LA SFIDA DEI CALCIATORI GAY
Chiuso a doppia mandata nella penombra dello spogliatoio, protetto dai parastinchi e dall’omertà del gruppo, l’ultimo tabù dello sport (forse) sta per cadere. Tre calciatori omosessuali tedeschi, uno molto famoso e gli altri due impegnati in serie minori, sono pronti a fare coming out a patto che altri otto colleghi siano disposti a dichiararsi gay. Sembra un reality, undici giocatori per un clamoroso coming out . Potrebbe essere, invece, l’assalto finale all’ipocrisia del pallone che il Financial Times sponsorizza con prudenza: «È un altro sintomo della società che si trasforma, ma non aspettatevi che il calcio sia pronto a un passo simile». Non sarà una rivoluzione, ma di certo è un segnale. E così dopo il rugby australiano (Ian Roberts), il baseball americano (Billy Bean) e i tuffi (Greg Louganis), l’enclave più chiusa e barricata dell’omofobia, il calcio, lascia intravedere le prime crepe. «È una notizia importante» commenta il deputato Ds e presidente dell’Arcigay Franco Grillini, il tifoso del Bologna che con la moglie del ministro degli Esteri e ultrà della Lazio, Daniela Fini, ebbe un interessante scambio di vedute. «Gay nel calcio italiano? Impossibile» escluse lei. «Se fosse vero, il campionato non si giocherebbe» chiosò lui che, senza fare né nomi né cognomi («Ma, nel nostro ambiente, sappiamo tutto di tutti...»), procede per enigmi. «In una grossa squadra di serie A del Nord ce ne sono tre». «C’è stato un periodo, nel passato, in cui in una potenza del nostro calcio giocavano sette gay su undici». «Ci sono mogli finte e fidanzate finte, per le quali la copertura è un vero e proprio mestiere». «C’è un notissimo calciatore, ritratto della virilità, che cerca partner omosessuali su Internet e dà loro appuntamento tramite un intermediario». Basta così. Chi è gay sa di esserlo e ha tutto il diritto di non aver voglia di raccontarlo. «Ma è assurdo pensare - sottolinea Grillini - che lo sport sia asessuato. E il calcio, con la sua divisione netta tra maschi e femmine, con i suoi spogliarelli e le sue ammucchiate dopo una rete, è il terreno più fertile per l’omosessualità». Non è un caso che una delle icone più apprezzate sia il numero 23 del Real Madrid, David Beckham, talmente a suo agio nel ruolo da non aver avuto problemi a posare per una rivista gay. E c’è forse qualcosa di più di uno scrupolo salutistico dietro l’editto con cui la Federcalcio internazionale, all’apice della diffusione dell’Aids, vietò baci e abbracci in campo.
Voci, molte. Fatti, pochi. Al trionfale Mundial dell’82, il ct Bearzot decise il silenzio stampa dell’Italia per rispondere alle critiche spietate della stampa e alle insinuazioni sul feeling, fuori dall’area, tra due azzurri. L’ex interista Vampeta fu fotografato in pose inequivocabili per un calendario gay. Justin Fashanu, fratello del più noto John (Wimbledon e Aston Villa), una carriera nelle serie minori inglesi, dichiarò pubblicamente la sua omosessualità. Così come, più di recente, l’olandese Dominique van Dijk, centrocampista 26enne dell’Rkc Waalwijck, figlio di un mito del calcio orange : «So bene che d’ora in poi per la gente sarò il calciatore gay e immagino le malignità dei tifosi sugli spalti. Ma vado avanti: l’anno prossimo lancerò una mia linea di abbigliamento». E l’Olanda, il Paese dove l’arbitro internazionale John Blankenstein dichiarò la sua omosessualità mentre era ancora in attività, non si è scomposta più di tanto.
«Giocatori disposti a dichiararsi gay in Italia, dove il pallone è considerato la massima espressione del maschile, non si troveranno mai» chiosa Grillini, che stima un 10% di omosessuali nel nostro calcio tra atleti, arbitri e allenatori dalla serie A all’Eccellenza. Nascosti, ma non ai suoi occhi: «Li riconosco immediatamente. I gesti, lo sguardo, gli atteggiamenti... Non si può mascherare una verità sotto gli occhi di tutti». E, spesso, seppellita sotto l’esultanza per un gol.