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Campionato di calcio Serie A stagione 2018/2019

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2019 00:22
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Serie A, Chievo-Inter 1-1:
Perisic non basta, Pellissier pareggia nel recupero

A Verona Spalletti scappa con un gol del redivivo croato,
ma nel finale arriva il clamoroso gol del pari da parte del sempreverde bomber gialloblù



Quando ti si rivoltano contro anche gli amici… L’Inter tradita dal recupero, che tante soddisfazioni aveva dato in questa stagione. Il Chievo ferma i nerazzurri al minuto 91’, su un lancio lungo di Rossettini, prolungato di testa da Stepinski: l’eterno Pellissier colpisce, gelando un’Inter che già si vedeva a +8 sul Milan quinto. E esaltando un ambiente, quello veronese, che ha bisogno di credere che i miracoli siano possibili, con 5 punti in classifica. Non è un miracolo, il pari contro un’Inter che manca di killer instinct, che sembra aver perso un po’ di personalità, ma che comunque nel secondo tempo aveva legittimato il vantaggio. Sembrava bastare il gol di Perisic, finalmente ritrovato su buoni livelli, sembrava bastare un tempo da leader di Icardi, sembrava che l’esperimento finale del 3-5-2 con Mauro e Lautaro, e Ivan a tutta fascia, potesse essere una traccia anche per il futuro. Invece la voglia del Chievo trasforma il tutto in una frenata, fa sì che il Napoli prossimo avversario si più lontano (8 punti). E apre legittimi dubbi sullo stato di forma dei nerazzurri, mai davvero in grado di prendere “possesso” della partita e troppo brutti nei primi 45’.

RITORNA IVAN — Il feeling di Ivan con il Chievo è confermato: sesto gol nelle ultime quattro partite contro i gialloblù. Un anno fa ne fece 3 nel 5-0, quest’anno la rete è pesante perché toglie il freno a mano all’Inter, che si muoveva a fatica. E chiude anche un suo digiuno che iniziava a diventare “importante”: tanto da meritare un festeggiamento di rabbia, con calcio al palo. Dopo 12 gare senza reti il croato conclude con un tocco ravvicinato una bella azione che lui aveva innescato con un velo sul passaggio in verticale di De Vrij: da lì la palla finisce a Icardi, che la smista a sinistra per D’Ambrosio, che crossa basso. 1-0. E’ il 39’, i nerazzurri avevano creato una sola vera occasione con un altro cross del terzino sinistro, ma Sorrentino reattivo aveva chiuso su Icardi. Per il resto poche idee, qualche rischio con passaggi sbagliati in impostazione, un po’ di sofferenza sul pressing, pochi strappi da Nainggolan (60’ complessivi) e Joao Mario.

ACCESI — Levato il freno, superata l’ansia di scardinare la doppia linea clivense, l’Inter si distende. Di Carlo passa al 3-5-2, apre un po’ di spazi ma prova anche a offendere, tanto che serve un super Handanovic su Pellissier innescato da Giaccherini (13’). Ma è la partita che si accende, provando a rendere un po’ meno silente l’infreddolito pubblico del Bentegodi. Icardi dopo 45’ di attesa torna quello delle ultime uscite: più generoso (anche un gran recupero difensivo), più collaborativo e più volte pericoloso. Sorrentino chiude sull’azione più bella, con dialogo con Perisic, finta su Bani, tiro sul primo palo. Entra Lautaro, l’Inter passa 3-5-2, ma non sembra davvero dannarsi per trovare il secondo gol. Errore, perché di là c’è un 39enne che ancora scatta al 91’, prendendosi un punto.

Valerio Clari

Fonte: Gazzetta dello Sport
22/12/2018 23:21
 
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Serie A, Parma-Bologna 0-0: gara spenta e senza reti

Poche occasioni da gol nel derby dell’Emilia: la squadra di D’Aversa non trova i tre punti
che mancano da un mese e quella di Inzaghi non approfitta del pari tra Udinese e Frosinone



Un palo, uno pseudo gol annullato e poi la nebbia: di gioco, idee, incisività. Il derby finisce per raffreddare ogni velleità quando a un certo punto, vuoi per mancanza di trame o per sfinimento fisico o soprattutto per errori tecnici, Parma e Bologna finiscono per conservare, sbagliare, annebbiarsi a vicenda e annoiare. Poi il punticino mantiene i ducali in un posto che sa di tranquillità e il Bologna sempre in zona-retrocessione: la squadra di Inzaghi ha festeggiato proprio oggi un anno senza vittorie esterne (l’ultima a casa-Chievo il 22 dicembre 2017). E da festeggiare c’è ben poco.

PALO E CAOS — Pronti-via e il Bologna fa subito l’errore difensivo: Siligardi si ritrova solo davanti a Skorupski, tiro sicuro, palo. È un gol mangiato ma dà il senso della partita: solitamente abituato ad agire di rimessa coi suoi contropiedisti, il Parma sceglie di tenere palla e confezionare qualcosa. È il Bologna, infatti, a chiudersi per cercare ripartenze che porteranno giusto un tiro moscio di Palacio al 35’: il resto è nulla, nel senso che il Parma (col trio Gervinho-Inglese-Siligardi) lavora di incroci e sponde attendendo il sostengo di un centrocampo in cui Scozzarella è libero di agire. Inzaghi non ha cambiato praticamente formazione rispetto allo 0-0 contro il Milan: c’è Dzemaili al posto dell’infortunato Poli e le notizie (se così si può dire) sono che Orsolini e Destro sono ancora in panchina. Soprattutto riferendosi al primo, è fin troppo chiaro che nel primo tempo il Bologna non riesca a costruire nulla di buono: gli esterni sono di burro (Mbaye e Mattiello), Svanberg tocca un solo pallone, Santander deve fare da sponda e solo una volta arriva lungo su raro cross dal fondo. Insomma: primo tempo targato-Parma che però oltre al palo di Siligardi arriva al tiro con lo stesso esterno d’attacco (fuori) e ad alcuni cross inutili.

FUORIGIOCO — La ripresa si fa un po’ meno intensa: perché la confusione regna anche se Inzaghi prova – inserendo prima Orsolini e poi Destro – a cercare di sfatare quella benedetta mancanza di vittorie esterne. Il sussulto del Bologna comunque arriva: palla manovrata da sinistra che produce un calcio d’angolo; Santander spizza all’indietro e Calabresi – pescato poi in fuorigioco – prima colpisce il palo e poi la infila sempre di testa in rete. Pseudo-gol annullabile e annullato. Il Parma reagisce con cambi che danno qualcosina ma non abbastanza: Sprocati cerca la porta due volte e su una di queste una deviazione di Inglese fa rischiare l’1-0; ancora il centravanti parmigiano è protagonista con una girata di testa che Skorupski controlla agilmente e lascia sfilare fuori. Ancora cambi (dentro Stulac e Ciretti nel Parma) ma la storia non cambia: la squadra di D’Aversa fatica a proporsi bene, il Bologna tenta una volata con Palacio che corre come un ragazzino senza però arrivare alla conclusione. E la conclusione è: zero a zero che fa contento un Bologna comunque e ancora in zona-B.

Matteo Dalla Vite

Fonte: Gazzetta dello Sport
22/12/2018 23:25
 
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Juventus-Roma 1-0: decisivo il gol di Mandzukic

Un colpo di testa del croato su cross di De Sciglio piega i giallorossi.
Annullate due reti ai bianconeri: a Chiellini e a Douglas Costa, Olsen il migliore dei suoi



Il Natale bianconero si festeggia nel tepore di chi si scalda con mezzo scudetto: l'1-0 sulla Roma, mai in discussione in una sfida dominata con i muscoli e col ritmo, significa titolo d'inverno con due turni d'anticipo. Venticinque punti più giù ecco la Roma, più che doppiata in classifica: il Natale giallorosso è più gelido e non solo per la differenza vista allo Stadium. A DiFra serve tutt'altro atteggiamento per uscire dalla palude e trovare nuovi motivi per godersi le feste nelle prossime due. Allegri, invece, si può specchiare nella faccia cattiva di Mandzukic, spietato guerriero vichingo. Pazienza se attorno a lui allo Stadium ci sarebbe pure spazio per i buoni sentimenti: prima del match, Marchisio a metà campo ha salutato il suo vecchio popolo. Tra l'altro, la temperatura deve avergli ricordato la Russia, nuova patria. Ha pure fatto un giro sotto alla curva, come ai bei tempi, come continuano a fare dopo ogni vittoria (Genoa escluso) i suoi ex compagni.

BICOLORE — Cristiano non si riposa, non oggi, non adesso che la Juve vuole mettere sotto l'albero il primo posto a metà campionato. Con lui i due compagni di merende con cui sa banchettare meglio: Dybala gioca di fino, Mandzukic usa la corazza a tutto campo. Con la benzina delle mezzali Matuidi e Bentancur, la Juve finisce per dominare, anche perché una Roma arrendevole le dà una discreta mano. Florenzi, molto basso a sinistra, è chiamato soprattutto a soccorrere Kolarov, costretto a sua volta a stringersi accanto ai centrali Manolas e Fazio. Zaniolo, rimpianto bianconero, è più vicino ai centrocampisti che ai due attaccanti, Under e Schick. Quest'ultimo, più che rimpianto, è stato sedotto e abbandonato dalla Signora: la versione sbiadita vista all'Allianz non ha sicuramente fatto cambiare idea ai dirigenti bianconeri. Alla fine dei conti, il prudente 3-5-2 nei piani di Di Francesco dovrebbe limitare il gioco sulle fasce dei bianconeri, fonte primaria in cui si abbevera Allegri. Ma il piano funziona poco e niente e il primo tempo è un bicolore bianco e nero.

SFONDAMENTO LENTO — È da sinistra che la Juve sfonda più volte, risucchiando i giallorossi nella fossa delle Marianne: Alex Sandro, Matuidi, Cristiano danno un dinamismo vorticoso. È proprio il brasiliano, ringalluzzito dal nuovo contrattone da cinque milioni, ad andare vicino al gol tre volte in 20 minuti: in due occasioni Olsen si supera, in un'altra un tiro ravvicinato è ribattuto dalla difesa. La differenza di ritmo è evidente: sulle punte giallorosse cade sempre la mannaia degli anticipi dei centrali bianconeri, in primis di Bonucci, preferito a Benatia. Se da un lato la Juve mette nel pallottoliere calci d'angolo su calci d'angolo, dall'altro la Roma fatica a uscire dal guscio. Il portiere svedese, in super serata, resiste ai tentativi portoghesi, ma capitola di fronte allo strapotere croato: su un cross dolce di De Sciglio, insolito perché mancino, Mandzukic si esibisce nella specialità dell'anno. È il salto sulle spalle del terzino di turno. Dopo aver "bullizzato" nell'ordine Mario Rui, Rodriguez e Asamoah, Mario stavolta stravince il duello aereo con il povero Santon e fa 1-0.

LA SFIDA DI CR7 — Kluivert è per la Juve quel centravanti raffinato dell'Ajax sconfitto in finale di Champions: regala ricordi dolci. Il figlio Justin ieri ha sbattuto il muso contro una vecchia rivale di papà Patrick: entrato in campo al posto di Florenzi per spostare il baricentro, non è riuscito tanto nell'impresa. Al contrario, Cristiano continua il suo duello alla baionetta contro Olsen: lo svedese gliele prende tutte, di testa e di piede, da vicino e da lontano. Al portoghese non rimane che scalciare il palo e sbracciare contro il destino e la stanchezza: Allegri ha già detto che in una delle prossime due, tra Atalanta e Samp, gli darà un po' di tregua, forse necessaria. Anche se lo strappo nel recupero per il cross tramutato in rete da Douglas Costa e annullato dal Var certifica la necessità di averlo sempre e comunque in mezzo alle difese avversarie. Il suo sodale Mandzukic, invece, dimostra fino alla fine di avere una cilindrata diversa dal resto della compagnia: è il primo dei difensori quando la Roma prova a imbastire qualcosa di buono. Ha la stessa fame di capitan Chiellini che continua nello stato di forma sublime: andrebbe pure a fare il 2-0 di testa, ma l'arbitro annulla. Negli ultimi dieci minuti gli capita di marcare il ben più pericoloso Dzeko, ma non sembra esserci davvero niente che possa rovinare il Natale bianconero.

Filippo Conticello

Fonte: Gazzetta dello Sport
22/12/2018 23:29
 
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SERIE A 2018/2019 17ª Giornata (17ª di Andata)

22/12/2018
Lazio - Cagliari 3-1
Empoli - Sampdoria 2-4
Genoa - Atalanta 3-1
Milan - Fiorentina 0-1
Napoli - Spal 1-0
Sassuolo - Torino 1-1
Udinese - Frosinone 1-1
Chievo - Inter 1-1
Parma - Bologna 0-0
Juventus - Roma 1-0

Classifica
1) Juventus punti 49;
2) Napoli punti 41;
3) Inter punti 33;
4) Lazio punti 28;
5) Milan punti 27;
6) Sampdoria punti 26;
7) Fiorentina e Sassuolo punti 25;
9) Atalanta e Roma punti 24;
11) Torino punti 23;
12) Parma punti 22;
13) Genoa punti 19;
14) Cagliari punti 17;
15) Empoli e Spal punti 16;
17) Udinese punti 14;
18) Bologna punti 13;
19) Frosinone punti 9;
20) Chievo(-3) punti 5.

(-3) Il Chievo sconta la penalizzazione per la sentenza del Tribunale della Federcalcio.

(gazzetta.it)
22/12/2018 23:29
 
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Frosinone-Milan 0-0: la crisi continua

I rossoneri non vanno oltre il pari contro i ciociari e ringraziano Donnarumma, autore di tre grandi interventi



Il filo che tiene legato Rino Gattuso alla panchina rossonera adesso è più sottile di un capello. Lo zero a zero di Frosinone era uno dei risultati non ammessi dalla società, dopo quello con Torino e Bologna, e la sconfitta interna con la Fiorentina. Non resta che capire se la dirigenza gli lascerà ancora un chance fra tre giorni con la Spal a San Siro, e la logica parrebbe indirizzare la situazione verso questo scenario, dal momento che l’ultima partita dell’anno solare è alle porte e dopo ci sarà tempo e modo per valutare e prendere eventuali decisioni. Di certo il Milan, al di là del risultato, ha fatto troppo poco per mostrare un’inversione di tendenza, confermando le paure mentali e l’involuzione tattica evidenziata nelle ultime uscite. Il fatto che il migliore fra i rossoneri sia Donnarumma la dice lunga sul momento attraversato dalla squadra. Al netto, ovviamente, degli infortuni (stavolta è rimasto a casa anche Suso, ma rientravano Kessie e Bakayoko dalla squalifica). Gattuso è ripartito dal 4-3-3, con Cutrone largo a sinistra, e ha provato anche a cambiare vestito tattico, passando al 4-3-1-2 (Castillejo dietro Cutrone e Higuain) e al 3-4-1-2 nell’ultimo spezzone di partita, ma non c’è stato nulla da fare: questione di testa, soprattutto, quella che invece il Frosinone ha avuto dal primo all’ultimo minuto, con un approccio maturo e molto tonico in una sfida dove le occasioni migliori sono state nei piedi dei padroni di casa.

LA PRIMA FRAZIONE — Il primo tempo rossonero è stato emblematico dello stato di salute mentale della squadra, nel senso che il Milan è partito con personalità e convinzione, ma ha finito con lo spegnersi man mano che le azioni non producevano effetti. Una sorta di scoramento che si è insinuato dopo ogni manovra non andata a buon fine. Un primo tempo, comunque, giocato decisamente male, e che ha mostrato i consueti difetti delle ultime uscite: possesso palla fine a se stesso, sterile, attendendo qualcuno che ci mettesse un guizzo. Attesa vana: Higuain ha vagato ad anni luce dall’area, Castillejo ha fatto una fatica spropositata a proteggere palla, Calhanoglu si è fatto ricordare per l’ennesima prova fantasma e Cutrone, relegato in fascia, ha cercato di adattarsi come può ai compiti da esterno. I problemi veri per il Milan sono iniziati quando il Frosinone ha capito di potersi alzare un po’ senza rischiare chissà quali imbucate, cosa accaduta nella seconda parte di frazione. I padroni di casa hanno punto soprattutto sulle fasce, dove Ghiglione ha imperversato a destra, costringendo Rodriguez a starsene rintanato, e Beghetto si è infilato spesso e volentieri a sinistra, mentre in mezzo Chibsah ha fatto girare bene la squadra saltando spesso la mediana rossonera. Avrebbe comunque potuto essere una partita diversa, se Cutrone dopo due minuti avesse capitalizzato un cross di Calabria, che lo ha pescato tutto solo in area. Ma Patrick ha pasticciato di controbalzo, divorandosi l’occasione. Il Milan si è visto ancora due volte (un palo di Castillejo e un’altra conclusione su cui vola Sportiello) e poi è uscito di scena, lasciandola al Frosinone. Dapprima con un bel tiro al volo di Ghiglione (bravo Donnarumma), poi con Beghetto che tutto solo ha sparato in curva, e infine con la magnifica azione del gol di Ciano, cancellata dal Var per un fallo a centrocampo su Calhanoglu.

I SECONDI 45’ — La ripresa non è stata molto diversa. Il Milan ha riprovato a iniziare con un po’ di vigore, ma si è ritrovato presto di nuovo vittima di se stesso, a trotterellare per il campo senza grande convinzione. Il Frosinone rispetto ai primi 45 ha preferito non scoprirsi troppo in modo da non correre rischi, ma nonostante ciò ha avuto le occasioni più nitide: ancora con Ghiglione (botta dalla distanza), a cui si è opposto nuovamente Donnarumma, e con Ciano, che il portiere rossonero ha disinnescato con un prodigio. Sul versante rossonero restano pochissimi spunti: un colpo di testa di Romagnoli bloccato da Sportiello e una lunghissima lotta – anzi, litigio – di Higuain col pallone, che non è mai riuscito a governare e calciare come si deve. Troppo poco. Praticamente il nulla.

Marco Pasotto

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/12/2018 18:51
 
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Atalanta-Juve 2-2, Ronaldo entra e segna il pari.
Bianconeri in 10 dal 53'

La squadra di Allegri avanti dopo 2' grazie a un'autorete di Djimsiti.
Poi Zapata segna due reti. Sull'1-1 cartellino rosso per Bentancur.
Al 65' entra il portoghese e realizza il pareggio.
Al 91' annullato per fuorigioco il 2-3 di Bonucci



La prima Juventus senza Cristiano Ronaldo ha bisogno di Cristiano Ronaldo per evitare la prima sconfitta in trasferta in campionato del 2018. Proprio il fenomeno portoghese firma il gol del 2-2 (GUARDA IL TABELLINO DELLA PARTITA) e tira fuori la Juventus da una partita rognosissima, con l’Atalanta che era avanti di un gol e di un uomo (rosso a Bentancur).

LE DIFFICOLTÀ — L’Atalanta di Gasperini è il peggior avversario da affrontare il 26 dicembre, quando sei reduce da un dicembre terribile e hai tanta voglia di staccare. I nerazzurri mettono sul campo una fisicità debordante, sia sul piano della corsa che nei duelli di potenza. Hanno un centravanti, Duvan Zapata, in stato di grazia: con la doppietta alla Juve fanno 8 in 5 partite. In pratica tutti i gol di dicembre dei bergamaschi sono suoi. La Juve, avanti dopo nemmeno 2’ con un tocco di Djimsiti (quello che su questo campo aveva cancellato Icardi segnando anche un gol) nella propria porta, non ha mai tempo di costruire gioco. Col passare dei minuti cede campo, accontentandosi di gestire. Il gol dell’1-1 arriva alla prima occasione per l’Atalanta, ma non è immeritato. Zapata salta Bonucci aiutato anche da una leggera carambola e scarica il sinistraccio alle spalle di Szczesny.

ANCORA ZAPATA — La ripresa, dopo un primo tempo che si conclude intenso ma senza grosse occasioni, non dà la svolta alla manovra della Juve, sempre ingessata anche per meriti dell’Atalanta. Un corner del Papu messo in porta ancora da Zapata arriva 3’ dopo l’espulsione di Bentancur che fa infuriare Allegri. Non tanto per il provvedimento in sé, che può starci, quanto perché arriva parecchi secondi dopo il fallo stesso. E come spesso accade alle squadre che hanno grandi doti morali oltre che tecniche, la Juventus che reagisce allo svantaggio è la migliore di giornata. Allegri la ridisegna con Pjanic e Cristiano per Douglas e Khedira (così così il suo rientro dal 1’), con Emre Can (colpevole sul 2-1) che sale molto di tono e il solito lavoro di Mandzukic. Ronaldo brucia Djimsiti e pareggia da azione da palla inattiva dopo un tocco di Mandzukic e Zapata che fa un po’ di confusione in marcatura. E’ una Juve che lascia spazio ai contropiede dell’Atalanta, ma dopo il pari sfiora il clamoroso ribaltone con una costruzione Emre-De Sciglio, con Mandzukic che non riesce ad arrivare sul cross basso. La partita è molto intensa, a tratti anche bella. Bonucci segna il 3-2, ma c’è fuorigioco sul tocco di Alex Sandro. Giusto così, l’Atalanta non avrebbe meritato di perdere. E la Juve, in attesa di Inter-Napoli, chiude il suo 2018 in campionato da imbattuta lontana dallo Stadium.

Jacopo Gerna

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/12/2018 18:57
 
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Bologna-Lazio 0-2: Simone Inzaghi inguaia il fratello Pippo

Nella prima sfida in A tra i due fratelli la spunta Simone con i gol di testa di Luiz Felipe e Lulic.
I biancocelesti salgono al quarto posto, a +3 dal Milan. Pippo rimane terzultimo



Simone batte Pippo, il derby degli Inzaghi va alla Lazio che con un gol per tempo (entrambi sugli sviluppi di un calcio d'angolo) piega un Bologna rinunciatario e, alla fine, pesantemente contestato dai suoi tifosi. La situazione degli emiliani si fa sempre più difficile, ma a preoccupare più della classifica è l'involuzione della squadra. La Lazio invece coglie la seconda vittoria consecutiva dopo il digiuno di un mese e mezzo e si isola al quarto posto in classifica grazie al pareggio del Milan a Frosinone.

ANDAMENTO LENTO — Baci e abbracci tra gli Inzaghi prima della partita, sotto gli sguardi giustamente orgogliosi di papà Giancarlo e mamma Marina. A fine partita non sarà lo stesso, con Pippo ovviamente deluso e preoccupato e Simone che quasi si dispiace per l'affronto fatto al fratello più grande. E pensare che l'inizio della partita fa pensare ad un clima natalizio-familiare anche in campo. Ma è solo un'illusione. Il Bologna si mantiene basso, troppo basso perché teme la fisicità della Lazio e perché questo atteggiamento nelle ultime partite con Milan e Parma aveva prodotto altrettanti pareggi. La Lazio, dal canto suo, mantiene il ritmo basso perché questo è ormai il suo modo di operare. Non più arrembaggi a tutto spiano dal primo minuto, ma manovra più ragionata e sorniona. Inzaghi (Simone) conferma il 3-5-2 fantasia della partita col Cagliari con Milinkovic e Luis Alberto mezzali. Le uniche varianti sono Leiva per Parolo e Caicedo al posto dell'acciaccato Immobile (entrambi entreranno nella ripresa). I padroni di casa rispondono con un 3-5-2 a trazione posteriore, nel senso che restano fin troppo guardinghi. La Lazio, dopo un paio di tentativi di Luis Alberto passa alla mezzora. Angolo dello stesso Luis Alberto e testa vincente di Luiz Felipe (al primo gol stagionale).

STESSO COPIONE — Il centrocampista spagnolo e il difensore brasiliano saranno poi protagonisti anche dell'azione del raddoppio allo scadere. Che sarebbe la fotocopia del primo gol se non fosse che stavolta la "spizzata" di Luiz Felipe sull'angolo di Luis Alberto necessita anche di un ulteriore tocco vincente che si materializza grazie a Lulic. Il 2-0 arriva anche troppo tardi per come si sviluppa la partita. I biancocelesti potrebbero infatti mettere al sicuro il risultato già con Correa prima dell'intervallo, poi con Immobile (due volte) e Milinkovic nel corso della ripresa. L'inerzia della gara non cambia infatti nonostante le sostituzioni. L'Inzaghi laziale getta nella mischia prima Immobile, poi Parolo e Lukaku (escono Caicedo, Ciorrea e Milinkovic), lasciando invariato il modulo. L'Inzaghi bolognese, invece, finisce con quattro punte in campo (a Santander si aggiungono Orsolini, Palacio e Destro), ma l'artiglieria pesante finisce paradossalmente (o forse no) col rendere la squadra di casa ancora meno produttiva.

Stefano Cieri

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26/12/2018 19:00
 
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Cagliari-Genoa 1-0: decide Farias

La squadra di Maran torna alla vittoria in campionato dopo 7 partite. Per i ragazzi di Prandelli ennesimo stop



Respira il Cagliari, piange il Genoa. Ai sardi la vittoria (1-0) mancava da due mesi (28 ottobre) da quando superarono il Chievo alla Sardegna Arena (GUARDA QUI IL TABELLINO). Li porta in paradiso un colpo del Mago di Sorocaba Diego Farias, uno che spesso litiga con gol e pallone, ma che, come tutti i maghi, è capace di colpi di genio. Il Cagliari non poteva perderla, qualche tensione cominciava ad affiorare. Il Genoa voleva bissare la bella prova di sabato con l'Atalanta, ci riesce in parte, perché nel calcio vice chi la butta dentro e, pur con grandi interventi di Cragno, i genoani non riescono a centrare il bersaglio. Il clima iniziale in una splendida giornata di sole è di festa: Luna Melis, la giovane cantante di Uta protagonista a X Factor in mezzo al campo a salutare i sardi, la più bella lettera di Babbo Natale premiata, la maglia speciale da vendere per Charity Stars, l'ex storico difensore Oreste Lamagni in tribuna con gli altri storici rossoblù. Lo stadio è quasi pieno.

PRIMO TEMPO — Maran rivoluziona un bel po' la squadra rispetto alla disastrosa prova di Roma con la Lazio. Srna e Ceppitelli tornano ai loro posti dopo la squalifica. Pisacane vince il ballottaggio con Romagna. Pavoletti ha recuperato dai risentimenti varie ed è al suo posto di centravanti con Farias accanto; per tre partite il livornese è mancato e parecchio. Il cambio sostanziale è in regia dove torna Cigarini al posto del croato Bradaric. Non accadeva dalla sfida interna col Torino. Rifiata anche Ionita, la mezzala destra è Faragò. Ma il moldavo deve andare a scaldarsi immediatamente perché Romero ripete la scena fatta con De Roon sabato scorso e con un'entrataccia (punita col giallo da Orsato) manda fuori causa Joao Pedro che dopo 15' deve uscire. Prandelli manda in campo gli stessi che hanno chiuso la sfida vincente con l'Atalanta (il suo primo successo al Genoa, dopo un pari con la Spal e la sconfitta con la Roma). Quindi Kouame (che poteva finire al Cagliari prima che arrivasse Cerri) sta in panchina e Bessa agisce dietro Piatek, in una sorta di 3-5-1-1. La gara è equilibrata, il Genoa accelera di più, ma Cragno respinge bene solo una volta quando Piatek in black door fulmina Ceppitelli e tira. Il Cagliari ha la sua occasione con Barella lanciato splendidamente da Cigarini, tira a giro Radu manda in angolo. C'è equilibrio totale, ma nello sprint finale con 3' di recupero è il Cagliari che ha l'acuto vincente. Srna crossa, Ionita fa velo, la palla arriva a Farias che colpisce in modo non irresistibile, ma il pallone rimbalza in modo tale che Radu non riesce a intervenire e il brasiliano toglie la maglia pazzo di gioia per il secondo gol in campionato. Uno a zero con tripudio rossoblù, in vantaggio, cosa che non accadeva, anche questa dalla sfida col Chievo del 28 ottobre.

SECONDO TEMPO — Prandelli tornato furioso negli spogliatoi, riparte con Kouame accanto a Piatek. Sandro, lento e compassato, finisce la sua gara. Così, Bessa ha maggior raggio d'azione e, servito da Lazovic, va vicinissimo al pareggio con un tiro che va fuori di un soffio. Poi è Cragno a opporsi a Lazovic. È un Genoa più carico, offensivo, deciso a rimettere le cose a posto. Ma due minuti dopo, su una combinazione Faragò-Barella è Pavoletti che divora il 2-0 calciando alto. Salta tutto: sul ribaltamento è Kouame che fa esaltare ancora Cragno, in angolo. Prandelli decide di rischiare tutto: dentro pure Favilli per il difensore Romero. E cambia sistema con la difesa a quattro e Lazovic terzino (molto di spinta). Un 4-3-3 con Piatek supportato da Favilli e Kouame. Ma è il Cagliari a mancare ancora il raddoppio su corner di Srna (inesauribile tra cross e corner) la palla arriva fuori area a Barella (grande prova), ma il suo tiro si stampa sul palo. Maran decide di cambiare: fuori il mago Farias che non la prende benissimo, dentro Sau per correre e tamponare. Alla fine ha ragione lui. Il Cagliari soffre fino alla fine, ma resiste e torna alla indispensabile vittoria. E va la musica di Mariah Carey. È Natale.

Francesco Velluzzi

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/12/2018 19:06
 
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Fiorentina-Parma 0-1: decide un gol di Inglese

L'attaccante gialloblù approfitta di un clamoroso liscio
di Vitor Hugo per concretizzare l'unica vera occasione per i ducali:
è aggancio in classifica a quota 25



Inglese onora il proprio cognome e decide il Boxing day. Un destro preciso dell'attaccante su errore dello sciagurato Vitor Hugo decide la partita del Franchi. La Fiorentina, dopo la vittoria di San Siro, è incapace di dare continuità al proprio cammino giocando male e lasciando sul campo punti preziosi. Mirallas non è al meglio (influenza) e non va nemmeno in panchina. Con Chiesa e Simeone davanti gioca Pjaca. D'Aversa risponde con Bastoni al posto dello squalificato Bruno Alves e Biabiany nel tridente offensivo, con Gervinho in panchina. Al 4' il primo tiro è viola con Benassi che impegna Sepe da posizione angolata.

INGLESE CHIRURGICO — Poi ci prova Chiesa con un diagonale sinistro sul primo palo deviato bene in corner da Sepe, ex dell'incontro. Al 25' tripla occasione viola nella stessa azione con Pezzella che non riesce a colpire da pochi passi e poi Simeone che tira due volte vedendosi sempre respingere il pallone dal muro difensivo del Parma. Gli ospiti si affidano alle ripartenze puntando soprattutto sulla velocità di Biabiany che fa ammonire prima Milenkovic e poi Pezzella. Lo stesso Milenkovic si fa male, al suo posto Laurini. Prima dell'intervallo a passare è proprio il Parma con Inglese, bravo a sfruttare un clamoroso liscio di Vitor Hugo e battere Lafont con un tocco dolce sul secondo palo.

DISASTRO HUGO — Si riparte con Scozzarella per Stulac nel Parma e dopo qualche minuto Gerson al posto di uno spento Benassi per la Fiorentina. I viola attaccano ma senza precisione, il Parma si difende bene e rischia poco. Al 18' la prima occasione della ripresa con Gerson che colpisce male da buona posizione strozzando il pallone. Un minuto dopo Vitor Hugo completa la propria disastrosa prestazione stendendo Biabiany lanciato a rete. Rosso inevitabile e Fiorentina in dieci. Pioli opta per Ceccherini (al posto di Edimilson) terminando così le sostituzioni. I viola ci mettono cuore ma poca qualità e pochissima precisione. La squadra di D'Aversa si difende con ordine senza mai rischiare. Il gioco è spezzettato ed i soli quattro minuti di recupero fanno infuriare Pioli. Vince il Parma che in classifica agguanta i viola. La Fiorentina esce a pezzi perdendo partita, Gerson e Vitor Hugo (squalifica) e probabilmente Milenkovic (infortunio).

Giovanni Sardelli

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/12/2018 19:11
 
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Sampdoria-Chievo 2-0: a segno Quagliarella e Ramirez

Un'altra perla dell'attaccante blucerchiato: il suo tacco è l'ottava rete consecutiva in campionato.
L'uruguaiano firma il raddoppio



Non si ferma la corsa della Sampdoria ai quartieri nobili della classifica, grazie al successo per 2-0 sul Chievo (GUARDA QUI IL TABELLINO) che regge bene nel primo tempo, ma poi si arrende dopo la magia di Quagliarella in avvio della ripresa, che spiana la strada al successo blucerchiato prima del bis di Ramirez. Di Carlo cade così dopo cinque pari consecutivi, ma propone comunque un Chievo ben disposto in campo, che per un tempo chiude tutti varchi, ma nulla può contro la magia (tacco di destro in mischia) che in avvio di ripresa, su una punizione di Ramirez, sblocca la partita e mette in discesa la partita per la Sampdoria.

DUE FACCE — Eppure il primo era stato maledettamente complicato per la Sampdoria, contro un Chievo che conferma sin dalle battute iniziali quando di buono fatto sotto la gestione-Di Carlo. Ne scaturisce così subito una gara in cui i blucerchiati faticano a imporre il loro gioco ed a costruire la manovra, contro un avversario che gioca cortissimo, fa un pressing altissimo e non permette ai blucerchiati di ragionare. Giampaolo lascia fuori Tonelli e schiera un eccellente Colley titolare. Ma lo spregiudicato 3-4-3 di Di Carlo è la chiave per tenere bassa la Samp, e sfruttare il gran gioco, soprattutto sulla fascia destra, di Leris, che nel primo tempo aiuta la mediana e, quando Linetty sale, va a tamponare sino sulla linea dei difensori. Partita non bella, dunque, ma tatticamente complicata. Gli ospiti non vanno in difficoltà neppure dopoché, prima del quarto d’ora, perdono Obi (problema muscolare), sostituito da Hetenmaj. Un Chievo che sa soffrire, anche se paga l’imprecisione in attacco. Tanto che, all’intervallo, la miglior occasione capita sul piede di Praet, al 47’, con una gran botta dalla distanza che Sorrentino respinge d’istinto.

SVOLTA — Nella ripresa, la gara cambia volto dopo il vantaggio sampdoriano. La Samp gestisce e rischia pochissimo, anche perché a quel punto il Chievo sale, si scopre e al 13’ subisce il raddoppio di Ramirez su cross di Murru. Unica nota negativa della partita, l’ammonizione (contestata) di Andersen, diffidato, che costringerà il danese a saltare la sfida di domenica prossima in casa della Juventus. Finale tutto sampdoriano, con la traversa di Quagliarella (38’) su punizione: l’attaccante, fresco di rinnovo sino al 2020, raggiunge Montella a quota 58 gol fra i marcatori di ogni tempo in A con la maglia della Samp.

VELENI — Rimane aperta, però, la frattura fra la parte più calda della tifoseria blucerchiata e il presidente Ferrero, contestato fuori allo stadio con alcuni striscioni esposti prima della partita.

Filippo Grimaldi

Fonte: Gazzetta dello Sport
26/12/2018 19:15
 
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