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Campionato di calcio Serie A stagione 2019/2020

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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CR7? No, è Dybala l'ammazza Milan!
E la Juve torna in vetta



L'argentino entra al posto di Ronaldo e decide una sfida molto equilibrato con i rossoneri.
Szczesny para tutto e chiude la porta


Luca Bianchin

Juve-Milan si riassume in una scena e - grande colpo dello sceneggiatore – non è un gol, non un rigore sbagliato, non un'espulsione. È una sostituzione. Minuto 55, Sarri manda in campo Dybala al posto di Ronaldo e il mondo si stupisce. Ma come, CR7 sostituito due volte in quattro giorni? Sì, due volte in quattro giorni. Cristiano va direttamente negli spogliatoi con la faccia scura, senza passare dalla panchina e dicendo qualcosa a Sarri. Al post-partita per la soluzione del dubbio: scelta tecnica o problema fisico? Quello che conta è che Dybala 13 minuti prima del 90' riceve da Higuain – la vecchia HD sempre di moda – e salta secco Romagnoli. Poi, col destro (!), la mette nell'angolo per l'1-0: alla Juve basta questo per passare la sosta in testa alla classifica, a +1 sull'Inter. Un grande classico della stagione: vittoria di misura, nel secondo tempo, con un gol dalla panchina.

LA PARTITA — La cronaca della partita infatti segue un copione già visto: primo tempo equilibrato (con più Milan, addirittura) e Juve vincente nel secondo con la giocata di un campione. Sarri rinuncia a Dybala, Douglas Costa e Ramsey contemporaneamente e sembra un fioretto in vista dell'Avvento: tutta la qualità in panchina. La Juve così comincia a ritmo basso e allo stesso modo continua per oltre un tempo: combinazioni in velocità al minimo, occasioni poche. Il Milan, pur senza impressionare, non sembra una squadra in crisi e ha almeno tre occasioni per andare in vantaggio. Uno: Suso dopo 16 minuti mette sulla testa di Piatek una palla da girare in porta ma Krysztof devia malissimo. Due: triangolazione volante Bennacer-Conti-Paqueta, tutto di prima, con bella parata di Szczesny sul colpo di testa del brasiliano. Tre: bell'idea di Paqueta per Piatek in contropiede, con tiro deviato dal solito Tek in zona primo palo. La Juve, prima del colpo a effetto di Dybala, è tutta in un tiro di Higuain deviato da Donnarumma e da un destro a giro di Matuidi a inizio secondo tempo. Se parliamo di divertimento, meglio il finale, con qualche occasione di qui e di là. Per il Milan, una punizione e due destri, tutti di Calhanoglu, con Szczesny sempre attento. Per la Juve, un contropiede di Dybala con altro dribbling su Romagnoli e altro tiro di destro, questa volta respinto alla grande da Donnarumma.

CHE COSA RESTA — Il primo bilancio dice che il Milan torna a Milano con la chiara idea che non tutto è da buttare, anzi. La squadra ha tenuto il campo nello stadio più difficile d'Italia e atleticamente ha retto bene fino alla fine. Certo, la mancanza di un 9 pericoloso è troppo importante: Piatek ha sfruttato male l'occasione del primo tempo (e non solo), mentre Leao si è visto poco nei suoi 25 minuti più recupero. In casa Juve invece si parlerà per qualche ora di cinismo e Ronaldo. Cinismo: i punti guadagnati nell'ultima mezz'ora sono già 10, record del campionato. Ronaldo: in un'ora scarsa, ha lasciato l'impressione di una condizione fisica (molto) precaria e un tiro centrale, annegato in una partita scolorita. Per capire quanto sia stato eccezionale il cambio, occhio alla statistica: negli ultimi 10 anni, era stato sostituito prima del 60' solo nove volte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
10/11/2019 23:18
 
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SERIE A 2019/2020 12ª Giornata (12ª di Andata)

08/11/2019
Sassuolo - Bologna 3-1
09/11/2019
Brescia - Torino 0-4
Inter - Verona 2-1
Napoli - Genoa 0-0
10/11/2019
Cagliari - Fiorentina 5-2
Lazio - Lecce 4-2
Sampdoria - Atalanta 0-0
Udinese - Spal 0-0
Parma - Roma 2-0
Juventus - Milan 1-0

Classifica
1) Juventus punti 32;
2) Inter punti 31;
3) Lazio e Cagliari punti 24;
5) Atalanta e Roma punti 22;
7) Napoli punti 19;
8) Parma punti 17;
9) Fiorentina punti 16;
10) Verona punti 15;
11) Torino e Udinese punti 14;
13) Sassuolo(*) e Milan punti 13;
15) Bologna punti 12;
16) Lecce punti 10;
17) Genoa e Sampdoria punti 9;
19) Spal punti 8;
20) Brescia(*) punti 7;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
10/11/2019 23:18
 
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Juve, è una vittoria pesantissima!
Super Higuain stende l'Atalanta: è 3-1



Salvati dalla traversa sul rigore di Barrow e sotto per il gol di Gosens,
i bianconeri rimediano grazie alla doppietta del Pipita e il sigillo di Dybala nel finale


Filippo Conticello

Questo 1-3, sorprendente per l'aria che tirava a Bergamo, è un messaggio potente al campionato, rumoroso almeno quanto questo pubblico: se la Juve riesce a risorgere dalle pareti dell'inferno in 20 minuti (e senza Ronaldo), se ribalta con un tris un'Atalanta indiavolata e in vantaggio, allora per Conte sarà davvero difficile spodestarla dal trono. Anche perché Sarri, pur non avendo ancora il "suo" gioco, può stringersi intorno ai suoi campioni: uno, il Pipita, quando arriva da queste parti non ha un briciolo di cuore. La sua doppietta in rimonta, suggellata poi da Dybala, ha reso quasi inutile il gol di Gosens e le virtù di Gasperini.

PRIMO TEMPO — Mancheranno pure Ilicic e l'incubo della Signora Zapata, l'imprevedibile Muriel sarà pure costretto alla panchina, ma la Dea resta comunque un… dentista. Tra l'altro, qua a Bergamo la Juve subisce sempre sedute dolorose, segno che Guardiola non aveva poi torto a paragonare il Gasp a un cattivissimo odontoiatra. Nel primo tempo, per esempio, gli uomini di Sarri erano pure partiti benino con Cuadrado terzino e Bentancur interno di sinistra, ma presto sono finiti sotto ai soliti ferri. Un rigore causato dall'ennesima mano galeotta della stagione, stavolta di Khedira su cross del Papu, è la spia che qualcosa sta accadendo. Musa Barrow, titolare di giornata accanto a Gomez, lo stampa sulla traversa, ma da lì l'Atalanta rimaneggiata impone le sue frequenze da vertigine. Perché la Juve esca indenne dal primo tempo ci deve mettere le mani Szczesny con una parata strepitosa su colpo di testa di Pasalic. Poi su un tiro a botta sicura di Hateboer deve salvare in spaccata disperata De Sciglio. Il senso di pericolo è costante, incombente, ma se da un lato quel diavolo del Papu è ispiratissimo, dall'altro De Ligt pare finalmente il muro possente che ci si aspetterebbe. Meno lucido Dybala, vice-Ronaldo di giornata, che passa i primi 45' a litigare con pubblico e avversari, mentre a volte Higuain tarda un po' prima di scoccare. Da aggiungere pure i 25' deludenti di Federico Bernardeschi, uscito però per un problema alle costole (dentro Ramsey). In generale, i bianconeri faticano maledettamente a tirare su il pallone in un partita di gran fisicità e nervosismo: non si contano i duelli a tutto campo e in 45 minuti sono addirittura sei i gialli, tre per squadra.

SECONDO TEMPO — Non poteva durare tanto la resistenza sarrista: anche nel secondo tempo il ritmo è infatti lo stesso, tambureggiante, e all'11' arriva l’inevitabile. Barrow riscatta il rigore sbagliato e qualche errore di troppo servendo un cross dolcissimo per la zuccata-gol di Gosens. Palla da destra ed esterno che taglia da sinistra: è l'azione classica del dentista Gasperini, anche se Cuadrado in ritardo dimostra che serviranno ancora lezioni di Barzagli per diventare un terzino completo. La mossa bianconera, a quel punto, è l'unica plausibile: per invertire il trend, serve un po' di follia e solo Douglas Costa può garantirla. Entra al posto di Bentancur e si piazza sulla trequarti, facendo arretrare Ramsey da mezzala. La Signora si scuote per disperazione, Dybala esce dal torpore e per poco non trova il gol dell'anno: la serpentina in area è maradoniana, ma un tocco di troppo la rende vana. La fisicità di Can si aggiunge alla battaglia, ma ciò che conta è la tempra del gruppo: mai dare per morta questa Juve, anche in pomeriggi passati a farsi estrarre i molari. Quando meno sembra possibile, Higuain rovescia completamente la storia. Si conferma il solito castigatore della Dea, ma soprattutto un centravanti con i fiocchi. La girata del suo pareggio al 25' è fulminea, la deviazione di Toloi sfortunatissima e sul tabellone di colpo c'è scritto 1-1. Anzi, no: diventa 2-1 dopo 8 minuti perché sempre il Pipita completa l'azione sul fronte destro Dybala-Cuadrado. E nel recupero serve in contropiede la Joya che si accentra col mancino e fa tris. Alla fine i bianconeri raccolgono i frutti di una reazione più nervosa che razionale: il punteggio è molto più largo dei valori visti in campo. Ben oltre i demeriti di un'ottima Atalanta, ma è il messaggio al campionato (e a Conte) a pesare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/11/2019 00:10
 
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Milan e Napoli danno segni di risveglio.
Ma a San Siro è solo 1-1

Bel primo tempo con le reti di Lozano e di un ritrovato Bonaventura.
Ma la classifica di Pioli e Ancelotti resta deludente


Alessandra Gozzini


La partita che nessuno poteva fallire è stato un mezzo successo per entrambe. In questi casi un punto è guadagnato: per il Milan che gioca una partita propositiva (che dimostra ancora una volta la necessità di un centravanti) e per il Napoli che esce con altre buone sensazioni da San Siro. Le grandi deluse si sfidano in uno stadio che invece le accoglieva in una delle versioni migliori della stagione: 61 mila spettatori. Non è stato possibile apprezzare Suso, in formazione e in campo per il riscaldamento prima che venisse messo k.o. dalla gastroenterite. Al suo posto Rebic, un sostituto non all’altezza e anche lui non al meglio: ha sbagliato cose semplicissime, all’intervallo Pioli lo ha tolto dando spazio a Kessie. Nel Napoli fuori Manolas e Fabian Ruiz, dentro Maksimovic ed Elmas. In campo non c’è paura di sbagliare e la tensione non blocca il gioco, che resta piacevole: l’inizio è di marca rossonera, la squadra produce ma non rispetta fino in fondo l’indirizzo di Pioli. L’allenatore aveva chiesto di portare palle in area per Piatek, che invece resta inservito e nella solita versione di spettro in mezzo al campo. La tensione e l’equilibrio sono definitivamente rotti dal vantaggio ospite: la conclusione dal limite dell’area di Insigne si stampa sulla traversa ed è Lozano il più rapido ad approfittarne per ribadire in gol. Vantaggio che dura appena 5’ quando è il tiro a giro del ritrovato Bonaventura ad avere successo. Hysaj è fortunato a non entrare nel tabellino dei marcatori come autore di autogol, nel finale di tempo è Rebic a schiacciare di testa a lato un’occasione facile dopo una gran palla di Krunic. Anche Insigne sbaglia: lanciato da solo verso Donnarumma, sbatte su Gigio il possibile 1-2.

FISCHI PER PIATEK — Con Kessie dentro nella ripresa è Paquetà ad alzare il proprio raggio d’azione in zone più offensive. Koulibaly è il primo a essere pericoloso in rovesciata nel secondo tempo. Mertens e Younes per Callejon e Insigne è la doppia mossa di Ancelotti. E’ la ripartenza del belga che origina il giallo per simulazione in area di Elmas, che cade senza che Donnarumma lo tocchi. Poi è Paquetà che tenta di imitare Bonaventura con un tiro a giro da fuori ma senza la stessa precisione. A poco più di 10’ dalla fine Piatek ricorda quanto è dolce il sogno Ibra: il polacco sbaglia a incrociare da due passi (complice la presenza di Koulibaly) e San Siro è sconfortato. Llorente e Leao (per un fischiatissimo Piatek) sono le ultime due mosse per provare a vincere, anche se il più pericoloso risulta Allan. Un buon punto almeno per la ripartenza: la strada, per entrambe, è ancora lunga.

Gazzetta dello Sport
24/11/2019 00:14
 
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Grande Inter a Torino:
tris con Lautaro, De Vrij e Lukaku.
Conte tiene il passo Juve

Mazzarri paga il k.o. in avvio di Belotti e le parate di Handanovic:
spietati i nerazzurri, che non mollano Sarri


Mario Pagliara


E’ un atto di forza, è una risposta prepotente quella che l’Inter di Antonio Conte spedisce sotto il diluvio da Torino alla Juve che nel pomeriggio era passata a Bergamo. I nerazzurri travolgono con tre gol un Toro troppo timido per giocarsela contro una squadra così attrezzata, forte e in salute. Nerazzurri già sul doppio vantaggio dopo trentadue minuti, nella ripresa poi fa festa anche Lukaku con il suo decimo gol in Serie A: Conte supera a pieni voti la notte dell’Olimpico e resta a un punto dai bianconeri (l'unica nota negativa è l'infortunio di Barella, per lui distorsione al ginocchio destro). Il Toro di Mazzarri torna invece nella buca, conferma la maledizione della sosta, quando alla ripresa non ha mai vinto, e resta in ansia per l’infortunio al costato che dopo tredici minuti ha costretto Belotti a tornare sotto la doccia. Il Gallo è stato accompagnato in ospedale per accertamenti prima che la partita finisse. Per Mazzarri è la peggiore sconfitta casalinga nel suo biennio granata.

SENZA BELOTTI... — C’è un Toro con Belotti, ce n’è poi un altro senza. Questa sera sotto un diluvio (in serata su Torino è scattata l’allerta rossa per il maltempo) se n’è avuta l’ennesima controprova. L’Inter si conferma una brillante corazzata forgiata nel laboratorio di Antonio Conte: d’acciaio in difesa, letale nelle ripartenze in velocità con Lautaro e pronta a sfondare i muri con Lukaku. Non è affatto un caso che la squadra di Mazzarri abbia incassato il gol di Lautaro che ha stappato la partita proprio quando il Gallo era fuori dal campo. Da allora, nonostante qualche segnale lanciato di buona volontà, è cominciata un’altra partita. Un po’ alla volta il Toro si è sgonfiato fino a crollare, l’Inter è venuta fuori controllando il campo e facendo male quando ne ha avuto l’occasione. Eppure, ci sarebbe da sottolineare pure che l’avvio dei granata non era stato per nulla male. Una decina di minuti giocati con personalità, poi però l’infortunio di Belotti ha fatto saltare tutto. Accade al quinto, quando da uno scontro area con Skriniar è il capitano granata a cadere male, riportando una botta al costato, costretto al cambio con Zaza al tredicesimo. Un minuto prima l’Inter era già avanti.L’Inter è squadra che gioca ai limiti della perfezione nei meccanismi, e sa approfittare dei momenti propizi. Il primo è servito subito: minuto dodici, Belotti è dolorante davanti alla panchina, il Toro in campo è in dieci. Vecino capisce che è il momento di affondare il colpo e verticalizza immediatamente una palla spiovuta a centrocampo. Il resto lo fa Lautaro, l’altro Toro della serata dell’Olimpico, che brucia sullo scatto in maniera impressionante Izzo e punisce Sirigu. Il Toro è stordito, l’Inter comincia a viaggiare che è una bellezza. Bisogna arrivare alla mezzora per rivedere i granata dalle parti di Handanovic: prima Ansaldi (lo sloveno si oppone coi pugni), poi Verdi (respinto in angolo) e infine Nkoulou (non trova la porta) ci provano senza successo. Tutto in trenta secondi o poco più. E’ però una fiammata, perché la squadra di Conte è in controllo e le riesce spesso di spaccare nel mezzo il Toro. Accade ad esempio al 32’, quando Lukaku ha una grande occasione, ma trova sulla sua strada Sirigu che si rifugia in angolo facendosi aiutare dalla base del palo. Sugli sviluppi del corner, Biraghi pesca con un assist delizioso De Vrij incredibilmente solo nell’area del Toro (è nella zona di Izzo) e dopo trentadue minuti l’Inter è già avanti due a zero. Prima dell’intervallo, i nerazzurri falliscono un contropiede centrale (tre contro uno) con Sirigu spettacolare nell’opporsi a Barella. Nel recupero si infortuna proprio Barella, sostituito con Borja Valero. C’è gloria anche per Handanovic, protagonista al 47’ di una parata d’istinto eccezionale su De Silvestri.


LUKAKU DA DIECI — Di quanto l’Inter sia devastante negli affondi centrali, complice una serata da dimenticare di Nkoulou, Bremer e Meité, diventa ancora più lampante nei primi dieci minuti della ripresa quando la squadra di Conte ha subito due occasioni per chiudere i conti. E se la prima con Lautaro non trova fortuna, la seconda con Lukaku mette il sigillo e il fiocco sulla vittoria nerazzurra. L’azione in ripartenza è bellissima quanto efficace: Lautaro innesca Brozovic a centrocampo, illuminante il filtrante per Lukaku che sfonda nel cuore dell’area granata e piazza un diagonale preciso firmando il suo decimo gol in Serie A. Mazzarri getta nella mischia Aina e Berenguer, ma ormai la partita è andata. Ci voleva tutto un altro Toro per impensierire un’Inter così forte, ben organizzata e ricca di potenza. La caccia di Conte alla Juve continua.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/11/2019 00:18
 
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Dzemaili salva il Bologna al 95’!
Parma illuso da Kulusevski e Iacoponi



Una sassata del centrocampista all’ultimo attacco regala ai rossoblù un punto nel derby dopo tre sconfitte di fila


Matteo Dalla Vite

All’ultimo tuffo di speranze e di fiato: quando tutto ormai pareva finito e tutti erano sfiniti, spunta il corner della disperazione, lo batte Sansone (nullo fino a lì), testa di Paz a fare da torre, il Parma è sbilanciato verso la palla ed ecco Dzemaili con una botta al volo che frantuma paura e patemi. Soprattutto di una classifica che per il Bologna si sarebbe fatta del terrore. Va detta una cosa, però: che oggi il Parma è qualcosa di più, in classifica e in campo, del Bologna. Per questo arriva a un secondo dalla vittoria, che avrebbe anche meritato. La squadra di D’Aversa - falcidiata come il Bologna dalle assenze, esempio Gervinho, Cornelius e Inglese - mette Kucka Falso-9 e davanti a una difesa rabberciata come quella bolognese (tre riserve più Tomiyasu) va a nozze nei momenti topici e la vittoria non sarebbe stata sgraffignata, perché Kulusevski (confermato: è decisamente di un’altra categoria, per lui c’è Paratici in tribuna) fa ciò che vuole assieme a Kucka, piazzato da Falso-9 e perennemente torturatore dei rossoblù. La squadra di Sinisa, rimasto a Roma forzatamente e in collegamento da remoto col suo staff, prende un punto insperato: resilienza sinisiana.

BATTI E RIBATTI — Il colpo da fuoriclasse nel derby delle assenze porta il Parma subito in vantaggio: dopo un inizio di spessore e forza, col Bologna ancora morbido e rattrappito, i ducali arrivano all’1-0 con un gol al limite di Kulusevski, che approfitta sia della lenta marcatura di Dzemaili e sia di uno spazio minimo per infilare Skorupski. Il Bologna, prima, aveva solo ribattuto conclusioni del Parma, di Iacoponi e Kulusevski stesso, mentre in avanti si era fatto vedere in maniera troppo leggere, nel senso che i tanti cross in mezzo non vedevano mai lo stoccatore finale. Il Palacio Falso-9, infatti, passa la sua partita più fuori dall’area che dentro: e il sistema, questo sistema che l’anno scorso ha portato il Bologna alla salvezza, fatica a funzionare. Ma quando l’argentino, su un calcio piazzato (angolo) che batte Orsolini, è finalmente nel cuore del problema, ecco il colpo di testa che porta in parità la gara al minuto 39’. Il Bologna ha meno fuoco di sempre, forse le tre sconfitte di fila sembrano pesare, più o meno inconsciamente. Di certo il vantaggio immediato del Parma aveva messo la squadra di D’Aversa nelle condizioni di fare la partita che desidera: muro e contropiede, con le ripartenze sempre ragionate e svelte.

KUCKA SUPER — In campo il Parma gioca al gioco che vuole: è sereno di testa, così si mette a ragionare soprattutto di ripartenza, non ruba l’occhio ma fa le cose giuste, spreca anche e utilizza il contropiede come arma nella quale proprio Kucka e Kulusevski (con l’aggiunta di Darmian e dei vari incursori) spaccano. In una di queste situazioni, dopo un gol mangiato da Orsolini, Kucka fa tutto bene, la difesa del Bologna è scombinata (Denswil prima di tutti), palla dentro con Iacoponi che piega Skorupski in uscita. Troppo poco Bologna, che alla fine trova un pari per il quale esultare in una giornata che ha messo a nudo molte pecche. Sinisa, da Roma, forse avrà spaccato lo schermo dalla rabbia. Frantumandolo definitivamente anche dalla gioia per un gol di Dzemaili al 95’ che fa piangere solo il Parma, comunque padrone di una classifica migliore. E meritata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/11/2019 16:02
 
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Roma-Brescia 3-0: Smalling, Mancini e Dzeko
trascinano i giallorossi al quarto posto

Il difensore inglese sblocca la partita ed è l'autore dei due assist per Mancini e Dzeko


Andrea Pugliese


Un primo tempo a marcia ridotta ed una ripresa dove la Roma avrebbe potuto anche dilagare. Fonseca però ritrova la vittoria e torna - almeno temporaneamente, aspettando la sfida del Cagliari - in zona Champions. Ottimo il rientro di Pellegrini, bene Florenzi, decisivo Smalling con un gol e due assist. Per il Brescia, invece, è notte fonda. Nel primo tempo la squadra di Grosso ha avuto un paio di buone opportunità non sfruttate a dovere, nella ripresa è crollata e praticamente è come se non fosse esistita.

MARCIA RIDOTTA — Fonseca rilancia Florenzi dal via dopo sei partite ai box e Pellegrini dopo quasi due mesi di assenza per infortunio, Grosso invece ha lasciato a casa Balotelli ed al fianco di Donnarumma davanti c'è Torregrossa. Ne viene fuori una partita in cui il Brescia fa grande densità in mezzo al campo, con Tonali a copertura della difesa e Romulo vertice di un rombo di centrocampo dove Bisoli e Ndoj pensano più a difendere che ad attaccare. I giallorossi invece stavolta crossano ben 27 volte solo nel primo tempo e per una squadra che non è abituata ai cross (i giallorossi sono terzultimi in Serie A, crossano di meno solo Parma e Sassuolo) è la testimonianza di quanta fatica faccia a trovare spazi al centro. Kluivert gioca più a ridosso di Dzeko per lasciare spazio in fascia a Kolarov, mentre Pellegrini svaria per provare a trovare spazi per andare a giocare. Così i primi brividi arrivano dall'altra parte, dove prima Pau Lopez deve salvare in extremis su errore di Kolarov, poi Donnarumma aggancia bene ma non riesce a calciare tra due avversari. Per la Roma invece una buona occasione sprecata da Kluivert e un tiro di poco fuori di Pellegrini. Poi è ancora il Brescia a rendersi pericoloso con un tiro da lontano dell'ex Ndoj ben parato da Pau Lopez e un colpo di testa di Donnarumma che esce di un soffio. A fine primo tempo, però, sorprende soprattutto un dato: nonostante una netta superiorità territoriale, la Roma non è mai riuscita a impegnare Joronen (zero tiri nello specchio della porta bresciana).

MONOLOGO GIALLOROSSO — Nella ripresa, però, la partita si mette in discesa per la squadra di Fonseca, che sblocca la gara dopo appena 4' con un colpo di testa di Smalling su cui è decisiva la deviazione di Cistana. Al 12' poi arriva anche il 2-0 con Mancini. Tutto molto bello: il lancio di Kluivert, la sponda di testa di Smalling e la girata al volo del difensore giallorosso. Poi è Joronen a salvarsi sul Dzeko, mentre al 18' Zaniolo insacca il pallone del 3-0 su respinta del portiere finlandese (tiro di Kolarov), ma il gol viene annullato dalla Var perché ad inizio azione il pallone giocato da Pellegrini era uscito. Il 3-0 arriva però tre minuti dopo ancora sugli sviluppi di un calcio d'angolo e ancora su sponda di Smalling, con la palla che arriva a Dzeko che insacca a tu per tu con Joronen. Poi il bosniaco va a caccia della doppietta, ma prima Joronen gli nega il gol con una superparata, poi il 4-0 gli vene annullato per fuorigioco. Oramai è un tiro al bersaglio, l'impressione è che la Roma possa far gol ad ogni occasione. Poi al 40' il Brescia riesce anche a segnare con Aye, ma Di Bello annulla per un fallo di mano. Finisce così, con la Roma quarta (in attesa di Lecce-Cagliari) e il Brescia a chiedersi se il cambio Corini-Grosso è stato davvero corretto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/11/2019 18:24
 
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Caicedo all'ultimo respiro:
festa Lazio in casa Sassuolo

Quinta vittoria a seguire e terzo posto per i biancocelesti.
Immobile al 15° gol, a fine primo tempo il pari dei neroverdi,
al 91' la stoccata vincente dell'ecuadoriano


Stefano Cieri


Sul filo di lana, con la determinazione che Inzaghi aveva chiesto alla vigilia della gara, ma anche con la solita invenzione di Luis Alberto, di cui stavolta beneficia Caicedo. Così la Lazio, all'ultimo tuffo, coglie la sua quinta vittoria consecutiva in campionato e si conferma al terzo posto in classifica. Successo sofferto, ma tutto sommato meritato, costruito con un primo tempo nel quale la Lazio gioca nettamente meglio, ma che chiude colpevolmente in parità per aver capitalizzato poco le occasioni create ed essere capitolata alla prima vera palla gol del Sassuolo. E poi colta in coda ad una ripresa nella quale la squadra di Inzaghi soffre, ma viene fuori alla distanza grazie alla maggiore qualità dei suoi giocatori. Beffa atroce per De Zerbi, che cade quando pensa di avere già il pari in tasca. Ma allo sfortunato (per la tempistica con cui matura) k.o. contribuisce pure lui, facendo tirare un po' troppo in anticipo i remi in barca alla sua squadra.

BOTTA E RISPOSTA — La prima fase della partita è di marca biancoceleste. La Lazio aggredisce la gara giocando alta, con i due esterni che si propongono con puntualità ed efficacia, specie Lazzari sulla destra. Il Sassuolo, almeno per la prima mezzora, si dedica esclusivamente a contenere. Lo fa con un 4-2-3-1 che crea molta densità in mezzo , ma lascia un po' sguarnite le fasce dove la Lazio prova a passare. Gli uomini di Inzaghi sbloccano però la gara per vie centrali, grazie ad una percussione di Correa che libera Immobile per il gol numero 15 in campionato del centravanti laziale. E, sempre per vie centrali, la Lazio potrebbe anche raddoppiare prima dell'intervallo, ma non capitalizza tre ripartenze che andavano sfruttate meglio (Consigli si supera per deviare un tiro a colpo sicuro di Correa). Gli spazi si creano perché il Sassuolo, subito il gol, non resta più guardingo nella sua metà campo, ma prova ovviamente a riequilibrare la partita (Duncan sfiora l'1-1 con una conclusione dalla distanza). Il pari arriva a un soffio dall'intervallo sugli sviluppi di un angolo corretto di testa da Peluso e infine risolto da Caputo con un tocco quasi sulla linea di porta (l'attaccante del Sassuolo è tenuto in gioco da Patric).

ALL'ULTIMO TUFFO — Il gol dell'1-1 mette benzina nelle gambe del Sassuolo. Alla ripresa dopo l'intervallo è infatti la squadra di casa a prendere il comando delle operazioni. I neroverdi creano anche un paio di opportunità interessanti, ma con il passare dei minuti si fanno prendere dall'idea che anche il pareggio andrebbe bene. Ma così finiscono invece per rianimare la Lazio. Al piccolo "suicidio" contribuisce anche De Zerbi, con i suoi cambi "conservativi" (entrano Kyriakopoulos, Bourabia e Raspadori per i più offensivi Djuricic, Locatelli e Boga). L'esatto opposto di quanto fa Inzaghi che invece getta nella mischia Lukaku, Bastos e soprattutto Caicedo per cercare di agguantare i tre punti. La formazione di casa sembra comunque in grado di reggere fino alla fine, anche perché le conclusioni di Immobile e Luis Alberto non inquadrano lo specchio della porta. Ma in pieno recupero ecco arrivare il gol partita di Caicedo. L'ecuadoriano capitalizza la meglio un'azione cucita alla perfezione dal solito Luis Alberto.

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Un lampo di Di Carmine lancia il Verona.
Fiorentina, non basta Ribery

L’attaccante decide nella ripresa un match spesso gestito dai padroni di casa.
Montella perde subito Pezzella e tiene in panchina Chiesa


Pierfrancesco Archetti


Il Verona sorpassa la Fiorentina in classifica con il primo gol in Serie A di Samuel Di Carmine, che a Firenze è nato e con i viola ha giocato nelle giovanili, fino al debutto in A. Il successo è meritato: la squadra di Juric è a lungo superiore, ha più occasioni e ne lascia pochissime ai viola in rosso. Il motivo del match è chiaro fin da subito. Perché come abitudine, l’Hellas parte aggredendo: arriva con forza fino all’area viola, però non riesce a segnare. Tre le occasioni nitide del primo tempo: Dragowski respinge su Verre e Faraoni, mentre Salcedo tutto solo sbaglia il tiro davanti al portiere. Montella non se la sente di rischiare Chiesa, che ha avuto noie fisiche, quindi a destra entra Venuti, più difensivo ma sempre in difficoltà con Lazovic. Sarà cambiato nella ripresa con Lirola. Alla Fiorentina mancano anche gli squalificati Castrovilli e Pulgar. Cristoforo fa il debutto assoluto stagionale e si piazza da regista, mentre sul centro sinistra ritrova il ruolo da titolare Benassi. Dopo 4’ però deve uscire anche Pezzella, colpito allo zigomo da Di Carmine, ammonito. I viola faticano a distendersi: in una rara offensiva, Ribery cerca Vlahovic in area, ma la girata dell’attaccante è respinta da Silvestri.

IL GOL — Il Verona è senza Veloso e Kumbulla, ma ripresenta in difesa Bocchetti. In avanti Verre si posiziona sulla trequarti, con Salcedo - che però si muove molto - e Di Carmine di punta. Nell’azione del gol, al 21’ del secondo tempo, entrano in scena proprio Verre e Di Carmine. Sulla galoppata di Faraoni, il primo finta e il secondo conclude. Dragowski, che prima aveva negato il vantaggio a Salcedo, stavolta non può opporsi. La reazione della Fiorentina è debole e sempre sull’asse Ribery-Vlahovic: altra girata del 19enne serbo, fuori. Poi più nulla, nonostante l’ingresso di Ghezzal per Benassi. Mentre l’Hellas sui capovolgimenti di fronte fa venire ancora i brividi a Montella, però il risultato non cambia.

IL RICORDO — L’Hellas ha ricordato la scomparsa, avvenuta in settimana, di Roberto Puliero, artista di spicco in città: attore, regista, poeta, fondatore di una compagnia teatrale ma soprattutto radiocronista delle partite del Verona. Cantore dello scudetto e anche delle gare più recenti, è stato ricordato con un minuto della sua radiocronaca più famosa, quella del giorno della vittoria del campionato nel 1985, prima delle note di un trombettiere. Anche dopo il gol la sua voce è riecheggiata dagli altoparlanti. Applausi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/11/2019 18:31
 
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Gabbiadini più Ramirez: è festa Samp.
All'Udinese non basta Nestorovski



Prima vittoria al Ferraris per Ranieri, che esce dalla zona retrocessione.
Ai friulani costa cara l'espulsione di Jajalo a inizio secondo tempo


Marco Guidi

Claudio Ranieri festeggia la prima vittoria a Marassi da allenatore blucerchiato e la Samp per la prima volta da inizio campionato è fuori dalla zona retrocessione, in attesa dei posticipi della tredicesima giornata. Il 2-1 all'Udinese, firmato dai tiri mancini su piazzati di Gabbiadini e Ramirez, dona ossigeno al Doria, dopo mesi vissuti in apnea. È il primo k.o. invece per Gotti sulla panchina friulana, dopo una vittoria e un pareggio: la classifica non è ancora preoccupante, ma il gol di Nestorovski aveva illuso i bianconeri di poter fare un bel salto in avanti.

L'AVVIO — Ranieri sceglie un 4-4-2 offensivo, con Ramirez e Jankto sulle ali a rifornire il tandem Quagliarella-Gabbiadini. Gotti risponde con il rientrante Larsen a sinistra nei cinque di centrocampo al posto dell'infortunato Sema, mentre Nestorovski affianca Lasagna sostituendo lo squalificato Okaka. Pronti e via, è proprio il macedone a trovare subito la via del gol su perfetto traversone di De Maio. Grande esultanza, ma il Var ravvisa il fuorigioco millimetrico dell'ex Palermo e annulla dopo qualche minuto di attesa. L'episodio sveglia la Samp, che al 12' colpisce un palo clamoroso con Ramirez, bravo a svettare di testa sul cross di Jankto. La squadra di Ranieri sfiora il vantaggio anche con Gabbiadini (deviazione a lato al 20') e Jankto (bravo Musso al 25'), ma paga dazio al primo errore.

BOTTA E RISPOSTA — Nestorovski, infatti, al 29' sfrutta la palla persa da Bertolacci e con un tiro dal limite, deviato da Colley, batte Audero. Stavolta il gol è valido e il macedone esulta mimando polemicamente il gesto del Var. I guai non finiscono qui per la Samp, che perde per infortunio Depaoli e Bertolacci (dentro Thorsby e Linetty). Musso è ancora super su Gabbiadini al 44', ma nulla può nell'ultimo secondo del primo tempo, quando l'ex Southampton pennella una punizione perfetta a scavalcare la barriera che s'infila all'incrocio. È l'1-1 che rispecchia alla perfezione l'andamento dei primi 45'.

LA SVOLTA — Dopo appena 6' della ripresa, l'Udinese resta in 10. Jajalo, già ammonito, stende da dietro Ramirez e viene espulso. Gotti corre subito ai ripari, togliendo Nestorovski e coprendosi con Ter Avest. I friulani arretrano il baricentro, la Samp prende in mano la gara. Al 22', però, la grande chance per il vantaggio ce l'ha proprio l'Udinese: il tiro sporco di Nuytinck si trasforma in un assist involontario per Lasagna che in scivolata indirizza giusto qualche centimetro oltre il palo destro di Audero. Brivido per il Ferraris. Che poi però può esplodere di gioia. Troost-Ekong, infatti, entra maldestramente da dietro su Quagliarella in area: Pairetto non concede il rigore, ma si corregge dopo consulto con il Var e replay al monitor. Il capitano blucerchiato accusa ancora il colpo, così sul dischetto si presenta Ramirez che spiazza Musso e porta avanti la Samp. Manca ancora un quarto d'ora alla fine, Quagliarella non ce la fa e lascia spazio a Caprari, Gotti si gioca anche le carte Pussetto e Teodorczyk. L'Udinese non ha però le energie per rimettersi in carreggiata e anzi, la Samp va vicino in un paio di occasioni al tris. Sarebbe stata troppa grazia in una sola serata dopo mesi da incubo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
24/11/2019 23:47
 
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