IL PACS IN ITALIA

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zon@ venerdi
00sabato 29 ottobre 2005 09:28
Re:

Scritto da: iakopo 27/10/2005 3.34

La cosa triste è la pochezza della politica che non è in grado di dare un minimo di civiltà e contemporaneità a questo paese; e non parlo solo di destra! ..anzi la sinistra è biasimabile il doppio [SM=x432742]



Queste non sono la vera destra e la vera sinistra.

C'è bisogno che Verlusconi esca di scena e che buona parte della Margherita passi dall'altra parte.

La prima elezione in quelle nuove condizioni non la vinceremo, la seconda magari si ...
zon@ venerdi
00mercoledì 9 novembre 2005 13:41
Non c’è alcun dubbio che il bilancio storico sul matrimonio è che si è trattato di un orrore. Col matrimonio si è codificata l’inferiorità sociale delle donne, che sono state scambiate tra le famiglie, vendute a mariti che ne potevano fare ciò che volevano (fino ad avere su di loro diritto di vita o di morte), obbligate persino a chiedere il permesso del marito se volevano lavorare fuori casa, letteralmente chiuse nelle case a lavorare e produrre figli, come accade ancora ora in molte regioni del mondo. Una donna che veda scorrere davanti a sé la storia del matrimonio non può che diventare femminista, magari perfino lesbica.

Ma non possiamo essere cieche davanti ai cambiamenti che i movimenti a partire dal 1968 hanno portato. La nuova società non ha potuto fare a pezzi il matrimonio e buttarlo via (come femministe e gay avrebbero voluto), però lo ha emendato, lo ha trasformato in qualcosa di molto diverso. Il nome è lo stesso, ma il contenuto è cambiato (ciò che accade all’interno delle famiglie può a volte essere identico a prima, ma questo ovviamente non è colpa della “forma” del matrimonio…). Infatti dal 1975 in Italia esiste la parità tra marito e moglie, anche nel potere decisionale, esiste l’equiparazione ai figli legittimi dei figli nati fuori dal matrimonio, è stata abolita l’autorità maritale, che comprendeva l’uso di “mezzi di correzione e disciplina” nei confronti della moglie, e il matrimonio non prevede più il “dovere coniugale”, cioè lo stupro è punito dalla legge anche se a commetterlo è il marito, il quale insieme al “sì” della sposa non acquista più signoria sul corpo della moglie, come accadeva fino al 1981. Oggi a Milano e Bologna i matrimoni in comune sono più numerosi di quelli religiosi, mentre su scala nazionale i matrimoni laici sono in crescita e rappresentano più di un quarto di quelli celebrati in chiesa.

Per la filosofa Hannah Arendt, punto di riferimento dell’attuale movimento delle donne: “Il diritto di sposare chi vogliamo è un diritto umano elementare, accanto al quale tutti gli altri sono di rango inferiore”. Lo scrisse nel 1959 per sostenere le richieste dei neri americani di cancellare le leggi contro la celebrazione di matrimoni tra “razze” diverse. Dunque perché non è pacifica la considerazione del matrimonio come di un diritto negato agli omosessuali? Lo stesso Eric Fassin, che ha citato la Arendt su “Le monde diplomatique” nel giugno 1998 perorando l’apertura del matrimonio ai gay, scrive che: ”Gli eredi di Michel Foucault vedono la finalità del matrimonio nell’addomesticamento sessuale; gli omosessuali si condannerebbero quindi a scimmiottare la norma eterosessuale”. Insomma, non dovremmo riconoscere all’ordine costituito la facoltà di stabilire diritti e doveri nelle nostre relazioni più intime.

Ma questo discorso finge che l’assenza di una legge non abbia alcun potere sulle nostre vite, mentre al contrario è proprio l’assenza di una legge la somma ingiustizia, la discriminazione. Posso scegliere di non sposarmi (o di non entrare in un Pacs) se le mie regole di vita non le ritrovo nel modello proposto (che comunque è assai condiviso, dato che ha una relazione fissa la maggioranza degli omosessuali italiani, e vive in coppia il 20-30%) ma per scegliere devo per lo meno avere la possibilità di sposarmi.

Questo non è chiaro a molte voci del femminismo italiano, e vorrei ora presentare un piccolo florilegio delle argomentazioni più strampalate che ho trovato, assieme a qualche sparso argomento di segno contrario, principalmente nelle pagine pubblicate sul sito www.libreriadelledonne.it, collegato alla Libreria delle donne di Milano.

“Le relazioni omosessuali finché restano segrete, non c’è ente che possa dire alcunché a proposito né se gli stanno bene né se non gli stanno bene. Dopo il matrimonio, su chissà che cosa ancora avrebbe la pubblica opinione, e poi lo stato a che dire, ridire e disdire. (…) L’omosessualità, restando fuori legge, ha questo di normale: che nessuno può permettersi di dire cosa può fare o non fare, può solo proibirla e regnare sulla proibizione e chi la aggira, oppure punirla, a suo rischio.” Queste frasi si leggono in un articolo eloquentemente intitolato La fortuna del silenzio nel “matrimonio” gay di Donatella Massara (del Circolo della Rosa di Milano), che deduce che non esiste il tabù sull’omosessualità dal fatto che di omosessualità non si parla. Tranne che per insultare, ma questo forse è un vantaggio che contribuisce alla segretezza delle nostre relazioni...

Marina Terragni invece (“Io donna”, 29 aprile 2005) teme la “normalizzazione eterocentrica”, e scrive che: “Ci sono svariate ragioni per essere perplessi sul matrimonio gay, anche noialtri calorosi e devoti amici di gay (…). Il matrimonio è un istituto antichissimo e usurato e pesante quanto basta da non risultare troppo attraente per nessuno, neanche per gli etero, per quanto non si sia ancora individuata una forma materiale e simbolica più congeniale alla triangolazione edipica che consente ai figli di crescere dritti”. Traduco: il complesso edipico esiste, fa crescere bene i bimbi, e siccome per obbedire ai dettami di Freud la mamma deve essere femmina e il papà maschio, questa è l’unica famiglia possibile.

La stessa cosa l’ha detta in Francia una filosofa femminista, Sylviane Agacinski (in Politique des sexes, Le Seuil), per la quale la differenza dei sessi è radicata nella natura: “è nella necessaria complementarità genitoriale che gli umani riconoscono a un tempo la loro differenza e la loro reciproca dipendenza”, e la natura va difesa mantenendo famiglie dove la donna fa la madre e moglie e l’uomo il padre e marito. Altrimenti addio differenza tra i sessi!

Qui la cosa si fa pericolosa. Puzza di difesa della famiglia tradizionale. Ma è possibile? Sembra veramente di essere nella repubblica di Weimar, quando all’avanzare del nazismo l’ala borghese del primo movimento delle donne ripudiava ed espelleva coloro che difendevano gli omosessuali e la contraccezione, per difendere la Famiglia…

Ebbene sì, è possibile. Nell’articolo su “Io donna” Terragni chiama in causa Laura Boella, studiosa (evidentemente eretica!) di Hannah Arendt e filosofa del movimento delle donne: “Per Boella voler dare un senso alla propria relazione amorosa, eterosessuale o omosessuale che sia, è ‘un bene immenso per il mondo’. Ma in questo la legge non deve mettere il naso. L’articolo 29 della Costituzione deve restare quello che è. La lunga storia della famiglia tradizionale, che pur con tutte le sue crisi mostra di essere un dispositivo di convivenza ancora valido e funzionante”. Provo a tradurre: riconoscere pubblicamente le coppie gay è anticostituzionale e “nella concreta realtà italiana non vanno mai persi di vista, in primo luogo, il grandissimo ruolo sociale svolto dalla famiglia, qui assai più che in altri Paesi a noi vicini, e il contributo determinante che una famiglia autentica dà all’educazione dei figli”. Questo però l’ha detto, parola per parola, il cardinal Ruini. Dov’è la differenza? Restiamo in attesa di spiegazioni.

Io sinceramente non arrivo a capire perché i “diritti della famiglia” sarebbero lesi dal fatto che persone omosessuali ne entrino a fare parte. Veruska Sabucco mi aiuta, dicendo che sarebbe come dire che “La famiglia può essere formata anche da due laidi stupratori di bambini. A quel punto la risposta è: ma tuo figlio fa il chierichetto? Preoccupati!”

Tornando alle femministe nostrane, ho letto anche, in un articolo firmato da un’ennesima filosofa, Chiara Zamboni (La cultura dei diritti e la fine della politica, “L’Unità”, 12/7/2003), le seguenti parole: “Non c’è niente di più del richiedere un diritto per gruppi sociali marginali che incastra in una identità rigida. Occorre dichiararsi gay, ad esempio, per avere dei diritti in quanto omosessuali”. Ma il punto è esattamente questo: non chiediamo diritti “in quanto omosessuali”, ma in quanto esseri umani che formano coppie, e a volte famiglie, e vogliamo che le nostre scelte siano rispettate nella sfera pubblica, come “formazioni sociali in cui si svolge la nostra personalità” (art. 2 Cost.). Sappiamo che non è giusto chiedere diritti in quanto omosessuali, e accusarci di questo significa sottoscrivere la tesi destrorsa per cui le nostre richieste sarebbero “privilegi”, “diritti speciali”. Lo diceva anche Karl Marx (filosofo anche lui, un autore che può chiarirci molte cose del nostro tempo, che a torto lo sta dimenticando) a proposito della discriminazione degli ebrei: la questione dell’accesso degli ebrei alla cittadinanza non va posta “perché sono ebrei”, ma perché sono esseri umani. Come tutti gli altri.



Daniela Danna è coautrice, insieme a Margherita Bottino, del saggio La gaia famiglia. Che cosa è la omogenitorialità, edizioni Asterios.
zon@ venerdi
00mercoledì 9 novembre 2005 13:48
SÌ A TUTTI I DIRITTI ANCHE ALLE COPPIE DI FATTO
In Venetoe e in Friuli sette italiani su dieci d'accordo per i "Pacs".

No ai matrimoni gay Sì ai patti di solidarietà civile: due persone su tre, nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia sono favorevoli ad una norma che, prendendo ispirazione dai Pacs francesi, estenda alle coppie di fatto alcuni dei diritti attualmente riservati alle coppie sposate. Il quadro si complica, però, fino a cambiare di segno, quando viene introdotta la questione delle coppie omosessuali. In questo caso, il numero di persone disponibili declina vistosamente, fino a dimezzarsi. Ancora minore è l'apertura ai matrimoni gay, che tuttavia incontrano consensi significativi in alcuni settori della società: in particolare tra i giovani, le persone con un titolo di studio elevato e quelle più lontane dalla Chiesa. A rivelarlo sono i dati del sondaggio settimanale dell'Osservatorio sul Nord Est, realizzato da Demos, con la direzione di Ilvo Diamanti, per il Gazzettino.La trasmissione ereditaria dei beni, la pensione di reversibilità, la possibilità di prendere decisioni per conto della compagna o del compagno gravemente ammalati: sono solo alcuni dei diritti preclusi alle cosiddette coppie di fatto, persone che convivono stabilmente al di fuori del matrimonio. Una quota consistente di intervistati - il 67\% - si dice d'accordo con l'estensione di alcune prerogative del vincolo coniugale, facendo propria la soluzione già adottata in Francia nel 1999, attraverso l'istituzione dei patti di solidarietà civile. Tale orientamento rimane, pur con diverse sfumature, maggioritario un po' in tutti i settori della popolazione. Supera, peraltro, il 50\% anche tra i cattolici praticanti assidui (chi va a messa tutte le domeniche), nonostante la dura presa di posizione, un paio di mesi fa, dell'Osservatore Romano, in esplicita polemica con la scelta del centro-sinistra (e del suo leader, Romano Prodi) di sposare la battaglia per il Pacs. Sia nella versione discussa in Italia che nell'esperienza francese, il Pacs viene concepito come "aperto" a qualsiasi tipo di coppia, sia etero che omosessuale. Anzi, in molti paesi europei le unioni civili sono nate proprio per offrire garanzie alle coppie dello stesso sesso. Il giudizio degli intervistati, ciò nondimeno, tende a farsi più critico non appena la discussione si concentra sul nodo delle unioni gay. Il numero di favorevoli, in questo caso, si abbassa sensibilmente, scendendo al 35%, e l'atteggiamento sondato appare più esplicitamente associato ad alcune caratteristiche sociografiche dell'individuo: supera il 40%, ad esempio, tra le persone con meno di 45 anni, ma si ferma al 14% tra gli ultra-sessantacinquenni; sfiora il 50% tra chi ha un'istruzione elevata, mentre rimane al 17% tra chi è in possesso della sola licenza elementare. Particolarmente forte, poi, è l'effetto della pratica religiosa - con il valore che si impenna al 56% tra i non praticanti -, così come della posizione politica, con gli elettori del centro-sinistra (48%) ad esprimere un grado di apertura doppio rispetto a quelli del centro-destra (23%).

Un'altra questione indagata dalla rilevazione riguarda, infine, il matrimonio omosessuale. Si tratta di una ipotesi che vede il gruppo dei favorevoli assottigliarsi ulteriormente: è poco meno del 30% dei cittadini nordestini - per la precisione, il 29% - ad approvare la "soluzione spagnola". Una percentuale, quella rilevata nelle regioni del Nord Est, perfettamente allineata al dato nazionale, secondo i risultati di un sondaggio condotto a settembre da Demos ed Eurisko. Numeri che sottolineano come, in Italia, appaia ancora tortuosa la strada imboccata da altri paesi europei, come Belgio, Olanda e Spagna (dove l'istituzione del matrimonio gay, fortemente voluta dal premier socialista Zapatero, è stata approvata dal parlamento lo scorso giugno). I settori della popolazione in cui si registra il maggior grado di apertura tendono a riproporre i caratteri già evidenziati dalle posizioni sui Pacs. Le punte massime si osservano, infatti, tra i giovani sotto i trent'anni (45%), tra le persone in possesso del diploma di scuola superiore (37%), tra gli elettori dell'Unione (38%) e, in modo specifico, tra i non praticanti (51%).
zon@ venerdi
00sabato 19 novembre 2005 03:55
I SOCIALISTI RILANCIANO I PACS, NO DEL POLO E DELLA MARGHERITA
Astorre: "Non è nei nostri programmi" Nieri: "È solo questione di buon senso" I Socialisti presentano un progetto di legge per l'istituzione nel Lazio dei Pacs, i Patti civili per regolamentare le coppie di fatto. E subito si apre una nuova polemica. La proposta è stata annunciata da Rapisardo Antonucci, capogruppo dello Sdi alla Pisana, che ha chiesto l'attivazione della procedura d'urgenza, "per recuperare il tempo perso dalla vecchia giunta". La Casa delle libertà è immediatamente insorta, denunciando "l'espediente per introdurre in maniera surretizia il riconoscimento delle coppie gay" e "l'ennesimo attacco ai valori della società".

Ma anche il centrosinistra si è spaccato: al plauso di Verdi, Ds, Rifondazione e Pdci, ha fatto da contraltare "la ferma opposizione" preannunciata dalla Margherita. Alla Regione si è aperto dunque un nuovo caso politico. "Siamo costretti a ribadire che i Pacs non fanno parte del programma della giunta Marrazzo", hanno commentato Claudio Moscardelli, presidente della commissione Urbanistica alla Regione, e Bruno Astorre, assessore ai Lavori pubblici, entrambi di Dl-Margherita. "I Pacs non rientreranno nei programmi elettorali - ha replicato Luigi Nieri, assessore al Bilancio ed esponente di Rifondazione - ma rientra nel buon senso varare un provvedimento che estenda alle coppie di fatto i diritti per ora riservati a chi si sposa. Ben venga la proposta di Antonucci, parliamone". Nieri fra l'altro nei mesi scorsi aveva presentato un progetto per il riconoscimento delle coppie di fatto. Ma era stato bocciato, oltreché dall'opposizione, da Alessandra Mandarelli, assessore allo sport, dello Sdi. Proprio lo stesso partito di Antonucci. P. Fo.
zon@ venerdi
00domenica 20 novembre 2005 03:12
«SÌ A PRETI GAY E PACS». BUFERA CONTRO L'ARCIVESCOVO
La chiesa anglicana rischia uno scisma a causa delle posizioni liberali nei confronti della questione omosessuale del suo capo spirituale, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. La crisi è esplosa quando poco meno della metà dei vescovi anglicani hanno apertamente criticato il loro superiore per le sue posizioni tolleranti nei confronti dei preti gay e dell'unione fra coppie dello stesso sesso. In una lettera molto esplicita che arriva a mettere in dubbio la capacità dell'arcivescovo di Canterbury di continuare a rappresentare lo spirito dei 77 milioni di fedeli riuniti sotto la chiesa anglicana, 17 vescovi su 38 hanno chiesto a Williams di pronunciarsi contro «l'incorreggibile immoralità sessuale» insita nel comportamento delle coppie gay. I vescovi ribelli sono tutti a capo di diocesi africane o asiatiche e vedono l'atteggiamento conciliante del capo della terza chiesa più numerosa di tutta la cristianità come un esempio della degenerazione dei valori del vecchio continente, paragonato nella lettera ad un deserto spirituale. Il dibattito all'interno della chiesa anglicana sugli omosessuali è vecchio almeno di due anni. La questione ebbe inizio nel 2003, quando una diocesi canadese autorizzò la benedizione di una coppia omosessuale. Ma il culmine si è raggiunto pochi mesi dopo, quando la chiesa episcopale americana permise l'elezione nello stato del New Hampshire del vescovo Gene Robinson, un uomo che non aveva mai fatto segreto delle sue inclinazioni omosessuali. Nonostante le ripetute critiche di molti fra i primate anglicani del sud del mondo, Williams ha continuato a rifiutarsi di reprimere le iniziative delle chiese d'oltreoceano. Al contrario, lui stesso ha cercato di fare vescovo di Reading, una cittadina a un'ora da Londra, un altro prete dichiaratamente omosessuale, Jeffrey John. La cosa finì però con l'irritare l'ala più conservatrice della chiesa d'Inghilterra, che costrinse Williams ad optare per un altro candidato.



Ad infuriare i vescovi più tradizionalisti ha contribuito anche la posizione conciliante del loro capo inglese nei confronti della legge che consentirà l'unione legale fra coppie omosessuali, destinata ad entrare in vigore in Gran Bretagna il prossimo mese. «Il sesso - si legge nella lettera dei ribelli indirizzata a Williams - è inteso da Dio solo per le coppie sposate, il che rende le relazioni omosessuali inaccettabili ed impossibili da definire sacre o benedette». Per aumentare l'effetto imbarazzante, la missiva è stata resa pubblica mercoledì sera, solo poche ore dopo che l'Arcivescovo aveva tenuto, davanti alla gerarchia della chiesa d'Inghilterra riunita, un discorso in cui esortava tutti alla tolleranza e all'unità.



Ad avvalorare ulteriormente la possibilità di una divisione, alla lettera è seguito l'annuncio dell'accordo fra la chiesa anglicana della Nigeria - guidata dall'arcivescovo ultra-conservatore Peter Akinola - e un movimento di tradizionalisti americani che predicano la fine della supremazia della chiesa d'Inghilterra. Tre settimane fa Williams era volato in Egitto per incontrare la maggior parte dei vescovi più conservatori. Ma, viste le parole poco concilianti della lettera, il suo intervento all'ombra delle piramidi deve aver riscosso ben poco successo.
GayAbruzzo
00domenica 20 novembre 2005 07:41
Re: «SÌ A PRETI GAY E PACS». BUFERA CONTRO L'ARCIVESCOVO
E bravo l'arcivescovo! [SM=x432734]
zon@ venerdi
00lunedì 21 novembre 2005 07:07
Re: Re: «SÌ A PRETI GAY E PACS». BUFERA CONTRO L'ARCIVESCOVO

Scritto da: GayAbruzzo 20/11/2005 7.41
E bravo l'arcivescovo! [SM=x432734]



lo avresti mai immaginato? [SM=x432809]
zon@ venerdi
00lunedì 28 novembre 2005 06:28
Pacs: la Chiesa contro Rifondazione comunista
Il cardinale Ruini ribadisce la differenza tra convivenza e matrimonio, ma Giuliano Pisapia attacca: «I credenti dovrebbero impegnarsi per evitare discriminazioni». Tuttavia i temi della vita e della famiglia sono aspetti decisivi della vita di tutti, e non solo questioni cattoliche

«Credo sia molto pericoloso confondere il concetto di convivenza con il concetto di famiglia. La famiglia è uno status, è un principio stabilito dalla Costituzione. Abbiamo una condizione molto particolare in Europa, dove vi sono regimi giuridici profondamente diversi. Non vi sarà mai uno status europeo matrimoniale né un principio europeo sul matrimonio». Lo ha detto il vicepresidente della Commissione europea e commissario responsabile di Giustizia libertà e sicurezza, Franco Frattini, a margine di un convegno su «Immigrazione e sviluppo», commentando il dibattito in corso sui Pacs rilanciato in giornata dal cardinale Camillo Ruini.
Di fronte tentativo di equiparare le coppie di fatto alle famiglie fondate sul matrimonio, i cattolici debbono «impegnarsi sempre di più nel difendere la sacralità della vita umana ed il valore dell’istituto matrimoniale, ma anche nel promuovere il ruolo della famiglia, chiedendo misure economiche e legislative che sostengano le giovani famiglie nella generazione ed educazione dei figli». A chiederlo sono insieme il Papa e i vescovi, ha detto Ruini, intervenendo al congresso internazionale sulla procreazione responsabile, in corso all’Università Cattolica di Roma.
Secondo il presidente della Cei, «c’è una diffusa tendenza a depotenziare il valore dell’istituto del matrimonio, assimilando ad esso altri tipi di unioni e convivenze, con il risultato che il matrimonio non viene più percepito come espressione e garanzia della natura stessa dell’amore umano, ma come frutto di convenzioni e accordi facilmente modificabili». Questo processo che si è innescato, e che potrebbe portare al varo dei cosidetti Pacs, scaturisce per il porporato da ‘un pericoloso virus’ che si è insinuato nello sviluppo della società: quello dell’autoreferenzialità, dell’esaltazione delle esigenze, deibisogni o dei diritti individuali».
«I diritti individuali delle persone - ha continuato Frattini - vanno ovviamente rispettati. Non posso neanche pensare di discriminare i gay, in quanto tali, nell’accesso al lavoro e nei loro diritti personali. Ma certo, quando si parla di adozione, qui le cose cambiano».
«Affermare come continua a fare il cardinale Ruini che la regolamentazione giuridica dei Pacs depotenzia il valore del matrimonio significa fornire consapevolmente, ai credenti e ai non credenti, una visione distorta della realtà che tutti, e soprattutto chi ha un ruolo apicale nelle gerarchie ecclesiastiche, dovrebbero evitare di farlo». Lo ha dichiarato Giuliano Pisapia, responsabile Giustizia di Rifondazione comunista e relatore alla Camera delle proposte di legge sulle unioni civili e sui Pacs.
«Su tale questione – ha continuato Pisapia - l’Italia è il fanalino di coda dell’intera Europa, e tutte le proposte di legge all’esame del Parlamento distinguono nettamente, anche sulla base dell’articolo 29 della Costituzione tra vincolo matrimoniale e riconoscimento giuridico delle unioni di fatto».
«Non bisogna del resto dimenticare che la stessa Corte Costituzionale - ha affermato - l’inderogabilità del riconoscimento giuridico di quei rapporti consolidati, di carattere affettivo o solidaristico, ancorché di fatto oggi esistenti, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 2 della Costituzione e che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce espressamente il diritto al matrimonio e il diritto a formare una famiglia, come diritti fra loro distinti».
A suo avviso, «chi chiede una legge sui Pacs intende solo eliminare discriminazioni, tutelare i soggetti più deboli e quindi creare situazioni che ogni credente dovrebbe non solo apprezzare ma anche auspicare e per le quali dovrebbe impegnarsi. Nessuno intende mettere in discussione la famiglia -avverte Pisapia - ma chiediamo rispetto, tutela e garanzie anche per chi, pur unito da vincoli affettivi, non intende, o si trova nell’impossibilità di contrarre matrimonio: solo il reciproco rispetto tra posizioni diverse può portare a soluzioni eque ed equilibrate».
«Ogni anatema, invece - conclude il parlamentare di Rifondazione - può solo creare contrapposizioni che certo non servono alla democrazia e alla tutela dei diritti individuali e collettivi, soprattutto dei soggetti più deboli».
Il portavoce del Vaticano ha accennato inoltre al tema della procreazione assistita: «Conoscere di più l’uomo dal punto di vista scientifico - ha proseguito Ruini - non equivale automaticamente a saperne di più sul valore e sul senso della sua esistenza, anzi, la molteplicità degli approcci con la tendenza ad assolutizzare il punto di vista di ciascuno di essi può far perdere di vista ciò che è essenziale». L’appello del cardinale è andato dunque agli «uomini di scienza responsabili della cosa pubblica, alla necessità di non disgiungere mai una riflessione sull’uomo e sulla sua dignità dalle delicate scelte che si stanno compiendo nel campo della ricerca scientifica, in particolare - ha ribadito il vicario di Roma - per quanto concerne le tecniche di riproduzione». E un appello anche sul versante educativo e informativo, rivolto all’opera dei consultori e dei centri specializzati per quanto riguarda il settore della fertilità naturale.
Secondo Ruini, comunque, «l’impegno per favorire una maggiore e più corretta attenzione ai temi della vita umana e della famiglia non è e non può essere esclusivo dei cattolici, proprio perchè tali problematiche non sono questioni cattoliche, ma rappresentano - ha concluso - aspetti decisivi per la vita di tutti».
zon@ venerdi
00lunedì 28 novembre 2005 06:31
ANCHE A BASTIA IL REGISTRO DELLE COPPIE DI FATTO
Salgono a quota sei i comuni dell’Umbria nei quali il registro delle coppie di fatto è già diventato realtà: Perugia, Terni, Gubbio, Spello, Cannara e Foligno. Da pochi giorni anche al consiglio comunale di Bastia Umbra è stata depositata una mozione del consigliere socialista Adriano Brozzetti per l’istituzione del registro delle coppie di fatto.

Il Circolo Arcigay Arcilesbica di Perugia impegnato da sempre nel riconoscimento dei diritti della comunità gay e lesbica umbra, esprime forte soddisfazione per il susseguirsi di iniziative volte a riconoscere e tutelare la piena dignità ed il carattere di libera scelta delle convivenze etero ed omosessuali. Insieme al nuovo Statuto regionale, i registri comunali proiettano l’Umbria in piena Europa per il rispetto dei diritti e delle sensibilità della comunità gay e lesbica.

Purtroppo, in mancanza di una legge nazionale, attualmente ferma alla camera, questi registri comunali hanno una valenza prettamente simbolica ma esprimono un grande segno di civiltà ed un chiaro segnale al governo perché colmi il vuoto normativo – ormai solo italiano – in materia di coppie di fatto.

Il Circolo Arcigay Arcilesbica di Perugia invita tutte le coppie etero ed omosessuali conviventi ad iscriversi nei registri comunali appena approvati.
zon@ venerdi
00lunedì 28 novembre 2005 06:32
MARCELLO PERA. I MARTRIMONI GAY SONO UN ESEMPIO DI INVOLUZIONE DELLO STATO LAICO
I matrimoni gay sono un esempio di "involuzione" dello Stato laico. Lo ha detto il presidente del Senato, Marcello Pera, a Palermo, al convegno 'Ricorda, racconta, cammina. Religione e laicità dello Stato' organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana. "Non basta - ha detto - cancellare i termini 'padre' e 'madre' e sostituirli con 'coniuge' e 'partner'".
zon@ venerdi
00martedì 29 novembre 2005 09:11
RUINI, NUOVO ATTACCO AI PACS
Il vescovo Caffarra: la Ru486 banalizza uccisioni. Pera: ripensare lo Stato laico Ruini, nuovo attacco ai Pacs.

ROMA - Nuovo intervento del cardinale Camillo Ruini contro i Pacs e contro la clonazione e nuove polemiche contro di lui da parte di esponenti laici e radicali: il presidente della Cei ha parlato al congresso "Scienza ed etica per una procreazione responsabile", che si svolge presso l'Università Cattolica di Roma, lo stesso ambiente dove l'altro ieri il Papa aveva lanciato il suo appello perché la scienza si apra all'ipotesi Dio. "C'è una diffusa tendenza - ha detto Ruini - a depotenziare il valore dell'istituto del matrimonio, assimilando a esso altri tipi di unioni e convivenze, con il risultato che il matrimonio non viene più percepito come espressione e garanzia della natura stessa dell'amore umano, ma come frutto di convenzioni e accordi facilmente modificabili". A proposito di clonazione e ricerca genetica, Ruini ha messo in guardia contro il "dominio sui processi generativi, frutto di nuove capacità tecnologiche", che, "andando ben al di là del legittimo aiuto alla procreazione umana, apre inquietanti scenari sulla produzione di esseri umani da usare come cavie o sulla clonazione". "È in via di ultimazione la mappatura del genoma umano - ha argomentato - che certamente rappresenta una grande acquisizione con conseguenze di estremo interesse per il futuro dell'uomo, ma proprio ora sembra che si stia smarrendo la mappa dell'esistere umano, che si stiano perdendo le coordinate della dignità e del destino della vita umana". Il monito del cardinale sui "Pacs" ricalca quello pronunciato a metà settembre contro ogni forma di "riconoscimento giuridico pubblico delle unioni di fatto". Allora il presidente della Cei aveva lasciato aperto uno spiraglio, indicando - per venire incontro alle coppie di fatto - "la strada del diritto comune, assai ampia e adattabile alle diverse situazioni" ed "eventuali norme a loro tutela". Per una soluzione di questo tipo si era pronunciato, sempre in settembre, Francesco Rutelli, leader della Margherita, mentre Prodi era apparso piuttosto favorevole ai Pacs. Alle parole del cardinale sulle convivenze hanno reagito polemicamente Daniele Capezzone, segretario dei radicali italiani, Franco Grillini, deputato Ds e presidente onorario di Arcigay e Enrico Boselli, presidente dello Sdi. Per Fausto Bertinotti (Rc) "i comportamenti della Cei e del cardinale Ruini tradiscono le difficoltà della Chiesa di fronte alla secolarizzazione" e a essi non si deve rispondere "con il vecchio anticlericalismo". Mentre il coordinatore politico dei Verdi Paolo Cento ha apprezzato l'allarme lanciato da Ruini sulla clonazione e sui rischi della manipolazione genetica. Parlando a Palermo, a un convegno su "Religione e Stato laico" organizzato dalla Cei, il presidente del Senato Marcello Pera ha sostenuto che "i matrimoni gay sono un esempio di involuzione dello Stato laico, perché non basta cancellare i termini "padre" e "madre" e sostituirli con "coniuge" e "partner" per legittimarli". E l'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra è tornato sul tema della pillola abortiva, definendola - in un editoriale che comparirà sull'inserto bolognese di Avvenire - "un altro segno di quel collasso di civiltà cui oggi assistiamo", sottolineando che la Ru486 "banalizza l'uccisione di un essere umano". Luigi Accattoli
zon@ venerdi
00lunedì 5 dicembre 2005 02:24
PACS: GRILLINI AL PAPA, RAFFORZANO E AUMENTANO FAMIGLIE
'Al contrario di Joseph Ratzinger noi pensiamo che il Pacs rappresenti un contributo al rafforzamento delle famiglie perche' ne aumenta il numero, ne favorisce la tutela, la sicurezza e la stabilita

''Al contrario di Joseph Ratzinger noi pensiamo che il Pacs rappresenti un contributo al rafforzamento delle famiglie perche' ne aumenta il numero, ne favorisce la tutela, la sicurezza e la stabilita'''. Cosi' il deputato Franco Grillini (Ds), presidente onorario dell'Arcigay, commenta in una nota le dichiarazioni del Papa a difesa del matrimonio tradizionale.

''L'esperienza degli ormai moltissimi Paesi che hanno leggi inclusive dei diritti di tutte le famiglie, quelle gay comprese - prosegue Grillini - dimostra che non si e' registrata alcuna conseguenza negativa dall'entrata in vigore delle leggi come il Pacs o la Partnership Registrata (in Inghilterra entra in vigore il 5 dicembre). Non si capisce nemmeno perche' una legge dovrebbe 'sfigurare' il matrimonio che nessuno vuole toccare.

Sembrerebbe che per garantire un diritto se ne debba negare un altro. In realta' - sottolinea Grillini - i problemi della famiglia tradizionale vengono essenzialmente dal suo interno e dal veto a qualsiasi tipo di riforma, compresa la moderata e ragionevole proposta di ridurre gli anni per il divorzio. Il 14 gennaio a Roma si terra' un incontro nazionale delle nuove famiglie promosso dalla Lega italiana per le famiglie di fatto (Liff) e in quella sede - conclude - molte coppie di fatto si racconteranno e parleranno delle discriminazioni che subiscono quotidianamente a causa della mancanza della legge di tutela''
zon@ venerdi
00giovedì 15 dicembre 2005 10:16
CHI HA PAURE DELLE UNIONI CIVILI?
Il portavoce nazionale di GAYLEFT Andrea Benedino interviene sull'Unità denunciando la timidezza della sinistra nel sostenere la battaglia per le coppie di fatto

Lunedì sera il Consiglio Comunale di Torino ha respinto la proposta di istituire il Registro delle Unioni Civili. Contro questa proposta, che pure non aveva i numeri per passare, vista l'opposizione intransigente della Margherita torinese, hanno votato contro anche numerosi consiglieri comunali diessini, al fine di salvaguardare l'accordo per una Lista Unitaria in vista delle prossime elezioni comunali, e in cambio dell'impegno del gruppo DL a votare la prossima settimana un generico ordine del giorno che invita il Parlamento ad introdurre una normativa nazionale che regoli i diritti delle coppie conviventi. Si tratta di un brutto segnale, che però purtroppo non è isolato.

Nelle ultime settimane in diversi Consigli Comunali italiani a maggioranza di centrosinistra - come Riccione e Brescia per citare gli ultimi esempi - delibere simili non sono neanche state poste in discussione a seguito degli interventi di protesta dei vescovi del posto.

Due settimane fa a Firenze alla Conferenza programmatica dei DS, se non fosse stato per la dura reazione delle lesbiche e dei gay diessini alla relazione evasiva di Bersani e per l'energico intervento pronunciato da Paola Concia, il tema dei PACS avrebbe rischiato di scomparire del tutto dalla discussione programmatica dei DS.

Dieci giorni fa il Tavolo dei Segretari dell'Unione ha annunciato un impegno programmatico della coalizione sulle "Unioni Civili", senza alcun riferimento ai progetti in discussione, a partire dal PACS, e sul quale si è scatenata da giorni nella coalizione una gara al ribasso e al distinguo da parte della Margherita e dell'Udeur, senza che da parte della sinistra italiana ci sia stato alcun serio tentativo quanto meno di rassicurare quelle centinaia di migliaia di coppie di fatto che sono in attesa di veder riconosciuti i loro diritti. Mentre invece un notevole impegno è stato profuso in queste ore dai nostri dirigenti nel rassicurare le associazioni cattoliche sul fatto che l'introduzione di una normativa sulle coppie di fatto dovrà vedere la più ampia condivisione possibile in Parlamento.

Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che nelle città principali che andranno al voto in primavera, a partire da Milano e Roma nelle quali risiedono le più numerose comunità glbt del nostro Paese, ancora non si riesce ad affrontare con la dovuta serietà il problema della rappresentanza della popolazione omosessuale nelle assemblee elettive, forse è il caso che si apra una seria discussione.

Tutti questi segnali messi l'uno accanto all'altro non possono non destare preoccupazione e sconcerto tra i cittadini omosessuali italiani e dovrebbero destarlo anche tra i tanti laici che in queste ore stanno tacendo.

Il movimento glbt italiano nel corso degli ultimi anni ha dato ampia prova di serietà, di pazienza e di responsabilità, facendosi carico di avanzare una proposta moderata e di mediazione come quella sul PACS, capace di raccogliere i più ampi consensi anche trasversali.

Ora però l'impressione generale e diffusa è che ci sia chi, scambiando la nostra ragionevolezza e la nostra pazienza per ingenuità, sta pensando di fare dei nostri diritti e della nostra dignità civile merce di scambio sull'altare di un'alleanza politica. Di costruire le fondamenta del Partito Democratico sopra le salme delle nostre rivendicazioni.

A questo punto è necessario che si faccia chiarezza, che alle nostre domande vengano date risposte serie e convincenti. Ci auguriamo che l'Unità possa ospitare nei prossimi giorni un dibattito che ci aiuti veramente a fare dei passi in avanti in questa discussione in cui sono in gioco non mere questioni di tattica e di posizionamento politico, ma la vita quotidiana e concreta di milioni di persone.
zon@ venerdi
00venerdì 16 dicembre 2005 21:29
UN 2006 PER I PACS
Intervista a Sergio Lo Giudice, presidente di Arcigay


S'avvicina la data del 14 gennaio 2006, quando a Roma la società civile, le associazioni laiche e/o progressiste, i partiti, chiamati a raccolta da Arcigay e da Arcilesbica, sfileranno per una grande manifestazione a favore dei PACS, i Patti Civili di Solidarietà. L'appuntamento è per tutti a Piazza Farnese dalle ore 14.30. Un giorno importante, per mostrare al Paese e al Governo presente e futuro che le richieste di diritti civili sono un'esigenza sentita dal popolo italiano, che le sostiene a larga maggioranza. Per questa occasione, il Cassero organizza un pullman, destinazione Roma. Chiamate dalle 09.00 alle 20.00 il numero 051 649 44 16 e prenotatevi!



Per parlarne, per approfondire, per porgli qualche domanda che non leggerete nei quotidiani nazionali, abbiamo incontrato Sergio Lo Giudice, Presidente di Arcigay, che, con chiarezza, ci ha esposto le ragioni politiche della manifestazione. Un'occasione per affrontare i nodi della laicità dello stato italiano e degli obiettivi politici a medio termine del movimento GLBT. Da leggere.

Il senso della manifestazione nazionale di Roma Tutti in PACS, il 14 Gennaio 2006?

Tutti in Pacs vuole essere una grande festa di piazza per le libertà civili e la laicità dello Stato. La centralità del Pacs nel titolo rispecchia l’importanza che oggi la battaglia per una legge sulle unioni civili ha assunto come paradigma di una più generale battaglia per la libertà degli individui e la loro autodeterminazione e per la laicità dello Stato.

Chi parteciperà?

Abbiamo già ricevuto più di un centinaio di adesioni di associazioni, partiti, sindacati. Oltre alle organizzazioni GLBT, ci saranno i partiti della sinistra, l’Arci, la Cgil, la galassia delle associazioni laiche, le organizzazioni studentesche, le reti di donne che si erano già mobilitate per il referendum sulla legge 40. Ci saranno tante coppie, gay, lesbiche ed etero a mostrarsi in carne ed ossa a chi ritiene che dietro le battaglie del movimento GLBT non ci sia una reale esigenza sociale. Spero che tutte le coscienze libere, tutti gli spiriti laici, siano con noi ad affermare un desiderio di libertà.

In questo ultimo anno abbiamo assistito a un protagonismo sempre maggiore delle gerarchie vaticane all'interno del dibattito politico italiano. E' un fatto positivo?

E' del tutto legittimo che il Vaticano esprima le proprie considerazioni religiose, etiche e, perché no, politiche, in piena libertà. E' scandaloso invece che, superando i limiti imposti dallo stesso Concordato, la Conferenza Episcopale Italiana si vada configurando sempre di più come una sorta di Partito Vaticano che minaccia di anatema i politici cattolici, trasforma le chiese in sezioni di partito, interviene nei dettagli della riforma della nostra Costituzione. Ad ogni modo, quello che è veramente intollerabile non è lo spazio politico sempre più esteso che il clero conservatore sta occupando, ma l’atteggiamento remissivo e di sudditanza di partiti e leader politici nostrani. La Chiesa cattolico romana è, per sua natura, non laica, autoritaria, assolutista, antidemocratica. La difesa della laicità, della democrazia, dei diritti di cittadinanza è compito della politica. Fra Don Camillo Ruini che detta legge e Francesco Rutelli che gli obbedisce il mio biasimo maggiore va al secondo. Ruini, nel bene e nel male, fa il suo mestiere, Rutelli no.

Si può parlare di laicità quando la cornice di valori prescritta esclude una pluralità di scelte?

Assolutamente no. Se i valori sono prescritti non formano più la cornice, ma riempiono lo spazio interno, non lasciano cittadinanza a nient’altro. La laicità si ha laddove la cornice delimita uno spazio – tenendovi fuori solo ciò che è violenza e sopraffazione – al cui interno il gioco dei rapporti fra valori etici, considerazioni politiche, credenze religiose possa avvenire in un’ottica di tolleranza e di pluralità.

Vista dall'Italia, l'Europa dei diritti civili sembra così lontana. Le donne sole e/o lesbiche non hanno accesso alla fecondazione assistita; ai gay, alle lesbiche, agli etero, non sono concessi pari diritti per le loro convivenze fuori dal matrimonio. Le reazioni del mondo laico sembrano meno incisive del necessario. Che fare?

L’Europa rimane per noi un ancoraggio necessario, anche se non tutto è roseo al di là delle Alpi, soprattutto dopo l’estensione dell’Europa ad Est. In Polonia, dopo la vittoria dei conservatori alle ultime elezioni politiche, si è assistito ad una recrudescenza omofobica fatta di azioni anti-gay, divieti a manifestare, attentati all’incolumità fisica delle persone. In Lettonia, paese che finora si è rifiutato di recepire la direttiva antidiscriminatoria dell’Unione europea, è stata appena emendata la Costituzione per stabilire che il matrimonio può essere solo fra uomo e donna. Si avvicina il tempo in cui non potremo più aspettare che l’Europa ci salvi: l’Italia deve riuscire a fare a sua parte per mantenere un’Europa laica ed inclusiva.

Quanto è importante il valore della laicità per Arcigay?

E' uno dei suoi valori statutari fondanti e rappresenta la condizione stessa degli altri: promozione dei diritti umani, rifiuto di ogni discriminazione, sereno rapporto fra individuo e ambiente, libertà, uguaglianza, solidarietà, non violenza, democrazia. Dove non c’è laicità c’è assolutismo, monocrazia, fondamentalismo. Magari in nome dei principi più nobili e alti, considerati come verità valida per tutti. Ma se un valore è imposto per legge a tutti non è più un principio morale, ma una costrizione normativa. Qui non c’è più etica, c’è solo potere.

In quali scelte o posizioni di concretizza?

Ogni nostra scelta, ogni nostra posizione si basa su questo presupposto. Parte da qui il nostro impegno per un’effettiva libertà religiosa che ci ha portato, in questi anni, ad avere ottimi rapporti con religioni non cattoliche, come i valdesi o gli ebrei e con aree di cattolicesimo di base molto aperte alle questioni che poniamo. Da qui è nato il nostro impegno nel referendum contro la legge 40 sulla fecondazione assistita, referendum che non recepiva le nostre richieste di estensione alle donne lesbiche della possibilità di accesso alle tecniche, ma che abbiamo voluto comunque appoggiare come battaglia comune contro l’intromissione religiosa sui corpi delle donne.

Perché i PACS sono laici?

Perchè rappresentano una opportunità per tutti e un obbligo per nessuno. Perchè aprono il ventaglio delle possibilità a disposizione delle donne e degli uomini per progettare le loro vite. Perchè rappresentano un passo avanti verso l’abolizione delle discriminazioni normative verso gay e lesbiche.

Quali possibilità ci sono che vengano approvati nella prossima legislatura?

Una legge che riconosce dei diritti anche alle coppie dello stesso sesso sarà quasi certamente approvata se la coalizione di centrosinistra, che su questo ha assunto un impegno preciso, vincerà le prossime elezioni Il nostro prossimo impegno sarà di vigilare attivamente perchè la legge approvata non venga stravolta rispetto alle nostre aspettative. C’è un punto su cui si giocherà la partita: anche se Prodi si è impegnato su una legge che dia un riconoscimento pubblico alla coppia unita civilmente, i sostenitori della proposta Ruini-Rutelli – un semplice contratto di natura privatistica – torneranno all’attacco.

Quante persone prevedi ci saranno alla manifestazione del 14 Gennaio, Tutti in PACS?

Spero tantissime. Più saremo, più forti saranno le nostre battaglie a partire dal giorno dopo.
zon@ venerdi
00martedì 20 dicembre 2005 20:17
FIDANZATO MA CONTRARIO AI PACS
Sul blog di Caredda si trovano testi di Dylan Thomas e Garcia Lorca, commenti su Bush e foto della sua terrazza. Felicemente fidanzato da quattro anni, è contrario ai Pacs, che considera un «piccolo matrimonio», mentre vorrebbe l'introduzione del matrimonio civile per i gay.

«Uno studio dell'Unione Europea ha rilevato che la diversità crea valore monetario e migliori relazioni aziendali. La Diesel da sempre ha portato avanti questa politica, ma in Italia siamo ancora all'anno zero». Basti pensare che, sempre secondo la ricerca dell'Ue, sette manager italiani su dieci ritengono che la direttiva europea contro la discriminazione da noi non sarebbe applicabile e solo uno su mille che essere gay possa creare problemi in azienda.



Le due parole di tendenza sono Diversity Management, la tutela delle diversità nelle aziende. Anche l'economista americano Richard Florida afferma che il grado di tolleranza è sinonimo di società più creativa ed avanzata. In America e in Inghilterra ormai è un tormentone, anche per paura delle temibili controversie legali dei dipendenti discriminati, al punto che annualmente dalla rivista Diversity Inc viene stilata una classifica delle aziende che si comportano meglio nella tutela delle differenze e in pole position ci so-no colossi come Xemx, JP Morgan Chase, Ibm, Kodak.

A Milano, PrIMO è stato all'avanguardia portando nell'aprile scorso un workshop sul tema. (Si sta dimostrando che le aziende poco sensibili a questo discorso sono quelle più in difficoltà», continua Caredda. E intanto allo Sda della Bocconi è stato istituito un apposito laboratorio dal nome soave Armonia, per seguire l'evoluzione di queste nuove frontiere, che non appartengono solo al diverso orientamento sessuale, ma anche all'etnia, alla nazionalità, all'età e al sesso, allo stato sociale ed economico. E molti manager e ricercatori italiani omosessuali lamentano di dover emigrare per poter esprimere pienamente personalità e capacità. Dice Galli: «Secondo un'indagine della Gay Business Alliance di Washington, il 44 per cento dei cervelli che sono arrivati negli Stati Uniti negli ultimi due anni, sarebbero gay». Un'esagerazione? Come si diceva, nella vita le certezze non esistono.
zon@ venerdi
00domenica 1 gennaio 2006 06:03
ARCIGAY ROMA: "PACS IN TUTTI I MUNICIPI"
Le istituzioni dimostrino di essere vicine ai problemi dei cittadini.

L'XI Municipio del Comune di Roma (Garbatella e Ostiense) approvera' nei prossimi giorni il Registro delle Unioni Civili, come gia' ha fatto il X Municipio il 22 dicembre.

Probabilmente il Registro sara' approvato nella seduta del 5 gennaio.

''Siamo contenti e soddisfatti che il Registro delle Unioni Civili si stia attivando anche in altri Municipi Roma, nonostante i demotivati attacchi di alcuni gerarchi cattolici - dichiara Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma - Le istituzioni della nostra citta' hanno sempre mostrato una grande vicinanza alla comunita' lesbica e gay e ai suoi bisogni. Stiamo chiedendo a tutti i Municipi di Roma di presentare il Registro delle Unioni civili prima del 14 gennaio, quando in piazza Farnese a Roma si terra' la manifestazione Tutti in Pacs, a sostegno di una legge del Parlamento che dia riconoscimento giuridico alle coppie di fatto eterosessuali e omosessuali''.

''Vogliamo che il governo capisca di essere lontano dalle esigenze dei cittadini - continua Marrazzo - e le amministrazioni dei Municipi di Roma governati dal centro-sinistra possono dimostrare al governo cosa significa essere vicini ai cittadini e alle loro esigenze, speriamo che li seguano anche i Municipi governati dal centro-destra''
zon@ venerdi
00martedì 10 gennaio 2006 21:34
LIBERO AMORE IN LIBERO STATO
No all’omofobia religiosa, sì ai Pacs: dal 13 al 15 gennaio a Roma tre giorni di manifestazioni per le libertà civili, la laicità dello Stato e contro la discriminazione degli omosessuali.

ROMA - Dov’è l’Italia dei diritti civili? Non nel centro-destra, sordo alla richiesta di tutela per le coppie, e poco a Sinistra, dove sembrerebbe prevalere un tiepido ‘riduzionismo’ sui pacs.

Su tutti, incombono le gerarchie cattoliche, violentemente contrarie a discutere di diritti, e pronte, quasi quotidianamente, a ribadire il loro inappellabile veto.

La militanza gay, insieme ad associazioni laiche, non ci sta ed ha organizzato, nella Capitale, una lunga tre giorni di dibattiti e manifestazioni pubbliche per mettere le cose in chiaro.

Per non lasciare spazio all’ambiguità si incomincia proprio di fronte a San Pietro (venerdì 13 gennaio alle ore 14.00 in Piazza Pio XII) con un sit-in in memoria di Alfredo Ormando un omosessuale che si è suicidato, il 13 gennaio 1998, per protestare contro l’omofobia religiosa.

Per la ricorrenza Arcigay «Ora» di Roma ha organizzato una Giornata mondiale per il dialogo tra religioni e omosessualità e al sit-in seguirà (alle 17, presso la Sala Conferenze Fondazione Adriano Olivetti in via Zanardelli 34, nei pressi di piazza Navona) il convegno Il diritto alla sessualità in una società di credenti. Interverranno esponenti di diverse comunità religiose come Don Franco Barbero, teologo delle Comunità cristiane di base, Maria Bonafede, valdese, Leonardo Ranieri, ex vescovo dei Testimoni di Geova, Omar Camilletti, della comunità musulmana, Giulio Ercolessi, in rappresentanza dei laici, insieme ad esponenti della militanza gay.

«E’ una salto di qualità – dichiara Fabrizio Marrazzo, responsabile nazionale di Arcigay per la lotta all’omofobia su base religiosa – Non vogliamo insistere con l’accusa di omofobia alle religioni, ma cercheremo di capire se è possibile un dialogo mettendo a confronto diversi credo religiosi. Provocatoriamente vorremmo fare una sorta di hit parade delle religioni in rapporto con l’omosessualità».

Dopo gli esponenti religiosi sarà la volta delle coppie di fatto. Alle 10.30, di sabato 14 gennaio, la Liff, Lega italiana per le famiglie di fatto, ha organizzato l’happening, «Insieme per le libertà civili», al caffè Renault (in Via Nazionale 183/b). Famiglie di fatto, eterosessuali ed omosessuali, testimonieranno le difficoltà della vita di coppia causate dall’assenza di una legge per le unioni civili.

«Vogliamo ribadire la dignità delle nostre vite e dei nostri amori e chiedere – sottolineava Franco Grillini, primo firmatario della proposta di legge sui Pacs in discussione alla Camera dei Deputati, intervistato da «L’Unità» - riforme attente ai diritti civili, a partire da una legge sul Pacs che, sulla base dell'art. 2 della Costituzione».

A seguire l’appuntamento clou di questa tre giorni con la manifestazione nazionale Tutti in pacs, festa delle libertà civili, organizzata da Arcigay (alle 14 in Piazza Farnese) in contemporanea con la manifestazione nazionale per la libertà delle donne e a difesa della legge 194 Usciamo dal silenzio a Milano.

Dal palco di Tutti in pacs si alterneranno politici (saranno in piazza, ad esempio, Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi, Katia Bellillo, dei Comunisti Italiani, e Luciano Violante, capogruppo dei Democratici di sinistra alla Camera dei Deputati) e rappresentanti di diverse associazioni (fonti attendibili assicurano che interverranno religiosi favorevoli ai Pacs) presentati da Lella Costa e Alessandro Cecchi Paone.

«Il momento più importante – ci confida Alessandro Zan, responsabile della campagna pacs di Arcigay - vedrà il Magistrato della Cassazione Giovanni Palombarini unire simbolicamente in Pacs di alcuni politici che porteranno in Piazza Farnese i loro compagni e le loro compagne». La presenza del Magistrato ha suscitato, nei giorni scorsi, polemiche e le dichiarazioni scandalizzate del Ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno di Alleanza nazionale.

Tutti in pacs sarà anche musica, con l’esibizione di Ivan Cattaneo. A conclusione della giornata si riunirà il gruppo giuridico di Arcigay.

Ma, la maratona per i diritti civili non si conclude qui. Domenica, alle 10.30 preso la sede nazionale dei Democratici di sinistra, si terrà l’assemblea Nazionale di Gayleft, la consulta glbt del partito.

«Gayleft rinnoverà i suoi vertici – spiega, Andrea Benedino, portavoce nazionale della consulta - ed eleggerà due portavoce, un uomo e una donna. E’ un segnale per il dialogo con il movimento delle donne. Saranno presenti alcuni parlamentari e membri della segreteria nazionale DS. L’assemblea sarà anche l’occasione per ribadire l’impegno dei Democratici di sinistra per i pacs e per i diritti rivendicati dalla comunità glbt».

Libero amore in libero Stato sarà, a poche settimane dalla conferenza programmatica dell’Unione, la «prova del nove» per quell’Italia laica e progressista che rivendica diritti civili.
zon@ venerdi
00lunedì 16 gennaio 2006 15:12
Riceviamo e pubblichiamo.
Prodi amareggiato per la manifestazione "Tutti in Pacs"? Forse Prodi non sa quanti cittadini ha amareggiato con le sue parole



Gentili Radicali di sinistra,
siamo Saverio e Markus di Firenze, Vi inviamo la lettera che abbiamo inviato al Prof. Prodi, tramite il sito romanoprodi.it
Speriamo nel vostro aiuto per rendere piu possibile nota questa nostra lettera
Con affetto Saverio e Markus

Gentile Professore,
Prima di tutto ci presentiamo: siamo Saverio e Markus, viviamo insieme da 8 anni a Firenze, in bel quartiere della zona sud, con la nostra gatta Pippi. Siamo impiegati, paghiamo le tasse, siamo dei buoni cittadini, rispettiamo l'ambiente, c'interessiamo del nostro prossimo.
Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: noi siamo una famiglia. Intesa come amore, assistenza, progetto di vita. Come le altre famiglie siamo inseriti in una rete d'affetti fatta di genitori, nipoti, fratelli, amici, colleghi, vicini. Viviamo in maniera normale, serena, affrontando in due, i problemi che hanno tutti i cittadini italiani. Apprezziamo il suo operato politico ed è per questo che da potenziali elettori vorremmo chiederle alcune cose.
Abbiamo letto che lei è amareggiato per la manifestazione per i Pacs di Piazza Farnese e non capiamo perché. Noi siamo e a ragione, davvero amareggiati.
Proviamo a spiegarci. Ad esempio se uno di noi due dovesse avere bisogno d'assistenza in ospedale, non potremmo chiedere ai nostri datori di lavoro nessun congedo. I miei colleghi sposati lo possono fare e noi con le nostre tasse paghiamo, (volentieri), questo loro diritto. Non potremmo avere informazioni sanitarie e non potremmo decidere per l'altro del suo destino, conoscendo più di chiunque le proprie intime convinzioni. Se uno di noi dovesse mancare, non avremmo diritto a subentrare all'affitto, non potremmo ereditare le cose che insieme abbiamo comprato (mobili, automobile, elettrodomestici) o le cose fatte insieme (investimenti e risparmi). Abbiamo per questo rinunciato a comprare casa. Troppo rischioso senza possibilità di fare testamento a favore l'un dell'altro. Se dovessimo avere dei problemi economici non potremmo contare sulla pensione dell'altro. E ci fermiamo qui, l'elenco è lungo.
Sentiamo spesso affermare che saremmo un pericolo per la famiglia tradizionale….Vorremmo che Ruini, Casini e molti dei suoi alleati ci spiegassero come, in quale maniera.
Ci pensiamo spesso quando alle 6 del mattino Saverio si alza 10 minuti prima per preparare il panino da mangiare fuori, quando si fa la spesa cercando i prezzi migliori, (come tutte le altre famiglie italiane, fatichiamo ad arrivare a fine mese) quando ci si saluta davanti alla porta con un bacio, quando si va al mercato, quando si programma che investimenti economici fare per quando saremo vecchi, quando si va a comprare i regali di Natale per i nipoti. Come, come, come possiamo essere un pericolo per la famiglia tradizionale? Me lo spieghi lei Professore.
S'immagini: sabato pomeriggio mentre si faceva la lavatrice, dividendo i panni chiari da quelli scuri, discutendo di quando invitare a cena il fratello e la moglie, della prossima riunione di condominio, di dove andare in vacanza quest'estate, di come è bello il bimbo appena nato alla collega, di come sarà il Festival di Sanremo con Panariello, noi si tramava contro la Famiglia…..
Dunque la Famiglia è salvaguardata dalla negazione ad altri di un diritto? Posso capire il discorso di chi dice che andremo all'inferno ma sinceramente non ci sentiamo un pericolo proprio per nessuno, visto che, sempre ad esempio, la violenza familiare o sui minori, riguarda soprattutto i padri di famiglia. Poi un giorno quando saremo di fronte a Dio, gli chiederemo perché ci ha fatto cosi, visto che non è uno che sceglie d'essere gay. E visto che saremo li, chiederemo a Dio anche cosa pensa dei tantissimi preti e frati gay, in percentuale secondi solo ai parrucchieri.
La vita quotidiana di noi gay non è una passeggiata di salute, non lo dimentichi Prof. Prodi prima di parlare delle tematiche omosessuali. La vita quotidiana dei gay non è Platinette o Aldo Busi: è spesso una via Crucis. Noi siamo una famiglia. Non c'interessa avere le damigelle o fare le bomboniere o lanciare il bouquet di fiori alle amiche. C'interessa la possibilità di avere i diritti che hanno tutti quelli che mettono insieme le proprie vite, e per mantenere i quali, le nostre buste paghe sono divorate, come quelle di tutti. Markus è cittadino tedesco, ci potremmo unire legalmente ma Saverio dovrebbe perdere la cittadinanza italiana. Ci sentiamo cittadini europei e vorremmo capire perché si parla tanto d'Europa quando si tratta di economia e poi ci chiudiamo sotto il nostro campanile quando si tratta di diritti. Non ci dica Professor Prodi che Lei non sa che sulle unioni civili anche molti partiti europei di centro o conservatori sono favorevoli.
Gentile Prof. Prodi, le facciamo un invito. Venga una sera a cena da noi con la Signora Flavia, Le vorremmo far semplicemente conoscere come vive normalmente una coppia, sostenuti reciprocamente dall'amore ma con il timore che un colpo di vento può essere per noi un uragano. Le vorremmo raccontare meglio di noi, presentarle i nostri genitori, i nostri fratelli, farle vedere la nostra casa con il terrazzo e i bulbi appena piantati, parlarle della nostra amarezza.

Con affetto
Saverio e Markus
zon@ venerdi
00martedì 7 febbraio 2006 06:51
Pacs: per Rutelli 'scempiaggini', Arcigay protesta
Il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice, interviene nella polemica sulle parole pronunciate ieri da Francesco Rutelli sui Pacs.

«Francesco Rutelli definisce ‘scempiaggini’ che non saranno mai appoggiate da lui né da Prodi alcune idee sulla famiglia di Rifondazione comunista? Chiarisca a cosa si riferisce. Certo non ad una legge che dia riconoscimento giuridico alle unioni civili, che è già, nero su bianco, nel programma dell’Unione».

Il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice, interviene così nella polemica sulle parole pronunciate ieri da Francesco Rutelli, che alcuni giornali di oggi hanno letto come una presa di distanza dal progetto dell’Unione di legiferare sulle coppie di fatto attraverso una legge che dia riconoscimento giuridico alle “unioni civili”, come stabilito dalla coalizione di centrosinistra.

Nel programma dell’Unione, concordato a San Martino in Campo il 5 e 6 dicembre scorsi è già contenuto un impegno, con una formulazione che «rappresenta un punto di sintesi fra le diverse culture politiche che compongono l’Unione», spiega Lo Giudice. «Essa, tuttavia, riesce a tenere conto anche delle legittime ed indifferibili istanze avanzate dall’ampio movimento che nel Paese sostiene la necessità di una legge sui Pacs: il riconoscimento giuridico pubblico della dignità di ogni relazione d’amore e dell’assunzione di responsabilità reciproche, l’attuazione della tutela prevista dall’art. 2 della Costituzione italiana per tutte le formazioni sociali, la possibilità di risolvere le difficoltà che le coppie di fatto incontrano sul piano sanitario, lavorativo, fiscale e previdenziale. Questo è quanto accade nella gran parte dei Paesi europei, altro che scempiaggini».
zon@ venerdi
00sabato 11 febbraio 2006 23:51
CHI HA PAURA DEL PACS?

di Alessio De Giorgi
(altri articoli dell'autore)
Sabato 11 Febbraio 2006

Editoriale del nostro direttore: non facciamo prevalere il massimalismo, non buttiamo via il lavoro di 10 anni. Così stiamo facendo solo un favore a Rutelli.






Non mi scandalizzo nel dire che non ce la faccio proprio a riconoscermi nelle posizione assunte da Arcigay ed Arcilesbica sul programma dell’Unione per il governo del paese presentato questa mattina a Roma.

Certo, non sono felice di quella formulazione. Avrei di gran lunga preferito quella uscita mesi fa dal vertice di San Martino in Campo. Ma ciò nonostante, penso che le condizioni politiche di questo paese non permettano purtroppo una formulazione per noi migliore e che anzi sia stato già straordinario arrivare comunque a questo punto.

Nonostante i sondaggi dicano ormai cose diverse, è indubbio che una parte consistente del centro-sinistra, Margherita e Udeur in testa, ma anche settori minoritari e silenti dei DS, abbiano il terrore che un disegno di legge proposto dal movimento omosessuale – perché da lì la proposta di Franco Grillini nasce – possa diventare legge dello Stato. Anche simbolicamente, prima ancora che nella pratica, questo rappresenterebbe comunque una vittoria per il movimento lgbt e una sconfitta per il Vaticano e il vasto mondo che a questo fa riferimento. Da questo nasce l’imbarazzo di Rutelli and co., la proposta dei Contratti Collettivi di Solidarietà (appunto contratti, termine che ben si adatta agli accordi tra gli individui), la prima formulazione del programma dell’Ulivo e quest’ultima decisa l’altro ieri a Roma.

Per fortuna e purtroppo, il PACS è diventato in questi mesi un feticcio, un moloch intorno al quale sono ben altre le partite che si giocano. Oggi il PACS è una questione identitaria per tutta la sinistra, la frontiera simbolica del laicismo, fra chi – me compreso - sempre meno tollera l’ingerenza vaticana nelle faccende nazionali e chi con questa è disposto – o è costretto – a farci i conti. Vi pare possibile che una proposta di legge tutto sommato così innocua e così moderata rispetto anche a quanto fatto in altri paesi europei, debba meritare così tanta eco sui giornali e sulle televisioni, tanto che ormai si parla più di PACS rispetto a temi della politica che oggettivamente riguardano molte più persone, come la lotta alla disoccupazione, la scuola, la politica fiscale e così via? Questa così forte attenzione da un lato è stata la nostra fortuna, perché mai così tanto hanno discusso gli italiani come in questi mesi di pre-campagna elettorale di coppie gay e lesbiche, ma anche la nostra sventura, perché sta proprio in questo valore simbolico assunto dal PACS il motivo di questa scelta contenuta nel programma dell’Ulivo.

Ma veniamo al merito. Quale scelta così nefasta per le sorti progressive delle nostre coppie – mia compresa – è stata fatta dai leader del centrosinistra, con plauso pure del tenace Fausto Bertinotti e del bisessuale Alfonso Pecoraio Scanio? Il fatto che nella formulazione definitiva sia saltata l’esplicitazione della creazione di un nuovo istituto giuridico, “PACS” o “Unioni Civili” poco importa, e che il testo sia decisamente più generico: “L'Unione proporrà il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto”, pur continuando a precisare che “al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento sessuale”. In sostanza, che le coppie siano etero o omosessuali poco importa.

Cosa vorrà dire questo, nel concreto? Ammesso e non concesso che questo sarà lo schema della versione definitiva della legge, nessuno oggi ci garantisce che ci sarà un istituto giuridico specifico – come era il PACS – che le coppie di fatto potranno siglare: il solo fatto di stare insieme ad esempio qualche anno, magari registrandosi come conviventi all’anagrafe, darà vita a “diritti, prerogative e facoltà”. Quali? Beh, le solite cose su cui stiamo puntando il dito da tempo: reversibilità della pensione, possibilità di lasciare in eredità tutti gli averi al proprio partner e così via. Tutte faccende su cui un registro comunale, una legge regionale o i contratti privati possono fare molto ben poco, e su cui l’unica che riesce ad incidere è una legge nazionale. Il carattere pubblico è quindi garantito e su questo aspetto bisogna insistere: se vogliamo risolvere queste questioni centrali, vi deve essere l’opponibilità a terzi, ad esempio, di un testamento. Mancherà invece, molto probabilmente, “rebus sic stantibus”, l’aspetto celebrativo dell’unione, che i PACS garantivano con la firma dell’atto.

Questa, Signori, è l’Italia. E’ l’Italia che permette a Ministri della Repubblica di usare il termine culattoni per definire il 5% della popolazione (ancora oggi, lo ha fatto il ministro Calderoli, tipico caso di omofobia interiorizzata), è l’Italia che multa un giudice che decide di togliere il crocifisso dall’aula del tribunale, è l’Italia dove un messaggio pubblicitario “Meno Vaticano” non viene accettato, perché ritenuto offensivo dal quotidiano che è il principale punto di riferimento per i laici italiani (è notizia di ieri). Ma con questa Italia, se non vogliamo salire sull’Aventino, dobbiamo fare i conti pur senza rassegnarci.

E’ questo spirito che a mio modestissimo parere manca nella coraggiosa e coerente presa di posizione dei vertici di Arcigay e di Arcilesbica. Se questo è il miglior compromesso che potevamo portare a casa, mettiamolo in saccoccia: da domani sosterremo quelle parti dell’Ulivo che ci garantiscono di ottenere il miglior risultato possibile, partendo dalla modestissima formulazione contenuta nel programma.

C’è un detto nella comunità ebraica, fatta come si sa da astuti commercianti, che vale la pena di ricordare in questa fase: un compromesso buono è quando entrambe le parti escono dalla trattativa con un po’ di amarezza, e così è stato in questo caso, se è vero che comunque a pezzi del centro-sinistra questa formulazione non piace, perché avrebbero preferito che questa tematica il programma proprio non la trattasse.

Le nostre urla, i nostri strepiti, sono manna dal cielo per Francesco Rutelli, cui stiamo regalando la possibilità di dimostrare al Vaticano che non hanno nulla da temere di una formulazione su cui, appunto, i gay non ci stanno.

Il massimalismo, si sa, è una malattia insidiosissima, più contagiosa di una banale influenza. E’ molto più facile gonfiarsi il petto contro il nemico, invocare i famosi “principi”, urlare allo scandalo, che ragionare sui risultati possibili, sulla necessità assoluta di mediare, mediare e ancora mediare fino allo sfinimento se l’obiettivo è di portare dei risultati a casa, e di non fare testimonianza. Ma il ruolo di un gruppo dirigente coraggioso è esattamente questo, se non vuole soffiare sulla demagogia. E il rischio di buttare a mare un lavoro tenace, quotidiano, che dura da oltre dieci anni, è davvero troppo grande.

Il mio invito va proprio in questa direzione: non facciamoci mettere in un angolo, rilanciamo, cerchiamo di non perdere la capacità di capire fin dove è possibile spingere e il limite oltre il quale si rischia di strappare, garantiamoci il risultato migliore in caso di vittoria del centro-sinistra, sostenendo apertamente i candidati che sulle nostre tematiche non hanno dubbi di sorta. Anche perché l’alternativa mi pare decisamente peggiore: se vincerà il centro-destra, saremo assolutamente certi che le unioni di fatto rimarranno per anni senza nessuna copertura legislativa, con buona pace di tutti noi culattoni.
zon@ venerdi
00sabato 11 febbraio 2006 23:52
Pride Forest
11 febbraio

La settimana prossima, gli attivisti del gruppo omosessuale israeliano “Gay in Galilee Society” pianteranno, sul suolo di Israele, una foresta dedicata alla Tolleranza.
Sulla scia di una tradizione cominciata nel 1948, anno di fondazione dello Stato ebraico, quando i padri fondatori di Israele piantarono, come segno di vita e appartenenza, i primi alberi nelle zone deserte del nuovo Stato, allo stesso modo e con il medesimo spirito, gli attivisti gay israeliani daranno vita alla “Pride Forest”, la prima foresta gay nel mondo, per testimoniare la forza e la longevità dei diritti civili degli omosessuali, con la speranza che essi crescano e si rafforzino sempre più ovunque nel mondo.
zon@ venerdi
00lunedì 13 febbraio 2006 14:36
L’Unione e i PACS
« Arcigay ed il movimento glbt sono insoddisfatti e delusi»
Gentile Direttore,

Le chiedo di ospitare un intervento in cui vorrei chiarire perché Arcigay ed il movimento glbt sono insoddisfatti e delusi dal programma dell’Unione.

Il testo recita: "L'Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi e il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto quale criterio qualificante il sistema di relazioni sentimentali, assistenziali e di solidarietà la loro stabilità e volontarietà".

Questa formulazione, addirittura più arretrata della proposta del Partito Popolare Spagnolo di Aznar, mira ad introdurre singoli diritti e cancellare il riconoscimento giuridico delle Unioni civili - contrariamente all’impegno assunto dai leader del centrosinistra e dal candidato premier nell’incontro di San Martino in Campo - a tutelare «Le unioni civili come riconoscimento giuridico di una forma di relazione capace di assicurare prerogative e facoltà e di garantire reciprocità nei diritti e nei doveri».

Non è una questione nominalistica: con questa proposta restano solo alcune importanti ma insufficienti tutele relative all’assistenza ospedaliera e penitenziaria, al subentro nel contratto d’affitto, ai congedi lavorativi per motivi di salute. Di contro, non abbiamo ancora sentito argomentazioni concrete per cui negare la successione legittima, la reversibilità della pensione, il permesso di soggiorno (dopo 5 anni), l’accesso agevolato in concorsi o graduatorie, le tutele in caso di separazione a due partner che - non volendo o non potendo sposarsi - scegliessero Pacs o Unioni Civili che dir si voglia per dare stabilità al proprio legame affettivo. E dire che secondo l’Eurispes persino il 68,7% dei cattolici italiani è favorevole a una legge sui Pacs!

Lesbiche e gay italiani erano illusi che la fine delle discriminazioni e dei drammi quotidiani fosse vicina, ma si trovano disincantati dalla destra liberticida e delusi da una sinistra poco risoluta. L’Unione dovrà riformulare questa proposta, scegliendo di anteporre diritti delle persone alla benevolenza delle gerarchie ecclesiastiche, se vorrà contare sull’appoggio di gay e lesbiche al suo programma.

Per sottolineare la nostra posizione e per sensibilizzare la cittadinanza, Martedì 14 febbraio dalle 18.30 distribuiremo in Piazza del Comune il volantino intitolato: “14 FEBBRAIO - FESTA DEGLI INNAMORATI - PERCHE’ PER LESBICHE E GAY NON C’È MOLTO DA FESTEGGIARE”
zon@ venerdi
00venerdì 17 febbraio 2006 13:08
Arci Gay e Arcilesbica: «La sinistra s’impegni sui Pacs altrimenti non la votiamo»


Gli aderenti ad ArciGay e Arcilesbica chiedono alla politica di garantire alle coppie di fatto uno stato giuridico sul modello spagnolo, minacciando di non votare l'Unione se non verrà rivista la parte del programma dedicata ai Pacs (i Patti civili di solidarietà). L'annuncio è stato dato in un incontro promosso dal gruppo della Rosa nel pugno in Provincia, dalla presidente del circolo «Le ninfe»-Arcilesbica (una sessantina di socie), Ostilia Mulas. «Non daremo il nostro sostegno all'Unione se non sarà chiaro quali diritti ci riconoscono - ha spiegato Mulas -. Mentre la prima versione del programma dell'Unione prevedeva la garanzia di reciprocità di diritti e doveri, la versione attuale sembra il progetto di Ruini». Il responsabile politico di Arcygay Genova (1200 soci in Liguria), Massimo Vianello, ha precisato: «A ridosso delle elezioni informeremo i nostri soci sulle scelte dei partiti. Non indicheremo chi votare, ma chiederemo di votare con coscienza». Secondo Vianello, l'Unione nell'ultimo programma ha decurtato «la parte riguardante la possibilità di ereditare anche in mancanza di un testamento;
zon@ venerdi
00martedì 2 maggio 2006 06:28
Nozze gay a Londra tra un italiano e un inglese
IN ITALIA NON SONO VALIDE


LONDRA - Il 30 aprile di 17 anni fa si erano conosciuti a Londra e ieri, sempre a Londra, hanno ufficializzato la loro unione. Tra qualche lacrima che tradiva l'emozione e la gioia, gli applausi entusiasti degli amici e gli scatti frenetici dei fotografi, Marco Canale e Alan Webb si sono "sposati"ieri mattina al Municipio di Chelsea della capitale del Regno Unito, dove, nel dicembre del 2005, è entrato in vigore il Civil Partnership Act, una legge che garantisce alle coppie gay diritti e doveri molto simili a quelli del matrimonio.
Alle 11.20 Marco, imprenditore 45enne proprietario della più grande sauna e palestra per soli gay di tutta Roma, e Alan, 53 anni e da poco ritornato a Londra dove lavora per la United Airlines, hanno ufficializzato la loro unione che però in Italia non sarà riconosciuta.
patryzya
00sabato 6 maggio 2006 15:29
Re:

Scritto da: icestar 27/08/2004 21.52
sono d'accordo ai matrimoni fra gay, in fondo lo scopo del matrimonio è unire due persone che si amano, e che male c'è se queste due persone sono dello stesso sesso?
Al mondo ci sono tanti matrimoni di coppie etero che sono solo una facciata, xchè negare un unione sacra a due persone omosessuali che si amano davvero?
però su una cosa non sono d'accordo e qua lancio la provocazione: l'adozione dei bimbi da parte delle coppie omosessuali.
E' qualcosa che va contro i principi etici: un bambino ha bisogno di crescere con due figure di sesso opposto.
Due genitori omosessuali potranno dare al bambino tutto l'amore di questo mondo, ma il bambino in questione non sarà mai un bambino normale sarà sempre un bambino diverso dagli altri.
In particolare mi soffermo sui bambini che vorrebbero adottare le coppie omosessuali composte da due maschi.
Un bambino ha bisogno in primo luogo della figua materna, è un sacrosanto diritto di ogni bambino crescere con una figura materna, e un uomo, per qaunto possa dargli tutto l'amore di questo mondo non riuscirà mai e poi mai a sostituire questa figura. Inoltre come si sentirà questo bimbo nei confronti degli altri? tutti hanno una mamma ed un papà e lui invece no.
Pensate che questo bambino crescerà bene?
Io dico si alle coppie gay ma far adottare loro bambini, no! no va contro ogni etica e morale!
Voi cosa ne pensate? sarebbe interessante sentire un vostro parere

ciao





sono d'accordissimo con te,è esattamente quello ke penso io!!!
zon@ venerdi
00mercoledì 7 giugno 2006 17:14
esatto
liberamente83
00lunedì 19 giugno 2006 00:54
Re: Re:

Scritto da: patryzya 06/05/2006 15.29




sono d'accordissimo con te,è esattamente quello ke penso io!!!


io invece credo che invece che elaborare faticose elucubrazioni e teorie su quanti maschi e quante femmine occorrano a un bambino per crescere bene dovremmo porci 2 domande:
domanda 1) Uno stato ha il dovere di stabilire chi ha il diritto di avere figli e chi no? e secondo che criteri?

(questo giusto per farvi capire che se rispondete di sì, probabilmente per coerenza dovreste andare in giro sterilizzando tossicodipendenti, psicopatici, criminali, pedofili e altre amenità... cosa che nessuno si sogna di fare)

domanda 2) (supponendo che siate riusciti a superare i conflitti etici della prima domanda) Chi dice che un bambino cresca male se è cresciuto da omosessuali?

qui non basta rispondere che è sempre stato così... sarebbe come scoprire l'acqua calda. Per me qui, invece di elucubrare, bisognerebbe studiare le situazioni di quelle famiglie omosessuali che in molti paesi già esistono, per via delle diverse legislazioni. si tratta di vedere se questi bambini sono disadattati, se hanno significativamente più problemi di quelli adottati da genitori eterosessuali e così via... E non vorrei dire una cavolata ma mi pare ci siano già i primi studi sulle coppie omosessuali e i figli da loro adottati in Spagna. E che diano risultati decisamente confortanti.

avete informazioni più aggiornate?
GayAbruzzo
00lunedì 19 giugno 2006 07:22
Re: Re: Re:

Scritto da: liberamente83 19/06/2006 0.54
qui non basta rispondere che è sempre stato così... sarebbe come scoprire l'acqua calda. Per me qui, invece di elucubrare, bisognerebbe studiare le situazioni di quelle famiglie omosessuali che in molti paesi già esistono, per via delle diverse legislazioni. si tratta di vedere se questi bambini sono disadattati, se hanno significativamente più problemi di quelli adottati da genitori eterosessuali e così via... E non vorrei dire una cavolata ma mi pare ci siano già i primi studi sulle coppie omosessuali e i figli da loro adottati in Spagna. E che diano risultati decisamente confortanti.

avete informazioni più aggiornate?


due cose, anzi tre.

i primissimi risultati di studi condotti su bambini di coppie gay sono stati divulgati in francia nell'ormai lontano 1999. nessuna differenza rispetto a quelli di coppie eterosessuali, solo una maggiore aggressività (cmq contenuta) determinata dalle oggettive difficoltà di farsi accettare dalla società come figli di omosessuali.

il problema, di fatto, non esiste se si pensa che, solo in italia, ci sono già oggi circa 100.000 persone che hanno almeno uno dei genitori come minimo bisessuale (io per esempio conosco un ballerino dichiaratamente e ... evidentemente gay che ha avuto un figlio a 20 anni). l'unica novità sarebbe riconoscere giuridicamente una situazione che già esiste, volenti o nolenti.

è triste, molto triste sentire persone in gamba come luxuria dire che "tra la militanza nel movimento omosessuale e la salute psico-fisica di un bambino, scelgo la seconda. per ora le adozioni non sono un problema di cui discutere". cosa non si diventa per la politica [SM=x432743]

liberamente83
00lunedì 19 giugno 2006 10:16
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: GayAbruzzo 19/06/2006 7.22


è triste, molto triste sentire persone in gamba come luxuria dire che "tra la militanza nel movimento omosessuale e la salute psico-fisica di un bambino, scelgo la seconda. per ora le adozioni non sono un problema di cui discutere". cosa non si diventa per la politica [SM=x432743]




vabbé squizz io sono d'accordo con te..... e forse anche lei lo è... Il fatto è che ora dobbiamo smettere di apparire dei mostri pervertiti e farci dare un pezzo di carta che ci dica che esistiamo...
PantherBoy
00lunedì 19 giugno 2006 12:58
beh, io sono d'accordo con Luxuria. Per il momento è già difficilissimo riuscire ad ottenere una nostra dignità accettata e rispettata dagli altri, combattere anche per l'adozione sarebbe troppo, e chi troppo vuole nulla stringe. Sono però convinto che i PACS siano un inizio, quando avremo raggiunto il traguardo dell'essere riconosciuti come persone, potremo cominciare a chiedere di essere riconosciuti come padri...è il mio pensiero...
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