La Habana - servizio in giro per la città
Più di trecento persone hanno visto l'inizio della storia con Yahima, e nessuno mi ha chiesto di continuare. Che entusiasmo, che interesse. Ma so come vendicarmi...continuando!
La giornata iniziò presto; diedi l'appuntamento a Yahima e Adilen verso le 10, con l'intesa che avremmo fatto il giro dell'Avana città, fotografandole in pose tipicamente foot fetish nei luoghi più caratteristici. Il Malecon, il Capitolio, la Quinta..,
Come feci a spiegare il concetto di quello che volevo non lo ricordo più e certamente mi capirono poco, ma appurato che non ero l'extranjero molesto e approfittatore mi seguirono con simpatia ed entusiasmo, senza la più pallida idea di cosa significasse un servizio di quel genere.
Di scarpe né l'una né l'altra avevano una grande collezione, tanto che Yahima aveva addirittura i piedi con l'abbronzatura in corrispondenza con la forma dell'unico paio che probabilmente indossava fuori dal lavoro. Dal quel dettaglio potevo dedurre che nessuna delle due fosse abituata a scendere a compromessi facilmente con gli stranieri, e dai dialoghi successivi capii che neanche avevano mai ricevuto attenzione verso i propri piedini e considerato gli stessi oggetto d'interesse e "culto".
L'idea di essere fotografate in giro per la città le elettrizzava, e quest'allegria mi aiutò a sentirmi più a mio agio con tutte e due. La confidenza non era tanta, e all'epoca il mio spagnolo non mi consentiva di esprimere grandi concetti: notoriamente ci vuole un'intera bottiglia di vin tinto (rosso) per rendere il mio favellar ispanico più efficace.
"bueno, vamos a hacer fotos de las dos aqui, cerca de eso" (ok, ora inizio a fotografarvi vicino a questo - questo sta per monumento, che ovviamente non avrei saputo tradurre)
Qualche scatto ai visi sorridenti e arrivò finalmente il momento di entrare sul Tema. "Sacate los sapatos y mostrame las plantas de los pes, como un saludo para los italianos" (togliti le scarpe e mostrami le piante dei piedi per salutare gli amici italiani).
Le ragazze iniziarono a ridere; per quanto bizzarra fosse la cosa eravamo in tre a divertirci, magari per motivi diversi, e nei loro occhi coglievo la consapevolezza crescente di essere di fronte a un nuovo modo di essere desiderate.
Seguirono tre ore spostandosi da una parte all'altra della città, prendendo sempre più complicità ma con una fame crescente che mi spinse a proporre un pranzo a tre e la continuazione del servizio nel pomeriggio.
Guardare Yahima muoversi e sorridermi, ma anche ricomporsi e tornare seria dopo le foto, mi aveva fatto salire un desiderio forte; più che ai piedi pensavo "ma qualcuno la bacerà pure questa ragazza, chissà come farà a smettere di accarezzarla e guardarla?!".
Tra un pensiero e l'altro ci trovammo seduti in tre attorno a un tavolino, stanchi ma soddisfatti. Come compagni di lavoro contenti per un successo faticato e meritato, una cervesita dopo l'altra le due ragazze si avvicinarono molto a me. Un temporale improvviso ci tenne chiusi lì per almeno due ore, rendendo impossibile continuare a fotografare per la città.
Le invitai a casa mia, a scaricare le foto nel computer e rivederle insieme. Senza un minimo d'esitazione accettarono, e mi trovai in pochi minuti con tutte e due le ragazze sdraiate sul mio letto; ovviamente i piedini bene in vista e gli sguardi languidi di birra, stanchezza e desiderio.
Non potendo stringere a me Yahima e corteggiarla, come avrei certamente fatto se fossi stato solo, non mi restava che fotografarla nuovamente per tuffarmi di nuovo in lei. Mi forzavo a ripartire i tempi delle foto in modo che Adilen non si sentisse trascurata, ma avevo bisogno di Yahima, solo di lei.
La strada per riportare a casa le due ragazze era veramente lunga, almeno 45 minuti di macchina, e mi sarei trovato lontano da casa e costretto a guidare per strade sconosciute, piene di buche e prive d'indicazioni. Non so se fu fortuna o frutto di un accordo, ma l'itinerario passò per casa d'Adilen prima, quindi mi ritrovai solo con Yahima, sulla strada di casa sua.
Come si può concludere una giornata come quella, sarei più stato da solo con lei? Pensavo questo e l'ammiravo; in altri momenti avrei pensato a non compromettere la mia immagine, e avrei forzato la mia natura verso la cordialità.
Però avevo una sensazione chiara e forte: la sua giornata è stata come la mia, non può concluderla senza restare un po' da sola con me.
Le chiesi se le avrebbe fatto piacere uscire la sera con me, prima a cena e poi in un locale. Mi disse che non era abituata ad uscire la sera, e che non era mai stata da sola con uno straniero; ma la sua volontà era quella di accettare.
Entrammo a casa sua e mi presentò sua mamma, alla quale chiesi di fatto il permesso di uscire con la figlia. In Italia sarei stato molto imbarazzato a fare una cosa del genere, ma se per lei la cosa era normale probabilmente lo era per Cuba, e quindi lo feci ed ottenni l'autorizzazione.
La cena per consuetudine la consumai insieme alla famiglia di Cubani che mi affitta la camera, che rimase incantata da Yahima. L'educazione, i modi e la bellezza di quella ragazza colpirono un po' tutti, ed ebbi anch'io la sensazione che fosse matura per i suoi 20 anni.
Quando rimanemmo soli, pronti per andare al locale, i miei gesti istintivamente cercavano il contatto con lei. Uscire da una stanza dopo di lei diveniva il pretesto per appoggiarle la mano su un fianco. Allo stesso tempo lei era educata e composta, non incoraggiava né reprimeva il mio bisogno di accorciare le distanze.
La portai in un locale incredibile dell'Havana, il Turchino. All'ultimo piano di un grattacielo, dove fanno cabaret e suonano la musica dal vivo. Una pista circolare, tutto il locale color turchino, con delle luci tipo stelle ad illuminare delicatamente i tavoli. Tocco finale: durante il concerto si apre una parte del soffitto e si resta in mezzo alle stelle, un vero spettacolo nello spettacolo
Il mio bisogno di contatto, i miei dubbi sulla felicità di Yahima ad essere lì con me, si dissolsero quando mi mise una mano sull'avanbraccio: una carezza e un bigogno di vicinanza. Feci altrettanto, e passammo ore a parlarci, a ballare insieme sia la salsa che la discomusic.
Quella serata m'innamorai di Yahima, ma persi l'attimo per stringerla e baciarla. Forse lei non voleva, ma certamente me l'avrebbe concesso.
Perché non lo feci?
Non volevo che l'aglio e l'alcol mi rovinassero il sogno, a costo di rinunciare. Se non vi avessi raccontato tutto questo, che col feticismo a poco o nulla a che fare, non mi sarei ricordato di questo dettaglio.
Non è giusto che un amore muoia per mancanza di dentifricio!
Yahima mentre si pulisce il sudore dalle scarpe, senza che sia io a suggerirlo. Lo faceva per prepararsi per la foto, senza sapere di essere involontariamente il miglior soggetto possibile in quella posa
[Modificato da Sergioaituoipiedi 27/10/2004 1.11]
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