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Campionato di calcio Serie A stagione 2021/2022 (quello dei Campioni d'Europa)

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 13:28
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Nico Gonzalez fa piangere l'Empoli:
il derby toscano è della Fiorentina

Squadra di Andreazzoli in 10 dal 57' per il doppio giallo a Luperto.
Un minuto dopo ecco il gol di testa dell'argentino che regala i tre punti alla Viola


Pierfrancesco Archetti


La Fiorentina si mantiene in corsa per l’Europa, l’Empoli continua la sua serie negativa: non vince dal 12 dicembre. La svolta del derby provinciale arriva al 12’ del secondo tempo: Luperto, già ammonito a fine primo tempo fra la proteste dei suoi, entra fallosamente su Gonzalez. Secondo giallo, espulsione e sulla successiva punizione di Biraghi, proprio Gonzalez infila di spalla il decisivo 1-0. In tribuna il presidente dell’Empoli Corsi discute animatamente con il designatore degli arbitri Rocchi, probabilmente per il primo giallo. I suoi non si riprendono più.

NERVOSISMO — La partita a lungo è molto nervosa, con interruzioni continue (19 falli solo nel primo tempo, 30 alla fine), errori, lamentele. La Fiorentina è pericolosa nella prima parte con un tiro dalla distanza di Biraghi e con un colpo di testa di Torreira, entrambi deviati dal portiere Vicario. La prima scena discussa arriva al 39’. Biraghi non si cura di un retropassaggio di Saponara, il portiere Terracciano va al contrasto con Pinamonti e sulla carambola Di Francesco segna in rovesciata. Ma l’arbitro Massimi viene chiamato al video e annulla per fallo di Pinamonti sul portiere. Cabral dopo manda alto nell’ultima chance prima dell’intervallo, poi a inizio ripresa gli viene annullato un gol per fuorigioco di Saponara.

LE MOSSE — Vincenzo Italiano è senza Odriozola e Bonaventura: propone al loro posto Venuti e Duncan. Come centravanti viene scelto invece Cabral, alla seconda da titolare, ai suoi fianchi Gonzalez e Saponara, uno dei tanti ex. Il brasiliano è il meno brillante del trio. Aurelio Andreazzoli è in emergenza a sinistra: senza Parisi e Marchizza, tocca a Cacace. Il tecnico cambia anche la coppia di difensori (Tonelli e Luperto) e lascia fuori all’inizio Asllani e Bajrami. Henderson così segue Torreira e Stulac si posiziona davanti alla difesa. Ma alla mezzora il tecnico deve cambiare Tonelli (ginocchio k.o.) per far posto a Ismajli. Quando invece va in svantaggio, cerca di rimontare con un triplo cambio: dentro Cutrone, Asllani e Viti, poi anche Bajrami. Ma l’Empoli non si fa più pericoloso, è invece la Fiorentina a mancare il raddoppio con Saponara, Castrovilli e Sotti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
04/04/2022 00:58
 
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Napoli, che prova di forza!
Vince 3-1 in casa dell'Atalanta
e prende il Milan in vetta

Nel primo tempo Insigne sblocca la sfida su rigore e poi serve su punizione Politano per il raddoppio.
De Roon la riapre nella ripresa ma in contropiede Elmas chiude in conti all’81’.
Per la Dea zona Champions quasi fuori portata


Andrea Elefante


Il Napoli lancia un altro segnale-scudetto, l’Atalanta all’ennesimo passo falso in casa abbandona probabilmente in via definitiva il sogno Champions. E a questo punto, se non cambierà trend, dovrà lottare anche per non perdere un posto nella prossima Europa. Ha vinto il cinismo del Napoli contro l’inconcludenza e gli sprechi dell’Atalanta. Ha vinto l’efficacia di una squadra che ha saputo cambiare pelle, sostituendo palleggio e calcio ragionato con compattezza e ripartenze chirurgiche, contro l’improvvisa fragilità difensiva di un’avversaria che non prendeva gol da tre partite di fila e aveva tenuto imbattuta la sua porta in cinque delle ultime sette. E Gasperini, che ha già fuori Toloi, rischia di aver perso anche Djimsiti per una lussazione a una spalla: brutta notizia in vista del Lipsia. I problemi offensivi, invece, sono riemersi tutti: Muriel vivo ma impreciso, male Malinovskyi, Boga svagato in una posizione anomala (prima largo a destra e poi a sinistra), Miranchuk positivo solo nell’assist per De Roon. Segnali opposti per Spalletti che ha vinto con l’abilità tattica di Mertens e l’incisività dei suoi esterni: Insigne e Politano per i primi due gol, Lozano e Elmas per il 3-1 decisivo.

LE SCELTE — Gasperini, che non ha Toloi, rinuncia per motivi precauzionali anche a Demiral dopo il provino del mattino: il turco aveva subito una contusione alla coscia nella rifinitura di ieri e il tecnico ha preferito non rischiarlo, anche in previsione della gara di giovedì a Lipsia. Dunque dentro Scalvini assieme a Palomino e Djimsiti. Nessuna sorpresa a centrocampo e sulle fasce, mentre davanti, assieme a Malinovskyi, c’è Muriel e non Boga. Nel Napoli è praticamente annunciato l’impiego di Zanoli sulla destra e di Juan Jesus accanto a Koulibaly, dunque Spalletti per disegnare il suo 4-3-3 risolve l’unico dubbio (Zielinski-Fabian Ruiz) a vantaggio del primo: non ha alternative in attacco e dunque il tridente è quello previsto, con Politano, Insigne e Mertens.

PRIMO TEMPO — Per dieci minuti il Napoli non esce dalla sua metà campo, ma la pressione anche furiosa dell’Atalanta, approfittando di un approccio un po’ morbido del Napoli, produce (8’) solo un colpo di testa di Malinovskyi, su cui Ospina è bravo a coprire il suo palo. Ma all’11’, praticamente alla prima sortita, il Napoli trova il vantaggio: Zanoli ha massima libertà di inserimento per trovare in verticale Mertens, su cui Musso, che probabilmente parte con un attimo di ritardo, interviene precipitosamente in uscita. Il fallo appare subito netto, ma a Di Bello serve l’intervento di Aureliano per concedere il rigore trasformato da Insigne. La reazione dell’Atalanta è immediata, ma poco concreta: la ricerca dell’area con il fraseggio corto viene sempre spezzata in qualche modo dal Napoli e l’unico ad avere una chance pulita è Freuler, il cui radente è allargato troppo. Così, dopo un tiro di alleggerimento di Mario Rui parato da Musso, il Napoli dimostra ancora furbizia e pragmatismo nello sfruttare una punizione guadagnata da Lobotka, che fa mezzo campo in incursione centrale e viene fermato da Palomino a venti metri dalla porta. Nonostante tutto il tempo di organizzare le coperture, l’Atalanta si fa sorprendere da una furbata di Insigne, che pesca il taglio centrale di Politano, straordinario a segnare il 2-0 con una meravigliosa girata di sinistro. E ancora un’indecisione di Palomino (46’) regala a Koulibaly un tiro su cui è bravo Musso a coprire la porta.

SECONDO TEMPO — Lo spartito non cambia granché nella ripresa: supremazia territoriale dell’Atalanta, ma soluzioni sempre faticose, anche perché il Napoli difende compatto, lascia pochi spazi e linee di passaggio sempre sporche. Dopo due mezze chance per Boga (un colpo di testa fuori su cross di Djimsiti e un sinistro altissimo), l’Atalanta trova il gol della speranza nell’unica occasione in cui i suoi uomini hanno abbastanza libertà per agire con lucidità: Miranchuk per un cross di sinistro morbido che scavalca Koulibaly, De Roon per saltare di testa e infilare all’incrocio. Ma proprio nel momento in cui l’Atalanta dovrebbe prendere coraggio, è come se lo perdesse quando Djimsiti, cadendo a terra, si infortuna a una spalla. Gasperini è costretto a metter Maehle, che ha un impatto sulla partita insignificante, Spalletti aggiusta via via la squadra, gestendo bene i cambi, in particolare quelli di Lozano e Elmas. Che danno frutti al 36’, 5’ dopo la mazzata sulle ultime speranze nerazzurre, data da Ospina che devia un destro potente, ma centrale, di Boga: Koulibaly con un recupero fantastico avvia la ripartenza di Lozano sulla destra, che è in vantaggio su Zappacosta in rincorsa e trova lo scarico giusto su Elmas, che arriva a sinistra per il 3-1 che di fatto chiude la gara. Il resto, sono attacchi dell’Atalanta confusi e poco efficaci: un po’ come in tutta la partita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
04/04/2022 01:02
 
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Joao Pedro illude il Cagliari,
ma poi è Udinese show:
5-1 con tripletta di Beto

Dopo il vantaggio della squadra di Mazzarri,
i bianconeri diventano incontenibili grazie soprattutto
all’attaccante portoghese e a un Pereyra ispiratissimo.
Di Becao e Molina le altre reti


Francesco Velluzzi


Che Udinese e che Beto. Tre gol e pallone da conservare in casa per sempre. Ma anche che Cagliari, disastrato e disastroso. Alla Dacia Arena finisce 5-1 per i bianconeri di Gabriele Cioffi che indovina la mossa di partenza: sceglie Success accanto a Beto per sostituire l’infortunato Deulofeu che era arrivato a nove gol e in questo girone di ritorno era stato il faro delle Zebrette. Invece, il ritorno all’antico con le ripartenze a tutta velocità innescate grazie a una fisicità impressionante che il Cagliari soffre regalano praterie sulle quali il nigeriano e il portoghese fanno quello che vogliono supportati dalla tecnica di Pereyra, abile a mettere palloni perfetti e di Molina che diventa sempre più uomo mercato col sesto splendido gol in campionato. Il Cagliari parte bene, passando in vantaggio con Joao Pedro che ritrova il gol e che gol. Ma, una volta subito il pari di Becao, si scioglie, crolla con i difensori umiliati dagli avversari. E’ notte fonda per i rossoblù e per Mazzarri sul quale a questo punto bisogna anche porsi degli interrogativi. Vedremo cosa deciderà il presidente Tommaso Giulini dopo quattro sconfitte di fila, 11 gol subiti e uno solo segnato. E se il Genoa domani dovesse vincere a Verona affiancherebbe il Cagliari che sabato riceverà la Juve. L’Udinese, invece, la salvezza la mette in tasca, anzi può provare a finire in bellezza.

PRIMO TEMPO — E vediamo come è andata... alla Dacia Arena. La riapertura al 100% non è così sentita a Udine. Molti gemellaggi tra friulani e sardi, incontri, terzi tempi, ma la Dacia Arena non è affatto piena. Poco più di 4 mila paganti. Cioffi sceglie Success come sostituto di Deulofeu per bruciare il Cagliari in velocità e con la potenza fisica. Mazzarri lascia in panchina Baselli optando per Zappa a destra che dirotta Bellanova a sinistra. Così Dalbert si sistema sulla trequarti a dar fastidio a Walace, quasi in linea con Gaston Pereiro che parte molto largo per poi accentrarsi e ricevere sul sinistro. L’inizio è bianconero: ci provano debolmente Walace e Success. Ma il primo pericolo lo crea il Cagliari con Joao che innesca Dalbert che si invola a destra, Silvestri si salva bene in angolo. Al 20’ Dalbert incappa nel giallo per un’entrata in ritardo su Success. Al 28 Altare manda in angolo un tiro di Beto, ma al 32’ il Cagliari passa. Pasticciano Zeegelaar e Makengo favorendo il recupero di Deiola che serve Dalbert bravo a pescare Joao. Il pallonetto che brucia Silvestri è un colpo da campione. Joao (11 gol) non segnava dalla gara con la Fiorentina del 23 gennaio. Da sette partite. Meritato perché davanti è solo e prende anche falli e botte. La gloria rossoblù dura solo 6’ perché al 39’ Altare liscia su Beto, il pallone attraversa l’area e finisce a Pereyra che crossa. Sale Udogie e Cragno respinge, sulla ribattuta si oppone anche a Beto, ma non può nulla su Becao mentre Bellanova e Altare dormono. Sembra finito il primo tempo, ma Zeegelaar se ne va in solitudine facendo più di metà campo e riuscendo a servire Pereyra. Ancora cross e Beto si fa beffe di Altare (disastroso in questo primo tempo) e colpisce di testa. Anche lui (nono gol) si sblocca. Non segnava dal 9 gennaio: 2-1 per l’Udinese e tutti negli spogliatoi.

RIPRESA — Resta tutto immutato e forse sta qui l’errore chiave di Mazzarri che doveva ripartire con un altro attaccante. E dopo un bel recupero di Nuytinck su Joao, l’Udinese fa tris: Success vince un duello con Deiola e innesca Beto che parte alla sua maniera e fulmina Cragno. A quel punto ecco Keita per Altare e Baselli per Deiola. Il Cagliari comincia a giocare, ma è anche sfortunato perché Success e Beto sono imprendibili, stavolta il portoghese innesca Molina che vede Cragno fuori e lo beffa con un pallonetto meraviglioso. E’ il suo sesto gol in questo campionato: 4-1 e Cagliari in ginocchio. Distrutto, demoralizzato. Cioffi dà respiro a Walace e Successe spazio a Jajalo e Pussetto, ma è Beto che continua ad avere occasioni su occasioni per segnare il terzo gol e portarsi a casa il pallone. Ci riesce al 28’ quando Pussetto mette al centro un bel cross dalla sinistra e lui ancora di testa anticipa Dalbert. Ovazione. Umiliazione per il Cagliari che non ha neppure più un sistema di gioco. Ma, per la sfida con la Juve perde anche il fulcro del centrocampo Grassi che viene espulso (esageratamente) da Abisso per doppia ammonizione. La prima al primo tempo per gioco scorretto, ma quella decisiva per simulazione è forzata perché, pur senza fallo, cade perché si aggancia al piede di Jajalo. Unica nota positiva per il Cagliari il ritorno in campo di Rog dopo 466 giorni. Anche Nestorovski, entrato, per Beto, ha la sua occasione ma calcia fuori. Il punteggio tennistico sarebbe stato troppo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
04/04/2022 23:55
 
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Con la Samp decide Mkhitaryan:
la Roma passa e torna quinta



La rete dell'armeno vale anche il decimo risultato utile consecutivo, un filotto che mancava dal 2016


Filippo Grimaldi

Decima gara utile consecutiva, quarta vittoria negli ultimi cinque turni: non succedeva ai giallorossi dal finale della stagione 2015-16, e già questo dato spiega la solidità del gruppo di Mourinho (che s’impone uno a zero al Ferraris), confermata pure contro una Sampdoria che resta in acque pericolose di classifica. Ha provato in tutti i modi a non farsi sopraffare, ma ha pagato alla distanza la sua insufficiente spinta offensiva. Alla fine, per i giallorossi, l’unica nota stonata resta il dolore alla spalla destra dopo un precedente scontro di gioco che ha costretto Abraham ad uscire nel finale.

LA GARA — Sulla partita, è successo esattamente ciò che Giampaolo forse temeva: che in attacco la coperta fosse corta per la Samp già si sapeva, e da qui deriva la scelta iniziale del tecnico doriano di affiancare Sabiri a Caputo, con Sensi trequartista. Mourinho ha schierato la formazione annunciata, con il suo efficace 3-4—2-1, anche se almeno in avvio gli ospiti sono partiti un po’ troppo guardinghi. Più efficace la partenza della Sampdoria: dopo due minuti, Bereszynski approfitta di un erroraccio di Zalewski, affonda sulla destra e serve Sensi, ma l’appoggio del trequartista al centro non è sfruttato da Thorsby, che calcia male e fuori misura. Sulla ripartenza giallorossa, pallone ad Audero, il cui rinvio maldestro favorisce gli ospiti, ma Colley rimedia. Gara vivace, giocata a buon ritmo, in quella che sarà poi nel primo tempo la fase migliore degli uomini di Giampaolo, contro un avversario che ricorre spesso al fallo tattico (Mkhitaryan, Pellegrini) non appena la Samp trova un varco e crea la superiorità dalla mediana in su. Partita a lungo in sostanziale equilibrio. Ibanez di testa colpisce fuori misura, Sabiri viene abbattuto dallo stesso Ibanez, subito ammonito. Non ci sono timori reverenziali dei blucerchiati, la Roma fatica a distendersi, anche perché Abraham è poco servito, e arretra per cercare palla verso il centrocampo. La Roma crea poco, ma la Samp non riesce a pungere: al 21’ Caputo impegna Rui Patricio a terra. Gara stramba, zeppa di interruzioni, ma al primo vero affondo la Roma riesce a passare in vantaggio, quando su un traversone dalla sinistra di Zalewski, deviato proprio da Thorsby nel tentativo di anticipare Abraham, Mkhitaryan trova il varco da due passi su un pallone vagante e batte Audero. Samp che reagisce con furore, ma guadagna solo un angolo. Sugli sviluppi del corner Colley travolge Rui Patricio: tanta paura ma nessun danno per entrambi. Il vantaggio permette alla Roma di gestire il gioco, senza correre eccessivi rischi. Anzi, potrebbe addirittura raddoppiare su un retropassaggio folle di Bereszynski (38’): Abraham intuisce ed anticipa Audero, ma è precipitoso al momento del tiro e non trova la porta. Sabiri (41’) su punizione calcia direttamente in porta, ma Rui Patricio è attento.

CAMBIO DI PASSO — Nella ripresa Giampaolo toglie Sensi e inserisce Quagliarella al fianco di Caputo, arretrando Sabiri nel ruolo di trequartista. In apparenza, il gioco blucerchiato diventa più efficace sul piano offensivo, ma appena la Roma trova di nuovo le misure, i blucerchiati tornano a soffrire. La Roma, che ha più qualità, copre bene il campo e rischia pochissimo, gestendo nel primo quarto d’ora di gioco il vantaggio con autorevolezza. Murru (14’) anticipa in extremis un affondo in velocità Mkhitaryan-Pellegrini-Abraham, ma sono sempre i giallorossi padroni del campo. Giampaolo prova a riaccendere i suoi inserendo Vieira per Rincon in mediana e Augello per Murru a sinistra. Sabiri (21’) impegna Rui Patricio a terra, ma servirebbe più velocità e furore, che la Samp non sembra possedere. Si aprono spazi immensi per la Roma, Audero deve uscire fuori area per evitare il patatrac su Abraham. Trimboli (28’) sostituisce Thorsby per dare più profondità al gioco in mezzo. E’ una sfida che nel finale pare impari per valore: fra il 31’ e il 33’ la Roma un giropalla infinito sempre in controllo, con i blucerchiati incapaci di reagire. Certo, l’uno a zero non permette distrazioni, ma gli ospiti sono in totale controllo della gara. Mourinho toglie Abraham e Zalewski (dentro Shomurodov e Vina), ma la partita non cambia, anche se al 42’ su una conclusione di Quagliarella, Smalling per un soffio inganna Rui Patricio. Finale caldo, con la Roma che prova ad addormentare il gioco, tanto che Pellegrini – sostituito nel recupero ritarda l’uscita dal campo e si prende da diffidato un cartellino giallo apparentemente inutile, ma forse non del tutto casuale visto che la prossima è contro la Salernitana.

Fonte: Gazzetta dello Sport
04/04/2022 23:58
 
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Il doppio rigore di Calhanoglu
chiude la striscia Juve:
l'Inter rinasce ed è a -3 dalla vetta



Il turco decide dal dischetto il Derby d'Italia su un
discusso caso da moviola a fine primo tempo:
Allegri si ferma dopo sedici risultati utili consecutivi,
Inzaghi risponde al Napoli e resta aggrappato al treno scudetto


Giuseppe Nigro

La sosta ha girato il vento. Andando all’Allianz Stadium a chiudere con uno 0-1 su rigore la striscia positiva della Juventus che durava da 16 partite, l’Inter risponde al Napoli e in attesa del posticipo del Milan (ma sapendo di avere anche una partita da recuperare) resta a -3 dalla vetta aggrappata al treno scudetto. Inzaghi rimette in moto una macchina che nelle ultime sette partite aveva prodotto solo un successo con la Salernitana e che dalla Supercoppa di gennaio con la Juve aveva vinto solo con le ultime due in classifica, ma che proprio coi bianconeri adesso prova a riprendere la corsa.

Come all’andata, di nuovo è il Derby d’Italia (numero 178 in campionato, 48° successo dell’Inter) a chiudere a quattro la più lunga serie di successi stagionali bianconera. A lungo superiore nel gioco, frenato da una traversa in avvio e un palo nell’ultimo quarto d’ora, battuto da un rigore non dato sul campo e deciso al Var poi parato e infine ribattuto, Allegri invece esce definitivamente dalla corsa al tricolore vedendo interrompersi un’imbattibilità che durava dal 27 novembre contro l’Atalanta, anche allora allo Stadium: è la quarta sconfitta in stagione della Signora a casa sua, dove l’Inter aveva vinto solo una volta nelle ultime 15 (nel 2012 con Stramaccioni). Ma il dato forte è che la Juve chiude la stagione senza aver vinto nessuno degli scontri diretti al vertice.

IL MOMENTO DECISIVO — Minuto 43 del primo tempo, Dumfries sulla destra dell’area bianconera prova a farsi spazio tra Morata e Alex Sandro e finisce nel sandwich: contatto (pestone dello spagnolo). Non abbastanza forte da far fischiare rigore a Irrati dal vivo, ma richiamato al video cambia la decisione e decide il penalty. Dal dischetto Calhanoglu manda sulla sua sinistra e Szczesny il para-rigori salva il quarto consecutivo in campionato. Sulla respinta si fionda Calhanoglu, in uno sprint con De Ligt, Chiellini e Danilo la palla carambola su un paio di gambe e finisce in rete. Annullata, per fallo di Calhanoglu su Szczesny. Ma si va a rivedere e si decide altro: De Ligt era entrato in anticipo in area e avendo giocato la palla partecipa all’azione, per cui si tira di nuovo il rigore. Calhanoglu non cambia lato, sempre sulla sua sinistra, ma più angolato e più forte: Szczesny non ci arriva, 0-1 Inter.

RITMO E SPAZI — Il messaggio che Allegri voleva lanciare mettendo in campo la Juve col 4-2-3-1 si traduce forte e chiaro con un approccio di aggressione alla partita, mentre di là Inzaghi col ritorno di Brozovic con calma contro la pressione alta bianconera cerca gli spazi in cui pungere. Il resto lo fa l’agonismo che, declinato su ritmi non consueti per i big match di A normalmente più ingessati e cerebrali, si traduce anche in interventi tosti, con tacchetti alti e un vigore fotografato solo in parte dai sei cartellini gialli di un primo tempo che, complice il super-caso da rigore nel finale, durerà addirittura 55 minuti. La prima ammonizione, dopo un minuto e mezzo, è un calcio di Lautaro al volto di Locatelli che mezzora dopo si arrenderà in lacrime a uscire (dentro Zakaria), chiudendo simbolicamente quella fase di gara segnata più da una raffica di scosse elettriche che dal reciproco studio tattico.

MARCA JUVENTINA — L’incornata di Skriniar su corner dopo 8 minuti con salvataggio di Szczesny sul primo palo è, prima del rigore, l’unica palla gol interista di un primo tempo in realtà di marca juventina: un minuto dopo Chiellini su una carambola in area prende la traversa su un incerto Handanovic, messo alla prova da fuori anche da Dybala e Cuadrado. Morata si trova, senza successo, in un paio di occasioni da finalizzatore (al 16’ di testa su cross di Vlahovic, alla mezzora imbeccato da Cuadrado su disattenzione di Bastoni) ma - dopo che l’uscita di Locatelli e il rigore dell’Inter cambiano la partita - tra veli, tacchi e ultimi passaggi lo spagnolo è il migliore dei suoi soprattutto da suggeritore: prova a mandare in gol Vlahovic che dopo 8 minuti di recupero a fine primo tempo manda largo di poco il mancino, poi al 52’ accende Dybala dopo un pasticcio Skriniar-Handanovic (largo) e al 58’ combina ancora con la Joya sotto porta prima che Perisic salvi su Vlahovic.

LA CORRIDA — Un’altra possibile svolta poteva arrivare al 55’, un contatto ingenuo di Bastoni su Zakaria al limite viene considerato fuori area ed è questione di millimetri: anche al video arbitro e Var non trovano evidenze tali da ribaltare la decisione presa sul campo. La partita perde rotondità e resta la battaglia di nervi, anche con le forze fresche dalla panchina di Correa, Darmian, Kean, De Sciglio e poi tutti gli altri, senza cambi tattici. Vlahovic al 63’ si inventa una palla gol girando attorno a Skriniar e poi facendo partire un tiro a giro di destro largo di poco. Dieci minuti dopo è Zakaria a partire box to box e dal limite dell’area fa partire un destro che, sfiorato da Handanovic, si stampa sul palo. La corrida dell’ultimo quarto d’ora esalta la resistenza dell’Inter e la Juve non va altro un paio di cadute in area di Vlahovic e De Ligt non da rigore. Per la prima volta dopo 13 anni l’Inter chiude imbattuta gli scontri diretti stagionali con la Signora, staccata ora forse in maniera decisiva con 4 punti di distanza e una partita che i nerazzurri devono recuperare. E se Inzaghi guarda in alto vede la vetta ancora lì, a 3 punti. Ma adesso ha riacceso la macchina.

Fonte: Gazzetta dello Sport
05/04/2022 00:05
 
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Simeone lancia il Verona.
Genoa, il primo ko di Blessin fa male



Primo tempo dominato dall'Hellas, che ha colpito anche un palo con Caprari.
Nella ripresa i rossoblù, trasformati dai cambi, hanno sfiorato il pari con Piccoli


Matteo Pierelli

Un Verona formato extra lusso continua la sua corsa travolgente, che lo vede costantemente nella parte sinistra della classifica. A farne le spese è il Genoa di Alexander Blessin: il tecnico tedesco incassa la prima sconfitta da quando è in Italia, dopo otto risultati utili. Un successo meritato quello dei gialloblù che sono riusciti a capitalizzare al meglio il gol dell’ex di Giovanni Simeone, arrivato a quota 16 reti: l’argentino aveva segnato anche all’andata. La squadra di Tudor, che sabato avrà l’Inter a San Siro, ha comandato il gioco fin dall’inizio e ha legittimato il ruolo di grande sorpresa di questo campionato in cui ora ha raggiunto i 45 punti, quando mancano ancora sette partite: un traguardo di alto livello. Per il Genoa invece è arrivata la doccia fredda: con un successo avrebbe raggiunto il Cagliari in quart’ultima posizione, invece il Grifone resta ancora laggiù, anche se il tempo per rimediare non manca.

CI PENSA SIMEONE — Nel primo tempo il Verona è partito fortissimo, aggredendo subito i portatori di palla del Genoa. La rete che ha sbloccato la partita è arrivata dopo soli 5 minuti: palla geniale di Bessa per Simeone che in spaccata arriva sulla palla assieme a Vasquez e beffa Sirigu in uscita. Il Verona, sostenuto a gran voce dal pubblico malgrado la Curva Sud sia chiusa per i cori razzisti nella partita con il Napoli, non si accontenta e continua la pressione. Caprari a sinistra è molto ispirato, Bessa quando ha la palla tra i piedi sa sempre cosa fare e l’Hellas al 22’ va vicino al raddoppio: Tameze serve Caprari, gran destro a giro e palla sul palo: decisiva la deviazione di Sirigu. Poco dopo ancora Caprari, dopo un bel fraseggio con Lazovic, ci prova ma Sirigu fa buona guardia. Il Genoa del primo tempo è solo – o quasi – in una conclusione di Portanova controllata senza problemi da Montipò.

GENOA STERILE — Nella ripresa Blessin ha cercato di dare una scossa ai suoi con i cambi. In effetti l’ingresso di Yeboah a inizio secondo tempo ha dato un po’ di verve in più alla sua squadra. Anche Amiri ha cercato di mettere in difficoltà la difesa del Verona, così come Piccoli che a un quarto d’ora dalla fine ha avuto la palla del pareggio, ma l’intervento di Lazovic è stato provvidenziale. Poco dopo anche Galdames è stato pericoloso sulla destra, ma Montipò ha fatto buona guardia. Il Genoa ha finito la partita con grande intensità, ma gli è mancata la zampata in area: per la salvezza serve ritrovare la via del gol.

Fonte: Gazzetta dello Sport
05/04/2022 00:08
 
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l Milan frena col Bologna: a San Siro è solo 0-0.
Ora il Napoli è a -1 e l'Inter a -4

Rossoneri poco brillanti e pericolosi solo in pochissime occasioni


Marco Pasotto


Il tentativo di allungo è diventato un vantaggio ridotto di due terzi. Il confortante +3 sull’inseguitrice più vicina si è trasformato in un +1 che stanotte toglierà qualche ora di sonno. Certo, il Milan resta da solo davanti a tutti e rimane ancora padrone del proprio destino, ma getta dalla finestra altri punti vitali contro un’avversaria di rango inferiore. Maledette recidive. Un fine settimana che per il Milan era nato sotto i migliori auspici e col passare delle ore è diventato sempre più complicato. Prima le vittorie di Napoli e Inter su Atalanta e Juve, poi l’incapacità di superare un Bologna che ha giocato col cuore di Mihajlovic, collegato dalla sua stanza d’ospedale, ma che oggettivamente non ha più nulla da chiedere al campionato. “Noi ci crediamo”, hanno urlato dalla curva Sud a fine gara, ma questo zero a zero è un altro risultato che puzza maledettamente di occasione smarrita. Le buone notizie arrivano dalla retroguardia, alla quinta uscita di fila senza prendere gol, ma là davanti il Diavolo fa una fatica tremenda a concretizzare la mole di lavoro nei metri precedenti. Un vizio già visto anche questo. Non è bastata nemmeno la carica dei (quasi) settantamila appassionati di San Siro, fra cui Silvio Berlusconi seduto accanto a Salvini.

LE SCELTE — Pioli ha confermato la formazione che ha dominato a Cagliari, con l’eccezione di Tonali, che si è ripreso il posto in mediana accanto a Bennacer. A farne le spese Kessie (travolto dai fischi alla lettura delle formazioni e all’ingresso in campo): stavolta Franck in panchina e dietro Giroud conferma per Diaz, affiancato da Messias e Leao. La difesa ha perso all’ultimo momento Romagnoli (infiammazione all’adduttore), ma non sarebbe comunque cambiato nulla: in questo momento la coppia centrale titolare per Pioli è Kalulu-Tomori. Mihajlovic ha perso De Silvestri (Dijks al suo posto, con Hickey dirottato a destra) e recuperato Soriano, ma il capitano non è andato oltre alla panchina: 3-5-2 quindi, con Aebischer mezzala, Orsolini in panca e Barrow a supporto di Arnautovic. Chiamatelo effetto Mihajlovic, catalizzatore a distanza di tattica e spirito di gruppo, ma il Bologna tutto è sembrato tranne una squadra capace di mettere in fila soltanto sei punti nel girone di ritorno. Un Bologna sereno nell’approccio, molto ben messo in campo, che non ha mai rinunciato a pungere e con le idee tatticamente chiarissime, abile a stringere le linee quando Diaz e Leao hanno provato a infilarcisi in mezzo. Ed elettrico soprattutto sul fianco destro del Milan, che ha patito le discese di Dijks e i movimenti di Svanberg, nonostante un Bennacer di altissimo profilo. L’algerino, uscito con le lacrime dall’eliminazione nei playoff mondiali, ha archiviato subito le amarezze algerine ed è stato il migliore dei rossoneri nei primi 45.

TRIDENTE SPUNTATO — Il problema è che davanti a lui la trequarti è mancata per due terzi. Messias ha sbattuto ripetutamente, senza riuscire a prendergli le misure, contro Dijks e Theate, mentre Leao è stato semplicemente irriconoscibile (e quanti scivoloni: ma che scarpe ha messo?), confermando le sensazioni negative viste già a Cagliari. Fase involutiva evidente, e non è il massimo visto il momento della stagione. Il tridente spuntato ha prodotto il danno più logico: una fatica bestiale ad armare Giroud e una serie esagerata di cross dalla trequarti tutti molto prevedibili. E’ stato un Milan in buona parte leggibile, anche se il ritmo è sempre rimasto buono. Frenetico, però, e non lucido. Occasioni? Da una parte e dall’altra. Hernandez due volte di potenza, Leao alto da posizione invitante dopo un flipper in area, Aebischer ha terrorizzato San Siro su velo di Arnautovic, Barrow ha fatto decollare Maignan dalla distanza, Calabria ha sprecato di controbalzo su sponda di Giroud e Skorupski allo scadere ha fatto un miracolo su un’inzuccata del francese.

RIPARTENZE — La ripresa è iniziata col cambio più logico: fuori Messias, dentro Rebic, con Leao spostato a destra e tornato in campo decisamente con più convinzione. Dopo due minuti ha iniziato e concluso un caparbio spunto personale (Skorupski di piede) e al quarto d’ora ha servito Calabria per un destro che è uscito di un nulla. Una pressione da cui il Bologna ha faticato a liberarsi e gli ha fatto perdere metri (parecchi) e convinzione. Gli emiliani in pratica hanno smesso di costruire, affidandosi quasi esclusivamente alle ripartenze. A metà tempo Pioli ha inserito Ibra per Giroud e Kessie per Bennacer, Leao ha spedito fuori un gustoso invito di Zlatan, il Milan si è definitivamente piazzato nella metà campo rossoblù, ma il fortino davanti a Skorupski ha retto fino all’ultimo degli otto minuti di recupero, anche di fronte ai tentativi di Ibra e Rebic.

Fonte: Gazzetta dello Sport
05/04/2022 00:12
 
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SERIE A 2021/2022 31ª Giornata (12ª di Ritorno)

02/04/2022
Spezia - Venezia 1-0
Lazio - Sassuolo 2-1
Salernitana - Torino 0-1
03/04/2022
Fiorentina - Empoli 1-0
Atalanta - Napoli 1-3
Udinese - Cagliari 5-1
Sampdoria - Roma 0-1
Juventus - Inter 0-1
04/04/2022
Verona - Genoa 1-0
Milan - Bologna 0-0

Classifica
1) Milan punti 67;
2) Napoli punti 66;
3) Inter(*) punti 63;
4) Juventus punti 59;
5) Roma punti 54;
6) Lazio punti 52;
7) Atalanta(*) punti 51;
8) Fiorentina(*) punti 50;
09) Verona punti 45;
10) Sassuolo punti 43;
11) Torino(*) punti 38;
12) Bologna(*) punti 34;
13) Udinese(**) e Empoli punti 33;
15) Spezia punti 32;
16) Sampdoria punti 29;
17) Cagliari punti 25;
18) Venezia(*) e Genoa punti 22;
20) Salernitana(**) punti 16.

(gazzetta.it)


19ª giornata: Udinese - Salernitana è per ora non disputata (per il forfait della Salernitana causa Covid-19), ma la decisione del
giudice sportivo di assegnare la vittoria a tavolino all'Udinese e un punto di penalità alla Salernitana è stata ribaltata in
appello ed ora è da recuperare.
20ª giornata: Bologna - Inter, Atalanta - Torino, Salernitana - Venezia e Fiorentina - Udinese non disputate
per forfait di almeno una delle squadre a causa del Covid, in attesa di ulteriori decisioni.
(*) una partita in meno
(**) due partite in meno
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Empoli e Spezia non si fanno male:
prezioso 0-0 in chiave salvezza

Maggiore pressione della squadra di Andreazzoli, alla quindicesima gara senza successi,
ma il gol non arriva mai nonostante le buone occasioni di Pinamonti, La Mantia e Benassi


Alex Frosio


L’Empoli non vince più: quindicesima di fila senza successi, così un pari diventa un punto d’oro, a questo punto della stagione. I toscani e lo Spezia aggiungono un mattoncino alla costruzione della loro salvezza: il pareggio era “chiamato”, ma lo 0-0 risponde meno allo sviluppo della partita. Andreazzoli sceglie Bajrami alle spalle di Pinamonti e Di Francesco e ridisegna tre quarti di difesa, confermando solo Stojanovic e affidandosi ai giovanissimi Viti e Parisi in compagnia di Romagnoli. Thiago Motta rivede l’assetto: 4-2-3-1 con Agudelo che si incolla ad Asllani. Non cambia l’atteggiamento, di estrema copertura. Però la prima occasione è ospite: all’8’ Maggiore si libera centralmente e libera il destro, fuori di pochissimo. La partita la fa l’Empoli, il cui gioco fluido ha forse l’unico difetto di essere perfino troppo ambizioso, perché cerca sempre il dialogo stretto e forzatamente difficile.

RISCHIO AUTORETE — Al 15’ Di Francesco scappa a sinistra e sul suo cross Nikolaou rischia l’autorete di testa. Ma la prima vera occasione arriva solo al 37’: cross basso di Bandinelli da sinistra, Pinamonti batte di mancino, Provedel risponde di piede. Al 43’ una discesa di Agudelo preoccupa la difesa empolese, ma il cross basso attraversa l’area e Amian sul secondo palo non riesce a servire nessuno. Nel finale di tempo si accende Bajrami: Bandinelli non sfrutta un suo break al 40’, poi al 47’ il 10 chiama al tiro Asllani, alto. Un’altra giocata di Bajrami apre la ripresa, che però non si anima.

SOSTITUZIONI — Di Andreazzoli le prime mosse: Benassi per Di Francesco e La Mantia per Zurkowski. Al 17’ lampi Spezia: Viti (prova maiuscola) stoppa il tiro di Manaj, poi Vicario chiude su Agudelo attivato da un triangolo con Bastoni, sul corner successivo testata di Manaj centrale. L’Empoli riparte alla carica: al 21’ cross basso di Stojanovic e deviazione sul primo palo di La Mantia, serve una prodezza di Provedel. Verde entra per Agudelo, lo Spezia continua a difendersi. Destro alto di Bandinelli al 26’, girata sballata di Pinamonti al 28’, super chiusura di Erlic su La Mantia da cross di Benassi al 31’. Altri cambi: Henderson per Bandinelli e Ismajli per Romagnoli da una parte, Nzola per Manaj e Kovalenko per Gyasi dall’altra. Proprio Kovalenko inventa per Verde al 42’: sinistro piazzato, Vicario chiude e si ripete sul tap in tentato da Nzola. Portieri protagonisti, perché al 44’ Provedel vola sul sinistro di Benassi dal limite. L’ultima chance è dell’Empoli: sinistro di Henderson appena fuori e triplice fischio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
09/04/2022 21:44
 
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L'Inter ora corre:
2-0 al Verona coi gol di Barella e Dzeko.
Notte a -1 dal Milan



Grande primo tempo della squadra di Inzaghi,
che davanti a oltre 61mila spettatori la sblocca con l'azzurro
e il bosniaco su assist del croato, migliore in campo.
Vetta sempre più vicina


Luca Taidelli

Avviso al campionato. L'Inter - che nel 2022 non aveva ancora vinto due gare di seguito in campionato - è tornata a divertire e soprattutto a divertirsi. Aspetto fondamentale perché l'attrezzo che nel buio di febbraio-marzo era sembrato pesante come una palla ortopedica ora torna a muoversi a tutto campo, leggero come la testa dei giocatori. Stappata dal successo in casa della Juve, la squadra di Inzaghi (con la spinta degli oltre 60mila di San Siro) agguanta il Napoli e risale a -1 dal Milan piegando con Barella e Dzeko un buon Verona, fin troppo coraggioso nel provare a giocarsela faccia a faccia con i nerazzurri. Anche se non finisce nel tabellino, il migliore in campo è ancora una volta Perisic. Autore dei due assist e di una prova imbarazzante per strapotere fisico, il croato finirà con l'imporre il rinnovo a Marotta e Ausilio.

PRIMO TEMPO — Inzaghi sostituisce lo squalificato Lautaro con Correa, ritrova De Vrij al centro della difesa e concede un turno di riposo a Bastoni. Al suo posto Dimarco. Tudor non recupera Barak e con Caprari, alle spalle di Simeone, punta sull'ex Bessa. Faraoni e Lazovic sugli esterni. L'inizio è uno spettacolo, nella misura in cui l'Inter - reduce da troppi approcci sbagliati - vorrebbe aggredire un Verona che però la va a prendere in ogni zona del campo con dieci marcature a uomo d'altri tempi in quello che in fase difensiva si declina in un 4-3-2-1 con Tameze incollato a Calhanoglu, Ilicic su Brozovic e il supposto difensore centrale Casale a braccare Barella. Una lotta senza quartiere che alla distanza vede l'Inter prevalere e gli ospiti a rincorrere. Grande il lavoro della mediana di Inzaghi, ma come spesso succede a spaccare la partita è Perisic. Il croato prima va vicino al gol (gran parata di Montipò al 18') e poi al 22' approfitta di un errore di Bessa per involarsi a sinistra e mettere un cross al bacio che Barella scaraventa in porta con un esterno di controbalzo. Casale, forza dell'abitudine, nell'occasione accorcia a centro area su Dzeko perdendosi l'azzurro sul secondo palo. Gol bellissimo che accende ulteriormente il Meazza. L'Inter non alza il piede dall'acceleratore e a furia di bussare apre la porta avversaria un'altra volta. Al 29' Dimarco pennella un corner per la spizzata del solito Perisic e sul solito secondo palo (male Gunter) Dzeko appoggia per il 2-0. Il Verona accusa il colpo, ma non rinuncia mai a giocare e al 34' serve una grande uscita di Handanovic su Simeone per evitare che il match si riapra. Il problema dei veneti è che se ti metti a fare il gioco delle coppie contro una squadra più forte, poi emerge la superiorità individuale dei nerazzurri. E a fine primo tempo lo 0-2 è quasi un lusso.

SECONDO TEMPO — Si riparte con D'Ambrosio al posto di De Vrij (affaticamento alla coscia sinistra, era appena rientrato dopo un mese) e Skriniar che scala a destra. Il Verona resta sempre alto, anche troppo, e Dumfries al 49' si mangia il 3-0 dopo una bella azione sulla destra. Ma anche Ceccherini potrebbe fare di meglio subito dopo su una palla liberata male dai nerazzurri. Al 59' Inzaghi toglie Correa per Gosens, con Perisic che sale. Messaggio poco promettente per Sanchez, anche perché a bordo campo si scalda Caicedo e non il cileno. Tudor risponde con Depaoli e Lasagna (che ci prova subito da fuori) per Faraoni e Bessa. Barella al 65' chiede il cambio e con Vidal entra anche Bastoni per un buon Dimarco. IL match rimane sempre vibrante perché l'Inter non sfrutta al meglio le praterie che si aprono soprattutto a destra (palo di D'Ambrosio al termine di una grande azione al 75') e i veneti danno sempre l'idea di poterla riaprire da un momento all'altro. Come dimostrano due conclusioni di Simeone che potevano avere miglior fortuna. Ma la vittoria dell'Inter resta più che meritata. A Napoli e Milan domani toccherà gestire la pressione e risponderle.

Fonte: Gazzetta dello Sport
09/04/2022 21:54
 
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