. L’azione del raddoppio parte da lontano ed è conclusa dall’inserimento di Gagliolo, perfetto nello stacco di testa sull’invito di Kulusevski. Il gol della quasi-certezza (De Paul e Teodorczyk sfioreranno il 2-3 nel finale) è il manifesto del Gervinismo: azione in velocità col dribbling a uccellare Ekong e perfetto cross per Roberto Inglese, altro cardine del progetto di D’Aversa. Che non sarà spettacolare come certi tecnici che piacciono alla gente che piace, ma sa fare punti.

Gasport

Fonte: Gazzette dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:34
Il Toro dimentica i Wolves:
ribalta l'Atalanta ed è in testa con Juve e Inter!

Partita bellissima a Parma: granata avanti con Bonifazi,
poi la doppietta illusoria di Zapata prima della rimonta firmata Berenguer-Izzo


Mario Pagliara


Questo Torino non muore mai. Con il cuore e la personalità affonda una gran bella Atalanta 3-2. Si regala una notte da leoni, e ora si godrà la prima pausa del campionato a punteggio pieno in classifica, in testa alla A con Juve e Inter. Sa soffrire la squadra di Mazzarri quando è il momento di stringere i denti, ed è abile nel gestire con lucidità la stanchezza, evidente, per le fatiche di Coppa, di fronte alla Gasperini band che passa in vantaggio con la doppietta di Zapata prima di subire la rimonta decisiva firmata Berenguer-Izzo. Siamo solo alla seconda giornata, ma questo blitz del Toro è bello pesante.

ILICIC SPLENDENTE — Il primo quarto d’ora è il manifesto più limpido di cosa è capace di fare l’Atalanta se le si concedono spazi e se si accetta di sfidarla sul terreno dell’uomo contro uomo. Come fa il Torino, posizionandosi a tre dietro e aprendo continuamente i duelli tra Izzo e Gomez, Djidji e Zapata, Bonifazi ed Ilicic. Cinque occasioni in dodici minuti netti, l’Atalanta in avvio è un’onda che sembra poter dilagare in ogni momento, trascinata da un Ilicic (al rientro) super ispirato, che manda in tilt Bonifazi e per il quale la fascia destra si trasforma ben presto in una prateria da cavalcare. Il Torino capisce in fretta che è una serata nella quale bisogna stringere i denti, prova a compattarsi, si aggrappa a Sirigu (strepitoso al 7’ su Ilicic e al 12’ su De Roon), e ha il grande merito di non disunirsi. Non è perfetta l’Atalanta, pecca di precisione, come all’8’ quando il diagonale di Gomez sfiora il palo, o quando Gosens (10’) si fa murare da Bonifazi.

PERSONALITA’ DA TORO — All’ottava partita di fila in quaranta giorni, il Toro ha chiaramente il serbatoio mezzo vuoto. Ma dove le gambe non arrivano, ci mette la testa e il cuore. E dopo un quarto d’ora in apnea esce dall’acqua alta un po’ alla volta con personalità. Il primo segnale lo lancia Izzo (16’) che impegna Gollini, poi Rincon prova a centrocampo a metterci più di una toppa e De Silvestri inizia ad essere più intraprendente sulla destra. Al 24’ arriva l’episodio che premia la tenacia e la capacità di soffrire del Toro: da un calcio d’angolo, su assist di Baselli, arriva il colpo di testa di Bonifazi (uno di quelli maggiormente in difficoltà) che sblocca l’equilibrio. Gli uomini di Mazzarri avrebbero anche la chance per il raddoppio, ma incredibilmente De Silvestri preferisce il passaggio all’indietro da solo in area, piuttosto che battere a rete. L’Atalanta è naturalmente viva, è sempre in partita, e stavolta da un’intuizione di Pasalic firma il meritato pareggio: assist del croato, diagonale imparabile di Zapata. Ancora il colombiano, a due minuti dell’intervallo, va vicinissimo al sorpasso.


ZAPATA TRAVOLGENTE — Dopo la pausa, l’Atalanta gioca un avvio di frazione bello ma poco fruttuoso. Ilicic continua ad essere delizioso, e nel gioco in verticale, con le sue tante soluzioni, la squadra di Gasperini va vicina più volte al gol. Dopo tre minuti, Sirigu abbassa la saracinesca sul colpo di testa di Toloi. Sessanta secondi più tardi, Djidji salva alla disperata su Zapata evitandogli di battere a colpo sicuro. Anche Ilicic, in serata di grazia, può sbagliare, così al 9’ spara in curva a pochi passi da Sirigu. Trenta secondi dopo, e siamo ancora al nono della ripresa, Zapata firma lo strappo: parte quasi da centrocampo, si trascina Djidji, lo travolge e lo dribbla di potenza, evita anche l’arrivo di Izzo, e batte Sirigu firmando la doppietta.

IL GRANDE CUORE GRANATA — Proprio quando la sfida sembrava poter essere indirizzata, emerge il grande cuore del Toro che sorprende Gasperini e l’Atalanta. Il vantaggio dei nerazzurri dura appena tre minuti: è il dodicesimo quando Aina fa saltare il banco con un’incursione sulla sinistra, il resto è un triangolo perfettamente riuscito tra Meité e Berenguer con lo spagnolo che batte Gollini. Sul 2-2, Gasperini inserisce la quarta punta, Muriel, al posto di Pasalic, per tentare il colpo del k.o. Ma il Toro è un osso duro. Resiste e colpisce. Al 21’ nell’area bergamasca sbuca la testa di Izzo a raccogliere la punizione-cross di Baselli facendo esplodere gli oltre cinquecento tifosi arrivati dal Piemonte. A poco più di venti minuti dalla fine, il Torino è avanti 3-2. Sirigu è senza dubbio uno dei grandi protagonisti della serata del Tardini, e lo dimostra chiudendo più volte su Ilicic e su una bordata (al 25’) di Muriel. Nel finale, dentro anche i volti nuovi: Arana da una parte, Laxalt dall’altra. Sulla notte del Toro c’è il timbro di Sirigu, a quattro minuti dal recupero si oppone ancora in maniera sontuosa su Ilicic. “San Salvatore” non tradisce mai.



Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 1 settembre 2019 23:38
SERIE A 2019/2020 2ª Giornata (2ª di Andata)

30/08/2019
Bologna - Spal 1-0
31/08/2019
Milan - Brescia 1-0
Juventus - Napoli 4-3
01/09/2019
Lazio - Roma 1-1
Atalanta - Torino 2-3
Cagliari - Inter 1-2
Genoa - Fiorentina 2-1
Lecce - Verona 0-1
Sassuolo - Sampdoria 4-1
Udinese - Parma 1-3

Classifica
1) Inter, Juventus e Torino punti 6;
4) Lazio, Genoa, Bologna e Verona punti 4;
8) Sassuolo, Parma, Napoli, Atalanta, Brescia, Milan e Udinese punti 3;
15) Roma punti 2;
16) Fiorentina, Spal, Cagliari, Lecce e Sampdoria punti 0.

(gazzetta.it)
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:11
Fiorentina, occasione sprecata:
una brutta Juve perde tre uomini ma evita la sconfitta

Viola pericolosi in più occasioni ma poco cinici,
la Signora gioca malissimo e perde per infortunio Douglas Costa, Pjanic e Danilo


Luca Bianchin


Numeri o arte, a scelta. Numeri: dieci angoli a zero per la Fiorentina, otto tiri in porta a quattro. Completamente non pronosticabile. Arte: Firenze, città sensibile alla bellezza, non vince ma si innamora di Gaetano Castrovilli e Franck Ribery nello stesso pomeriggio… e in questi tempi complicati è già qualcosa. Fiorentina-Juve 0-0, primo anticipo alla ripresa del campionato, è in questo e in altro. La Juve allunga in testa alla classifica ma in serata, per la prima volta dal marzo 2018, viene scavalcata in testa dall’Inter (e lunedì potrebbe essere scavalcata anche dal Torino). A quattro giorni dall’Atletico Madrid, la condizione fisica preoccupa parecchio. La Fiorentina invece prende il primo punticino (e rischia di fare il colpaccio) con un paio di giocatori sopra tutti. Castrovilli è il migliore in campo con il suo calcio elegante, Ribery gioca a tutto campo – al suo ritmo ma a tutto campo – e mette in porta Dalbert nell’azione più bella della partita. Il brasiliano, sciagurato, colpisce male. Il grande tema della partita, allora, rischiano di essere gli infortuni. La Juventus perde Douglas Costa, Pjanic e Danilo per problemi muscolari, la Viola cambia Ribery e Pezzella (polpaccio destro) per piccoli guai fisici. A prima vista il più preoccupante del gruppo è Douglas Costa ma una delle cause è probabilmente comune: il caldo. Nella prima partita alle 15 della stagione, la temperatura era da Ferragosto.

MONTELLA, IDEA GIUSTA — La Juve non può non preoccupare Sarri perché comincia lenta e così prosegue: ritmo basso, tanta fatica a costruire, pochissimi palloni per Ronaldo, Higuain e Douglas Costa. Anzi, Ronaldo, Higuain e Bernardeschi, perché Douglas Costa si fa male dopo 5 minuti ed esce. La maledizione di Allegri dev’essere tornata dalle vacanze perché prima della fine del primo tempo deve uscire anche Pjanic, sostituito da Bentancur. Nel mezzo, tra un infortunio e l’altro, tanta Fiorentina e tanto Castrovilli, che disturba Pjanic e ha visioni da grande giocatore. Montella sceglie Chiesa e Ribery di punta in un 3-5-2 efficace, che blocca la Juve e trova sbocco a sinistra, dove Dalbert viene lasciato giocare da Bernardeschi e Danilo. La Viola così rischia di segnare quattro volte nel solo primo tempo. Le prime due per clamorosi errori di Szczesny – passaggio intercettato da Chiesa a pochi metri dalla porta, con pallone che rimbalza sopra la traversa – e di De Ligt, che sbaglia un tocco per il suo portiere in zona area piccola: Ribery arriva prima di Szczesny ma “Tek” è bravo a chiudere lo specchio. Le altre due sono più nobili, perché nascono da due idee: Castrovilli dopo un’ora crossa basso per Chiesa, che non devia, mentre Ribery a cinque minuti dall’intervallo mette Dalbert davanti alla porta con un’idea da… quasi Pallone d’oro. Il brasiliano non sfrutta la disattenzione di Danilo e devia malissimo di testa.

JUVE EVAPORATA — Sì, ma la Juve? Poca cosa. Nel primo tempo è tutta in due tiri di Matuidi e Pjanic, nel secondo fa paura solo con un contropiede Higuain-Cuadrado-Ronaldo che non turba la quiete di Dragowski. Higuain e Ronaldo non si attivano praticamente mai, Bernardeschi sembra la versione triste del giocatore di un anno fa, Khedira arriva una volta in zona pericolosa. La prima ora di Juve-Napoli, con aggressione alta, brillantezza e giocate da squadra superiore, sembra di un’altra epoca, evaporata con il caldo da Ferragosto di questo anticipo delle 15. La Fiorentina, piuttosto, ha un’altra condizione e rischia di vincere la partita un altro paio di volte, con un contropiede Ribery-Castrovilli chiuso male e un tiro di Chiesa deviato in angolo. A quel punto mezzo stadio fa lo stesso pensiero: “Ora la Juve, cinica come sempre, la vince negli ultimi minuti”. Non proprio. La partita, nonostante una occasione sull’asse Higuain-Khedira, nel finale non decolla, al massimo lievita Cristiano per la classica rovesciata in area. Ma questa non è la Champions e per questa Juve non è giornata: il tiro finisce fuori e la partita 0-0. Allora, palla al campionato con una grande domanda: questa ripartenza juventina è un punticino guadagnato o la prima spia di un problema serio?

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:15
E’ sempre il Napoli di Mertens: che show.
Crisi nera per la Samp

L’attaccante belga scatenato con due gol e una traversa, ma che parate Meret: decisivo su Ferrari e Rigoni.
Di Francesco ancora a zero punti


Mimmo Malfitano


La prima al San Paolo è di Dries Mertens. La sua doppietta basta al Napoli per ridimensionare le aspettative della Sampdoria che da questa trasferta avrebbe voluto i primi punti. Ma gli è andata male, perché il collettivo di Carlo Ancelotti gli ha concesso poche opportunità, peraltro create dai soliti errori dei singoli. Il Napoli c’è, dunque, ha saputo approfittare del pari della Juventus, a Firenze, per ridurre lo svantaggio ad un solo punto in attesa di capire che cosa accadrà a San Siro. Per la prima a Fuorigrotta, l’allenatore non s’è risparmiato, ha concesso la passerella ai nuovi, schierando Elmas e Lozano dal primo minuto e inserendo Llorente negli ultimi 25 minuti. Un buon test, tutto sommato, in previsione della prima di Champions League, contro il Liverpool, in programma martedì sera.

DENTRO LOZANO — La notte avrà consigliato a Ancelotti di tenere fuori Llorente, da lui stesso annunciato titolare alla vigilia. Gioca, invece, Hirving Lozano al fianco di Mertens, nella coppia d’attacco. Il 4-4-2 iniziale del Napoli è evidente, con Fabian Ruiz e Elmas centrali a centrocampo, con Callejon e Zielinski sugli esterni. In difesa non c’è Manolas, ma Maksimovic, nel mini turnover disposto dal tecnico in previsione della gara con Liverpool. Di Francesco, invece, si affida a Murillo e Regini, i due centrali di difesa, per tenere a bada l’attacco avversario, mentre in attacco Rigoni e Quagliarella provano a infastidire la retroguardia napoletana: Caprari agisce alle loro spalle da trequartista.

SPETTACOLO INIZIALE — E’ un bel vedere questo Napoli. La manovra è di qualità superiore e la Samp ben presto deve chiudersi nella propria metà campo per limitare la pressione dell’avversario. Ci prova Fabian Ruiz (5’) dal fuori area, ma Audero blocca. Tocca a Meret guadagnarsi la giornata. Lo farà prima schiaffeggiando d’istinto un deviazione di Ferrari e si ripeterà al 19’, con un prodigio su Rigoni lanciato a rete da uno scivolone di Elmas. Il Napoli, dunque, tiene il gioco, ogni qualvolta Lozano tocca il pallone c’è l’ammirazione del San Paolo. Devono trascorre comunque 13 minuti per il gol del vantaggio. Callejon lancia sulla destra Di Lorenzo che, di prima, crossa basso. Sul pallone si avventa Mertens per la girata vincente. Pare che nulla potrà contrastare questo Napoli. Ma la Sampdoria si ricompatta in fretta, subito dopo che lo stesso attaccante belga (18’) colpisce la parte interna della traversa.

TRE PALLE GOL — La Sampdoria, dunque, ritrova la fiducia e si porta spesso dalla parti di Meret. Quagliarella sfiora per ben due volte il palo con tiri dalla distanza e il portiere napoletano deve compiere un prodigio, come dicevamo su Rigoni. La difesa napoletana non è ancora al massimo, Koulibaly commette un paio di errori che ne evidenziano uno stato di forma ancora precario. Il primo tempo si chiude con i blucerchiati nell’area napoletana.

MERTENS MATTATORE — La verve dei doriani si esaurisce nei primi 45 minuti, perché il Napoli riprende a comandare. Audero deve distendersi (6’) per deviare in angolo la conclusione di Elmas. Il centrocampista macedone domina in mezzo al campo, dimostrando grande personalità e determinazione. La gara di Lozano termina dopo 20 minuti dall’inizio della ripresa: Ancelotti manda in campo Fernando Llorente. Che diventa protagonista dopo appena due minuti, quando appoggia all’indietro il pallone per la conclusione vincente di Mertens per la prima doppietta. La Samp è alle corde, Di Francesco si sbraccia sulla panchina, ma la differenza dei valori è troppo marcata. Callejon spara a volo sul cross di Mertens (26’) e Audero vola a deviare in angolo, mentre Quagliarella, sempre a volo, colpisce l’esterno della rete. Nell’ultimo quarto d’ora c’è spazio pure per Insigne che Ancelotti manda in campo al posto di Elmas. Il San Paolo riaprirà di nuovo le porte martedì, per la prima di Champions League, contro i campioni in carica del Liverpool.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:19
Sensi trascina l'Inter in vetta:
basta il suo gol per piegare l'Udinese in dieci

Il centrocampista va a segno di testa in una gara condizionata
anche dall'espulsione di de Paul per uno schiaffo a Candreva.
Nerazzurri primi a punteggio pieno


Valerio Clari

Di testa in testa: da -21 a +2. Un colpo di testa del più piccolo vale due notti da sola in testa, staccando la Juve. Terza giornata, classifica ballerina per definizione, ma l’Inter sogna a punteggio pieno, staccando la Juve. Solo 1-0 con l’Udinese in 10 per un tempo, si potrebbe dire. Ma la squadra di Conte piazza 10 tiri in porta, esalta Musso e rischia poco o niente: inserisce Godin, vede scampoli di Sanchez e soprattutto si fa trainare da un Sensi straripante e ancora decisivo.

CHE SENSI — Sensi è in un chiaro periodo di onnipotenza calcistica e il fatto che segni di testa, anticipando Becao, a cui concede oltre 20 centimetri, è lì a dimostrarlo. Ma i segnali si erano avuti già prima: dopo un quarto d’ora sguscia fra due, cerca Lukaku, un difensore respinge e la palla gli torna perfetta per un tiro al volo, altrettanto perfetto: Musso “rovina” tutto parando. Forse per assecondare questo magic moment, ma più probabilmente per cercare spazi nel compatto modulo dell’Udinese Conte lo avvicina a Lukaku e alla porta, varando un 3-4-2-1. L’idea funziona, tanto che anche Politano sarà più volte pericoloso e difficilmente intercettabile. L’Udinese però è ben messa in campo, è fisica, riparte, si fa anche pericolosa con Walace. Per far saltare l’equilibrio un aiuto decisivo arriva da De Paul, che si fa cacciare per una manata plateale a Candreva, che la sottolinea volando a terra e rimanendoci fino a Var conclusa.

DA LIMARE — Il cross dalla trequarti su cui Sensi svetta all’altezza dell’area piccola è di Diego Godin, alla terza discesa palla al piede “alla Zanetti” (non proprio la specialità della casa). Sulle prime due chiude De Paul, sulla terza non c’è più. In compenso Godin mancherà un chiusura (altro Gronchi rosa) su Lasagna in contropiede a inizio ripresa, aggiungendosi all’errore di De Vrij e dando lavoro a Handanovic. La GDS, al debutto, mette insieme il primo clean sheet, ma va ulteriormente oliata. Skrinar è tornato prepotente e dominante sull’uomo, ma sbaglia in fase di costruzione. Fra le cose migliorabili c’è il centrocampo: Brozovic ci ha messo un tempo a trovare la posizione, Barella dopo un paio di buoni lanci è ricaduto in una “barellata”. Tackle in ritardo su De Paul, grossi rischi e giallo annesso: esce al 45’, per un Gagliardini che si fa notare per tre tiri da fuori, in mezz’ora scarsa.

FUNZIONANTI — Nella ripresa entrerà anche Lautaro, a rilevare un Lukaku che non solo non fa tris (dopo le prime due giornate a segno), ma la vede anche pochissimo, quasi sempre anticipato dai centrali e poco dialogante con le due mezze punte. Meglio il Toro, ancora carico per la tripletta con l’Argentina, e meglio anche Alexis Sanchez, a cui Conte concede 10 minuti più recupero quando Politano si infortuna al polso. Il cileno parte a mille, corre ovunque: serve il solito super Musso per negargli il gol al debutto (cross basso di Candreva, deviazione ravvicinata). Il portiere è per distacco il migliore dei suoi, ma Tudor soffrirà meno dell’anno scorso. De Maio chiude quasi tutto, Fofana è tornato in palla, la squadra ha centimetri, polmoni e cuore. Anche in 10 per quasi un'ora. C’è tempo per guardare la classifica. Cercherà di non farlo anche l’Inter di Conte, ma qualcuno gliela farà notare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:51
Siluro di Zapata, gioia last minute dell'Atalanta:
battuto il Genoa al 95'

Finisce col colpo di scena: l'attaccante nerazzurro decide nel recupero
dopo il pari di Criscito su rigore allo scadere del tempo regolamentare.
Il vantaggio bergamasco era arrivato al 64' su penalty con Muriel


Filippo Grimaldi


Un’Atalanta da record, che con il suo ottavo risultato utile in trasferta eguaglia il record che risaliva al 1992. Partita emozionante al Ferraris, con la squadra di Gasperini brava a inseguire la vittoria sino all’ultimo secondo, con Duvan Zapata che a una manciata di secondi dal quinto minuto di recupero trova il gol-vittoria all’incrocio, sorprendendo Radu: due a uno per gli ospiti. Non sarebbe stato possibile immaginare miglior risultato in vista dell’esordio in Champions. Il Genoa interrompe il suo buon avvio di campionato, anche se era riuscito a rimettere la gara in parità proprio al novantesimo (rigore di Criscito dopo un contatto in area Djimsiti-Kouame), rimediando al vantaggio iniziale di Muriel su rigore (fallo di Cristian Zapata su Duvan Zapata).

CHE AFA — Un primo tempo condizionato su entrambi i fronti dal caldo, che ha costretto Genoa ed Atalanta a non poter tenere alto il ritmo a lungo. Monologo rossoblù in avvio, con la squadra di Andreazzoli molto efficace sulle fasce, soprattutto a sinistra dove Criscito e Barreca tengono bassi Hateboer e Toloi. Atalanta più prudente, anche se la pressione rossoblù si allenta dopo il primo quarto d’ora, permettendo ai nerazzurri di riorganizzarsi diventando più propositivi. Gli ospiti vanno vicini al gol con Pasalic, che manca però il controllo finale su cross di Ilicic dalla destra. Sulla ripartenza genoana Schone innesca Radovanovic (18’), la cui conclusione finale termina a un metro dalla porta di Gollini. Al 24’ c’è il primo cooling break della gara. Lerager viene murato in angolo, ma di lì in poi la squadra del Gasp fa valere il suo strapotere fisico in attacco: Duvan Zapata fa sessanta metri palla al piede vanamente inseguito da Kouame, ma l’azione non produce effetti, e poco dopo Pasalic impegna Radu, su un’azione avviata ancora una volta da Zapata. E’ un finale di tempo di grande sofferenza per il Genoa, ma gli ospiti non riescono comunque a sfruttare la grande pressione creata, grazie anche a una mediana che finalmente dà sostegno al gioco offensivo.

BOTTA E RISPOSTA — Il Genoa inizia il secondo tempo a ritmo alto, Kouame impegna Gollini in angolo (2’), ma le squadre stentano ancora una volta ad essere propositive. Gosens (12’) sfiora il gol con un diagonale pericoloso dalla sinistra. Gasperini sostituisce Pasalic con De Roon, poi Ilicic con Muriel, facendo salire la velocità del gioco. Al 17’, dopo una segnalazione della Var, Fabbri assegna il rigore all’Atalanta. L’uno a zero del colombiano costringe il Genoa a far salire il ritmo, scoprendosi però in difesa. Al 31’ Radu evita il secondo gol ospite chiudendo lo specchio su Duvan Zapata. Andreazzoli prova la carta Pandev alle spalle delle punte, togliendo Barreca, con Ankersen al posto di Ghiglione. Gosens va a segno (38’), ma l’arbitro annulla per fuorigioco, il Genoa insiste e trova l’uno a uno. Ma non basta, perché c’è ancora spazio per l’invenzione decisiva di Duvan Zapata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 18:02
Incredibile Bologna: rimonta da 1-3 e vince 4-3 contro il Brescia in dieci

Decisiva l’espulsione di Dessena a inizio ripresa.
Reti di Donnarumma (2), Bani, Cistana, Palacio, poi autogol di Sabelli e rete decisiva di Orsolini


Matteo Brega


Non basta tutto l’affetto di Brescia che ritrova la Serie A in casa. Il Bologna vince in rimonta, sfruttando al massimo l’ingenuità dell’espulsione di Dessena, gustandosi tutti i 25’ che portano dal 2-3 al 4-3 nel corso della ripresa. Non basta un primo tempo giocato benissimo da Bisoli e compagni che ora si ritrovano dopo tre giornate con tre punti e tanti rimpianti in classifica. Dopo 3.083 giorni il Rigamonti riabbraccia la Serie A. Il Brescia esordisce in casa alla terza giornata contro il Bologna di Sinisa Mihajlovic (assente fisicamente per le cure, presente spiritualmente), lo stesso tecnico contro cui aveva salutato la Serie A nel 2011 (Brescia-Fiorentina 2-2, guidava i toscani).

A SENSO UNICO — Eugenio Corini continua con i 4-3-1-2: Romulo da trequartista è il gancio tra i suoi compagni e la pressione alta sul portatore bolognese, mentre Ayé è il compagno d’attacco di Donnarumma. Nessuna sorpresa anche per il Bologna con il 4-2-3-1 d’ordinanza con Medel al fianco di Dzemaili nel cuore del centrocampo e Palacio unica punta. All’11’ il risultato cambia. Azione sulla sinistra di Romulo, cross morbido sul secondo palo dove Donnarumma anticipa Denswil di testa e segna (con l’aiuto della goal line technology) il secondo gol stagionale. Il Bologna arranca, i minuti seguenti non cambiano il flusso. Da un calcio di punizione battuto sul lato corto destro dell’area il pallone arriva sul lato opposto dove Mateju finge il cross e serve Donnarumma che controlla e di destro a giro trova il raddoppio sul secondo palo. In otto minuti, due gol subiti: il Bologna pare smarrito. Mentre la partita accarezza la mezzora, la curva del Brescia espone uno striscione per Mihajlovic: “Sinisa non mollare”. Il Bologna mostra di voler tornare in partita solo al 30’ con un corner di Orsolini che Joronen si impegna a deviare. E’ sempre Orsolini, tre minuti dopo, a riprovarci, questa volta al termine di un’azione un po’ scattosa portata fino al limite dell’area. La squadra di Mihajlovic appare meno brillante del Brescia in ogni zona del campo. Serve un colpo a sorpresa per risvegliarsi e arriva al 35’: calcio di punizione di Soriano dalla sinistra, Bani di testa anticipa l’uscita di Joronen e insacca. Emiliani ancora in partita, senza particolari meriti. E in effetti al 42’ viene ristabilita la giusta distanza tra le due squadre. Tonali da calcio d’angolo trova la testa di Cistana che gira in rete il 3-1 anticipando Soriano. Il destro al volo di Sansone che finisce largo di poco è un altro esempio di occasioni casuali per il Bologna che chiude un primo tempo decisamente negativo tra colpe proprie e meriti bresciani.

RIBALTONE

Il secondo tempo inizia con Santander al posto di Dzemaili. Tutto ciò comporta Soriano al fianco di Medel a centrocampo, Palacio trequartista e il nuovo entrato punta centrale. Ma ciò che modifica la partita arriva ancora dal Brescia. Al 3’ Dessena simula di aver subito un fallo da rigore e Rocchi lo punisce con il giallo: è il secondo, il Brescia gioca in pratica l’intero secondo tempo in inferiorità numerica. Il primo accorgimento di Corini è automatico passando al 4-3-2 con Romulo mezz’ala sinistra. Mihajlovic invece ordina di inserire Poli per Bani (stordito da un colpo) con Medel che scivola centrale difensivo. Tra un passaggio sbagliato e l’altro, il Bologna indovina quello giusto. Sansone all’11’ illumina il corridoio per Orsolini che controlla e crossa sul primo palo per Palacio che rimette ancora in partita i suoi, 3-2. Altri tre minuti e arriva il 3-3, su una distrazione bresciana. Corner di Orsolini, girata di testa di Palacio, Joronen vola e sulla respinta carambola Sabelli-Deswil e gol del pari: l'ultimo tocco è del difensore bresciano. Funziona come una vitamina perché un minuto dopo Santander si ritrova davanti a Joronen e calcia fuori. La partita è cambiata, all’improvviso. Corini interviene inserendo Zmrhal per Donnarumma e ridisegnando i suoi intorno al 4-4-1 con Romulo a ventaglio tra la linea del centrocampo e un passo avanti a sostenere Ayé. Il Brescia deve ritrovare l’equilibrio e il Bologna prova ad approfittarne. Cross di Dijks e Santander di testa gira fuori di poco. Gli emiliani spingono e Palacio al 26’ sciupa un pallone d’oro dall’area piccola. Al 34’ fuori Tonali (applaudito da tutto il Rigamonti) e dentro Spalek che va a sistemarsi a destra al posto di Bisoli che si accentra. L’inerzia però è degli emiliani. Palacio crossa per Orsolini che si ritrova da solo sul secondo palo e realizza il sorpasso. Un Bologna che rispecchia l’anima di Mihajlovic passa da 1-3 a 4-3 sfruttando al massimo la superiorità numerica. L’ultima carta di Corini è Matri inserito per Romulo. L’ingresso di Skov Olsen per Palacio al 44’ serve a far tirare il fiato agli emiliani che non soffrono comunque nel finale e si ritrovano dopo tre giornate con gli stessi punti della Juventus.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 18:07
Ceppitelli fa il Pavoletti, perla di Simeone: il Cagliari sbanca Parma

Il difensore e il Cholito rilanciano la squadra di Maran.
Gli emiliani in gol con Barillà, ma non evitano la seconda sconfitta in casa.
Var protagonista: D’Aversa reclama un rigore, annullato il poker di Joao Pedro


Francesco Velluzzi


Il calcio dà, il calcio toglie. Una vecchia legge. A Udine il Parma aveva subito 13 tiri da parte dei friulani, ma con tre soli aveva fatto secchi i bianconeri. Oggi (in tribuna i tecnici Davide Nicola che osserva e Bernardo Corradi neo c.t. dell’Under 16) la squadra di Roberto D’Aversa ha dominato il Cagliari che si è affacciato pochissimo dalle parti di Gigi Sepe, ma quando lo ha fatto lo ha trafitto (1-3). Due volte col difensore centrale Ceppitelli e quando sembrava che il Parma potesse riacchiappare la partita, una sanguinosa palla persa da Gagliolo, con Simeone che gliel’ho strappata dai piedi, ha consentito al Cholito di farsi 30 metri da solo e colpire firmando il primo gol in rossoblù. Così il Cagliari, già in fermento e con la tifoseria in ebollizione, respira, prende tre punti fondamentali e si rimette in sesto dopo le due sconfitte in casa con Brescia e Inter. La vittoria della concretezza e di un centrocampo tosto (Nandez, Cigarini, Rog e l’aiuto di Castro). E ora sarà facile dire che con Cigarini in campo a dettare i tempi, quasi da fermo, ma con maestria, tutto torna a posto.

PRIMO TEMPO — Rolando Maran, il tecnico dei sardi, ha problemi di abbondanza tra centrocampo e trequarti. Uno, purtroppo, glielo ha risolto Radja Nainggolan, che in settimana ha avuto fastidi al polpaccio. Così in regia, il posto più discusso, perché aveva cominciato il Ninja, torna Luca Cigarini, emiliano, praticamente a casa sua. In difesa c’è a destra Cacciatore (tornato dopo pochi allenamenti), poi al centro fiducia al guerriero Pisacane accanto al capitano Ceppitelli. Sta fuori Klavan, come Ionita, il più utile portatore d’acqua. Mentre l’altro guerriero da Boca, Nandez, nonostante non abbia mai riposato e abbia tanto viaggiato, è regolarmente in campo. E non potrebbe star fuori. D’Aversa mette subito Matteo Darmian (arrugginito in Premier, alla prima da titolare) e fa benissimo, più la zanzara dell’Atalanta (classe 2000) Kulusevski dietro Gervinho (marcato a vista) e lo spento Inglese. E’ il Parma che preme, tira tanto, Bruno Alves (con Olsen piazzato male) prende il palo su punizione, Hernani ci prova, ma dopo 23’ Nandez vince un contrasto sulla destra, mette al centro dove Ceppitelli tutto solo insacca di piatto facile. Fa caldo al Tardini: timeout chiamato dall’arbitro Pasqua (che con i cartellini non risparmia nessuno, 5 al Cagliari e pecca tanto). Ma al 39’ Ceppi si ripete, con la sua specialità, il colpo di testa, facendo il Pavoletti. Tutta colpa di Barillà che fa un fallo evitabile su Joao Pedro e genera la punizione che il professor Cigarini pennella per la testa del compagno, lasciato libero da Gagliolo.

SECONDO TEMPO — La ripresa comincia come il primo tempo col Parma tutto all’attacco. L’ottimo Nandez (grandi finezze, qualità e quantità) manda in porta il Cholito che spara dall’altra parte, Olsen para tanto. Ma sull’asse Hernani-Darmian, Barillà poi conclude bene e lo svedese si arrende. Poi dice di no da fenomeno a Gagliolo e Gervinho. Il Cagliari perde altri pezzi: Luca Pellegrini e Pisacane. D’Aversa toglie Inglese e Brugman (male entrambi) inserendo Cornelius e Pezzella, ma il Cagliari lo gela definitivamente con Simeone. C’è ancora spazio per le emozioni, con Pasqua che assegna un rigore al Parma per mani di Klavan su colpo di testa di Cornelius poi glielo toglie. Dieci minuti di recupero. In cui il Cagliari si toglie pure lo sfizio di segnare il quarto gol con una prodezza di Joao Pedro. Ma Pasqua, sempre più confuso, lo annulla alla Var (per fallo) anche a lui. Poi Olsen si supera su Gervinho. Il pubblico alla fine applaude lo stesso. Perché il Parma ha fatto confusione, ma ci ha provato sempre.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 18:10
La Spal punisce una Lazio sprecona: decide Kurtic nel recupero

La squadra di Inzaghi spreca tanto nel primo tempo chiuso solo con un rigore trasformato dall’azzurro,
al 63’ il pari dell’attaccante estense lasciato tutto solo in area, quindi il gol partita del centrocampista sloveno


Stefano Cieri


Un tempo per uno, ma la Spal capitalizza meglio e porta a casa i primi tre punti del suo campionato contro una Lazio prima brillante, poi apatica e involuta. Sconfitta pesante, la prima stagionale, per la squadra di Inzaghi. Proprio a Ferrara, dove l’anno scorso evaporarono i sogni Champions, i biancocelesti subiscono un nuovo k.o. che allunga ombre inquietanti non tanto sula consistenza tecnica quanto sulla tenuta mentale della banda di Inzaghi. Non si spiega altrimenti la metamorfosi tra un primo tempo chiuso meritatamente in vantaggio (e con tante occasioni sprecate per il raddoppio) e una ripresa totalmente in balia dell’avversario. Gode la squadra di Semplici, che vince meritatamente grazie alle sue armi tradizionali: concentrazione, cattiveria agonistica, ma anche grande lucidità tattica. La mossa di spostare Di Francesco sulla destra nella ripresa si rivela fondamentale nel dare la carica ai padroni di casa. Che cosi, dopo la falsa partenza, riprendono a sorridere.

SBLOCCA CIRO — La Lazio parte a tutta, come aveva chiesto Inzaghi il giorno prima. I biancocelesti si prendono subito il centro del ring e cercano di far valere la legge del più forte. Ci riescono bene nei primi venti minuti, nel corso dei quali chiudono la Spal nella sua metà campo, creano gioco, colpiscono un palo (con Caicedo) e infine passano (minuto 17) con Immobile su rigore. Concesso da Calvarese dopo lungo consulto al Var. Fatale il tocco di mano di Tomovic (che viene pure ammonito), sul tentativo di Caicedo. Sbloccato il risultato, e complice anche il grande caldo, la Lazio rallenta un po’, ma la Spal non ne approfitta, forse timorosa di lasciare troppo spazio alle micidiali ripartenze dei laziali. La squadra di casa si fa viva nell’area avversaria solo con un colpo di testa di Kurtic (di poco alto) al 28’. Poi, nell’ultimo quarto d’ora e dopo il provvidenziale cooling break, la Lazio riparte. E sfiora il raddoppio in almeno tre occasioni. Prima con il tiro a colpo sicuro di Parolo su cui si immola Tomovic, quindi con Luis Alberto, sulla cui conclusione Berisha si supera. E infine con Caicedo che conclude a lato da ottima posizione.

RIBALTONE — Errori che la Lazio paga carissimi nella ripresa quando l’inerzia della gara si ribalta completamente a favore della Spal. La Lazio diventa leziosa, lenta e abulica, al contrario la squadra di Semplici si trasforma e costringe gli ospiti nella propria metà campo. Non ci sono cambi tattici alla base del ribaltone, solo l’aspetto motivazionale che sparisce completamente tra i biancocelesti, mentre sale ai massimi livelli tra i padroni di casa, evidentemente catechizzati a dovere da Semplici nell’intervallo. Le avvisaglie del mutato clima agonistico ci sono già all’8’ con la buona occasione fallita da Cionek, poi è Kurtic a sfiorare il pareggio (bravo Strakosha), ma l’1-1 è solo rimandato. Lo firma Petagna al 18’ con una girata al volo sugli sviluppi di un angolo. Inzaghi prova a rimescolare le carte inserendo i due big lasciati in panchina per turn over (Milinkovic e Correa, in precedenza era entrato anche Vavro per Patric), ma neppure il serbo e l’argentino riescono a ridestare una Lazio seduta e vuota. Atteggiamento che finisce per caricare ulteriormente la Spal. Che non si accontenta dell’1-1 e prova a fare suoi i tre punti. Che, dopo un tentativo di Kurtic (palla alta da ottima posizione) arrivano per merito dello stesso giocatore sloveno che capitalizza al meglio un contropiede impostato da Di Francesco. E per la squadra di casa è l’apoteosi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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