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Campionato di calcio Serie A stagione 2019/2020

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Capolavori di Brozo, Sensi e Candreva, Lukaku fa esplodere
S. Siro: per la prima di Conte è subito grande Inter

Debutto da sogno per il nuovo tecnico: tre reti meravigliose e anche l’esordio con gol del belga. Lecce annichilito, nel finale espulso Farias


Vincenzo D'Angelo

E’ qui la festa? Il Jova Beach party non è passato da San Siro, e allora l’Inter decide lo stesso di organizzare una serata evento per presentare ai suoi tifosi e al campionato la nuova creatura di Antonio Conte, così intensa nel ritmo e desiderosa di successo che sembra già lontana parente di quella che ha faticato da matti per troppe stagioni dopo il Triplete del 2010. Ed eccola l’Inter, vestita da sera malgrado l’animo operaio e la ferocia di chi sa che solo così può sognare in grande: 4-0 al Lecce con tre reti splendide di Brozovic, Sensi e Candreva e il graffio di Romelu Lukaku proprio sotto la Nord, con la 9 sulle spalle e inchino celebrativo. E’ il certificato della rottura totale con il passato.

LE NOVITA’ — C’è un’attesa quasi spasmodica sugli spalti, con oltre 64 mila tifosi desiderosi di abbracciare la prima Inter di Conte, che perde De Vrij nel riscaldamento e si presenta al fischio di inizio con Ranocchia al centro della difesa. Un fedelissimo di Conte dai tempi di Bari, che lo scorso anno fece il debutto in campionato a gennaio, da centravanti. E sì, quante cose sono cambiate in questa nuova Inter che Conte non vuole più pazza. Un’indicazione presa talmente alla lettere che prima del fischio di inizio non si sente nemmeno più “Amala”, l’inno che da queste parti ha fatto storia. Però quel “pazza Inter” del ritornello mal si sposa con l’era contiana, e infatti è già sparito.

DOPPIO COLPO LETALE — E anche in campo è un’altra Inter, subito arrembante, determinata, agguerrita. Candreva sembra trasformato, in copertura come in fase spinta: prima sradica due palloni agli avversari con tackle durissimi, poi pennella per Lautaro (17’) un cross perfetto che il Toro – da due passi e tutto solo - schiaccia troppo, tanto che dopo il rimbalzo a terra la palla va sopra la traversa. Prima (14’), era stato il Lecce ad andare vicinissimo al vantaggio con Lapadula dopo straordinaria ripartenza di Falco, ma sul pallonetto a porta vuota dell’ex Milan era stato Skriniar a salvare. La partita si sblocca al 21’ con un’azione tipica del calcio di Conte, con gli esterni protagonisti e il centrocampista a rimorchio a segno: Candreva pennella per Asamoah, sponda di prima per Brozovic che stoppa, prende la mira e a giro trova l’incrocio lontano. L’esultanza coinvolge tutti, con abbraccio collettivo in panchina. Passano 3’ e Sensi fa impazzire definitivamente San Siro: slalom a limite e destro a filo d’erba in diagonale che brucia Gabriel per il raddoppio.

APOTEOSI ROMELU — Lukaku si vede poco, mentre Handanovic viene impensierito da un paio di conclusioni dalla distanza. Ma all’intervallo è 2-0. L’avvio della ripresa però è di marca pugliese, con il Lecce intraprendente e più presente nell’area nerazzurra: D’Ambrosio salva su Falco, poi Calderoni da buona posizione manda a lato. L’Inter si riaccende con la fiammata che tutti aspettavano: volata di Lukaku a destra e assist per Lautaro un pelo impreciso. Ma applausi. Che si trasformano in tripudio quando Romelu (15’) si lancia sulla corta respinta di Gabriel e realizza di rapina il suo primo centro nerazzurro. Il resto è accademia: Brozo sfiora il bis, Lautaro spara ancora alto di testa e sfiora l’eurogol da fuori e Conte fa il suo primo cambio, lanciando l’esordio di Barella, mister 45 milioni.

POKER E FESTA — Proprio per un brutto fallo su Barella, Farias si fa cacciare al 33’. Poi il neoentrato Politano trova il gol che viene giustamente annullato per posizione irregolare di Lukaku. Tutti vogliono partecipare alla festa, la squadra continua a spingere e alla fine arrivano i fuochi d’artificio con un missile all’incrocio di Candreva. Il poker è servito, con un messaggio chiaro alle rivali. Meglio fare attenzione a questa Inter: quella pazza sembra già un lontano ricordo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
27/08/2019 16:23
 
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SERIE A 2019/2020 1ª Giornata (1ª di Andata)

24/08/2019
Parma - Juventus 0-1
Fiorentina - Napoli 3-4
25/08/2019
Udinese - Milan 1-0
Cagliari - Brescia 0-1
Roma - Genoa 3-3
Spal - Atalanta 2-3
Sampdoria - Lazio 0-3
Torino - Sassuolo 2-1
Verona - Bologna 1-1
26/08/2019
Inter - Lecce 4-0

Classifica
1) Inter, Lazio, Napoli, Atalanta, Torino, Brescia, Juventus e Udinese punti 3;
9) Genoa, Roma, Bologna e Verona punti 1;
13) Fiorentina, Spal, Sassuolo, Cagliari, Milan, Parma, Sampdoria e Lecce punti 0.

(gazzetta.it)
27/08/2019 16:25
 
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Prima gioia per Mihajlovic!
Soriano abbatte la Spal al 93':
il derby emiliano è del Bologna

I rossoblù dominano ma sprecano troppo.
Poi nel finale ecco il gol vittoria del numero 21


Francesco Velluzzi


Tenera è la notte Sinisa. Questa dovevi vincerla e l'hai vinta. Nel recupero, col batticuore, anzi col cuore dei tuoi ragazzi. Roberto Soriano aveva calciato fuori, aveva trovato lo strepitoso portiere della Spal Berisha, aveva colpito la traversa e Riccardo Orsolini aveva fatto di tutto, ma davvero di tutto per far segnare i suoi compagni. Ma al minuto 48' della ripresa di cabeza Soriano l'ha messa sul centro del solito scatenato Orsolini (ct Mancini, che a Bologna è di casa, gli dia un altro sguardo). Nella notte dei miracoli bisogna fare sempre attenzione. La Spal per poco non fa il colpo come nello scorso torneo, ma questa partita il Bologna non poteva, non voleva lasciarla a nessuno. Per nessuna ragione. Per Sinisa, entrato da re, con la standing ovation del Dall'Ara che ha registrato 25.086 spettatori, frutto anche del record di abbonamenti: 15.375. Miglior dato degli ultimi 15 anni. La Spal resta a zero. Troppo chiusa in difesa, con qualcosa da sistemare negli ultimi tre giorni di mercato.

PRIMO TEMPO — La mano di Sinisa c'è eccome. Perché il tecnico del Bologna lascia in panchina Rodrigo Palacio, non al meglio e dà fiducia davanti all'attaccante che ha rigenerato, Mattia Destro. E, soprattutto, Gary Medel, appena sbarcato dalla Turchia (era al Besiktas) è subito in campo con maglia numero 5 quella che aveva il rimpianto regista Pulgar. Leonardo Semplici non cambia nulla rispetto alla prima giornata in cui ha perso con l'Atalanta dopo esser partita con un tremendo 2-0 nella prima parte. L'effetto Sinisa è forte, il Bologna ha bisogno di una partenza sprint e nel primo quarto d'ora, infatti in attacco ci sono solo i rossoblù con Mihajlovic in piedi che non sbraita, ma dirige il traffico. Destro costringe Berisha in angolo, Sansone ubriaca Cionek con finte e contro finte e mette al centro dove Destro colpisce di testa ma sulla linea trova Vicari. La Spal ha una sola occasione, Kurtic manda sull'esterno della rete, poi è ancora Poli, da fuori, a chiamare Berisha alla risposta in angolo. Quindi esce la Spal; soprattutto D'Alessandro che sulla destra, chiamando in causa anche Cionek, fa soffrire Djiks. Due pericolose palle al centro, su una Valoti, contrastato da Poli, va giù. Tutto regolare. Il finale è ancora del Bologna in particolare di Orsolini che va come un treno, fa tutto bene, ma prima trova Berisha che lo mura, poi calcia alto.

SECONDO TEMPO — E' ancora il Bologna a ripartire con l'idea di cercare la vittoria che serve. Dopo 9' Soriano anticipa con un gran movimento Felipe ma di testa manda sopra la traversa, poi è la Var a negare ai rossoblù la possibilità di tentare più facilmente la via del gol, col rigore. Contatto Sansone-Cionek col difensore spalino che ha il braccio largo e tocca il pallone, Di Bello va a vedere. Non si convince. Al 15' Medel becca il primo giallo italiano, un classico, subito dopo lo becca Igor. Mihajlovic cambia: fuori Destro, dentro Santander, Semplici risponde irrobustendo la mediana con Valdifiori (regista) per Valoti e spostando Missiroli al ruolo naturale di mezzala. La Spal vuole chiudersi, ma lascia i varchi a Orsolini che si beve Igor e mette dentro per Soriano che dall'area piccola di testa scheggia la traversa. Poi Orsolini fa da solo ma trova ancora lo splendido Berisha. La Spal è tutta indietro a protezione del fortino, col solo Petagnone davanti. Tanto se il Bologna lo assalta ci pensa Berisha che è mostruoso su Soriano ancora di testa servito sempre da Orsolini e poi sullo stesso Orsolini. Sinisa, che ha chiesto più dinamismo a Dzemaili (per Poli), tenta anche la carta Palacio (per Medel), Semplici mette Floccari (per Di Francesco). Il pericolo lo corre il Bologna perché Kurtic pesca Missiroli e Skorupski, ma nella notte dei miracoli bisogna fare attenzione sempre al tandem Orsolini-Soriano, uno scodella, l'altro all'ennesimo tentativo di testa fa centro. E' la notte di Sinisa è dolcissima. Tu vai dentro felice, i tuoi ragazzi sotto le curve a dare le maglie. Il regalo più bello.

Fonte: Gazzetta dello Sport
01/09/2019 00:14
 
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Giampaolo non stecca la prima a San Siro:
Calhanoglu stende il Brescia

Decide il gol del turco che, al 12’, con un colpo di testa sblocca il match su cross di Suso


Alessandra Gozzini


Il Milan e Giampaolo conquistano il primo successo del nuovo corso. Il debutto stagionale a San Siro è un doppio evento: l’esordio del nuovo Milan davanti ai propri tifosi e un’occasione per rasserenare il clima dopo la tormentata sconfitta di Udine. Così è stato e con altro umore la squadra si avvia alla sosta. L’allenatore aveva chiesto ai suoi di cambiare atteggiamento e insieme aveva annunciato cambio di uomini e di sistema. Nessuno però si aspettava lo facesse in modo così netto: fuori Piatek, il centravanti che secondo Giampaolo era indietro nella condizione e nel recepire i nuovi schemi, e dentro André Silva, che per il club è una risorsa più per i soldi che può garantire dalla cessione che non come attaccante di riferimento. Invece nella partita che il tecnico non può permettersi di sbagliare c’è il portoghese e non Kris.

Non c’è nemmeno Paquetà e i 70 milioni spesi nello scorso mercato invernale vanno in panchina. Il Milan però funziona di più, è più propositivo e meno teso e spaesato di quello visto a Udine. Anche fortunato: alla prima vera occasione trova il vantaggio con Calhanoglu, su cross di Suso. Il primo gol dell’anno non è di un attaccante puro, ma di un esterno offensivo riadattato a mezzala. Ci prova anche André Silva, azzardo dell’allenatore e giocatore su cui si concentrano le attenzioni maggiori: sul perfetto lancio di Suso (sempre da lui nascono le giocate di maggiore qualità) aggancia e tenta un pallonetto fuori misura. Il possesso rossonero a metà primo tempo arriva al 70%: è più incisivo di quello di Udine ma ancora lontano dal produrre pericoli veri. Tanto che tra i migliori del Milan c’è ancora il solito Gigio: su un tiro deviato di Sabelli, Donnarumma vola e chiude la porta. Un’occasione anche per Torregrossa, poi costretto al cambio all’intervallo. Corini aveva già dovuto rinunciare a Martella, due defezioni in 45’.

ECCO PIATEK — Il suo Brescia però regge e il Milan non si sente mai certo del risultato: la prima occasione della ripresa è di Aye. In generale il secondo tempo è più piatto del primo: il possesso palla rossonero è ancora troppo sterile, l’avversario cerca di sfruttare le azioni – poche – con cui prova ad avvicinarsi a Donnarumma: una bella punizione di Tonali e un tentativo di acrobazia di Dossena. Dal gol di Calhanoglu ai minuti finali della partita non ci sono stati altri veri tiri rossoneri nello specchio della porta avversaria e questo nonostante in attacco si fosse registrato un cambio significativo: fuori Silva, dentro Piatek. Il primo esce tra qualche fischio di San Siro, il secondo entra incoraggiato dall’ovazione dello stadio. In area Kris sembra dover ritrovare le misure: un preciso pallone che gli arriva addosso è mal controllato, un tentativo solo davanti al portiere è clamorosamente fallito, il terzo è deviato da Joronen. Il quarto è la controprova della serata no: da azione d’angolo Kris trova la palla e la indirizza bene, esulta ma non è gol perché la tecnologia stabilisce che non tutto è il pallone ha varcato la linea della porta. Nel finale una buona palla anche per Kessie, di poco sopra la traversa. Tra Paquetà e il possibile raddoppio del Milan c’è invece di mezzo il palo, colpito dal brasiliano al termine di un’azione di contropiede incrociando troppo il sinistro. Nel finale i rossoneri legittimano una vittoria che fino all’80’ era stata la conseguenza di un solo vero tiro in porta. Ma non ha mai nemmeno dato l’impressione di poter subire. Basta così, il massimo con il minimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
01/09/2019 00:19
 
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Juve-Napoli da pazzi: finisce 4-3,
decide un autogol di Koulibaly al 92’

A Torino la squadra di Sarri va sul 3-0 e sembra dilagare,
quella di Ancelotti reagisce alla grande ma fa harakiri all’ultimo istante


Filippo Conticello


Se il campionato sarà così, allora cercare la poltrona più comoda per goderselo fino a maggio: il primo scontro scudetto è un tornado di emozioni, un inno alla irrazionalità e alla bellezza. Vince la Juve che prima domina il Napoli e poi crolla sotto i colpi dei campani e poi ancora raccoglie la più assurda delle vittorie: l’autogol di Koulibaly fissa il 4-3 finale, che difficilmente da queste parti e sotto al Vesuvio dimenticheranno.

A DUE VOLTI — “Cosa stiamo vedendo?”, si chiede l’Allianz Stadium al 66’, mentre si stropiccia gli occhi e la gente attorno si spella le mani: la Juve sarriana, anzi martuscelliana, si diverte a strapazzare il temuto Napoli. Non sa però che la benzina sta per finire e che è vietato cantare con troppo anticipo in questo meraviglioso giochino: in un soffio si rischia di buttare alle ortiche il raccolto e la rimonta del Napoli, tanto beffarda quanto incredibile, è lì a ricordarlo. Da 3-0 a 3-3, tutto di volontà e in mezz’ora appena: la deviazione maldestra del centrale senegalese nell’ultimo minuto di recupero è solo l’ultimo granello di sabbia che scombina l’ingranaggio, ma è quello che è accaduto prima a dover essere analizzato. Anzi, è quasi difficile mettere ordine alla follia: al netto del crollo finale, la Juve ha mostrato a tratti una superiorità spiazzante. Sta iniziando a masticare il nuovo credo del tecnico, ma non può spegnere così presto la luce. Dall’altro ha pesato la timidezza iniziale degli azzurri, pallidi fino a sembrare irriconoscibili, per 65’ almeno: la riscossa finale, però, regala speranze da titolo.

PRIMA FACCIA — Il primo tempo della Juve è un gioiello raro: combinazioni in velocità, occupazione degli spazi, zero rischi (a parte un miracolo iniziale di Szczesny su Allan) e una grandinata di conclusioni. Dal suo box il convalescente Sarri avrà gradito, non immaginando cosa sarebbe poi successo. Ma molto si deve anche ai metri gentilmente concessi da Ancelotti: lì Douglas Costa si infila come una lama nel burro e Higuain, suntuoso, è il gran cerimoniere della serata. Stavolta il destino, spietato, ha obbligato ad azzardare una novità nello spartito “allegriano” già visto a Parma: c’è De Ligt nelle terre di Chiellini, osannato dall’Allianz dopo il guaio al ginocchio, e attorno alla sua zazzera bionda una montagna di curiosità. Il ragazzone olandese mostrerà alcune gravi ingenuità, il suo collega Koulibaly ricorderà invece il dribbling di Higuain nell’azione del 2-0: supergiocata e destro all’incrocio. Vedi Napoli e poi segna, vale ancora quel motto caro al Pipita. Prima era stato un nuovo arrivato ad aprire la partita: speedy Danilo, entrato al posto dell’infortunato De Sciglio, aveva concluso il contropiede dell’1-0 in un amen. Gli sono bastati 29 secondi di Juve e un solo pallone toccato per esultare: si sono visti esordi peggiori nel calcio. Avrebbe potuto partecipare al party del primo tempo anche Khedira, con un gol divorato davanti a Meret e una traversa in girata.

SECONDA FACCIA — Oltre al Napoli, all’Allianz sembrerebbe marcare visita anche Cristiano, più lezioso rispetto a Parma. Nel secondo tempo, mentre Ancelotti prova subito a giocarsi la novità Lozano al posto di un deludente Insigne (dentro anche Mario Rui al posto di Ghoulam), Cristiano aggiusta la mira fino al gol del 3-0: tutto finito? Macché, inizia ora il party. Mentre il pubblico festeggia prematuramente, il Napoli ha una reazione nervosa nello stesso momento in cui i bianconeri staccano misteriosamente la spina: troppe energie spese, ma la caduta è preoccupante e fragorosa. La conseguenza è che Manolas di testa e Lozano a centro area (sfruttando un buco di Danilo e una chiusura in ritardo di De Ligt) riportano la partita sul 3-2 e in 3’ cambiano la sceneggiatura. I bianconeri dovrebbero solo difendersi con ordine e invece cadono ancora, con la stessa palla che in mezzo all’area è difesa malissimo da De Ligt e soci: il gol di Di Lorenzo (terzo gol di un nuovo arrivato) completa la rimonta. Un pari da ricordare negli annali, ma ancora più incredibile è il finale: Koulibaly, l’uomo che aveva dato a Sarri una gioia indicibile due anni fa, ne regala un’altra di uguale dimensione con un assurdo autogol. Degno finale di una partita assurda.

Fonte: Gazzetta dello Sport
[Modificato da binariomorto 01/09/2019 00:24]
01/09/2019 00:24
 
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Kolarov per la Roma, poi pari di Luis Alberto.
La Lazio vince solo il derby dei pali

Partita spettacolare per emozioni e capovolgimenti di fronte.
Alla fine un punto a testa e 4-2 il conto dei legni per i biancocelesti


Nicola Berardino


Un derby bello, entusiasmante e ricco di emozioni. Il pareggio finale dà rilievo ai meriti di Lazio e Roma perché nessuna doveva uscire a mani vuote dopo aver dato tutto in una sfida ad alto livello. L'1-1 conclusivo maschera una gara giocata a viso aperto con tante occasioni: in primo piano i sei legni colpiti (quattro della Lazio). Al vantaggio di Kolarov nel primo tempo su rigore ha replicato nella ripresa Luis Alberto. Firme eccellenti sul 173esimo derby (tra campionato e Coppa Italia) della Capitale. È stato anche il primo esame in una stracittadina per Fonseca, che ha cullato legittimamente per un tempo il progetto dell'impresa.

KOLAROV, GOL DELL'EX — Inzaghi recupera Leiva e lo inserisce in regia, confermando poi gli altri titolari del successo contro la Sampdoria. Fonseca deve rinunciare a Zappacosta che si ferma durante il riscaldamento e quindi riporta Florenzi in difesa innestando Kluivert in avanti. In difesa, rispetto alla formazione schierata contro il Genoa, c'è la novità di Mancini: centrale, al fianco di Fazio. Al 3' Lazio già vicinissima al gol: palo di Leiva che al volo ribatte a rete una respinta di Pau Lopez, si lancia sul pallone Immobile ma Fazio fa muro. Al 5' replica la Roma: palo timbrato dal Zaniolo con una rasoiata da fuori area. Derby subito elettrizzante. La squadra di Inzaghi si sgancia in avanti. Alto un tiro di Immobile. Milinkovic pericoloso, Pau Lopez sventa. Luis Alberto conclude a lato. Ritmi elevatissimi. Fallo di mani di Milinkovic su cross di Dzeko: Guida non ha dubbi, è rigore. Al 17' dal dischetto l'ex Kolarov sigla il vantaggio della Roma. La Lazio accusa il colpo senza però smarrirsi. Qualche minuto e i biancocelesti riprendono a carburare. Al 25' nuovo legno colpito dalla Lazio: da Immobile il pallone fiondato all'incrocio. Un minuto dopo ancora un palo per i biancocelesti, questa volta con Correa. Scatta la Roma: al 26' azione ribattuta e Milinkovic salva praticamente sulla linea, pochi secondi dopo Zaniolo si vede fermare nuovamente dal palo una sua bordata a rete. Partita intensa e spigolosa. Duro intervento ai danni di Luiz Felipe da parte di Zaniolo che viene ammonito. Al 33' Immobile tenta la conclusione dalla distanza: fuori. Al 37' Pau Lopez non si fa sorprendere dal doppio passo di Correa al tiro. Al 40' si ferma Luiz Felipe e Inzaghi lo sostituisce con Bastos. Al 46' punizione di Kolarov alzata da Strakosha sopra la traversa. È l'ultimo brivido di un primo tempo senza respiro che si conclude col vantaggio della formazione di Fonseca.

RISPONDE LUIS — La ripresa parte con un'insidiosa incursione di Zaniolo: conclusione sopra la traversa. La Lazio dà continuità alla manovra offensiva. Al 5' Pau Lopez si oppone a Leiva. Al 12', un cross di Radu innesca il colpo di testa di Lazzari che va fuori di poco. Un minuto dopo il pareggio della Lazio: Milinkovic ispira Immobile, che si gira in area e porge il pallone a Luis Alberto lesto a scaraventarlo in rete. Primo gol per lo spagnolo nel derby della Capitale. Al 19', ghiottissima occasione per la squadra di Inzaghi: Correa, dopo una combinazione con Immobile, si fa ipnotizzare da Pau Lopez. Primo cambio per la Roma: al 22' Fonseca avvicenda Under con Pastore. La Lazio insiste, ma la Roma è sempre pronta a farsi valere nelle ripartenze. Seconda sostituzione nella Lazio: al 26' Parolo dà il cambio a Milinkovic. La formazione di Fonseca infittisce le puntate offensive. Inzaghi vuole nuove risorse in avanti: al 33' Jony rileva Lulic. Esordio in A per lo spagnolo, chiamato a dare più incisività sula corsia sinistra. Nella Roma Zaniolo, molto affaticato, è sostituito da Santon, mentre Florenzi viene spostato in avanti. Al 41' la Lazio impreca per un altro legno a sbarrare al via del gol: traversa di Parolo. Ultimo cambio nella Roma: ecco Diawara per Florenzi. Quattro minuti di recupero sempre a caccia del sussulto per prendersi il derby. Crede di trovarlo Lazzari quando vede il pallone in rete ma il gol viene annullato per fuorigioco di Jony. Finisce 1-1 e tutti a testa alta tra gli applausi dell'Olimpico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
[Modificato da binariomorto 01/09/2019 23:05]
01/09/2019 23:05
 
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L’Inter passa a Cagliari con Lautaro e Lukaku.
Ed è a punteggio pieno

Gara durissima per i nerazzurri che mostrano gambe pesanti ma anche tanto cuore.
Brilla Sensi. Di Joao Pedro il gol del momentaneo pareggio rossoblù


Carlo Angioni


Non è ancora l’Inter dinamite che vuole Conte, ma la vittoria di Cagliari, la seconda di fila dopo il poker al Lecce, dà un’altra bella scossa all’entusiasmo nerazzurro e dimostra la solidità del gruppo di Antonio. Merito di Lautaro Martinez, 2 gol in altrettante partite alla Sardegna Arena, e di Romelu Lukaku, che non brilla per 70’ ma poi la decide su rigore dopo un assist perfetto per Sensi, che il calcio dagli undici metri se lo conquista con un movimento che annebbia Pisacane. E il Cagliari? Le ambizioni dei rossoblù rimangono nel cassetto e alla fine gli ultrà fischiano: la squadra di Maran non gioca una brutta partita, fa fatica all’inizio, riacciuffa l’Inter con Joao Pedro a inizio ripresa ma resta a zero punti.

MEGLIO I NERAZZURRI — Il primo tempo è dell’Inter, che non fa nulla di eclatante ma dopo 29’ va in vantaggio. Lautaro non segnava dal 17 marzo, nella notte del 3-2 al Milan, e stavolta incorna perfettamente il cross di Sensi. Festeggiando grazie al Var, che ribalta il fuorigioco segnalato dall’assistente Del Giovane. Un gol importante per l’Inter e per il Toro, che dà una risposta decisa nel giorno della prima convocazione di Alexis Sanchez, con cui si giocherà il posto accanto a Romelu. Per il resto, Olsen, appena arrivato e subito titolare, non fa nemmeno una parata e lo stesso succede a Handanovic. In casa Inter Lukaku si vede pochissimo e fatica a trovarsi con il Toro; in casa Cagliari Cerri sbaglia tanto in appoggio e Nainggolan, che sogna la rivincita contro chi l’ha lasciato andare, si becca una scivolata durissima da Brozovic sulle caviglie ed è il motore dei sardi.

REAZIONE E RIBALTONE — L’intervallo rigenera i muscoli del Cagliari, che si presenta con il nuovo arrivato Simeone al posto di Cerri e dimostra di avere molta più fame. Ecco perché dopo 5’ minuti arriva il pareggio. L’azione-gol la confeziona Nandez sulla destra, che vince il duello con Brozovic e in mezzo pesca la testa di Joao Pedro, bravo a saltare sopra D’Ambrosio. Al 60’ l’Inter è pericolosissima con Sensi: il piccoletto ex Sassuolo inizia a prendere i giri e si guadagna una punizione dal limite che scheggia la traversa. Il Cagliari chiede un rigore per fallo di mano di Brozovic (che non c’è) e subito dopo Conte si gioca la carta Barella, che torna nella sua Cagliari: la Sardegna Arena prima lo fischia e poi lo applaude. La mossa-Nicolò è vincente, perché con il primo pallone toccato dà l’avvio all’azione del calcio di rigore che decide la partita. Poi Lukaku serve benissimo Sensi che fa un movimento super e viene atterrato da Pisacane. La firma ce la mette Romelu: 2 gol in 2 partite di Serie A, con tanto di esultanza un po’ provocatoria e la risposta della curva con qualche buu isolato. L’Inter fa debuttare Godin e potrebbe triplicare, l’assalto del Cagliari non ha successo. Niente dinamite nerazzurra, ma tre punti che valgono tanto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Genoa torna a vincere:
2-1 alla Fiorentina grazie a Zapata e Kouame

Ottima gestione della gara per la squadra di Andreazzoli.
A Montella non basta il rigore nel finale trasformato da Pulgar.
Allo scadere palo di Chiesa


Filippo Grimaldi


Festa Genoa, che vince con merito, da rivedere invece la Fiorentina, che fa un passo indietro rispetto alla prestazione casalinga contro il Napoli di otto giorni fa ed al Ferraris commette l’errore di risvegliarsi solo nel finale.

Andreazzoli riconferma la stessa formazione che aveva ben debuttato all’Olimpico con la Roma, mentre Montella rispetto alla gara con il Napoli schiera a sinistra Ranieri al posto di Venuti, con Boateng titolare nel tridente offensivo. Ma è una Viola meno efficace di otto giorni fa, che patisce il gioco in velocità e la spinta sulle corsie esterne di un Genoa ben più tonico degli ospiti. Una differenza di velocità che si avverte subito in avvio, quando Ghiglione (il migliore dei suoi nel primo tempo) serve dalla destra un cross al volo per Pinamonti (4’) che per un soffio finisce a lato. La Fiorentina prova a scuotersi, ma è imprecisa e riesce a rendersi pericolosa solo approfittando di qualche disattenzione dei giocatori di Andreazzoli. Succede al 6’, quando Boateng calcia a lato, ma da lì in poi sino alla mezz’ora è un lungo monologo genoano. Al 10’ sul calcio d’angolo di Schone, Romero colpisce il palo alla sinistra di Dragowski, e un minuto dopo, ancora su angolo del danese, Ghiglione (sempre lui) pesca a centro area Zapata che firma l’uno a zero rossoblù. Il Genoa ci crede, fa un gran possesso palla, verticalizza la manovra e non dà tregua alla Fiorentina che riesce a ragionare poco, ma sbaglia moltissimo. Radovanovic (25’) ci prova dalla distanza, ma senza fortuna.


CHE PAURA — È una fase particolare della gara, con l’attenzione – in campo e fuori – concentrata sull’intervento dei vigili del fuoco per recuperare un tifoso caduto nel fossato della gradinata nord. Giacomelli ferma addirittura il gioco per oltre un minuto, e alla ripresa Barreca serve Pinamonti, sul quale Dragowski evita il bis del Genoa alzando sopra la traversa.

RISCATTO — Viola in difficoltà, ma in avvio di ripresa un paio di combinazioni Lirola-Sottil sulla destra mostrano una Fiorentina più convinta. All’8 Chiesa scende sulla sinistra e impegna Radu a terra, ma sulla ripartenza del Genoa, Pinamonti calcia sull’esterno della rete da posizione favorevole. Genoa che viaggia su ritmi meno alti del primo tempo, ma che non perde in efficacia. Si mette in evidenza il danese Lerager che prima sfiora il raddoppio con un diagonale insidioso, poi serve un cross perfetto che Kouame spreca. Montella passa al 3-4-3 inserendo Dalbert (fuori Badelj), ma un attimo dopo l’ivoriano del Genoa trova il rasoterra (21’) che chiude la partita (secondo gol in campionato), lasciando sul posto Pezzella e Milenkovic. La partita, di fatto, sembra non avere più storia. Montella prima della mezz’ora manda in campo Ribery, poi su un contatto Romulo-Dalbert in area, Giacomelli assegna il rigore che Pulgar realizza (32’). Il gol risveglia gli ospiti. Finale convulso, Ribery prova a riorganizzare i suoi, impegna Radu a terra, ma alla squadra di Montella manca la continuità nella spinta. Nel convulso recupero. Chiesa (46’) colpisce il palo e poi l’attaccante manca di un soffio il gol del pareggio, impegnando ancora Radu a terra. Ma il risultato non cambia più. Finisce così con la festa genoana. Il nuovo corso di Andreazzoli in casa inizia nel migliore dei modi, la Fiorentina reagisce tardi e Montella si ritrova, alla pausa, ancora a zero punti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
01/09/2019 23:19
 
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Pessina beffa Liverani: il Verona vince a Lecce 1-0

All'81', gli ospiti segnano il gol della vittoria e conquistano i primi tre punti della stagione.
Nel primo tempo, Zaccagni colpisce il palo


Al Via del Mare sorride il Verona di Juric che porta a casa i tre punti con il gol decisivo a nove minuti dal fischio finale. Decide Pessina che sfrutta l'assist di Zaccagni e risolve la partita. Nel primo tempo meglio gli ospiti, pericolosissimi con Zaccagni che colpisce un palo. I padroni di casa di Liverani, supportati da una cornice di pubblico spettacolare, si propongono di più nell'avvio di ripresa, ma senza trovare la via del gol.

IL PRIMO TEMPO — Al 4', la prima occasione pericolosa con Lucioni che salta di testa e cerca la porta senza riuscirci. Subito dopo, il Verona risponde su calcio di punizione: incorna Rrahmani, ma Gabriel difende lo 0-0. La squadra di Juric crea di più negli ultimi metri ed è pericolosissima al 21': battuta di Veloso, colpo di testa di Rrahmani e deviazione di Zaccagni che colpisce il palo. Liverani può tirare un sospiro di sollievo. Cinque minuti dopo, ci riprova Faraoni col destro, ma la palla finisce fuori la porta di Gabriel. Il botta e risposta prosegue con Lapadula che, con un colpo di testa, sfiora la traversa. E poi, si rende protagonista Lazovic, ma Gabriel, ancora una volta è decisivo.

LA RIPRESA — Il Lecce è più carico in questo inizio ripresa: al 47' Majer ci prova col sinistro, ma la palla termina a lato. Al 56' è buono il cross di Lazovic per Faraoni che si coordina e calcia al volo, trovando soltanto la deviazione in corner. Poi ci riprova Lapadula, ma Silvestri blocca senza problemi. All'81' l'espisodio decisivo: Pessina sfrutta l'assist di Zaccagni e confeziona il gol della vittoria (segna il suo primo gol in Serie A, al suo primo tiro in assoluto con la maglia del Verona). Mancosu è pericolosissimo, ma il risultato non cambia: il Lecce non si riscatta dal poker subito a San Siro contro l'Inter. Per il Verona di Juric, invece, arrivano i primi tre punti della stagione (dopo il pari all'esordio contro il Bologna).

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
01/09/2019 23:23
 
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Super Berardi manda in crisi Di Francesco:
poker Sassuolo alla Samp

Tripletta dell’attaccante neroverde, a segno anche Traoré.
Per i blucerchiati va in rete Quagliarella su rigore, espulso Vieira


Stefano Cantalupi


Al Mapei Stadium Eusebio Di Francesco ha gettato le basi per una carriera da allenatore che l’avrebbe portato, nel giro di pochissimo tempo, a vivere una semifinale di Champions League con la Roma. Proprio in questo stadio cercava i primi punti sulla panchina della Samp, dopo la tripla scoppola rimediata contro la Lazio all’esordio in questa Serie A: invece il suo ritorno a Reggio Emilia si trasforma in un incubo. Finisce 4-1 per il Sassuolo di De Zerbi, che lascia quota zero trascinato da un super Berardi. Buio pesto per la Samp, che va alla sosta con mille dubbi tattici e soprattutto di personalità.

UN, DUE, TRE — Juve-Napoli aveva messo tutti sull’attenti: in questo calcio di fine estate basta un attimo per ribaltare partite che sembrano pendere chiaramente da una parte. A guardare i primi venti minuti di Sassuolo-Samp i più in palla parrebbero i blucerchiati: Jankto, Quagliarella, Ekdal e poi Vieira testano i riflessi di Consigli. Basta un episodio, però, per cambiare l’inerzia del match: al 29’ Caputo fa una gran giocata sulla sinistra e mette al centro per Berardi, che brucia la difesa ligure e insacca l’1-0. Da lì la Samp, con Quagliarella sostenuto in attacco dal solo Ramirez (panchina per Gabbiadini e Caprari), non trova mai la forza di rialzarsi. E tra il 36’ e il 43’ incassa altri due gol dallo scatenato Berardi: prima Colley s’addormenta in mezzo all’area permettendo all’attaccante neroverde di sfruttare il cross di Duncan, poi il numero 25 trova il tris con un sinistro da fuori area, su cui Audero parte in ritardo.

ROSSO E NOTTE FONDA — Il rosso diretto a Vieira per un inutile pestone a Peluso, un attimo prima dell’intervallo, certifica di fatto la fine del match. Di Francesco comincia il secondo tempo con Barreto al posto di Leris, ma in un attimo si ritrova sotto di quattro reti. Stavolta è Traoré a festeggiare: Muldur premia il suo taglio con un passaggio (deviato) e l’ivoriano fa poker. Il sussulto d’orgoglio blucerchiato si concretizza nel rigore di Quagliarella, fischiato per un contatto tra Duncan ed Ekdal. Ma poco cambia per questa Samp, che si ritrova sul fondo della classifica con la difesa più battuta del campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
01/09/2019 23:26
 
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