Il dono primo in hit parade
Nel duello tra Madonna e Mina, che aveva animato la classifica italiana la scorsa settimana, spunta il classico "terzo incomodo". Che in questo caso ha le fattezze, la voce e le canzoni di Renato Zero. Il suo nuovo album, Il dono, debutta direttamente al numero uno, spazzando dal vertice Confessions On A Dance Floor di Madonna dopo una sola settimana di primato. D'obbligo riproporre l'intervista realizzata con Zero alla vigilia della pubblicazione di Il dono.
Dietro l'evocazione natalizia di un titolo, Il dono, e di quel colore rosso che punteggia la grafica della copertina, il nuovo album di Renato Zero è una collezione di contrasti. O meglio, contraddizioni. Quella musicale, tra canzoni affidate al suono compatto di una band e altre enfatizzate dall'imponenza di un'orchestra, o tra melodie consapevolmente eteree e funky venato d'ironia, è solo la più sottile.
Ben più profondo lo stacco che le canzoni evidenziano tra le diverse identità di un artista che ama definirsi "l'Opposto". Lo Zero "ieratico" canta l'amore universale in La vita è un dono, si spende per i clandestini senza nome venuti Dal mare , si immerge tra la "sua" gente in L'esempio . Poi arriva lo Zero "terreno", che attacca i network radiofonici in Radio o non radio, chiede alle religioni uno sforzo di comprensione reciproca marchiandolo con l'ebraico Immi Ruah (Spirito divino).
E che dire dello Zero "protezionista", che in Stai bene là denuncia il colonialismo culturale americano ma poi cita Etta James, Frakie Vallie e Sarah Vaughn tra i suoi modelli di riferimento? Infine, ecco il ritorno dello Zero "erotico", che torna ai fasti di Sbattiamoci e Il triangolo affrontando l'onanismo in un titolo e un testo esplicito come Fai da te.
Gli argomenti delicati non mancano. Zero ne discute senza badare al prezzo che la sincerità a volte impone, quando una piccola bugia basterebbe a evitare qualsiasi complicazione. La verità di Zero, la sua lettura della storia, la sua immagine del mondo, lascia perplessi al primo impatto. Poi si capisce che il suo è comunque un pensiero condiviso. Arriva dal basso, dalla gente e dalla strada, dove si esprime liberamente. Quando arriva in alto diventa spesso un intimo segreto.
Non per Renato, a cui non si addicono il "politically correct" e le frasi di circostanza. Zero dice quello che pensa senza giri di parole. Una sincerità che, combinata a un modo di essere unico e riconoscibile, nella vita come in musica, è il vero segreto di un successo che dura da quarant'anni.
Il Dono...
C'è una canzone, La vita è un dono, che parla di un'attitudine antica. Il dono, darsi con generosità, fare regalo delle proprie conquiste. Condividere, non barattare. Oggi regaliamo soprattutto apparenza e poca sostanza. Per uno che fa musica il dono più spontaneo, un dono che unisce, è proprio la musica. E la musica mette d'accordo tutti, rossi e neri. Almeno, dovrebbe essere così.
La vita è un dono è dedicata a Papa Wojtila...
Persi mio padre nel 1980 e credevo che non avrei mai più avuto un altro. Improvvisamente si affaccia alla finestra questo Padre universale, ruolo che gli è stato riconosciuto anche da altre confessioni religiose. La vita è un dono precede il resto dell'album, l'abbiamo registrata a fine maggio, con orchestra e coro. Un giornalista vaticanista mi intervista e io confesso tutta la mia amarezza per il Papa, che soffriva nella responsabilità di rappresentare l'umanità anche nei suoi patimenti. Nella consapevolezza di una missione da non abbandonare. Le mie parole finiscono sull'Osservatore Romano, in terza pagina, la "sua" pagina, quella attraverso cui il Papa ci parlava. E trapela che è stato proprio lui a concedere quello spazio. La cosa mi tocca tantissimo. Avrei voluto esprimere tutto questo davanti a lui. La dedica mi è sembrata doverosa.
La canzone Immi Ruah chiede dialogo e comprensione tra uomini e religioni. Perché titolarla in ebraico? Sembra una scelta di "campo"...
Ho vissuto a Roma avendo vicino tanti amici ebrei. Ho sentito sempre una forte complicità e collaborazione tra cattolici ed ebrei. Per lo meno nella mia Roma. Mia nonna Renata mi raccontava che a casa mia furono nascosti ebrei. Noi cattolici abbiamo superato l'Inquisizione e le Crociate, loro devono ancora saldare i loro conti. Con la mia canzone chiedo anche un momento di riflessione per questi nostri "parenti prossimi". E poi, credo che noi italiani ci sentiamo più vicini agli ebrei: in Italia ce ne sono tantissimi e abbiamo tante affinità. Ma il messaggio è rivolto a tutti e non credo che le parole Immi Ruah possano indebolirlo. Davo per scontata questa lettura, a quanto pare non è così.
Stai bene lì: Zero, perché questo suo attacco all'America?
Nei loro pochi secoli di storia gli Stati Uniti hanno esibito immaturità e pressapochismo. D'altronde, gli italiani, i polacchi, gli arabi, i francesi, gli spagnoli, gli irlandesi e tutti quelli che hanno lasciato il loro Paese per andare lì a popolare quel deserto erano solo onesti lavoratori, muratori, carpentieri. Ma hanno dimenticato a casa l'abecedario...
Scusi Zero, ma l'America l'hanno fatta anche i cervelli. Enrico Fermi è un nostro esempio...
Quando sei qualcuno gli americani ti aprono la porta. Se non sei nessuno ti rubano 25mila dollari nella cassetta di sicurezza dell'albergo, come è successo a me. Il mio non è antiamericanismo, sia chiaro. Ma è una cosa che sentivo di dover dire. Di politica non voglio nutrirmi, non renderei un buon servizio a un artista ad oggi anarchico e felice. E voglio restare autonomo, esprimere un parere senza dovermi schierare.
Scusi ancora, Renato. La canzone descrive l'America come grattacieli, petrolio e cow-boy. E gli italiani come un popolo di eroi, che non lanceranno mai il may-day, orgogliosi degli spaghetti. Non è una dicotomia troppo semplicistica?
E' difesa della nostra cultura. Ho sentito il bisogno di lanciare un grido d'allarme a difesa della nostra identità. Ho il naso di Alighieri, le orecchie di Pasolini, il cuore della Magnani: non mi tocchi! Tanti secoli di storia e di fatica devono trovare una via preferenziale. Cosa vuoi dire ai ragazzi di oggi, che devono vivere di pop corn? Di' loro che devono impegnarsi tantissimo. Io rispetto il singolo americano, ma mi ribello all'imposizione di una filosofia di vita. Stai bene lì, America. Invece ci ritroviamo su una polveriera, circondati da basi Nato e materiale altamente esplosivo. L'Italia non è più il Belpaese...
Renato, tra tante canzoni di amore e impegno c'è come un sasso in uno stagno: Fai da te...
C'è un po' di Pasolini lì dentro, una solitudine consapevole. Dal punto di vista del maschio, il confronto con "lui" è sì dimostrazione di un problema nei rapporti con l'altro sesso, ma è un passaggio utile a capire chi sei. O ne esci onanista, megalomane perso. Oppure perdi tutta la tua presunzione. Credo che nel secondo caso ci siano buone possibilità di salvezza generale. Non lo trovo un tema peccaminoso. Ho scelto di tornare a cantare un'intimità di questo tipo perché la si racconta sempre meno. Un'intimità che mi riporta ad Aznavour e Becaud, i francesi arrivavano fin dentro le mutande. Dove non si trovava un pezzo di bollito, ma una vera filosofia di vita.
Ha citato Pasolini. D'obbligo un suo ricordo...
Da piccolo ne avevo paura, non avrei voluto mai incontrarlo. Confesso le mie colpe. Gli amici della borgata mi raccontavano su di lui cose molto dure, me lo descrivevano come poco raccomandabile. Poi crescendo mi sono avvicinato ai suoi scritti scoprendo il desiderio di conoscerlo. Nel '75, quando morì, io ero appena uscito da quella fase di repulsione. Troppo tardi. Se fosse stato in vita oggi avrei preso volentieri un caffè con lui.
Celentano e la Tv. Le è piaciuto il programma e...ne farebbe un altro tutto suo?
Quella di Adriano non è una scelta artistica, ma una scelta di linguaggio. Lui ha scelto di esprimersi così. Di certo lui è una garanzia, ha lavorato sulla sua pelle. Io rock o lento? Non mi piace questa divisione, lascia fuori troppi stili. E io mi sento bossa nova. No, non tornerei in Tv. Lo farei soltanto a determinate condizioni, anzi una: che mi diano un budget e mi lascino libero di farne ciò che voglio. Credo che si scontri con la mentalità di Rai e Mediaset.
Zero a Sanremo?
Sanremo lo guarderò. Panariello sa benissimo che io andrò al Festival soltanto se ne avrò voglia. Gli amici veri non devono pretendere, ma scoraggiarti a fare le cose per amicizia... Sono io a dover trovare la motivazione giusta. Andare come ospite non mi sembra corretto, mi sembra fuori luogo di fronte a colleghi in gara. Ma poi rifletto: gli ospiti italiani al Festival ci sono sempre stati. E a molti piace proprio essere in gara...
Torniamo all'album. Perché oggi un J'accuse come Radio o non radio?
Mi rivolgo alle cosiddette radio libere, con cui ho un rapporto da separati in casa. Rimpiango i tempi di Carpi, vicino Modena. Dare calci all'amplificatore, andare fuori quando c'era il temporale per direzionare l'antenna. Sarei pronto a rifarlo, anche oggi. Ma le radio hanno voluto fare il salto, diventare network, perdendo la conduzione familiare e quel linguaggio che ce le faceva sentire vicino. Oggi le radio si dividono il pubblico: i 50enni devo ascoltare questa emittente, i 15enni quest'altra. Credo di interpretare il pensiero di tanti colleghi stufi di dover rispondere agli schemi della radiofonia, che inoltre manipola le canzoni, le taglia, le smembra. Un potere che le radio si ritrovano per negligenza della Siae, per la cecità dei discografici. Il problema, grazie a Dio, non mi riguarda. So come farmi ascoltare. Ma ripenso ai problemi che ebbi all'inizio della mia storia. Non vorrei che oggi vive una gavetta simile non viva anche le stesse censure.
A proposito di giovani. Molti osservatori lamentano un vero ricambio, l'assenza di nuovi autentici capiscuola...
E' inutile che ci nascondiamo dietro il bisogno di novità. I giovani non hanno riferimenti. E' appena scomparso uno degli artefici di un grande cambiamento poetico nella canzone italiana: Sergio Endrigo. Sapere che se n'è andato portandosi dietro il segreto della sua cucina con tutti gli ingredienti mi rattrista. Endrigo, ma anche Leonard Cohen, Bob Dylan, John Mayall, Hendrix. Sono diventati fantasmi, proprio nel momento in cui potrebbero dare ancora di più. E torniamo al discorso delle radio. Capisco che possa essere uno sforzo sovrumano mettere su un disco di Endrigo. Ma se esse tacciono quella musica non permettono ai giovani di crescere, di diventare i nuovi Paoli, Bindi, De Andrè. La tradizione è importante. Io ascoltavo Frankie Valli, l'uomo dietro i Four Season e poi Grease, che ha nutrito Billy Joel. Solo dalle radici il discorso può continuare. Invece oggi siamo al rubacchiare loop, si costruiscono canzoni su frasi di Stevie Wonder, è il cimitero dell'invenzione. Scrivere una canzone è un parto cesareo. E la fatica aumenta con il successo. E dopo tutto questo sforzo si viene stritolati da questa mentalità così...drastica delle radio, che ti impongono i loro schemi. Tutto questo è offensivo. Tra artista e pubblico non dovrebbero esserci barriere. Dovrebbe bastare il disco a metterli in contatto, a esporre l'artista al giudizio insindacabile del pubblico, senza filtri e intermediari.
Ripartirà in tour?
Sicuramente. Ma non sarà la naturale conseguenza di questo album, che ritengo troppo intenso per poter essere pienamente rappresentato su un palco. Il dono non ha bisogno di un tour. Io ne ho bisogno. Farò concerti...perché mi rompo davvero le scatole a restarmene a casa troppo a lungo. Non vedo l'ora che qualcuno mi dia un calendario. Vorrei che fosse davvero uno spettacolo innovativo. Del tipo: Zero ospite di se stesso.
Renato, il centro di gravità del suo disco precedente, Cattura, e del tour ad esso collegato era il Sogno, l'utopia che si realizza. Poi è stato al Live8. Un brusco risveglio?
Vorrei fare un po' di chiarezza. Abbiamo avuto problemi con l'organizzazione. Ci è stato chiesto di firmare una liberatoria che, tra le altre cose, includeva anche i "diritti morali". La cosa mi era sembrata strana. Poi ho visto i problemi al microfono di Laura Pausini e ho capito. Sarebbe giusto lasciare sempre agli artisti il diritto di chiedere tagli, per evitare di essere presentati in modo sbagliato. Con i nostri legali abbiamo corretto alcune pagine e sottoscritto il documento per la pubblicazione del DVD del Live8. Ancora attendiamo istruzioni. Da parte nostra non c'è alcun rifiuto o volontà di ostacolare l'iniziativa. Siamo perplessi, anche perché ci facciamo una brutta figura: passiamo come gli unici che non si concedono... Noi italiani vorremmo essere considerati allo stesso livello degli altri. Posso però testimoniare di aver visto sul palco una grande ebbrezza, una grande felicità di esserci. Ci hanno tolto tanti spazi, il Cantagiro, il Disco per l'estate. Ci resta la Tv, dove poi ci guardano in cagnesco perché dicono che facciamo calare l'indice di ascolto.