Eccomi. Tu mi inviti su un terreno a me carissimo e familiare che è quello del linguaggio.
Tuttavia credo che la mia risposta non sarà per te soddisfacente. E del perché lo penso, ti dirò dopo.
Adesso ho la domanda: le locuzioni che hai trascritto sono parole dolci o accettabili?
La mia risposta è : le risposte sono due.
Parole dolci è un conto, parole accettabili, un altro.
Intanto, sono espressioni dialettali. Scomparse dal parlato - anche solo domestico -, le forme dialettali sono sopravvissute quali varianti della lingua standard, normalmente utilizzate a rinforzo. Proprio in quanto si attribuisce loro un colore particolarmente “appariscente”. Rinforzano il comico, rinforzano il violento, rinforzano in generale la dimensione emotiva.
E riescono persino a valicare i confini geografici di appartenenza proprio per questa particolare valenza.
( le strade affollate di Milano risuonano di “pirla!” urlato magari con accento siciliano da automobilisti che si credono impediti dall’imperizia altrui, oppure nelle scuole di Torino è possibile sentire “Minchia!” da studenti che vogliono esprimere un sommo grado di stupore)
Ciò naturalmente non esclude affatto l’evidenza che determinate locuzioni NON veicolano tenerezza, stima, seduttività ( cosa cui sono deputate le cosiddette “paroli dolci”).
Possono veicolare persino benevolenza, approvazione ( “Li mortacci tua!” che tradotto suona fosco e lugubre, pronunciato da un tale che batte soddisfatto la propria mano sulla spalla dell’amico, ha un significato di approvazione ammirata). Dunque, dolci non sono ma potrebbero essere accettabili.
Dipende dal contesto. E siccome di banalità ne ho già dette un mucchio, non mi sbrodolerò adesso sul contesto. Ma è proprio il contesto la coordinata che definisce l’accettabilità.
Pirla, minchia, li mortacci tua utilizzati nei contesti che ho abbozzato poco sopra sono rispettivamente un atto ostile, un’ esclamazione, un gaio potenziamento del consenso.
Ma, se mischiamo carte e contesti, potremmo sentir dire “Che pirla!” all’amico sorridente , “li mortacci tua!” allo stupito e “minchia!” come priapica manifestazione di ostilità dell’automobilista.
Questo per dire che una sequenza di locuzioni dialettali come quelle che mi hai sottoposto, isolate dal contesto non mi dicono, e non possono dire a chiunque lo disconosca, se siano o meno accettabili.
Le risposte sono dunque due: no, non sono dolci. Non so se siano accettabili. Dipende.
Ho una lievissima propensione a credere che non fossero destinate a costituire insulto, ma solo perché non riesco ad immaginare una lesbica al mondo che per insultare qualcuno decida di dargli del gay o mezza recchia che sia.
Ora potrei anche fermarmi. Tuttavia anche il fatto che tu abbia chiesto e io risposto si inquadra in un contesto. Il mio coinvolgimento dovrà pur aver avuto per te un senso.
E me ne sono fatta un’idea, ti dirò. Da quell’idea ricavo che le risposte date fin qui saranno state per te insoddisfacenti. Presumo che la domanda sottesa fosse in realtà: “ sono o non sono stato colpito da rifiuto, ostilità, violenza, offesa o ingiuria?”
Ora, che tu lo chieda a me è cosa che mi stupisce. Come dire? Arrivo mò mò, che vuoi che ne sappia? E soprattutto, perché dovresti chiederlo? Lo saprai bene se vivi con disagio o con divertimento, con interesse o con difficoltà la tua presenza e le tue interazioni in questa piazza virtuale. Dunque non è un’informazione che mi chiedi, ma una sorta di approvazione , di adesione, di consenso su una posizione contrapposta ad altra.
Una domanda "seduttiva", in un certo senso.
Non posso. Non voglio. Non ne vedo la ragione. E se ci penso bene, non trovo neanche giusto che mi si chieda una cosa così. Per umana simpatia posso capirlo. L’amarezza esalta il bisogno di consolazione. E le carezze consolatorie piacciono al narciso.Ed è narciso che ama fare domande seduttive.Succede a tutti, mica solo a te.Ma declino l'invito.
Mi auguro che tu decida di restare o andare perché ti fa o non ti fa piacere, perché hai o non hai qualcosa da dire, non perché percepisci la tua presenza ora come necessaria o doverosa, ora come osteggiata e avversata. Mi paiono entrambe immagini di sé piuttosto deformate. O no?
E per finire con gli auguri, auguro buonanotte a te e a tutte. E uno splendido finesettimana.
(Quello lo auguro anche a me, che andrò a spasso fuori città)
Serena notte.