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Antonio Ligabue.


E' notizia di questi ultimissimi giorni il prestigioso premio Internazionale, l'Orso d'argento alla Mostra del Cinema di Berlino, assegnato all'attore romano Elio Germano per la sua interpretazione del noto poeta italo-svizzero vissuto ( male ) in coincidenza con i primi 65 anni del secolo scorso.

Nato nel 1899 e morto a metà anni Sessanta, Antonio Ligabue ha trasposto in modo magistrale il proprio dramma esistenziale, quell'essere " sbagliato, diverso, storto ", in opere pittoriche di indubbio valore e consistenza, le quali in ogni dettaglio e sfumatura rivelano un disagio acuto, un rimpianto per una vita mancata, l'impossibilità di vivere davvero, un senso di ingiustizia, quella speranza molto difficilmente realizzabile che la gazzella, o il ragno, vincano contro il leone. Temi delicatissimi, accuratamente eclissati ai più, ma che coinvolgono in pieno chiunque sia sensibile, chiunque ( pochi ) riviva la sua tragedia umana, l'ESSERE brutti, condizione che - come nel caso del personaggio in questione - spesso porta alla pazzia o comunque all'emarginazione, gioco-forza. Va così.

Nei suoi dipinti variopinti ed autoritratti grotteschi ( grotteschi per via della sua presenza, forse ) c'è il desiderio insoddisfabile di amare ed essere amati, di poter essere come tutti gli altri, di non essere un fantasma corporeo che esista solo per essere cacciato via dagli altri, quelli normali, o al più soventemente deriso o umiliato come prassi nei rapporti umani ( ma va così ). Nei suoi quadri risiede un grido atroce: " Io voglio esistere ". Cosa, purtroppo, impossibile. Impossibile per alcuni, ovviamente: per quelli " diversi ".

Ligabue è vissuto abbastanza, nonostante le cagionevoli premesse, per godersi tardivamente il meritato successo arrivato nei suoi ultimi anni, in cui trovò anche l'affetto di una cessa. E' ricordato, è annoverato, è tra gli " eterni ". Un riscatto, tardivo, lo ha avuto. Il suo è, leggendo tra le righe della dedica dell'eccellente ( e oltretutto col giusto physique-du-role ) Germano, un riscatto parziale per tutti quegli altri che mai vivranno, pur nati, perché " sbagliati ".

A volte le disgrazie possono aprire orizzonti da cui possano scaturire meraviglie tali da dare dignità a chi non ne avrebbe per mera genetica o intoppi nello sviluppo. La scrittura, la pittura, la poesia, il cinema, le arti in generale ( ma anche le scienze ) spesso hanno saputo canalizzare il disagio di pochi dannati trasformandolo in capolavori eterni ( ed innovazioni, nonché scoperte, importanti ed utili per l'umanità ) capaci di dare un qualche senso alla tragedia incarnatasi in malattia o handicap, facendola persino diventare una variabile portatrice di ricchezza e bellezza fruibile ed ammirabile da tutti. Facciamo presto, sulla base delle apparenze, a dare etichette: ma, dentro, siamo spesso tutti normali ed Antonio Ligabue non era normale, è vero, era eccezionale e lo ha dimostrato con colori e pennelli. Non era facilissimo riuscirvi. Lui, in qualche modo, ce l'ha fatta lo stesso.