Campionato di calcio Serie A stagione 2019/2020

Pagine: 1, 2, [3], 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15
binariomorto
00domenica 29 settembre 2019 20:24
Poker Lazio: Milinkovic, Radu, Caicedo
e Immobile mandano a picco il Genoa

La squadra di Inzaghi reagisce alla sconfitta con l’Inter dominando i rossoblu.
Annullato un gol a Luis Alberto


Nicola Berardino


Simone Inzaghi aveva chiesto principalmente i tre punti, ma Lazio risponde anche con una prova bella e convincente impacchettando quattro gol per vincere contro il Genoa. I primi sigilli stagionali di Milinkovic, Radu e Caicedo rendono in discesa la gara, liberando la Lazio dalle incertezze delle sconfitte recenti, compresa quella di mercoledì contro l’Inter. Poi, il gol di Immobile archivia il risultato. Appena un punto conquistato nelle ultime giornate dal Genoa, che fatica a reggere l’urto dell’attacco laziale e soprattutto non riesce a dare continuità alla manovra.

MILINKOVIC SI SBLOCCA — Inzaghi si riaffida ai veterani: tornano dal 1’ Radu, Marusic, Leiva, Lulic e Immobile. Andreazzoli dà spazio al turnover: entrano El Yamiq, Cassata e Sanabria per ritoccare ogni reparto e far rifiatare Zapata, Schone e Pinamonti che partono dalla panchina. Squadre schierate a specchio col 3-5-2. Inizio arrembante della Lazio che al 7’ sblocca la gara: con il tanto atteso primo gol stagionale di Sergej Milinkvoic che di sinistro da centro area su assist di Immobile conclude a rete un’azione avviata da lui stesso dopo aver recuperato un pallone su Sanabria. Replica rabbiosa del Genoa che al 9’ si vede sbarrare la strada del pareggio da un pronto intervento di Strakosha su una capocciata di Romero. Al 13’ si infrange sul fondo una bordata di Radovanovic dalla distanza. Ripartenza della Lazio con Marusic al tiro, deviato sull’esterno da Barreca. Ancora Immobile ispiratore: al 19’, lancia Correa che però non riesce ad angolare il tiro. Nel successivo assalto è Immobile a fiondarsi verso la porta: Radu si oppone. Al 25’ Strakosha fa scudo su Cassata, poi un mani di Sanabria vanifica il tentativo dello stesso attaccante. Alla mezz’ora, sopra la traversa l’incornata di Milinkovic. Nuovo assist di Immobile, destro di Luis Alberto alto. Al 35’ lo spagnolo infila Radu su una gran progressione di Immobile sulla destra. Ma Pairetto annulla dopo esser passato dalla Var che segnala un fallo di Milinkovic su Cassata nella metà campo laziale. Si ricomincia con una punizione a favore del Genoa. Ma il raddoppio biancoceleste è solo rinviato ed arriva al 40’ con un sinistro a parabola di Stefan Radu, innescato da Luis Alberto.

POKER DA APPLAUSI — Dopo l’intervallo, Andreazzoli inserisce Pajac e Pandev al posto di Barreca e Lerager. Rossoblù con un nuovo assetto proteso in fase offensiva. E subito animati da una maggiore aggressività. Al 3’ da posizione favorevole Sanabria non sfrutta un colpo di testa. Al 7’, Inzaghi fa entrare Caicedo al psoot di Correa, ce risente di alcuni interventi subiti nel primo tempo. E il portiere genoano Radu deve uscire fuori area all’11 per anticipare Marusic lanciato da Immobile. Al 14’, perla di Caicedo: l’ecuadoriano ispirato da Milinkovic scatta sul fondo, supera Radu e di sinistro insacca il gol del 3-0. Andreazzoli cerca di riaggiustare la rotta della propria gara con l’ingresso di Schone che al 24’ sostituisce Cassata. Applausi dell’Olimpico al 29’ per Milinkovic che viene sostituito da Parolo. Al 33’ Luiz Felipe individua il varco giusto: dalla difesa si catapulta nelle trequarti, depistando quattro avversari e lanciando Immobile al 4-0. Quinto gol in campionato per l’attaccante che festeggia correndo verso la panchina per abbracciare Inzaghi e chiudere le polemiche seguite alla sua sostituzione di una settimana fa contro il Parma. Al 41’, debutta in A Bobby Adekanye, che rileva Immobile salutato dall’ovazione dell’Olimpico. Il 4-0 finale suggella il ritorno della Lazio ai suoi livelli di gioco per riacendere le ambizioni in classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 29 settembre 2019 20:27
Roma sulle spalle di Dzeko: contro un bel Lecce decide lui

Primo tempo equilibrato, poi i giallorossi si aggrappano
al totem bosniaco che segna nella ripresa su assist di Mkhitaryan.
Gabriel para un rigore a Kolarov.


Andrea Pugliese


Ancora Dzeko, ancora Edin. La Roma vince a Lecce grazie al quarto gol in campionato del suo centravanti, il 92esimo in giallorosso e 31 in trasferta in Serie A. Dzeko così inserisce anche la città salentina nella sua collezione personale di città italiane dove ha esultato per un gol. Lecce è la 17esima, per la Roma invece è una vittoria salutare. Il Lecce ha tenuto bene per un tempo, mettendo anche paura a tratti ai giallorossi. Poi però il gol di Dzeko ha spezzato l’equilibrio, permettendo a Fonseca di poter tornare a sorridere dopo lo scivolone interno con l’Atalanta.

POCHI SPAZI — liverani davanti conferma la coppia Falco-Babacar, Fonseca invece tiene a riposo Fazio in difesa e Cristante a centrocampo, rilanciando dal via rispettivamente Mancini e Diawara. Il piano partita del Lecce è quello di togliere spazi e profondità agli attacchi giallorossi, con un 4-3-1-2 che prevede linee strettissime e basse. Liverani manda Babacar su Florenzi per sfruttare il missmatch, mentre Mancosu gioca un po’ punta e un po’ trequartista. Ma tutte le azioni migliori dei padroni di casa partono dai piedi di Falco, particolarmente ispirato. La Roma invece chiude il primo tempo addirittura con il 71% di possesso palla, ma spesso sterile e fine a se stesso. Sulla trequarti c’è un traffico pazzesco, così tanto che Pellegrini (belle due sue verticalizzazioni per Kluivert) è spesso costretto ad abbassarsi fino alla metà campo per avere palloni giocabili. Gabriel è spesso approssimativo, tanto che all’8’ rischia anche il patatrac: presa scivolosa su un cross innocuo di Florenzi, con la palla che sbatte sul braccio di Lucioni. La Roma protesta per il rigore, Abisso (e Guida alla Var) giudicano il tocco involontario. Il fallo di mano però è evidente, con il braccio largo. Così le occasioni migliori per la Roma arrivano su angolo, quando prima Mancini si vede respingere da Calderoni un colpo di testa che sembrava indirizzato a rete, poi Smalling spreca a lato l’ennesima uscita a vuoto di Gabriel. I padroni di casa invece vicini al gol al 39’ quando Rispoli in fascia sfrutta l’ennesima giocata di Falco e mette in mezzo un pallone su cui il tap-in al volo di Mancosu finisce di un soffio fuori.

ANCORA EDIN — Nella ripresa la Roma prende in mano la partita e prima sfiora il gol con Mkhitaryan su assist di Dzeko, poi lo trova proprio con il centravanti bosniaco, che di testa insacca un traversone dell’armeno. Decisivi però gli errori difensivi dei pugliesi: Mayer in uscita, Gabriel che sbaglia tutto e Rispoli che si stacca dalla marcatura sul centravanti giallorosso. Con la squadra di Fonseca in vantaggio diventa tutta altra partita, perché il Lecce ora deve allungarsi per provare a pareggiare e la Roma trova spazi per affondare con Kluivert (finta e tiro alto). Prima però era stato Calderoni ad andare vicino al pari, con Liverani che prova a trovare idee in mezzo inserendo Imbula al posto di uno spento Tachtsidis. Poi la Roma al 34’ ha la possibilità di chiudere la partita: fallo di mano di Lucioni su tiro di Dzeko, rigore di Kolarov ma stavolta Gabriel è strepitoso in angolo. Allora il Lecce prova a rianimarsi, ma di occasioni vere e proprie non ne riesce a creare neanche una. Finisce così, con la Roma che torna a sorridere e il Lecce che deve preparare la doppia esterna con Atalanta e Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 29 settembre 2019 20:31
Udinese, basta Okaka: 1-0 a un Bologna che gioca ma non punge

Un gol di testa del centravanti e una partita molto “fisica” regalano a Tudor tre punti.
Mihajlovic non fa turnover e i rossoblù non capitalizzano la manovra


Matteo Dalla Vite


Stefano torna al gol e l’Udinese vola. Il Bologna resta inchiodato nella propria incapacità di concludere quanto di buono sa fare (oggi, meno del solito), perché anche al Friuli ha creato ma non finalizzato senza fra l’altro impensierire troppo Musso. Insomma, il re del giorno è Okaka, alla prima da titolare e nuovamente in gol dopo la doppietta del 19 maggio nel passato campionato: l’Udinese non segna a bizzeffe (terzo gol in sei giornate) ma capitalizza con un colpo solo. E può bastare.

OKAKA GOL — Mihajlovic (cui il Friuli dedica un applauso nel pre-gara e lo striscione “Il guerriero Sinisa vincerà la sua battaglia”) sceglie gli Intoccabili con eccezione di Santander e Dzemaili al posto di Poli. E alla lunga questo Bologna che non fa turnover pagherà fisicamente. Tudor mette Nestorovski al fianco di Okaka perché Lasagna (che poi entrerà) non sta ancora bene: De Paul è squalificato e Pussetto inizia guardando la gara dalla panchina. L’Udinese (in tribuna gli ex Causio, Poggi, Amoroso, Bertotto e Calori) è squadra alta e fisica che la mette subito in versione-ring, anche se il Bologna tiene il pallone più spesso in virtù della maggior tecnica. Il primo acuto è dei friulani con un colpo di testa di Nestorovski parato da Skorupski, poi i rossoblu cominciano a prendere il comando del gioco arrivando alla conclusione con Santander e Orsolini: Musso c’è, a differenza del suo collega polacco quando (28’) Styger Larsen crossa da sinistra non schermato da Tomiyasu verso Okaka che, in girata e di testa, piazza il pallone dalla parte opposta di Skorupski anticipando Bani. Vantaggio Udinese ma dopo una quasi mezz’ora di comando del Bologna, che come successo nelle ultime tre gare prende spesso in mano il gioco ma non conclude abbastanza per quanto produce. Compresa la sua ala destra: Orsolini schiaccia troppo una conclusione in piena area di sinistro, ed è lo specchio di un primo tempo in cui il Bologna fa ma si attorciglia e non capitalizza mentre l’Udinese schiuma fisicità ed è in vantaggio.

CAMBI E ROSSO — Nella ripresa, dopo un altro mezzo passo falso di Orsolini, Mihajlovic ordina al proprio staff di infilare Skov Olsen e poi Palacio al posto di Sansone: il Bologna continua a produrre ma l’assenza nel momento del colpo decisivo è lampante. Tudor, dalla sua parte, infila Lasagna al posto di Okaka ed è proprio l’azzurro ad andare subito al tiro: minuto 21’, alto, come poi succede a Fofana da 25 metri. L’Udinese ora è in controllo e il Bologna non riesce a mantenersi alto per arrivare al pareggio: produce ripartenze veloci ma il pacchetto friulano resiste e ribatte costantemente. Sinisa infila anche Mattia Destro e Palacio, passa al 4-2-4 mentre Tudor risponde con l’inserimento di De Maio passando al 5-3-2 puro. In una situazione di contropiede, il danese Skov Olsen va via a Samir che lo falcia: la panchina bolognese s’infuria perché l’arbitro non estrae un possibilissimo secondo cartellino giallo. Poi, ecco che l’Udinese infila Walace e tenta di raggrupparsi per portare a casa una vittoria preziosissima: e finisce così, col Bologna che mostra la sua propensione a creare senza concludere anche dopo 5’ di recupero e un colpo di testa di Bani sul quale Musso scherma. Con tanti saluti anche a Soriano che per proteste si fa espellere a gara finita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 29 settembre 2019 20:34
Castro lancia il Cagliari.
Poi Faraoni pareggia e salva il Verona

Bella partita con tante emozioni: palo di Rog e grandi parate dei portieri


Francesco Velluzzi


Festa rimandata e soprattutto il volo verso le altissime quote. Dopo tre vittorie di fila, il Cagliari (primo pari) spreca il match ball per la quarta affermazione che avrebbe portato la squadra di Rolando Maran al quarto posto col Napoli. Invece gioisce il Verona (1-1), che Juric ha costruito, con poco talento e poca qualità, alla perfezione. Lottare sempre, arrendersi mai. E l'Hellas esce indenne dalla Sardegna Arena pareggiando in modo fortunoso nella ripresa con Faraoni, dopo il gol di Castro (ufficiale la decisione della Lega) che la crossa bene. Il Cagliari nel secondo tempo paga la stanchezza di Napoli, lascia troppi spazi ai bianchi di Juric sulla destra dove Cacciatore viene saltato spesso e Pellegrini non è efficace come nel primo. E finisce per subire un pareggio che non è affatto ingiusto. Il ritorno in campo di Nainggolan non produce gli effetti sperati, anzi proprio il belga non sembra ancora in gran condizione (dopo l'infortunio al polpaccio che lo ha tenuto fuori per tre gare) e non dà quel qualcosa in più che ci si aspetta. Il Verona, invece, ha in Veloso (bravissimo a calciare tutti le palle inattive) e nel combattivo marocchino Amrabat (che non ha paura di nessuno), due mastini in mezzo che combattono contro il più titolato centrocampo rossoblù. Con un attaccante di maggior spessore (Di Carmine è stato lasciato a sorpresa a casa nel giorno del suo compleanno), il Verona sarebbe ancora più pericoloso. Ma sei punti dopo sei gare sono un gran bel bottino per chi è partito con l'assoluta missione di salvarsi.

PRIMO TEMPO — Si gioca: Maran manda in campo la formazione che tutti si aspettano con Cigarini che torna in regia, Luca Pellegrini a sinistra e Castro a fare il disturbatore più che il trequartista dietro Joao Pedro e Simeone. Juric lascia in panchina la rivelazione Kumbulla con Dawidowicz insieme a Rrahmani e Gunter. Zaccagni gioca ancora più offensivo con Stepinski lasciando a Verre il compito di innescarli. Ma è il Cagliari che, con uno stadio pieno, deve provare a vincere e deve usare una tattica meno attendista rispetto alle ultime tre vittorie. Luca Pellegrini, che vuol dimostrare a Maran che ha sbagliato a tenerlo fuori a Napoli, parte col turbo e innesca subito Simeone sul quale Silvestri (ex Cagliari) si oppone. Sfiora ancora di più il gol l'attivissimo Joao Pedro che, dopo un bello scambio con Nandez, calcia fuori di poco. Al 27' è Dawidowicz che manda alto di testa su palla calciata dal solito Veloso. Ma al minuto 29' la Sardegna Arena esplode: cross di Castro, Joao Pedro è solo al centro dell'area (difesa del Verona molto disattenta), ma non ci arriva per un soffio. Sicuramente disorienta comunque Silvestri, con la palla che finisce in rete. Poco dopo l'arbitro Volpi manda fuori per proteste il direttore sportivo rossoblù Marcello Carli. Occasioni ci sono, ma di testa vanno tutti fuori... C'è ancora un sussulto è di Rog, ma Silvestri respinge con i pugni. Poi è Pisacane che prima dell'intervallo salva su Verre, su un'uscita sbagliata da Olsen.

RIPRESA — Il Cagliari riparte per chiuderla, ma non ci riesce, fuori di testa Ceppitelli, palo di Rog, ancora di testa, Silvestri salva di piede su Simeone, ma il Verona prende maggior confidenza e il Cagliari accusa la stanchezza per la faticaccia di Napoli. E su un erroraccio di Pisacane che scivola in area, Faraoni non può far altro che pareggiare. Maran corre ai ripari togliendo Castro, ammonito, nervoso e stanco e giocando la carta Nainggolan. Juric inserisce Pessina dopo Salcedo. Un'intelligente giocata di Joao manda il Ninja al cross, Simeone a porta vuota calcia fuori il facile pallone del raddoppio. Ma il Verona è dentro il campo e dentro la partita e continua a mettere in difficoltà, soprattutto sulla corsia di Cacciatore, il Cagliari con Salcedo che di testa colpisce bene, ma a lato. Poi Olsen para due volte su Salcedo e Pessina. È l'ultimo atto di una partita che finisce nel modo più giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 30 settembre 2019 10:39
Montella e Ribery mandano il Milan all’inferno.
E Giampaolo adesso è a rischio

Finisce 3-1 per i viola, che dominano:
a segno Pulgar su rigore, Castrovilli e il francese, migliore in campo.
Espulso Musacchio con la Var, nel finale inutile gol di Leao


Alessandra Gozzini

Disastro Milan: Giampaolo e la squadra sprofondano, sommersi dai gol viola e da una prestazione che fin da subito era sembrata molto poco convincente. San Siro si riempie di fischi: assordanti al 45’, continui in tutto il secondo tempo, alternati a pesanti cori di contestazione. Poi, ancora prima della fine della partita, si svuota. Sotto attacco società e squadra, ovviamente l’allenatore. Il club che solo giovedì sera lo aveva difeso, stasera dovrà riflettere sul da farsi. Anche l’altro allenatore, Montella, aveva fame di vittorie: il successo con la Samp era arrivato dopo settimane di digiuno. E per i viola più che una vittoria è un trionfo.

LA PARTITA — Entrambe le squadre sono quelle annunciate, il Milan con Leao e Piatek, la viola con Chiesa e Ribery. Ripartire dal primo tempo di Torino non è esattamente quello che il Milan fa nei primi 45’. Se per Giampaolo il successo è una questione di mentalità, è lì che il Milan sbaglia. Dimesso, lento, svogliato. La Fiorentina si prende facilmente il comando del gioco, con la manovra palleggiata di Montella e le incursioni in velocità della coppia d’attacco che scambia in continuazione. E che passa al 12’: azione personale di Ribery che scappa in slalom e sbatte su Donnarumma, Chiesa la riprende ed è steso da Bennacer. Il rigorista viola, Pulgar, non sbaglia. Il Milan sembra avere un’unica arma d’attacco con Piatek annullato da Pezzella: l’arma è il mancino di Suso, che lo spagnolo tenta dalla distanza a impegnare Dragowski. Ma subito dopo lo stesso canovaccio: Fiorentina in possesso, un paio di conclusioni da fuori area di Chiesa, e Milan semplice spettatore. San Siro al 45’ è un unico fischio assordante, con invito a tirare fuori gli attributi.

BUIO FITTO — Ma dallo spogliatoio rientra un Milan altrettanto molle. Dopo dieci minuti anche in inferiorità numerica: espulso Musacchio per aver alzato il piede sulla gamba di Ribery. Dal giallo con la Var si passa al rosso. Giampaolo costretto a cambiare: fuori Piatek (solito fantasma), dentro Duarte, un centrale al debutto in rossonero. Ma così è ancora di più Fiorentina: Calhangolu si fa rubare palla da Milenkovic bravo anche a innescare Chiesa, Federico si invola sulla sua fascia e per Castrovilli è primo gol in A. San Siro si scalda ancora di più: “vergogna” è il coro meno duro che la Sud intona alla squadra. La Fiorentina ha l’occasione per demolire gli avversari: rigore di Chiesa, stavolta Gigio para. Altro rigore procurato da un fallo di Bennacer, questo sullo scatenato Castrovilli. Ora però il Milan affonda, è incapace di reagire alla parata di Gigio. La curva chiama a raccolta tutti gli altri settori: “Questa società non ci merita”, di nuovo uno dei pochi cori riferibili. La squadra è sola, depressa e inguardabile sul piano del gioco. Un disastro che il pubblico sottolinea alzando sempre di più il volume della protesta. “Andate a lavorare” è l’ultimo invito. E Ribery, in solita collaborazione con Chiesa, segna il tris. Il Milan non c’è minimamente, sparito, inesistente: lo stadio applaude i viola e umilia i suoi. Un unico sorriso all’80: il bel gol di Leao in azione personale, l’unica nota che strappa un applauso del pubblico. Che poi si alza in piedi per un avversario: Ribery, sostituito da Ghezzal. Poi i tifosi non hanno nemmeno più la forza di inveire, la Sud è già deserta. Quarta sconfitta in 6 partite: ora tutto può succedere.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 1 ottobre 2019 00:15
Var e rigori, così il Toro vede rosso.
E il Parma all'88' fa festa con Inglese

Gara emozionante e ricca di gol, la vincono i gialloblù a 2' dalla fine.
Espulsi Bremer al 29' e Mazzarri nel finale


Mario Pagliara


L'ultimo respiro è quello liberatorio per il Parma, il più amaro per il Toro: a ottanta secondi dal novantesimo, Inglese fa esplodere il Tardini, manda al tappeto i granata e mette il fiocco su una serata divertentissima. Finisce 3-2 per gli emiliani, dopo un primo tempo esplosivo (archiviato sul 2-2), due calci di rigori (parato da Sirigu quello di Gervinho, a segno Belotti), cinque gol e una valanga di occasioni. Fa festa il Parma, che raggiunge proprio i granata a nove punti in classifica. Il Toro resiste per quasi un'ora in dieci uomini, a causa dell'espulsione di Bremer alla mezzora per doppia ammonizione, ma alla fine capitola e torna a casa con la terza sconfitta stagionale, la seconda su tre in trasferta. Espulso nel finale Mazzarri.

TORO A QUATTRO — Che sarà una serata piene di sorprese lo si capisce sin dalla lettura delle formazioni. La prima la regala Mazzarri. Per la prima volta da quando è al Toro, il tecnico rinuncia in avvio alla sua dogmatica difesa a tre, disegnando una squadra con il 4-2-3-1: Izzo, Nkoulou (al rientro), Bremer, Aina dietro, Baselli e Rincon a comporre la diga nel mezzo, Ansaldi sulla destra, Meité sulla trequarti, Verdi a sinistra con naturalmente Belotti di punta. D'Aversa risponde con un Parma a trazione offensiva: 4-3-3, ma nel tridente non c'è Inglese (è in panchina, fermato da qualche linea di febbre nella notte). Kulusevski, Cornelius e Gervinho sono le tre armi scelte dal tecnico emiliano per affrontare la difesa del Toro.

BOTTA E RISPOSTA — La notte del Tardini è indubbiamente divertente. Bollicine nell'aria. Dopo centoventi secondi la partita è già stappata: lancio di Barillà, Gervinho brucia Izzo sul breve, assist al centro dell'area per Kulusevski che a pochi passi dalla linea di porta non sbaglia. Il primo gol in Serie A dello svedese, classe Duemila, porta il Parma avanti dopo due minuti. Ingoiato l'avvio choc, il Toro si riorganizza: Belotti scalda dalla distanza le mani di Sepe (10'), poi due minuti dopo il cross di Verdi dalla sinistra è al bacio per la testa di un Ansaldi lasciato incredibilmente solo in area da Gagliolo: è 1-1. Botta e risposta.

SFIDA DI RIGORE — Tutto qui? Manco per sogno. Perché è solo l'inizio. Il Torino pian piano si scioglie, inizia a giocare anche un pochino meglio, anche se il Parma ha il merito di restare con la testa nella partita. Sono gli episodi, poi, a prendersi la scena. Il primo è una storia del 28': Kulusevski scarica un tiro-cross dal limite, sul quale Bremer (già ammonito) si oppone con un gomito alto. In presa diretta l'arbitro La Penna fa giocare, ma dopo aver rivisto l'azione al Var assegna il rigore al Parma ed espelle Bremer per doppia ammonizione. Dal dischetto, però, Gervinho si fa ipnotizzare da un super Sirigu (31') che chiude la porta. Mazzarri corre ai ripari, passa al 4-4-1 spostando Aina terzino destro, arretrando Ansaldi sulla linea difensiva (sulla sinistra). Poco dopo, arriva il secondo episodio: minuto 40, Belotti e Laurini sono protagonisti di un duello aereo nell'area emiliana. La Penna fa ancora correre, mentre il Toro protesta: dalla postazione Var Fabbri invita La Penna a rivederlo e dalle immagini si nota un gomito di Laurini sul volto del Gallo. Nuovo rigore, ma stavolta dagli undici metri ci va proprio Belotti che non sbaglia.

SENZA FINE — Il Gallo realizza il suo quinto gol in trasferta in questa annata (due in Serie A, tre nei preliminari di Europa League), il quinto su rigore in stagione (su cinque calciati), l'undicesimo con il club in stagione. È un primo tempo senza fine e senza sosta. Quando il tabellone del quarto uomo indica tre minuti di recupero, si accende il genio di Kulusevski (sempre lui, il migliore del Parma): lo svedese buca nel cuore la difesa del Toro con un assist bellissimo, Cornelius si fa trovare pronto e mette dentro. All'intervallo è due a due. Divertito, il pubblico applaude.

TRAVERSA — In avvio di secondo tempo, D'Aversa richiama Gagliolo in panchina (il peggiore del Parma), al suo posto entra Pezzella. Il Parma spinge da subito, forte dell'uomo in più, il Toro si difende con le unghie. Dopo cinque minuti, Izzo è saltato netto da Gervinho in area che però trova sulla sua strada un Sirigu strepitoso: altro miracolo, altra parata da numero uno. Sugli sviluppi dell'azione, un colpo di testa di Hernani si stampa sulla traversa. Intorno all'ora di gioco, Mazzarri lancia nella mischia Laxalt (per Verdi) per arginare un Parma in questa fase più propositivo. L'occasione d'oro capita anche al Toro, quando una mischia favorisce Izzo (28') ma il difensore spara da distanza ravvicinata sul petto di Sepe, in uscita alla disperata. Entrano anche Kucka, Inglese, Djidji e Lukic, e proprio quando il 2-2 sembra cristallizzato, un Parma di buona volontà trova l'allungo: è il 43' della ripresa, Gervinho scodella un pallone dalla destra, è Inglese a sfruttare la confusione in area, battendo Sirigu. C'è il tempo per l'espulsione di Mazzarri, il resto è la festa emiliana.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 1 ottobre 2019 00:16
SERIE A 2019/2020 6ª Giornata (6ª di Andata)

28/09/2019
Juventus - Spal 2-0
Sampdoria - Inter 1-3
Sassuolo - Atalanta 1-4
29/09/2019
Napoli - Brescia 2-1
Lazio - Genoa 4-0
Lecce - Roma 0-1
Udinese - Bologna 1-0
Cagliari - Verona 1-1
Milan - Fiorentina 1-3
30/09/2019
Parma - Torino 3-2

Classifica
1) Inter punti 18;
2) Juventus punti 16;
3) Atalanta punti 13;
4) Napoli punti 12;
5) Roma punti 11;
6) Lazio e Cagliari punti 10;
8) Torino e Parma punti 9;
10) Fiorentina e Bologna punti 8;
12) Udinese punti 7;
13) Sassuolo, Verona, Brescia, Milan e Lecce punti 6;
18) Genoa punti 5;
20) Spal e Sampdoria punti 3;


(gazzetta.it)
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 14:40
Petagna rialza la Spal: battuto 1-0 un Parma senza idee

La squadra di Semplici ottiene tre punti pesanti in chiave salvezza,
nonostante l'espulsione di Strefezza che la lascia in inferiorità numerica nei venti minuti finali


Andrea Schianchi



La vittoria del coraggio e della sofferenza. La Spal, in crisi di risultati (fino a ieri un solo successo e cinque sconfitte), si prende tutto il bottino (e con pieno merito) contro un Parma che si sveglia troppo tardi. A fare la differenza è il ritmo di gioco imposto dalla squadra di Semplici: il pallone viaggia velocemente tra i reparti e quelli del Parma non riescono mai ad accorciare e a rubare il tempo. È di Petagna il gol che vale i tre punti, ma questo è davvero un successo collettivo, perché la Spal, tutta la Spal, dimostra compattezza e spirito di sacrificio.

STREFEZZA STILE DANI ALVES — Gioca soltanto la Spal nel primo tempo, e lo fa con buone idee e grande dispendio di energie. Sulla fasce laterali vince tutti i duelli, in mezzo al campo domina con il trio Missiroli-Valdifiori-Kurtic e, là davanti, Petagna e Floccari lavorano tantissimo in fase di pressing. Il Parma ci capisce poco o nulla, fatica a costruire la manovra e, soprattutto, si dimostra eccessivamente passivo di fronte all'assalto dell'avversario. Il gol di Petagna (minuto 31) nasce da un tiro "sporco" di Strefezza sul quale il centravanti è il più veloce a piombare. A proposito di Strefezza: pare Dani Alves, anche perché il Parma, in fase difensiva, se lo perde regolarmente. I tre attaccanti di D'Aversa non pervenuti per tutto il primo tempo: non un lampo, non un dribbling, non un tiro.

ALL'ASSALTO — Nell'intervallo il Parma sostituisce uno spento Kulusevski con Scozzarella e poi, poco dopo, fuori anche Hernani (imbarazzante per lentezza) e dentro Sprocati. Ma è sempre la Spal a rendersi pericolosa con Floccari, Petagna e Strefezza. Poi, e siamo al 25' della ripresa, l'episodio che rischia di cambiare tutto: espulso Strefezza per doppia ammonizione (ingenua la simulazione in occasione del secondo giallo). Il Parma si butta all'assalto, D'Aversa inserisce anche Inglese passando al 4-2-4, ma al di là di un gol giustamente annullato a Gervinho (fuorigioco iniziale di Inglese) non riesce mai a sfondare il muro della Spal, dimostrando di avere poche idee in fase di costruzione della manovra.

Fonte: Gazzetta delo Sport
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 14:48
Con Kumbulla Verona decolla!
Samp nel baratro, Di Francesco ora trema

L'Hellas vince 2-0 con gol del difensore in avvio e autogol di Murru nel finale.
Blucerchiati meglio nel secondo tempo con l’ingresso di Rigoni e Caprari, ma la panchina del tecnico è a rischio


G.B.Olivero


Un gol in apertura, un altro nel finale: così il Verona batte la Sampdoria e condanna Eusebio Di Francesco a un probabile esonero che nelle prossime ore il presidente Ferrero potrebbe certificare. Ma sia chiaro: la società e i giocatori hanno molte più responsabilità del tecnico. Il club ha costruito una squadra più debole rispetto allo scorso anno e non adatta alle idee del nuovo allenatore, i calciatori oggi non hanno lottato come era lecito aspettarsi vista la situazione in classifica. Il Verona ha approfittato della pessima condizione blucerchiata costruendo fin dai primi minuti una vittoria meritata.

PRIMO TEMPO — La partenza del Verona è decisa, quella della Samp al rallentatore. I gialloblù spingono, i blucerchiati arretrano. E al 9’ Juric può già festeggiare: corner di Veloso, Kumbulla sfrutta un blocco e stacca in modo splendido sul primo palo. Grave però l’errore del guardalinee Lombardo che non segnala un fuorigioco molto evidente di Stepinski nell’azione che porta al calcio d’angolo. Ci si attende una reazione della Sampdoria e invece i giocatori di Di Francesco sembrano confusi e anche poco reattivi. Quagliarella vaga alla ricerca di una palla giocabile, ma in realtà il capocannoniere dell’ultima Serie A appare anche poco coinvolto. Bonazzoli si impegna di più, arretra per aiutare i compagni a salire, ma è tutto vano perché non c’è profondità e solo Depaoli a destra ogni tanto riesce a superare un avversario e ad andare al cross. Quasi tutti i duelli individuali vengono vinti dai gialloblù, che controllano la situazione, battono sei angoli e nel recupero sfiorano il raddoppio con un bel tiro di Stepinski innescato da una grande iniziativa di Amrabat: bravo Audero a deviare la conclusione. La Samp va al al riposo senza un tiro in porta all’attivo. Nella ripresa i blucerchiati alzano ritmo e baricentro. Di Francesco inserisce Rigoni prima e Caprari poi, ma il primo tiro nello specchio arriva solo al 24’ proprio con Caprari che impegna Silvestri con un rasoterra insidioso. Al 29’ si vede per la prima volta Quagliarella che gira di testa un cross di Depaoli: ancora bravo Silvestri. Entra anche Gabbiadini, la Samp ci prova con il 4-3-3, ma al 36’ arriva la sentenza: Veloso batte una punizione verso la porta, Murru ci mette la testa e beffa Audero. Il Verona sale a 9 punti, la Samp resta ultima a quota 3.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 14:52
Reina dall'inferno al paradiso:
il Milan soffre, rimonta e torna a vincere

Rossoblù avanti con Schone grazie alla papera del portiere spagnolo.
Theo e Kessie - su rigore - ribaltano nella ripresa.
Nel finale altro errore di Pepe che però si riscatta e para il tiro dal dischetto del danese


Filippo Grimaldi


Succede l'impossibile, ma alla fine la festa è rossonera. Il Genoa precipita nel dramma, mentre il Milan (e Giampaolo) si rianimano, ritrovando il successo dopo tre sconfitte consecutive. Reina da colpevole per il gol dell'uno a zero genoano a eroe per il rigore parato a Schone nel recupero della ripresa. L'1-2 finale del Ferraris racconta di un Grifone che s'illude del riscatto per il breve spazio di una dozzina di minuti, quanto passa fra il gol di Schone su punizione a fine primo tempo (paperissima di Reina, che aveva sostituito Donnarumma k.o. nel riscaldamento) e la rete di Theo Hernandez che in avvio di ripresa restituisce ai rossoneri la fiducia perduta, prima del gol decisivo di Kessié su rigore (mani di Biraschi, poi espulso, rilevato dalla Var). Ora diventa fortemente a rischio la posizione di uno sfortunato Andreazzoli, che paga soprattutto lo scarso rendimento in termini di risultati (un punto nelle ultime cinque partite), anche se la malasorte ha avuto un peso importante.

BOTTA E RISPOSTA — Giampaolo parte con Bonaventura alto a sinistra al posto di Leao nel 4-3-3, Duarte centrale difensivo e Calhanoglu in mediana. Andreazzoli torna invece alla formazione-tipo, con Romero a destra in difesa e Zapata centrale, e la coppia Kouame-Pinamonti in attacco. Una prima mezz'ora che non si gioca su ritmi altissimi, perché nel Milan l'ex Piatek non è mai pericoloso e il Genoa stenta a finalizzare il lavoro in attacco. Vince la paura di sbagliare. Reina è attento sul rasoterra di Lerager (6'), e un attimo dopo la squadra di Andreazzoli perde Criscito per infortunio, sostituito da Biraschi a sinistra. Schone fa il regista, Radovanovic galleggia fra difesa e mediana. In questa fase i rossoneri creano poco: Suso prova il tiro due volte, prima che all'improvviso il Genoa si risvegli: Ghiglione impegna Reina al 37', poi ci prova Pajac, fino alla punizione-gol di Schone, che approfitta dell'errore del numero uno rossonero. Romero manca il bis, prima del pasticcio rossoblù nel recupero: la panchina genoana si agita per la mancata interruzione del gioco con Pinamonti a terra colpito alla testa e ne fa le spese Saponara, espulso.

RISCATTO — Giampaolo azzecca tutto nell'intervallo e dà la scossa ai suoi: dentro Leao al posto dell'ex Piatek e Paquetà, che rileva Calhanoglu. Rossoneri più propositivi, e infatti l'uno-due degli ospiti è micidiale. Al 7' Theo Hernandez trova il pari sfruttando un'ingenuità clamorosa del Genoa, che si avvede in ritardo di una punizione battuta a sorpresa da Paquetà, che lancia il francese in gol, sorprendendo Radu sul primo palo. Fino all'episodio che rovescia la partita: il tocco di mano di Biraschi (pescato dalla Var) costa il rosso al difensore genoano e Kessie (12') va a segno dal dischetto. Pajac arretra a sinistra sulla linea dei difensori e Andreazzoli passa al 3-4-2, mentre al 34' anche il Milan rimane in inferiorità per il doppio giallo a Calabria. Il Genoa tenta disperatamente di riacciuffare il pari con Pandev, che si aggiunge a Favilli e Kouame in attacco. E proprio il macedone serve al 44' un pallone in area per Kouame, a contatto con Reina: rigore, confermato dalla Var. Reina intuisce il tiro di Schone dal dischetto e salva la vittoria rossonera, mentre sulla panchina arriva un nuovo rosso a Castillejo per proteste. Ma la vittoria milanista, comunque, è già in cassaforte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 14:56
Milenkovic-gol, la Fiorentina non si ferma più.
Anche l’Udinese k.o.

Terza vittoria consecutiva per i viola, che passano con un colpo di testa del difensore.
In attesa delle partite del pomeriggio Montella irrompe in zona-Europa.
Annullato dalla Var un gol a Nestorovski, espulso Tudor


Giovanni Sardelli


Non si ferma più la Fiorentina, giunta al terzo successo consecutivo ed in grado di allungare a cinque la striscia dei risultati positivi. E’ servito un balzo di Milenkovic per sfondare il muro dell’Udinese, in grado di reggere molto bene fino a venti minuti dal termine. Montella conferma la formazione capace di battere il Milan a San Siro con Ribery e Chiesa davanti senza una vera prima punta di ruolo. Di punte vere Tudor ne schiera addirittura due con Nestorovski a far coppia con Okaka. Dentro anche De Paul dopo la lunga squalifica.

MATCH BLOCCATO — Udinese comunque molto chiusa, viola senza sbocchi offensivi e così la gara fila via senza emozioni eccetto un colpo di testa di Pezzella schiacciato e poi terminato alto. Al 34’ Nestoroski insacca da due metri sugli sviluppi di un corner, ma il pallone era finito al centravanti grazie al braccio di Opoku. Dopo il controllo Var, Prontera annulla giustamente. Lo stesso Nestorovski due minuti più tardi è abile a salvare sulla linea una girata di Castrovilli. Logico lo 0-0 all’intervallo

SBLOCCATA — Nessun cambio, ma Viola più feroce nella ripresa. Dopo 10 minuti occasionissima per la Fiorentina con il retropassaggio sbagliato di Ekong che lancia in porta Chiesa, Musso si esalta e respinge. Tudor, prima di essere espulso per proteste, cambia davanti. Fuori Nestorovski, dentro Lasagna per sfruttare la velocità in contropiede. Montella risponde con Benassi per Badelj. La Fiorentina alza il ritmo ma non riesce a sfondare e così si affida ai calci piazzati. E proprio su corner passa con un gran colpo di testa di Milenkovic in anticipo su Okaka e Opoku. L’Udinese reagisce immediatamente con Lasagna lanciato in velocità, Dragowski è prodigioso nel deviare in angolo. I viola congelano il risultato grazie ad una prova maiuscola del terzetto difensivo e così la sosta sarà dolce per la squadra di Montella. Udinese discreta dietro ma poco propositiva davanti. Tattica che alla fine non ha pagato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 18:16
Atalanta, dolce ritorno!
Tris col Lecce nel rinnovato Gewiss Stadium

Con le reti di Zapata, Gomez e Gosens, Gasperini conquista
la prima vittoria casalinga ed è al terzo posto in classifica


Andrea Elefante


In attesa di Inter-Juventus di stasera, l'Atalanta consolida il terzo posto e continua a volare, con il miglior attacco del campionato (56 gol segnati nell'anno solare 2019) e la sua miglior partenza dopo sette giornate nell'era dei tre punti. La resistenza del Lecce dura mezz'ora, poi è uno show senza soluzione di continuità che celebra nel miglior possibile il debutto nel "nuovo" stadio, 160 giorni dopo l'ultima partita in casa. E la squadra sotto la Nord riqualificata festeggia il momento magico in campionato.

LE SCELTE — Gasperini preferisce Djimsiti a Toloi, per il resto Kjaer torna titolare dopo il debutto dell'Olimpico e - come praticamente annunciato alla vigilia - davanti c'è il tridente titolare, con Gomez e Ilicic ad assistere Zapata. Liverani dà fiducia a Rispoli rispetto all'emergente Meccariello e lascia in panchina Tachtsidis, non al meglio, dando spazio a Imbula. La coppia offensiva vede Falco e La Mantia, che era stato titolare solo alla prima di campionato contro l'Inter.

PRIMO TEMPO — Rispetto al solito "rombo", stavolta il tecnico delle Lecce, avendo un vero centravanti (La Mantia) allarga Mancosu a sinistra, con Falco a destra: è 4-3-3. Dopo un minuto e mezzo il Lecce rischia già di andare sotto, ma su cross di Gomez il comodo colpo di testa di Zapata è mirato male e dunque la supremazia dell'Atalanta tarda a concretizzarsi. Anche perché Gabriel per due volte tira su il muro giusto (al 9' su Ilicic, al 30' su Gomez). Ma il martellamento dell'Atalanta è paziente e soprattutto continuo e alla prima sbavatura del Lecce trova il varco giusto. Errore in comproprietà fra Lucioni e Rispoli, Gosens trova il tempo giusto per rubare il pallone, il resto lo fa Zapata con una sassata che si fa perdonare l'errore iniziale. Più che per l'1-0, il Lecce accusa il colpo per la parata di 3' dopo di Gollini su girata a colpo sicuro di La Mantia (che forse si era aiutato con un braccio). E al 40' va sotto di nuovo: combinazione Gosens-Zapata, corridoio aperto per Gomez che si insinua al momento giusto e piazza il 2-0 facendo sponda sul palo alla sinistra di Gabriel.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa l'Atalanta non dà al Lecce neanche la possibilità di cercare una reazione, o di sfruttare Mancosu spostato nel ruolo di trequartista. L'assedio continua e dopo 11' Gosens, in condizioni fisiche strepitose, cerca e trova l'uno-due con Ilicic, andando a segnare il 3-0. La partita finisce lì, c'è spazio solo per un errore clamoroso di Ilicic che divora il 4-0, per confermare Gabriel migliore dei suoi, con almeno altre tre grandi parate (su Gomez, Muriel e Gosens) e per una distrazione su calcio da fermo dell'Atalanta, che su punizione consente a Lucioni di staccare di testa indisturbato e di segnare il 3-1, su assist di Falco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 18:20
Bologna e Lazio, spettacolare 2-2 davanti a Mihajlovic

Nel primo tempo, Immobile riacciuffa prima Krejci e poi Palacio.
Nella ripresa, espulsi Leiva e Medel prima del rigore fallito da Correa nel finale


Stefano Cieri


Non poteva che finire così. Con un pareggio che non mortifica né Bologna né Lazio e soprattutto l’uomo che è il simbolo tanto dell’una quanto dell’altra squadra. Quel Sinisa Mihajlovic che, con i giocatori già schierati in campo, sbuca dal tunnel degli spogliatoi e tra il boato del pubblico (tanto di fede bolognese quanto laziale) si accomoda in panchina battendosi il petto. Scena ricca di significati che dà il via ad una partita che si gioca senza soste con continui ribaltamenti di fronte, tantissime emozioni e anche qualche errore, il tutto equamente distribuito (dai gol alle occasioni, dalle espulsioni ai rimpianti). Motivo per cui il pareggio alla fine è il risultato più giusto. Ma vallo a dire alla Lazio che, a due minuti dalla fine, ha la possibilità di assestare il colpo del k.o. con un calcio di rigore che Correa tira sulla traversa.

EMOZIONI E GOL — La grande emozione suscitata dalla presenza di Mihajlovic mette benzina nelle gambe del Bologna e rende la partita subito scoppiettante. Niente preamboli, niente tatticismi, le due squadre si affrontano a viso aperto, cercando di essere sempre propositive e mai conservative. Certo, la fase difensiva lascia a desiderare da ambo le parti, gli uomini di centrocampo fanno fatica a imporre la propria legge, ma le emozioni non mancano e il pubblico gradisce molto. Il Bologna passa in vantaggio per due volte, ma in entrambe le occasioni viene raggiunta dalla Lazio, anzi da Immobile, tornato in versione cecchino implacabile. La sblocca Krejci, che alla Lazio segnò anche in Europa League quando giocava con lo Sparta Praga, con un colpo di testa favorito dalla serpentina e dal cross al bacio di Orsolini. Ma l’1-0 dura solo un paio di minuti, perché Immobile - pescato tutto solo da Lulic in area - anticipa il tiro e beffa sia Danilo (che lo marca a distanza) sia Skorupski. Il botta e risposta rende le due squadre più giudiziose? Neanche per sogno. Il Bologna riparte, la Lazio è più sorniona ma prova anche lei a far male. Sono comunque i padroni di casa a tornare in vantaggio, poco dopo la mezzora. Il gol è di Palacio (ottavo centro contro i biancocelesti) che raccoglie e butta dentro un pallone respinto dal palo sul tiro di Svanberg. Questa volta il vantaggio felsineo dura un po’ di più, ma neanche tanto. Otto minuti dopo, infatti, Immobile colpisce ancora, stavolta servito da Luis Alberto. Il tentativo di Danilo di stoppare il suo tiro in scivolata è inutile.

EMOZIONI SENZA GOL — Non cambia il punteggio nella ripresa, ma le emozioni sono le stesse e anche più della prima frazione di gioco. Si comincia con un gol annullato al Bologna (lo segna Svanberg, sulla traiettoria c’è in fuorigioco Danilo che non tocca la palla ma partecipa all’azione) e si finisce con il rigore sciupato dalla Lazio con Correa, il cui tiro dagli undici metri (fallo di Palacio su Acerbi) scheggia la traversa e finisce fuori. In mezzo ci sono almeno altre due palle-gol per parte (una la fallisce clamorosamente Correa, evidentemente non in giornata) e due espulsioni, una per parte. Quella laziale arriva al 15’ per il secondo giallo rimediato da Leiva. La parità numerica si ristabilisce dieci minuti dopo per il rosso a Medel per fallo da ultimo uomo su Correa. Il primo rosso non frena la Lazio che si riorganizza in un 5-4-1 (dentro Bastos per Luiz Felipe e Parolo per Immobile), mentre il secondo rosso inibisce il Bologna che pensava di avere la partita in pugno. Mihajlovic mette dentro Schouten (per Svanberg), Skov Olsen (per Orsolini) e infine Satander (per Sansone), ma i cambi non sortiscono alcun effetto. Nell’ultimo quarto d’ora, così, la maggiore esperienza della Lazio sembra poter avere il sopravvento. Ma a Correa manca ancora una volta l’istinto del killer.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 6 ottobre 2019 18:23
La Roma non sfonda, bloccata dal Cagliari.
Giallorossi furiosi, espulso Fonseca

Sardi in vantaggio con un rigore di Joao Pedro, il pari arriva grazie a un'autorete di Ceppitelli.
Il tecnico portoghese furibondo a gara finita per un gol annullato a Kalinic


Massimo Cecchini


Finisce in “far west”, con Paulo Fonseca e il suo collaboratore Nuno Romano espulsi per proteste reiterartissime, che costeranno almeno un paio di giornate ai contestatori. Al centro del mirino della Roma l’arbitro Massa, “reo” di aver annullato un gol di Kalinic al 45’ della ripresa. Sarebbe stato il 2-1, dopo che Joao Pedro su rigore e Ceppitelli nella porta sbagliata (autogol) avevano sancito il pari già nel primo tempo. Ma dopo una lunga pausa, anche per il serio k.o. di Pisacane (svenuto in campo), spinto da Kalinic contro Olsen - cosa che ha motivato l’annullamento - la segnalazione giunta dalla Var cancella tutto e quindi il recupero “mostre” di undici minuti non cambia il risultato e scatena la rabbia del tifo giallorosso. Intendiamoci, ai punti stravincerebbe la Roma perché il Cagliari ha interpretato la gara in modo solo difensivo, tirando in porta - oltre che per il rigore - in una sola altra occasione nella ripresa con Castro. Per il resto, una Roma certamente non bella, come nei migliori scherzi del destino, incoccia nell’ex Olsen - peraltro ancora di sua proprietà - che fa almeno tre grandi parate. All’8’ e al 9’ su Zaniolo e Diawara, al 37’ su Dzeko nel primo tempo, in cui una manovra lenta porta a due gol casuali. Al 26’, un tocco di Simeone non viene intercettato da Smalling - autore peraltro di una buona prova - e la palla carambola sul braccio largo di Mancini: è rigore che Joao Pedro trasforma. Passano 5’, però, che un cross di Kluivert viene deviato nella propria porta da Ceppitelli per anticipare Dzeko. Ma il credito con la fortuna dei giallorossi si è già esaurito, perché Diawara è già uscito per un infortunio al ginocchio destro che pare abbastanza serio (rottura del menisco interno). Entra al suo posto Antonucci, che si piazza sulla fascia sinistra, mentre Zaniolo sloggia Veretout dalle zolle di trequartista. Il baby giallorosso, al 47’, innesca un’azione pericolosa che Ceppitelli salva.

SUPER ZANIOLO — Nella ripresa è arrembaggio giallorosso: con l’ingresso di Kalinic la Roma passa al 4-2-4, mentre il Cagliari, sostituendo Simeone con Castro, si copre ulteriormente in un 4-4-1-1. Insomma, tocca ancora Olsen sminare le situazioni, deviando su Zaniolo tre volte: al 2’, al 28’ (tiro deviato da Ceppitelli) e al 38’. Ma la manovra è troppo lenta per impensierire davvero e così alla fine, se si eccettuano i tanti cross di Kolarov su cui un paio di volte Dzeko impatta e manda alto di testa, è più prova di nervi che di gioco. Così si arriva all’infuocatissimo finale già descritto, che fa arrabbiare tanto anche il presidente Pallotta e il d.s. Petrachi. Il Cagliari, invece, tira un sospiro di sollievo. Il pareggio, stavolta, è un vestito un po’ abbondante.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 7 ottobre 2019 00:05
Torino e Napoli ci provano ma non segnano.
E all'Olimpico finisce 0-0

Primo tempo con netta prevalenza della squadra di Ancelotti, ma il tridente non punge come ci si aspetterebbe.
I granata chiudono senza soffrire


Mario Pagliara


Il Toro guarda negli occhi il Napoli e conquista un punto legittimato da un primo tempo votato all’attenzione e da una ripresa di personalità. Gli azzurri sono un’orchestra stonata, lontana parente della squadra brillante che ha steso il Liverpool in Champions. La squadra di Ancelotti rallenta e frena ancora, per Mazzarri invece è uno zero a zero tutto a colori. Ed è la prima volta dall’inizio del campionato che il suo Toro non subisce gol.

LA GABBIA DI MAZZARRI — Il racconto della prima parte della gara non include né lo spettacolo né il bel gioco. Il merito, probabilmente, è soprattutto della capacità del Toro di far uscire continuamente il Napoli dalla partita. Nel primo tempo, funziona la gabbia costruita da Mazzarri per spegnere le fonti di gioco di Ancelotti: Walter imposta un Toro trasformista, che difende con il 4-4-1-1, con Laxalt nella posizione di terzino sinistro, Ansaldi alto a destra, Verdi dirottato sulla sinistra e Lukic più avanzato, praticamente incollato ad Allan. Quando invece il Toro deve costruire si rimodella in un 3-5-2, con Verdi che riconquista la posizione di campo alle spalle di Belotti. Manca all’appello De Silvestri, che non è nemmeno in panchina nonostante fosse convocato: l’esterno destro è stato fermato nella notte da un picco di febbre. Il Napoli parte con il 4-3-3, affidandosi al tridente tutto fantasia (Lozano-Mertens-Insigne), almeno sulla carta, che però si accende poco e non riesce ad incidere. La coppia centrale difensiva è composta da Luperto-Manolas, a sinistra gira Hysaj, si fa male subito e al suo posto subentra Ghoulam.

INCIDENTI — Il Toro gioca 45’ di applicazione e di attesa, provando a colpire in contropiede; il canovaccio del Napoli è all’insegna del vorrei ma non posso. La squadra di Ancelotti non alza quasi mai il ritmo, Zielinski graffia poco (si evidenzia giusto per un tiro dalla distanza, al 23’, controllato da Sirigu), Fabian Ruiz prova a infondere la marcia in più ma non trova il conforto né di Lozano né di Allan e finisce per sbattere spesso contro la diga granata a centrocampo. Il primo squillo della gara, al decimo, lo firma proprio Ruiz, con una conclusione dalla distanza deviata in angolo da Sirigu. Poi, al quarto d’ora, Izzo sbaglia l’anticipo a centrocampo permettendo ad Insigne di scappare via ma Lyanco alla disperata riesce a smorzare il gesto tecnico a giro di Lorenzo. Sessanta secondi dopo, Zielinski scivola innescando Rincon che serve Verdi, ma il diagonale dell’ex non va a bersaglio. Intorno al 25’ sale la tensione tra i tifosi del Napoli e quelli del Toro presenti nella curva Primavera: un numeroso gruppo di tifosi azzurri scavalcano il divisorio tra il settore ospiti e la Primavera, facendo salire la tensione. Dentro lo stadio, comunque, al di là di una diffusa preoccupazione non si verifica nessun contatto, mentre è fuori dallo stadio che per un quarto d’ora circa vengono segnalati incidenti tra opposte tifoserie lungo via Filadelfia, con la polizia impegnata a sedare gli animi. Alla fine del primo tempo gli ultras rientrano dentro lo stadio nei rispettivi settori e torna la calma.

MERTENS ED ANSALDI — In un primo tempo che non decolla, sono due le principali occasioni. La prima del Napoli, al minuto numero ventotto, quando Mertens prova un pallonetto che dà l’illusione del gol (palla fuori). La seconda piove al secondo e ultimo minuto di recupero, poco prima dell’intervallo, quando dagli sviluppi di un calcio di punizione Ansaldi lancia un siluro che esalta le qualità di Meret. Parata dall’alto indice di difficoltà.

CALLEJON PIù LLORENTE — Nel primo quarto d’ora del secondo tempo non cambia di molto la filosofia generale della partita. Certo, il Toro è più combattivo e un po’ alla volta prova guadagnare campo, ma è sempre il Napoli ad avere il pallino senza però riuscire a sfondare la doppia linea, di difensori e centrocampisti, eretta da Mazzarri. All’undicesimo un contatto nell’area del Napoli tra Izzo e Ghoulam chiama in causa l’arbitro Doveri, che lascia correre. Scollinata l’ora di gioco, Ancelotti piazza la mossa Callejon, richiamando in panchina uno spento Lozano, e sei minuti dopo lancia nella mischa Llorente al posto di Insigne, ancora una volta incapace di lasciare il segno sulla serata. L’occasione più importante del Napoli cade proprio sulla testa di Llorente, centoventi secondi dopo essere entrato: cross di Di Lorenzo, Lyanco si perde lo spagnolo il cui colpo di testa a pochi passi da Sirigu è alto.

IL RITORNO DI FALQUE — La risposta dalla panchina di Mazzarri sono i muscoli di Meité per uno stremato Baselli (partita la sua di grande corsa). Alla mezzora, anche il Toro ha la sua chance, affidata a una botta secca di Ansaldi, deviata da Luperto con una spalla in angolo. A dieci minuti dalla fine, l’arbitro Doveri conferma il suo metodo di condotta di gara facendo correre su un contatto, stavolta nell’area del Toro, ancora tra Ghoulam e Izzo. Llorente ha almeno un paio di cross buoni per battere di testa, ma ci arriva sempre senza mordente. Nel finale Mazzarri fa appello alla freschezza di Aina e, soprattutto, al talento di Iago Falque (per Verdi, al 44’) che ritorna in campo dopo l’infortunio del 25 luglio contro il Debrecen. La voglia c’è, e si vede: Iago impiega venti secondi per arrivare alla conclusione. Non accade più nulla. È un pari giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 7 ottobre 2019 00:09
Sinfonia Juve a San Siro: Dybala e Higuain stendono l’Inter.
E la Signora torna in testa

Bella partita e successo meritato per la squadra di Sarri, che viene fuori alla distanza.
Tre gol argentini: la Joya, Lautaro su rigore e il Pipita, appena entrato


Davide Stoppini


San Siro dice Juventus, dice Maurizio Sarri, dice bianconero: Dybala e Higuain battono l’Inter, a nulla serve il pareggio momentaneo di Lautaro su rigore nel primo tempo. E’ sorpasso in testa alla classifica: Antonio Conte perde proprio nello scontro diretto al vertice la sua prima partita in campionato, la seconda in quattro giorni dopo quella in Champions di Barcellona. Il capitolo ultimo, in coda a una partita intensa e bellissima, l’ha scritto Higuain, subentrato nel secondo tempo e decisivo a 10 minuti dalla fine, proprio quando Handanovic e compagni pensavano di aver ormai addormentato la furia juventina.

PRIMO TEMPO — Mica un caso, se Inter e Juve sono le prime due della classe di questo campionato. Conte propone gli 11 annunciati, con Lukaku regolarmente vicino a Lautaro. Sarri sorprende lasciando fuori Huguain e Ramsey per Dybala e Bernardeschi, per un continuo tourbillon offensivo codificabile in un 4-3-1-2. L’intensità è subito a mille. La Juve parte meglio e dopo neppure 4’ è già avanti: De Vrij esce alto su Ronaldo, Pjanic vede il corridoio e lancia splendidamente Dybala, Skriniar è morbido nella copertura, dal sinistro dell’argentino esce un missile che Handanovic può appena toccare. L’Inter pare accusare il colpo, la Juve fa male sul fronte sinistro offensivo. Ed è lì, al 7’, che Ronaldo si infila prima di essere contenuto da Godin. Suona male per l’Inter: al 9’ CR7 da sinistra si accentra e con il destro colpisce la traversa ad Handanovic battuto. L’Inter non ci sta e si affaccia dall’altra parte: ancora minuto 9, De Ligt perde palla, Lautaro innesca Lukaku che però viene contenuto da Bonucci. La squadra di Conte prende fiducia e un po’ di campo. E al 17’ un cross di Barella trova il gomito di De Ligt: Rocchi fischia il rigore, che Lautaro trasforma con un destro preciso alla destra di Szczesny. Parità ristabilita, San Siro infuocato, i ritmi sono altissimi e gli animi in campo vanno di conseguenza. Arriviamo al minuto 28: Lautaro sfrutta un’indecisione di Bonucci dopo una giocata di Lukaku su De Ligt, il Toro va col destro, Szczesny deve impegnarsi per deviare. Juve col predominio del gioco, anche se un po’ in difficoltà nella costruzione in difesa: per poco lo stesso Szczesny e Pjanic non combinano una frittata, sulla pressione di Sensi. Sensi che però deve alzare bandiera bianca: problema muscolare all’adduttore, al 34’ Conte inserisce al suo posto Vecino, spostando sul centrosinistra Barella. La Juve prende campo. Eccoci al minuto 41: Matuidi dalla sinistra innesca Dybala, appoggio per Ronaldo, conclusione violenta che Handanovic respinge d’istinto. L’azione prosegue, CR7 scambia con Dybala e solo davanti al portiere nerazzurro trova il vantaggio, ma Rocchi annulla giustamente per una posizione irregolare di Dybala. Finire del tempo col giallo, perché Rocchi dopo aver toccato il pallone scodella per Godin, ordinando all’uruguaiano di restituire il pallone alla Juve: Dybala passa dietro al difensore e gliela soffia, cosa che scatena un parapiglia all’ingresso negli spogliatoi prima dell’intervallo.

SECONDO TEMPO — Ripartenza senza cambi. Juve subito in pressione, al 4’ Bernardeschi ha una buona chance, il destro dai 20 metri è parato da Handanovic. Conte però perde subito un altro pezzo: al 9’ fuori Godin, dentro Bastoni che lascia il centrodestra a Skriniar. Due minuti più tardi Juventus pericolosa: Dybala innescato in posizione regolare, Handanovic è bravo a limitarlo in uscita bassa, poi lo stesso argentino non riesce a trovare la porta in girata. Adesso è Sarri a far ricorso alle sostituzioni. Doppio cambio: fuori Khedira per Bantancur, poi dentro Higuain per Bernardeschi, con Dybala che passa a fare il trequartista. I ritmi fisiologicamente un po’ si abbassano, l’Inter prende un po’ di campo. Al 24’ Vecino scarica un destro dai 20 metri che carambola sulla schiena di De Ligt e per pochissimo non beffa Szczesny immobile, sfiorando il palo. Cambio di versante, fiammata bianconera: minuto 25, Higuain per Ronaldo, da posizione angolata sinistro potentissimo letto bene da Handanovic. Sarri gioca anche il terzo cambio: fuori Dybala, dentro Emre Can, la trequarti cambia di nuovo padrone, a vantaggio di Bentancur. Ultima sostituzione Inter: minuto 32, fuori Lautaro, Politano va a far coppia con Lukaku. E siamo al passaggio decisivo, è il 35’: Pjanic, ancora lui, in verticale per Ronaldo, palla a Bentancur che legge benissimo l’inserimento di Higuain, Bastoni è fuori tempo, il Pipita con il destro batte Handanovic. Juve di nuovo avanti, Inter colpita quando pareva aver superato il momento difficile. La reazione arriva allo scoccare del minuto 40: D’Ambrosio vede l’inserimento di Vecino, l’uruguaiano devia in scivolata ma Szczesny è bravo in uscita. E’ l’ultimo acuto nerazzurro, non c’è più tempo: è sorpasso Juve.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 7 ottobre 2019 00:13
SERIE A 2019/2020 7ª Giornata (7ª di Andata)

05/10/2019
Spal - Parma 1-0
Verona - Sampdoria 2-0
Genoa - Milan 1-2
06/10/2019
Fiorentina - Udinese 1-0
Atalanta - Lecce 3-1
Bologna - Lazio 2-2
Roma - Cagliari 1-1
Torino - Napoli 0-0
Inter - Juventus 1-2
07/10/2019
Brescia - Sassuolo (rinv.)

Classifica
1) Juventus punti 19;
2) Inter punti 18;
3) Atalanta punti 16;
4) Napoli punti 13;
5) Roma punti 12;
6) Lazio, Cagliari e Fiorentina punti 11;
9) Torino punti 10;
10) Verona, Bologna, Parma e Milan punti 9;
14) Udinese punti 7;
15) Sassuolo(*), Brescia(*), Spal e Lecce punti 6;
19) Genoa punti 5;
20) Sampdoria punti 3;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 00:50
Muriel e Gomez show, poi l'Atalanta si butta via.
E la Lazio firma la rimonta



Avanti di tre reti all'intervallo, la squadra di Gasperini subisce il ritorno
biancoceleste firmato da un doppio rigore di Immobile e il gol di Correa


Nicola Berardino

Due partite in una, col forte profumo di Champions, a suon di gol e spettacolo. La prima la vince l'Atalanta, dominando il primo tempo con un 3-0 scandito dalla doppietta di Muriel e da un gol di Gomez. La seconda se l'aggiudica la Lazio, con una ripresa d'applausi che suggella un'incredibile rimonta grazie a due gol di Immobile (entrambi su rigore) e a uno di Correa. Tre reti per parte e un pareggio finale che porta pure qualche reciproco rimpianto ma esalta il valore e le prospettive delle due squadre in questo campionato.

TRIS NERAZZURRO — Inzaghi inserisce Parolo in regia al posto dello squalificato Leiva. Sulla fascia destra Marusic avvicenda Lazzari, che si ferma durante il riscaldamento per problemi intestinali. In attacco, Correa affianca Immobile. Ampio turnover nell'Atalanta verso la sfida di Champions di martedì a Manchester col City. Gasperini sceglie Muriel per sostituire l'infortunato Zapata. In difesa, tornano dal 1' Toloi e Masiello; a metà campo, riecco Hateboer e Pasalic; sulla trequarti c'è Malinovskyi. De Roon e Ilicic partono dalla panchina. Si affacciano subito al tiro i nerazzurri. Al 2', è alta la botta dalla distanza di Malinovskyi, un minuto dopo Strakosha para su Pasalic. Si sgancia la Lazio: Gollini anticipa Correa. Al 5' irrompe in area Milinkovic: Palomino fa muro. Insiste l'Atalanta: al 12', Strakosha è pronto a respingere di piede su tocco ravvicinato di Pasalic, un minuto dopo Muriel calcia a lato da buona posizione. Partita molto viva con rapidi capovolgimenti di fronte. Al 21' tenta la conclusione improvvisa Muriel ma non inquadra la porta. E al 23' la squadra di Gasperini va in vantaggio con Muriel servito in area da Gosens. Due minuti dopo l'Atalanta sfiora il raddoppio con lo stesso Muriel (fuori). Gran ritmo della formazione di Gasperini, mentre la Lazio è in difficoltà in fase di costruzione del gioco. Al 28' il raddoppio atalantino è un'operazione chirurgica: Muriel fa il bis su punizione dalla sinistra che coglie in controtempo i difensori laziali, a parte una deviazione finale di Parolo. Dalla Curva Nord nuovi cori contro il presidente della Lazio, Lotito. L'Atalanta non rallenta: al 31', bordata di Gomez a lato. Strakosha si oppone al sinistro radente di Malinovskyi su punizione. Lazio incerta e senza incisività. Freuler tenta il tris dalla distanza (a lato). Al 37', biancocelesti al tappeto: ennesima ripartenza dell' Atalanta che sigla il terzo gol con un sinistro velenoso di Gomez. La Lazio cerca di scuotersi dinanzi al dominio avversario ma è troppo appannata. Alla fine del primo tempo, biancocelesti subissati dai fischi dell'Olimpico.

RIMONTA LAZIALE — Al via della ripresa, Lazio con due cambi: Patric rileva Marusic, Cataldi prende il posto di Parolo. Inzaghi prova a riportare in partita la sua squadra. All'8', tiro ravvicinato di Immobile, neutralizzato da Gollini. All'11' destro a giro di Luis Alberto: fuori bersaglio. Biancocelesti in crescita. Gomez lamenta noie muscolari. Correa non centra lo specchio della porta. Al 15', prima sostituzione nell'Atalanta: De Roon per Pasalic. Anche Immobile non graffia al tiro: al 21', colpo sopra la traversa. Fuori Muriel, Gasperini innesta Ilicic. Al 24' Immobile accorcia le distanze su rigore dopo esser stato atterrato da Palomino. Passano trenta secondi e la Lazio segna ancora: Immobile lancia Correa che non dà scampo a Gollini. L'Olimpico si accende e la squadra di Inzaghi scorge una clamorosa rimonta. Gasperini avvicenda Palomino con Kjaer. Dopo un gran primo tempo, Atalanta in riserva di energie. Al 33', dai 25 metri Luis Alberto fa volare Gollini per deviare in angolo. Inzaghi toglie Radu, vittima di crampi, per irrobustire l'attacco con Caicedo. Al 34' Gollini c'è sul colpo di testa di Correa. Riparte l'Atalanta: Gosens conclude a lato, così come va sul fondo un tentativo insidioso di Malinovskyi. Lazio all'assalto. Strakosha evita il quarto gol in uscita su Gomez. Cinque minuti di recupero. Rocchi non ha dubbi nel concedere di nuovo il rigore dopo che De Roon travolge Immobile. Al 48' dal dischetto il bomber di Inzaghi firma il 3-3: Golini tocca ma non trattiene il pallone. Nono gol per il capocannoniere del campionato. L'ultimo tentativo è dell'Atalanta con una punizione di Malinovskyi parata da Strakosha. Tra gli applausi dell'Olimpico finisce 3-3 una partita stupenda, ricca di gol ed emozioni fino alla fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 00:55
Super Milik abbatte il Verona. E il Napoli torna a vincere

Gli azzurri conquistano i 3 punti e guadagnano posizioni in classifica.
Decidono il match due reti, le prime stagionali, del polacco schierato da Ancelotti dal primo minuto:
una al 37’ su assist di Fabian Ruiz, l’altra al 67’ su punizione di Insigne.
Nel finale palo di Mertens


Mimmo Malfitano


Non è stato facile mettere sotto il Verona. Ma, alla fine, il Napoli c’è riuscito ritrovando la sua forza offensiva e, soprattutto i gol di Arek Milik: doppietta del polacco ed Hellas abbattuta 2-0. Primi gol stagionali per Milik che hanno aggiunto tre punti pesanti alla classifica e, in qualche modo, rilanciato l’ambizione scudetto. Onore agli sconfitti, comunque, perché la formazione di Juric avrebbe meritato qualcosina in più nel primo tempo. E se non l’ha ottenuta è stato soltanto per le prodezze di Alex Meret che ha parato l’impossibile, mascherando così il momento di grande confusione in cui erano piombati i suoi compagni.

FUORI MERTENS — Carlo Ancelotti pensa anche alla gara di Champions League, a Salisburgo, mercoledì sera. Dal risultato di questa partita si potrà avere un’idea più chiara di quante possibilità abbia il Napoli di passare agli ottavi. E, dunque, l’allenatore tiene a riposo Dries Mertens e schiera Insigne al fianco di Milik. Nella linea di centrocampo, al posto del capitano, c’è Amin Younes. Novità anche in difesa, dove Di Lorenzo agisce a sinistra, mentre nel suo ruolo, a destra, c’è Malcuit. Ivan Juric, invece, chiede conferme al suo Verona che è in serie positiva da tre partite: quattro degli attuali nove punti in classifica, li ha conquistati in trasferta e, dunque, non avendo impegni europei, sia affida alla formazione titolare, con Stepinski al centro dell’attacco.

SENZA TIMORE — Il Verona lascia subito intendere che non si arrenderà facilmente: non sarà un boccone semplice da buttare giù. Ed il Napoli comincia con l’insolito 4-2-3-1, archiviato dopo la sconfitta di Torino, contro la Juventus, alla seconda giornata. Insigne agisce da centrale nei tre alle spalle dell’unica punta, Milik. È proprio l’attaccante polacco che viene anticipato, in due tempi, da Silvestri sul cross di Malcuit (7’). Ed è sempre il portiere veneto a respingere una conclusione senza troppe pretese di Allan (8’). Da quel momento, il Napoli scompare, il Verona prende l’iniziativa e inizia a pressare a tutto campo, Juric ha preparato una gara che non contempla l’attesa: il Napoli va aggredito.

PRODEZZE MERET — Dovrà considerarlo, Roberto Mancini, tra i portieri da portare al prossimo Europeo. Il giovane numero uno napoletano si merita l’apoteosi del San Paolo quando, al 18’ respinge di seguito le conclusioni di Lazovic, Pessina e Stepinski. E non è finita qui, perché appena due minuti più tardi, con i suoi in bambola, respinge coi piedi un gran tiro ravvicinato di Zaccagni. Il Napoli è spaventato dall’aggressività degli avversari, a centrocampo Veloso e Amrabat avviano le azioni per le incursioni di Lazovic, a sinistra, e di Faraoni a destra. E il Napoli? Sembra una squadra spaesata, senza un’anima. Ogni tanto, riemerge dal grigiore e prova a organizzare qualcosa di serio, ma con risultati improbabili. Tanto movimento tra le linee offensive, ma di conclusioni pericolose nemmeno a parlarne.

RIECCO MILIK — Quando non concretizzi succede poi che vieni punito. Ed è quanto è successo al Verona: le imprecisioni sotto porta e le parate di Meret gli hanno impedito di segnare. Cosa che, invece, ha saputo fare il Napoli al 37’, quando Milik ha deviato in rete il cross basso di Fabian Ruiz dalla sinistra. Per il centravanti polacco è il primo centro stagionale, per lui una vera e propria liberazione. Il tempo si chiude coi veronesi all’attacco.

SUPERIORITÀ — Emerge tutta nel secondo tempo, quando il, Napoli pressa con maggiore insistenza. Juric richiama Zaccagni e inserisce Salcedo (7’), mentre Silvestri deve distendersi per respingere la conclusione di destro di Fabian Ruiz. Lo stesso portiere veronese devia in angolo una conclusione ravvicinata di Younes (12’). Intanto, Juric provvede alla seconda sostituzione, inserendo Di Carmine al posto di un impalpabile Stepinski. Anche Ancelotti provvede a un cambio: dentro Zielinski e fuori Younes. Ed è proprio il centrocampista polacco che conquista la punizione dalla quale nasce il secondo gol di Milik: la battuta di Insigne viene deviata a volo dal centravanti. Per lui è doppietta. Il doppio svantaggio non abbatte il Verona che di tanto in tanto si presenta nell’area napoletana, con Salcedo (fuori di poco) e con un tiro dalla distanza di Faraoni che termina a lato. Poco dopo la mezz’ora c’è spazio pure per Mertens (colpisce il palo al 37’) che entra per sostituire Insigne: per il capitano c’è l’applauso del San Paolo. Lo stesso tripudio riservato a Milik a dieci minuti dalla fine, quando lascia il suo posto a Fernando Llorente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 00:59
La Juve vola con Ronaldo e Pjanic ma al 94'
è la traversa a condannare un bel Bologna

A segno CR7, il Danilo rossoblù e il bosniaco, autore di un’altra grande partita.
Santander in pieno recupero sfiora il pari.
In attesa di Sassuolo-Inter, bianconeri a +4 sui nerazzurri


Filippo Conticello


Ronaldo che scavalla la vertigine dei 700. Pjanic che, oltre a dare la carte, tira fuori anche l’asso. E la Juve che si conferma bella, sarriana e, soprattutto, prima. Questo Bologna di Mihajlovic in trasferta a Torino è pur sempre una squadra di ottima fattura e spaventa pure con la perla di Danilo e con la traversa finale di Santander, ma i bianconeri hanno ormai preso l’ascensore: al netto di pericolosi cali di tensione, stanno decisamente salendo di livello. Hanno perfino superato la vecchia legge della sosta: raramente si era vista una squadra così in palla dopo la pausa delle nazionale. Martedì arriva la Lokomotiv in Champions e, forse, bisognerà capitalizzare di più e rischiare meno nel finale.

L’AVVIO — All’inizio l’applauso emozionato per il grande Sinisa, che da queste parti è stato sempre “nemico” ma poteva pure diventare allenatore, ha sciolto il cuore dell’Allianz. Questo stadio, però, ha un soltanto un sovrano, fresco di vetta hymalaiana raggiunta, omaggiato dal presidente Agnelli con una maglia metà bianca e metà nera con dietro il numero 700. Può sembrare impossibile, ma sono tanti i gol segnati da Cristiano in carriera. Anzi no, non fai neanche in tempo a celebrarlo che lui sposta i mirino: il portoghese ha segnato il numero 701. Oltre a Ronaldo, da notare però la novità più interessante nell’ormai solita architettura sarriana: al posto di Matuidi, Rabiot che un po’ fa il play aggiunto e un po’ si allarga.

LA MANOVRA — Per il resto è la solita manovra armoniosa vista nelle ultime settimane, col pallone che guizza via veloce sul campo bagnato. Il Bologna di Mihajlovic “buca” soprattutto a destra dove alle spalle di Mbaye ha spazio Alex Sandro: da lì arrivano le azioni pericolose del primo tempo, anche se il gol arriva curiosamente da destra. Il tiro dell’1-0 di CR7 (errore di Skorupski) è affilatissimo, ma non quanto quello del Danilo bolognese, che in libera uscita dalla difesa pesca un incredibile destro qualche minuto dopo: è l’1-1 che beffa Buffon. Sull’azione si nota che è in ritardo nell’uscire Cuadrado: spingerà pure parecchio, ma nel nuovo ruolo di terzino deve ancora imparare certi movimenti. Il pari suona come una sveglia per i bolognesi che crescono in fiducia ed escono dal nascondiglio in cui la Juve li aveva messi. Così Palacio punzecchia un imperfetto De Ligt, l’ex Orsolini inizia ad accentrarsi e cadono palloni pericolosi nell’area bianconera.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa i bianconeri si riprendono subito la scena, portando più in alto il baricentro, pressando e aumentando la velocità dei triangoli. Certo, il gol del nuovo sorpasso arriva in un’azione buffa e confusa: errore in disimpegno di Soriano che riceve una palla imperfetta da Danilo, Orsolini e Poli inciampano sul pallone, palla a Ronaldo che in piena area tira in porta ma centra un avversario. Alla fine la sfera finisce a Pjanic che segna da due passi. Per il bosniaco il coronamento di una partita deliziosa, l’ennesima, da quando il nuovo tecnico gli ha dato le chiavi della macchina. Da quel momento piovono le occasioni per il tris, ma un po’ Skorupski e un po’ gli errori davanti negano ai bianconeri il gol della sicurezza. Per come hanno giocato, soprattutto nel secondo tempo, l’avrebbero pure meritato, mentre il Bologna a immagine e somiglianza di Sinisa ha confermato di aver tutto per stare dalle parti nobili della classifica. Anzi, può mangiarsi le mani per quell’ultima azione maledetta: quando l’arbitro fischia, trema ancora la traversa colpita di testa da Santander. E subito dopo è il numero 9 a tentare una rovesciata spettacolare: Buffon, stavolta, ci mette le mani e protegge il risultato. Pareva sicuro e, invece, poteva scivolare via.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 15:25
Inter di nuovo a -1 dalla Juve.
Domina col Sassuolo per oltre 70’ ma alla fine rischia la beffa

Nerazzurri avanti 4-1 con le doppiette di Lautaro e Lukaku (di Berardi il gol del momentaneo 1-1),
poi il Sassuolo risale fino al 3-4 con Djuricic e Boga



SUBITO GOL — Di tutto di più, come da vecchio slogan della tv di stato. Vi era mancata l’Inter in queste due settimane? Vi era mancata la pazza Inter in questi mesi? Rieccole entrambe, nel 4-3 su un Sassuolo a suo volta prima sparring partner, poi dominatore dal gioco avvolgente. Prima, la commemorazione di Squinzi, in mezzo, un paracadutista che atterra sul Mapei Stadium (invasore, non programmato). Durante, una doppietta a testa per Lukaku e Lautaro, quest’ultimo in edizione deluxe. E poi chiusura con un’Inter vecchia maniera, che si ferma, va in errore di sistema e finisce in balia degli avversari, rischiando di pareggiare una partita in cui avrebbe potuto dilagare. Giornata da attaccanti, comunque.
Non sarà un pranzetto, ma un’abbuffata: le punte nerazzurre ci mettono poco più di sessanta secondi per capirlo. Al minuto 2’ Lautaro gode di un paio di metri di libertà, servito in area da Brozovic: Tripaldelli non stringe, lui trova un destro perfetto nell’angolino lontano. Dopo una decina di minuti saluta Marlon sul filtrante di Gagliardini, ma tira fuori. La difesa del Sassuolo balla visibilmente, il morbo contagia quella dell’Inter dopo 16’. Traoré si infila fra le linee e fa uscire un centrale, serve Berardi che punta e salta Biraghi e poi in diagonale trova il secondo palo. Il pareggio gela Conte in panchina e i 4000 interisti del settore ospite (ma anche nelle altre tribune i colori nerazzurri tendono verso il maggioritario). Sull’1-1 c’è tempo per un gol annullato per parte (Lautaro per spinta di Lukaku su difensore, Caputo per fuorigioco), prima che l’Inter riprenda il controllo, appoggiandosi alle spalle larghe di Lukaku.
Romelu, fin lì piuttosto ingabbiato, al 38’ riceve in area, spalle alla porta, da De Vrij: come un vero pivot tiene Marlon a distanza, si gira e di destro fa 2-1. Segnerà anche il 3-1, stavolta su rigore, concesso per un fallo di Marlon su Lautaro (ancora ricezione in area spalle alla porta). E se il primo festeggiamento era stata una corsa liberatoria verso la panchina, ad abbracciare prima Esposito e poi Conte, sul secondo gol Lukaku guarda in cagnesco la curva del Sassuolo, il che fa pensare che abbia sentito qualche becero buu razzista.
Tutto questo nel primo tempo. Il secondo garantisce qualche nuova perla della giornata di grazia di Lautaro, compresa un’azione personale che Consigli evita si trasformi in gol, e un nuovo rigore che illude i nerazzurri di averla chiusa: fallo di Muldur e Djuricic su Barella, trasformazione di Lautaro. Escono il Toro e Candreva, entrano Politano e un titubante Lazaro. Ma sono anche i cambi di De Zerbi che la riaprono: lo slalomista Boga mostra il suo talento prima servendo a Djuricic la palla del 4-2, poi andando da solo fino al 4-3. L’Inter si è fermata di botto e si garantisce 9’ più recupero di paura e ansia, come ai vecchi tempi. Tiene botta, con un paio di interventi di Skriniar. E porta a casa i tre punti dopo la doppia frenata prima della sosta. I due davanti danno certezze, Candreva esce fra gli applausi, Gagliardini tiene botta, ma il finale varrà a tutti più di qualche urlata da parte di Conte.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 18:44
Cagliari formato europeo: super Nainggolan affonda la Spal



Sesto risultato utile per i rossoblù che salgono al quinto posto, a 14 punti.
Semplici non riesce invece a sfatare il tabù trasferta


Francesco Velluzzi

Come nelle favole... Il primo gol in rossoblù nella nuova stagione per Radja Nainggolan. E che gol. Il rientro, con gol, per Paolo Pancrazio Faragò che non giocava in campionato dal 20 aprile (col Frosinone) e ha penato tutta l'estate per l'infortunio all'anca. Così il Cagliari regola (2-0) una Spal che qualche problema lo crea nel primo tempo, ma poi si spegne condizionata da una rosa troppo esigua. Se ai problemi che già hai, sommi la squalifica di Strefezza e l'infortunio di Di Francesco non puoi sognare. Ma devi sperare di raggiungere una miracolosa salvezza. La Spal patisce il caldo tremendo della Sardegna Arena. Il Cagliari ci è più abituato Qui è ancora estate piena. Infatti le squadre dopo 35' abbassano i ritmi. Volare si può? Il Cagliari può volare. La classifica induce ad aumentare il desiderio...

PRIMO TEMPO — Maran conferma le impressioni della vigilia. Faragò debutta direttamente da titolare, come terzino destro (Cacciatore e Mattiello sono out) e Pinna non ottiene la nuova chance (dopo Brescia) in cui sperava. Una sorpresa c'è: Nandez per la prima volta, si accomoda in panchina facendo posto a Castro. Non aveva mai rifiatato. La Spal è quella annunciata, con Igor che ormai è una conferma e Valdifiori che prova a cucire il gioco. Davanti con Petagna c'è sempre Floccari (Moncini resta sempre in panca). La Spal fa tremare Olsen, ma Floccari è in fuorigioco. Il Cagliari si lamenta perché Chiffi tarda a far tornare in campo Rog, uscito per uno scontro. Ma all'11' Radja Nainggolan regala la prima vera gioia al popolo sardo che lo ha accolto come un re. Su punizione di Cigarini, la Spal respinge praticamente sui suoi piedi. Il Ninja ha tutto il tempo e di controbalzo di collo pieno fulmina Berisha. Gran gol. Radja non corre tanto, ma qualche lampo lo dà. Dopo 21' in uno scontro con Ceppitelli è Castro che rischia di finire il match. Rientra col turbante e la Spal avanza, guadagna campo e reagisce soprattutto dalle parti di Faragò con Reca che imperversa a sinistra. Rog fa il miracolo su Kurtic di testa, il Cagliari soffre tanto sulle palle inattive dei ferraresi. E non la chiude. Simeone manda fuori due occasioni. E nei 4' di recupero c'è solo un salvataggio di Missiroli sulla tentata conclusione di Nainggolan.

SECONDO TEMPO — Si riparte con Nandez al posto di Castro. E prova subito a mettere il turbo su una partita che si incattivisce un po'. In 15' Chiffi estrae quattro gialli, giusti: Missiroli (fallaccio su Rog), Tomovic (che fa una fatica bestiale a contenere Joao Pedro), Simeone (con la Spal lanciata in contropiede) e Igor (entra taccia su Nandez). Ma al 19' con la Spal in 10 (perché Vicari è uscito e Cionek non riusciva entrare) Nainggolan rischia il bis ancora da fuori: il pallone colpisce il palo. Ma 3 minuti dopo, la partita la chiude Faragò che approfitta del pasticcio di Floccari, gli ruba la palla e va a comandare. È 2-0 e l'esterno novarese può esultare. Il Cagliari, che con Nandez che sgomma ha più birra, vola. La Spal è al tappeto, Rog si vede deviare in angolo il pallone del 3-0 da Berisha. Semplici prova a giocare con tre attaccanti inserendo (tardi) Moncini. Ma non ottiene nulla. Due vittorie in otto partite sono troppo poco e il prossimo avversario si chiama Napoli. Mentre il Cagliari va a Torino e in trasferta fa meglio che in casa...

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 18:50
Pari Samp al debutto di Ranieri, ma che jella la Roma:
altri due infortunati (e Kluivert espulso)



Partita molto fisica e con pochissimi tiri in porta.
Fonseca (in tribuna) ha perso già nel primo tempo Cristante e Kalinic,
anche Quagliarella in campo con il turbante.
Nel finale Lopez ha salvato su Bonazzoli


Filippo Grimaldi

Buona la prima per Claudio Ranieri sulla panchina sampdoriana, nel giorno del compleanno numero 68 per il tecnico romano. Un punto che fa morale per i blucerchiati, contro una Roma in piena emergenza, poco incisiva in attacco, che raccoglie quel che semina.

INFORTUNI — Nella Samp, dentro l’ultimo arrivato Bertolacci al posto di Ekdal in regia, con Rigoni preferito a Ramirez come esterno di una mediana a quattro. Di là, giallorossi con Kalinic uomo più avanzato, ma costretto a lasciare il posto a fine primo tempo a Dzeko, in campo con la mascherina protettiva. Una gara, dunque, tutta in salita per la squadra di Fonseca, che perde già in avvio Cristante (8’, fastidio inguinale) sostituito da Pastore e di fatto cerca soprattutto di limitare una Sampdoria che in attacco fa le cose migliori nel finale. Per i padroni di casa, a migliore occasione del primo tempo arriva al 14’ con Quagliarella, bloccato da Lopez. Ranieri disegna una squadra molto chiusa, e così per la Roma gli spazi sono limitati. I giallorossi stentano sulle fasce, con Kluivert che fatica su Murru, mentre dall’altra parte Florenzi non trova varchi su Bereszynski e Murillo. Certo, i padroni di casa non sono propositivi in attacco, dove Gabbiadini fa la gara numero 300 da professionista. Partita frammentata: l’arrivo di Ranieri ha dato qualcosa in più alla Samp, ma la strada è ancora lunga. La Roma è lenta, prevedibile, macchinosa. Nel finale del primo tempo l’arbitro Maresca dialoga a lungo con Vieira, segnalando al centrocampista originario della Guinea di avere sentito gli ululati razzisti dei romanisti nei suoi confronti. L’episodio, per fortuna, non si ripete più.

RISCATTO — Ospiti più vivi nella ripresa, Samp che perde vigore, anche se la forza offensiva della Roma è di fatto molto limitata. L’ingresso di Bonazzoli nella Samp quasi a metà del secondo tempo dà vivacità alla manovra sampdoriana, con la Roma che solo al 33’ trova per la prima volta la porta di Audero con una debole conclusione di Dzeko. Troppo poco: va male anche a Depaoli e Quagliarella, neppure Perotti (dentro al posto di Florenzi) risveglia i giallorossi. Che, anzi, restano in inferiorità numerica al 41’ per il secondo giallo a Kluivert. Ma, a quel punto, la Samp non ha più la lucidità e le energie per approfittarne, anche se un sinistro velenoso di Bonazzoli rischia di beffare la Roma: Lopez salva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 18:54
Basta un gol di Okaka per domare il Toro e lanciare il "bunker" Udinese

L’ex Roma decide con un colpo di testa.
Nel secondo tempo l’ingresso di Zaza scuote i granata che però
sbattono contro la difesa meno battuta del campionato


Stefano Cantalupi


Quattro gol in 8 giornate di Serie A e 10 punti in classifica: non si può dire che l’Udinese non faccia tesoro delle sue poche reti. Alla Dacia Arena stavolta a perdere 1-0 è un Torino davvero opaco, raggiunto a quota 10 in classifica proprio dai friulani.

OKAKA SBAGLIA… — Nell’area tecnica dell’Udinese passeggia Luca Gotti, vice dello squalificato Igor Tudor. A Walter Mazzarri, invece, la Corte federale d’Appello ha restituito la panchina. Neanche il tempo di sistemarsi sulle poltroncine e l’Udinese ha una clamorosa occasione con Okaka: il diagonale di Sema è respinto da palo, il numero 7 bianconero avrebbe un comodo tap-in a porta vuota ma sbaglia mira. I friulani (peggior attacco nei top campionati europei con sole 3 reti segnate prima del fischio d’inizio, ma miglior difesa della Serie A) sono però bravi a non perdersi d’animo, e con Jajalo ci provano un altro paio di volte.

… E SI FA PERDONARE — Il 3-5-2 di Mazzarri, col solo Verdi a supporto di Belotti, fatica moltissimo a creare gioco, nonostante un paio di volate interessanti degli esterni Ansaldi e Laxalt (su una di queste l’uruguaiano protesta per un contatto in area con Opoku). Funziona meglio l’organizzazione bianconera, con De Paul – fresco di rinnovo – che alterna momenti da mezzala a incursioni da trequartista. È sempre Sema, però, il più incisivo quando avanza. E al 42’ un suo cross dal fondo trova mal posizionata la difesa granata, che concede la torre indisturbata a Mandragora e il tocco di testa vincente a Okaka.

POCO GALLO — Mazzarri si rende conto che così non va, toglie Lukic e inizia la ripresa con Zaza, passando al 4-4-2. In una decina di minuti arrivano due occasioni: la prima è una prodezza acrobatica di Belotti (l’unica cosa davvero buona della sua gara) su cui Musso deve impegnarsi, la seconda un doppio tiro di Zaza su cui Ekong si lancia rischiando il “mani”. Lasagna con un cross volante pericoloso e Mandragora con un sinistro alto rispondono per l’Udinese. E il Toro, col passare dei minuti, perde anche quel minimo di energia che sembrava aver trovato. Mazzarri butta in campo anche il giovane Millico per l’assalto finale, ma rischia di subire il raddoppio, evitato dalla scarsa lucidità degli attaccanti bianconeri nelle ripartenze. È Iago, entrato al posto di uno spento Verdi, ad accendere il finale: prima sfiora il pari con una conclusione dalla distanza, poi offre a Belotti un pallone che il Gallo non sfrutta a dovere. Ma non basta: troppo poco per un Toro involuto, che ora rischia di ritrovarsi nella parte destra della classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 20 ottobre 2019 23:58
Parma scopre Cornelius: tripletta al Genoa!
Ora Andreazzoli è sempre più a rischio

Il danese entra per l’infortunato Inglese a segna 3 gol.
Gol anche per Kucka, Pinamonti e Kulusevski


Bastano otto minuti al Parma per annientare il Genoa. Tra il 38’ e il 46’ del primo tempo la squadra di D’Aversa infierisce su avversari totalmente incapaci di difendere. Ma anche per quanto riguarda la produzione offensiva e la voglia di combattere e correre il Genoa mostra enormi limiti e adesso naturalmente si torna a parlare della situazione di Andreazzoli. Il tecnico, confermato da Preziosi durante la sosta, sarà nuovamente valutato dalla società che ora si trova al penultimo posto in classifica, con un solo punto di vantaggio sulla Sampdoria. Il 5-1 finale è un punteggio che dice tutto: l’ottima giornata del Parma, trascinata da un protagonista inatteso (Cornelius, che ha sostituito Inglese al 12’ e ha realizzato una tripletta), e la debolezza di un Genoa passivo e impaurito per tutta la gara.

PRIMO TEMPO — Fin dall’inizio il Parma è apparso più determinato e cattivo, mentre il Genoa ha rischiato di subire gol dopo pochi secondi a causa di una farraginosa costruzione dal basso. I rossoblù hanno avuto anche l’occasione per girare la partita al 31’ quando su azione di corner Zapata ha fatto la torre per Goldaniga che da pochi passi ha costretto Sepe a un doppio intervento decisivo. Ma subito dopo sul Genoa si è scatenato l’inferno. Al 33’ Cornelius ha mancato la porta deviando un tiro sporco di Gagliolo. Al 38’ Gervinho ha iniziato un’azione che, proseguita da Scozzarella, ha portato Kucka alla fuga per trenta metri prima dello scambio con Kulusevski e della conclusione di sinistro in spaccata che ha battuto Radu. Al 42’ Scozzarella ha pennellato una punizione perfetta sulla testa di Cornelius, bravissimo a svettare in terzo tempo su Zapata e a indirizzare nell’angolo. Al 46’ Gervinho è scappato sulla sinistra e ha crossato per Cornelius, dimenticato dai difensori rossoblù e libero di scaricare il sinistro in porta con una bella girata.

SECONDO TEMPO — Dopo l’intervallo non è cambiato nulla. E infatti al 5’ Cornelius ha scambiato con Kulusevski e ha trovato l’angolino con un sinistro dal limite. Il Genoa ha finalmente reagito con Pinamonti (che a inizio ripresa aveva sostituito Pandev), bravo a girarsi rapidamente in area e a segnare al 7’ la rete che però non poteva riaprire una gara ormai chiusa. E infatti non l’ha riaperta: il Genoa improvvisa un paio di azioni, ma senza pungere. E al 34’ il Parma fa la cinquina con Kulusevski che sfrutta un assist al contrario di Ankersen: Dejan interviene sul retropassaggio a Radu, dribbla il portiere e segna.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 21 ottobre 2019 00:02
Falsa partenza per Pioli, il Lecce riacciuffa il Milan al 92': finisce 2-2



Al tecnico, all'esordio in rossonero, non bastano i gol di Calhanoglu e Piatek.
Babacar e un tiro pazzesco del terzino impongono il pari


Alessandra Bocci

La cura Pioli non basta. Un Milan più libero, discontinuo e coraggioso, si fa rimontare due volte a San Siro da un Lecce non solo ordinato, ma determinato e propositivo. Un primo tempo tutto Milan, un secondo pieno di sorprese. E finisce 2-2, fra i fischi di San Siro meno assordanti di quelli raccolti dopo Milan-Fiorentina, ma comunque inesorabili. Apre un Calhanoglu in gran forma, pareggia Babacar su rigore, va ancora avanti il Milan con Piatek che torna al gol su azione, nel finale ecco il pareggio di Calderoni, uno dei migliori in campo. La strada per tornare in alto per il Milan è veramente lunga. Il Lecce invece conquista un punto che psicologicamente vale molto più di uno.

PARTENZA SPRINT — Pioli conferma la fiducia a Rafa Leao, con Piatek in panchina, e Calhanoglu alla fine vince il ballottaggio con Rebic. Una soluzione che permette a Theo Hernandez di muoversi con leggerezza, diventando una sorta di quinto attaccante, quello che spariglia le carte contro un Lecce che ci prova, ma non incide mai. Nel primo tempo Donnarumma deve intervenire soltanto su un tiro di Falco sporcato da Romagnoli. È un Milan allegro e intelligente, non concretizza abbastanza, ma segue una sua logica. Quella dei giovani talenti che Pioli lascia liberi di esprimersi, sempre in un contesto che, visti i pochi giorni di lavoro, risulta logico e ordinato, però non prevedibile. Uno a zero dopo il primo tempo, con un gol di Calhanoglu che sfrutta un bel lancio di Biglia e per fortuna si evita il saluto militare e ogni altra manifestazione pro Erdogan. Accade al 20'. Il Lecce ci prova con Falco, Babacar cerca di scappare qua e là provocando le rarissime sbavature della difesa rossonera. Il Milan è in controllo, nonostante il silenzio assordante della curva e il tifo di migliaia di leccesi che dal terzo anello si fanno sentire. La magia di San Siro è anche questa. "Dalla società al campo lavorate e battetevi per questa gente che ama il Milan follemente". È lo striscione che decora tutta la curva Sud, silente. Poi ne viene esposto un altro. "Da nove anni la curva Sud è il nostro posto. Forza Milan torna a essere tosto". Nove anni. Lo spazio temporale che contiene i successi di Allegri e altre catastrofi, e dopo tanto vagare ecco l'estate scorsa consolidarsi la coppia di due antichi amici, Boban e Maldini. Sono stati fatti errori nei primi mesi, ma questa sembra l'occasione per ripartire.

RITORNO SALENTINO — Però il Lecce non ha intenzione di fare la vittima designata sulla strada del rilancio rossonero. E niente è come sembra. Un vero grosso rischio arriva all'11' del secondo tempo, quando un errore a centrocampo libera Mancosu in area, ma il recupero di Biglia è strepitoso e il Milan può ripartire. Poi il fallo da rigore di Conti, che tocca la palla con l'avambraccio e rimette tutto in discussione dopo un'ora di gioco. Babacar contro Donnarumma, che para, ma sulla ribattuta il giocatore del Lecce è implacabile. 1-1 e tutto da rifare.

CHE FINALE — Al 22' del secondo tempo escono Rafael Leao e Paquetà, dentro Krunic e Piatek. Più muscoli, più peso per reagire. Subito un'occasione di testa per il polacco, che cerca di sfruttare un bel cross di Krunic, però la difesa pugliese è attenta. Ora lo stadio fischia e ribolle, lo sciopero del silenzio della curva non incide più. Ancora Calhanoglu va vicino al gol mentre i minuti passano. Ci prova Hernandez, ma la partita diventa sempre più nervosa e concitata e Liverani si fa espellere. A poco più di dieci minuti dalla fine entra in campo Rebic, e poco dopo è Piatek a riportare in vantaggio il Milan sfruttando un numero di Calhanoglu. Uno dei migliori in campo, con Hernandez libero di essere se stesso, magari non sempre tatticamente a posto, ma una furia quando si tratta di spingere, attaccare e anche recuperare palla. A proposito di recuperi, Piatek torna al gol su azione, un'altra buona notizia per il Milan in fondo a questa partita complicata. Perché alla fine il Lecce pareggia ancora con Calderoni, e blocca l'attesa inversione di tendenza. Il Milan a tratti è più bello, ma i risultati non cambiano. Anzi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 22 ottobre 2019 00:26
La Fiorentina rallenta ma il Brescia non sorride:
brutto infortunio per Dessena



Poche emozioni e pareggio giusto.
Per i viola sesto risultato utile consecutivo, ma dopo tre vittorie di fila è un piccolo stop


Alessandra Gozzini

Un pari che non fa contento nessuno, o forse fa tutti felici. Il Brescia che in casa conquista il suo primo punto stagionale e la Fiorentina che dà continuità ai suoi risultati: ora sono sei utili consecutivi, tre pareggi e tre vittorie. Nella Fiorentina è tutto come annunciato, con il 3-5-2 che è il marchio di fabbrica della nuova squadra di Montella. Nel Brescia dà forfait Balotelli: guaio al ginocchio che costringe Corini e farlo sedere in panchina. Non è un primo tempo scintillante: pochi tiri in porta, un gol (annullato) e nulli anche i tentativi di rompere l'equilibrio della partita da parte della Fiorentina (che cerca Chiesa in profondità o i cambi di gioco: non riesce nemmeno una delle due strategie) e quelli del Brescia di costruire partendo dal solito Tonali. Riuscirebbe una volta in realtà: quando lo stesso Tonali supera Pulgar in pallonetto e avvia l'azione del vantaggio, che viene però annullato dalla Var che segnala un tocco di mano del numero 4 bresciano nel momento in cui tenta di scavalcare l'avversario con la giocata. Il piatto-gol di Aye (palo-rete) non vale. La Fiorentina pareggia il conto delle occasioni con il suo gioiello del centrocampo, Castrovilli: azione personale che impegna Joronen sul primo palo. Aye di testa su angolo e Lirola in caduta chiudono i quattro tentativi del primo tempo. Decisamente poco. L'intensità della partita è proporzionale al numero di occasioni prodotte: basso. La speranza è di rimandare l'appuntamento con lo spettacolo al secondo tempo quando Corini rientra presentando Balotelli.

DENTRO I CENTRAVANTI — E in effetti il primo brivido della ripresa è di Mario: testa su azione d'angolo, potente e di poco a lato. Stessa scena per la prima occasione viola del secondo tempo: torsione di Pezzella fuori di poco. Ma siamo al 27': in mezzo tutta la solita mole di gioco sconclusionato e una brutta scena, quando sull'entrata di Pulgar Dessena va k.o. e viene portato via in barella. La Fiorentina pareggia anche il conto dei centravanti con Vlahovic dentro per Chiesa e la presenza si sente: un invito al tiro per Ribery e un suo tentativo angolato ma debole. Nel finale tanti errori che avrebbero potuto aprire a qualsiasi soluzione ma anche la partita si era ormai adeguata all'assenza di emozioni: e così finisce, senza emozioni, senza gol.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 22 ottobre 2019 00:30
SERIE A 2019/2020 8ª Giornata (8ª di Andata)

19/10/2019
Lazio - Atalanta 3-3
Napoli - Verona 2-0
Juventus - Bologna 2-1
20/10/2019
Sassuolo - Inter 3-4
Cagliari - Spal 2-0
Sampdoria - Roma 0-0
Udinese - Torino 1-0
Parma - Genoa 5-1
Milan - Lecce 2-2
21/10/2019
Brescia - Fiorentina 0-0

Classifica
1) Juventus punti 22;
2) Inter punti 21;
3) Atalanta punti 17;
4) Napoli punti 16;
5) Cagliari punti 14;
6) Roma punti 13;
7) Lazio, Parma e Fiorentina punti 11;
10) Torino, Udinese e Milan punti 10;
13) Bologna e Verona punti 9;
15) Brescia(*) e Lecce punti 7;
17) Sassuolo(*) e Spal punti 6;
19) Genoa punti 5;
20) Sampdoria punti 4;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
binariomorto
00sabato 26 ottobre 2019 21:39
Ossigeno Djuricic, il Sassuolo respira.
Solo pali per il Verona



Primi punti in trasferta per De Zerbi, che ferma a tre la striscia di sconfitte di fila.
Juric mastica amaro per i legni di Faraoni e Verre. Ben 10 ammoniti


Il Sassuolo torna a respirare, dopo oltre un mese di sole sconfitte. L'ossigeno di Roberto De Zerbi ha il volto di Filip Djuricic, match winner dell'anticipo della nona giornata di Serie A al Bentegodi contro un Verona volenteroso, ma fermato nella ripresa da ben due pali. Per i neroverdi sono i primi punti in trasferta in stagione e arrivano dopo tre k.o. consecutivi. È anche la prima vittoria senza patron Squinzi, morto il 2 ottobre. Raggiunto in classifica a quota 9 proprio l'Hellas, con una partita in meno, però, da recuperare contro il Brescia.

LA PARTITA — Juric è senza il cervello del suo centrocampo, Miguel Veloso. Arretra così Pessina, con la coppia Zaccagni-Verre dietro all'unica punta Di Carmine. Per De Zerbi l'emergenza difesa continua: senza Ferrari, Chiriches, Tripaldelli e Rogerio, il tecnico neroverde lancia per la prima volta Romagna in mezzo con Marlon, spostando Peluso a sinistra e affidando a Toljan la fascia destra. Il consueto 4-3-3 è però più frequentemente un insolito 4-2-1-3, con Djuricic collante tra mediana e attacco, dove non c'è Caputo ma Defrel. L'inizio è di marca gialloblù, perché il Sassuolo fatica a trovare le distanze tra i reparti: al 7' Consigli copre bene il primo palo sull'incursione di Faraoni, due minuti dopo Di Carmine cicca la girata a due passi dalla porta dopo un bello spunto di Lazovic sulla sinistra. La partita è intensa, l'arbitro Pairetto comincia a sventolare cartellini gialli a destra e manca. Saranno ben 7 già al termine di un primo tempo in cui il Sassuolo pian piano prende ritmo e chiama Silvestri a tre parate importanti: una su Boga al 19' (egoista il franco-ivoriano a non appoggiare al centro per Defrel) e due su Berardi negli ultimi 10'. In mezzo, Consigli è bravo a respingere con i piedi su Amrabat al 40'. Insomma, portieri sugli scudi.

RIPRESA — A inizio secondo tempo, subito un brivido per Consigli, che tocca di quel tanto che basta il diagonale di Faraoni per spingerlo contro il palo. L'Hellas assapora il vantaggio, ma al 5' va addirittura sotto: Boga serve Djuricic che stoppa e dai 20 metri fa partire una saetta all'incrocio. Stavolta Silvestri non ci può arrivare. Un minuto dopo, Verre col sinistro gira in porta, ma a Consigli battuto è ancora il palo a dire di no al Verona. La reazione dei padroni di casa è comunque apprezzabile. Al 10' lo scatenato Verre taglia tutto il campo, quindi consegna ad Amrabat un pallone d'oro, spedito maldestramente in curva dal centrocampista marocchino. De Zerbi capisce che un po' di equilibrio non guasterebbe, e allora fuori l'autore del gol Djuricic e dentro Obiang. Si torna al 4-3-3 vecchia scuola. L'Hellas trova così meno campo aperto davanti e nonostante la carica del Bentegodi, fatica da qui in poi a farsi vedere in avanti con pericolosità. Juric prova a sparigliare il mazzo con la carta Salcedo. È proprio il giovane attaccante ex Inter al 32' a innescare Pessina, ma il centrocampista gialloblù apre troppo il piatto e spreca tutto da distanza ravvicinata. È però una scintilla isolata. Anzi, al 90' è Duncan ad avere la chance del raddoppio, ma il suo tocco mancino sbatte sul palo. Sarebbe stato forse troppo per i padroni di casa.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00sabato 26 ottobre 2019 21:43
Dybala non basta: Mancosu-gol e il Lecce frena la Juventus



Partita decisa da due rigori trasformati a inizio ripresa.
Palo di Bernardeschi, infortunato Pjanic, ferito alla testa Higuain.
Primo punto in casa per Liverani


Filippo Conticello

Dalla sua umile dimora torinese Cristiano Ronaldo non avrà gradito: quei difetti seminati attorno a lui sono esplosi tutti insieme qui in Salento. La Juve, a volte, è infatti troppo sciupona e poco cattiva: per mancanza di cinismo butta via tutta la fatica fatta nel costruire la propria ambiziosa architettura di gioco. Il Lecce, che ha strappato nella gara più difficile il primo punto casalingo della stagione, ha invece avuto il merito di risaltare le pecche dei bianconeri: con un rigore di Mancosu ha risposto al penalty di Dybala e si è preso gli applausi del Via del Mare vestito a festa. A distanza, avrà gradito il risultato soprattutto un doppio ex: Conte, leccese e un tempo bianconero, può risuperare Ronaldo.

PRIMO TEMPO — Maurizio Sarri aveva detto che avrebbe usato questa tappa salentina per dare fiato a qualcuno e sperimentare. Quale occasione migliore allora per riabilitare alla causa il “rinnegato” Emre Can, il centrocampista escluso con polemica dalla lista Champions? Nella Juve deronaldizzata il tedesco è la novità assieme al rientro di Danilo a destra. Il tedesco mette la fisicità che spesso non ha questa Signora tendente al ricamo, anche se sull’ultimo passaggio il ragazzo si perde sempre. Nel primo tempo, però, i bianconeri sfondano proprio dalla sua parte, a destra, sull’asse terzino-mezzala: il povero Calderoni, terzino salentino, se li vede arrivare ovunque e sono dolori. Ma i giallorossi di Liverani (squalificato, in panchina Coppola) sono quelli di sempre: una squadra sbarazzina, che gioca a viso aperto, anche a costo di scoprirsi e prendere freddo. Stavolta Tachtsidis fatica ad alzarsi per aggredire Pjanic e così, a parte un tiro di Majer su ennesmo regalino di De Ligt, nel primo tempo il Lecce finisce per concedere un lungo rosario di occasioni: sono quasi tutte figlie di un palleggio stretto che arriva al limite dell’area. E così per l’H e per la D piovono occasioni: un gol di Higuain è annullato dalla Var, un altro di Dybala, assai ispirato, è salvato da un miracolo di Gabriel. Da aggiungere alcune palle scottanti in area mancate dagli attaccanti in ritardo. Nonostante lo 0-0 il primo tempo si chiude con la sensazione che il gol stia arrivando: è in quest’aria che profuma ancora di estate.

LA RIPRESA — Nel secondo tempo salta, invece, il tappo nella maniera che non ti aspetti: un rigore tira l’altro e in un amen il punteggio diventa 1-1. Prima il penalty bianconero causato da intervento spericolato di Petriccione su Pjanic, rivisto con la Var: la trasformazione mancina è di Dybala. E poi ecco il solito fallo di mano di De Ligt: la Juve dovrà risolvere questo problema, mentre il pareggio lo segna Mancosu. In realtà il botta e risposta mette un po’ di pepe, ma non cambia il gusto del match: è sempre la solita Juve che divora un gol con Berna, bravissimo a saltare il portiere prima di colpire il palo a porta vuota. L’infortunio di Mire Pjanic, uscito per un problema alla coscia, cambia la gara, ma può anche mutare questo scorcio di stagione bianconera. In attesa di capire meglio l’entità dell’infortunio dell’uomo chiave bianconero, Sarri inserisce prima Khedira e poi Rabiot per avere più creatività dalle mezzali. Ma la Juve sbatte su un muro e si fa pure male: Higuain, travolto da Gabriel, starà in campo a forza, ma poi lascerà lo stadio in barella dopo la fine. E lo scenario non cambia neanche quando la Juve maestra di palleggio e in preda all’ansia, è costretta a rovesciare palloni in area: il secondo pari in campionato arriva, forse, nella gara in cui la Juve meno se la aspettava. Per la gioia di tutta Lecce, che balla al Via del Mare, e di un leccese trasferito a Milano.

Fonte: Gazzetta dello Sport
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:30.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com