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Nozze solo etero? No, grazie

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2011 13:55
12/03/2010 01:12
 
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11/03/2010 11:55
Nozze solo etero?
No, grazie

di Delia Vaccarello
"Non è in gioco un capriccio". Il 23 marzo è una data attesissima. La Corte costituzionale, interpellata da due Tribunali e due Corti d'Appello, si pronuncerà sui matrimoni gay. Nella primavera del 2008 è stata promossa una campagna di Affermazione civile dall'Associazione radicale Certi diritti e dalla Rete Lenford che riunisce gli avvocati per i diritti LGBT. Numerose coppie omosessuali in diverse città hanno chiesto le pubblicazioni di nozze. Al rifiuto scritto hanno risposto con un ricorso. I giudici di Venezia, poi di Trento, Firenze e Ferrara, hanno rinviato alla Consulta il giudizio sul divieto legislativo di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Intanto sabato 26 febbraio all'Università di Ferrara si è tenuto "amicus curiae", un seminario giuridico "preventivo" dedicato al "paradigma eterosessuale del matrimonio" ( www.amicuscuriae.it ).Gli atti dell'incontro saranno messi a disposizione della Consulta in vista della sua udienza, come già lo scorso anno per l'analogo seminario sul lodo Alfano, e anni prima - tra gli altri - sulla procreazione assistita, la grazia, il caso Cossiga, il caso Previti. Il prof. Andrea Pugiotto, Ordinario di Diritto costituzionale nell'Ateneo ferrarese, ci riporta i due filoni emersi dal seminario, uno conservatore, l'altro innovativo. "E' stata una riflessione a più voci, dialettica anche nelle soluzioni prospettate. Da un lato - a favore del matrimonio solo eterosessuale - il richiamo alla tradizione, al nesso tra matrimonio e filiazione, alla preclusa omogenitorialità, alla discrezionalità del legislatore. Dall'altro - contro il paradigma eterosessuale del matrimonio - il divieto di discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale, l'idea che la famiglia come tutte le formazioni sociali è al servizio del singolo (e non viceversa), un'interpretazione dinamica dell'art. 29 della Costituzione. Comune ai più la convinzione che la Corte possa pronunciarsi nel merito, senza vie di fuga processuali". Ancora, sembra fugato il timore che la Corte abbia solo due possibilità: dire sì o no. "La Corte non è stretta nell'alternativa no/sì. Ha un ampio ventaglio di decisioni, compreso tra due opposti: il rigetto delle questioni, in nome di una lettura asfittica dell'articolo 29 (l'esito peggiore, preclusivo di ogni novità); il loro accoglimento, con la rimozione dell'attuale divieto del matrimonio omosessuale e l'introduzione di un opposto principio applicabile dai giudici (soluzione che io auspico)". Non è escluso che si apra una fase interlocutoria. "Esiste una gamma di decisioni dalla valenza interpretativa, capaci di mettere in moto l'attività legislativa del Parlamento e quella applicativa dei giudici. Dipenderà dalla forza giuridica e dalla persuasività dei "moniti" e delle letture costituzionali che la Corte metterà nero su bianco". Un pronostico: la Corte si ispirerà al diritto di uguaglianza? "In uno Stato pluralista, in tema di diritti civili, il numero non conta: situazioni anche minoritarie, se fondate costituzionalmente, vanno tutelate. E la Corte deve rispondere all'imperativo costituzionale di eguaglianza, non alla doxa dominante che - nelle sue punte omofobiche - vede nell'omosessuale un malato imprigionato in un corpo deviante. Giuridicamente, la partita è aperta: altri Tribunali costituzionali hanno sciolto positivamente nodi simili. E' in gioco non un capriccio o un desiderio, ma il diritto fondamentale di una persona, l'omosessuale, ad essere fino in fondo se stessa".

l'U


18/04/2010 11:38
 
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Matrimonio gay. La Corte Costituzionale dice "No" (16.04.10)


La Corte Costituzionale si è pronunciata sul matrimonio gay in seguito ai ricorsi del tribunale di Venezia e la Corte d’appello di Trento dopo che tre coppie dello stesso sesso avevano presentato le pubblicazioni ufficiali presso i rispettivi comuni e si erano viste opporre un rifiuto dall’ufficiale di Stato civile.

La Consulta ha rigettato i ricorsi dichiarando inammissibili ed infondate le questioni di legittimità sollevate e rinviando qualsiasi decisione in materia al Parlamento italiano. Se la tesi dei legali delle coppie è stata quella che non esiste nella nostra Costituzione un evidente divieto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, la Corte Costituzionale ha dichiarato che l’argomento non è di propria competenza.

"Le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio”: queste in sostanza le motivazioni della sentenza. La normativa del codice civile (che contempla esclusivamente il matrimonio tra un uomo e una donna) non si può considerare “illegittima” sul piano costituzionale.

Una sentenza non del tutto negativa che prevede comunque che sia compito del legislatore trovare una soluzione legislativa appropriata: “I concetti di famiglia e di matrimonio - si legge - non si possono ritenere ‘cristallizzati’ con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore”, anche se poi, circa l’interpretazione di questi concetti, aggiunge "non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non
considerati in alcun modo quando fu emanata
".

il Levante
18/04/2010 14:02
 
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si sapeva che andava a finire così...
10/05/2010 17:55
 
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matrimonio
Non capisco cosa c'è di male in un matrimonio Gay!
L'importante è l'amore
30/05/2010 01:03
 
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Re: matrimonio
stefanosensuale, 10/05/2010 17.55:

Non capisco cosa c'è di male in un matrimonio Gay!
L'importante è l'amore

X te(nn so se gay,bi od etero come me),x nemmeno ma x i preti certamente no,e qst è l'impo x i politici [SM=x432737]


05/06/2010 06:55
 
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l'italia è in mano alla chiesa!



13/06/2010 19:09
 
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Padova: bastonati
perché gay e «comunisti»

Due giovani sono stati bastonati nel centro di Padova da un uomo vistosamente irritato dal fatto che camminavano abbracciati e che, dal modo di vestire, a suo avviso non potevano che essere “comunisti”. È successo la notte di mercoledì scorso: gli aggrediti, di 27 e 31 anni, hanno riportato otto giorni di prognosi ciascuno e hanno denunciato il pestaggio alla Digos di Padova, che sta reperendo i filmati del luogo dove si sono svolti i fatti e delle zone circostanti per risalire al responsabile. L'aggressore, un giovane sui 25-27 anni, italiano, era seduto con altre persone al tavolino di un locale di Larga Europa, il P.Bar. Al passaggio dei due, spiega il Mattino di Padova, li ha ripetutamente insultati in quanto gay e perché secondo lui dall'abbigliamento non potevano che essere comunisti. A una loro richiesta di spiegazioni, li ha raggiunti colpendoli con calci e pugni. A uno ha rotto gli occhiali da vista causandogli una ferita all'occhio destro, l'altro lo ha colpito alla bocca e con un calcio. Gli amici dell'aggressore non l'hanno fermato, ma, secondo quanto denunciato, hanno consigliato ai due malmenati di andarsene, se no sarebbe stato peggio per loro.
I due giovani si sono allontanati e hanno chiamato la polizia, che è immediatamente intervenuta, ma nel frattempo al bar non c'era più nessuno. Indagini sono in corso per individuare l'autore del pestaggio e le persone che erano con lui.

«L'ennesimo episodio di violenza omofobica dimostra come l'Italia sia di fronte ad un'emergenza». Lo afferma il responsabile nazionale per i diritti civili di Sinistra Ecologia e Libertà, Alessandro Zan, commentando l'aggressione di due giovani omosessuali che camminavano abbracciati a Padova. «Chiedo al governo - prosegue Zan - di approvare al più presto una legge contro l'omofobia e l'estensione della legge Mancino per punire in modo severo tutte le violenze motivate dall'orientamento sessuale. Padova - sottolinea Zan, assessore comunale nel capoluogo euganeo - è sempre stata una città aperta e tollerante, questo episodio dimostra che ormai nessuna città o paese è esente dalla violenza omofoba. Le istituzioni - conclude - devono essere molto severe e bisogna mettere in campo ogni sforzo per trovare l'aggressore e consegnarlo alla giustizia».

12 giugno 2010

l'U


09/09/2010 01:10
 
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Il monologo di Tim e il divieto
di costruirsi una vita assieme

di Ivan Scalfarotto
Londra, West end. Le luci si spengono come un sipario che si chiude. La gente applaude, e si alza dalle poltrone ancora al buio, con gli occhi umidi. Anche il protagonista deve essersi commosso: si vede bene in questo teatro senza palcoscenico, dove gli attori recitano talmente vicini che potresti toccarli. L’attore che fa Tim, il personaggio principale, ha appena terminato un monologo fortissimo. È l’ultimo grido di un uomo che ha perso il compagno di una vita, e con lui la sua vita: «La cosa più complicata è avere tutto questo amore per te che non ritorna indietro. Mi innamoro di tutti, a ogni momento, ma è soltanto il bisogno di te che non sa più dove andare. Sei come un buco nella mia vita, un buco nero. Mi manchi terribilmente». Il teatro è pieno. Abbiamo appena assistito ai quindici anni di vita insieme di Tim e di John. John quello bello, il capitano della squadra di football della scuola. Quello che Tim non avrebbe mai pensato sarebbe stato suo. Holding the man è la riduzione teatrale del meraviglioso romanzo di Timothy Conigrave, che l’Aids ha portato via nel 1994, due anni dopo la morte del compagno, John Caleo.

Vado a vedere lo spettacolo con il mio Federico e due amici. Il primo tempo passa spensierato e allegro, come la giovinezza dei protagonisti. Il secondo tempo, invece, quello più drammatico della malattia condivisa e della morte, è indimenticabile. Arriviamo alla fine provati, sopraffatti emotivamente da una storia che, con tutto il suo dolore e le sue contraddizioni, è principalmente la storia di un grande amore, di quelli che ispirano una vita intera. Dallo sfumare dell’ultimo applauso ho continuato a pensarci per giorni. Come per giorni avevo pensato alla disperazione del bacio rubato di Heath Ledger e Jake Gyllenhaal che si ritrovano in Brokeback mountain, o a Tom Hanks e Antonio Banderas vestiti da ufficiali di Marina e alla tenerezza infinita del lento che ballano abbracciati in Philadelphia.

In fondo i grandi amori, quelli per i quali si può vivere o morire, i tormenti di cuori pronti a tutto pur di superare ostacoli crudeli, oggi puoi raccontarli, scriverli, sceneggiarli soltanto se la coppia è gay. Viviamo in un mondo nel quale, per fortuna, si dà per assodato che sia l’amore l’unica ragione per la quale nasce una coppia, che un matrimonio non è un business o un affare di famiglia, che le mogli bambine siano una barbarie, che la decisione di sposarsi sia un diritto intimo e inviolabile che appartiene esclusivamente degli sposi: tutte conquiste abbastanza recenti (e purtroppo non ancora di portata universale) che sembrano avere lasciato agli omosessuali il poco invidiabile monopolio degli amori impossibili. In questo nostro tempo e in questo nostro occidente, e mai come nella nostra piccola Italia, è agli omosessuali che l’autorità (familiare, sociale, statuale) contrappone il divieto di costruire e trascorrere la vita insieme. Non ci sono più Montecchi e Capuleti, ma non manca mai un sottosegretario alla Famiglia, un alto prelato o un capopopolo che si arroga il diritto di fare la morale. E di vietare l’amore.

Invece succede ugualmente che ci si incontri e ci si ami. Con le conseguenze del caso, anche sul piano pratico. Mettere su casa e accorgersi di quanto sarebbe stato comodo potere fare affidamento su quella lista di nozze che non si potrà mai avere. Dirsi buonanotte la sera e salutarsi al mattino. Pagare l’affitto o la rata del mutuo. Gestire le famiglie di provenienza: quest’anno vigilia dai miei e Natale dai tuoi o preferisci il contrario? Pensare alle vacanze, gli amici miei e quelli tuoi che diventano nostri. I progetti di vita. Cambiare lavoro, decidere di assumersi un rischio soltanto perché si sa di essere in due. Immaginarsi vecchi, vecchissimi, e fare pure testamento. Come ironizzano i soloni impegnati a convincere gli omosessuali che una legge non serve a nulla? «Ma quale matrimonio: per tante cose basta andare dal notaio». Sarà. Dal notaio, comunque, bisogna andarci per tempo e per davvero.

E poi gli anniversari, i compleanni, le piccole sorprese. Tornare a casa dopo alcuni giorni trascorsi fuori e abbracciarsi sulla porta senza dirsi una parola. Il lusso di una serata a guardare Montalbano buttati sul sofà. I gatti che fanno le fusa. Svegliarsi nel pieno della notte, allungare la mano e sentire che ci sei, così mi riaddormento subito. I film, i libri, la musica, la nostra canzone. Infine i viaggi, le foto, i ricordi, che una vita in comune è fatta del piacere del loro accumularsi.
Di convivenze gay e lesbiche ne ho viste molte, ognuna fatta a modo suo. A rifletterci, l’assenza di modelli che tanta fatica causa durante l’adolescenza almeno un risvolto positivo ce l’ha: è utile per potersi inventare rapporti più liberi, fuori dagli stereotipi, dai vincoli della cultura e delle abitudini. Dove cucina chi ha voglia e cambia la lampadina chi ci pensa per primo, o chi lo sa fare o lo vuol fare. Dove essere una dual income couple, una coppia in cui si lavora (e guadagna) in due è un concetto concreto, visto che nessuno deve cedere il passo per definizione, come spesso accade alle donne nelle coppie eterosessuali. Dove non ci sono ruoli prestabiliti e convenzioni difficili da sfidare.
Anche lasciarsi può essere più semplice se in mezzo non ci sono avvocati, genitori, amici, vicini di casa, colleghi, che sentono il dovere di dire la propria, di trasformare una relazione al termine in un tiro alla fune astioso, in una guerra legale, sociale ed economica.

L’assenza di un riconoscimento da parte della società comporta l’esclusione di specifiche responsabilità e, fra i tanti problemi che crea, lascia le dinamiche sentimentali in una zona protetta, dove le cose appartengono interamente alla sfera dei sentimenti, del rapporto di coppia, del patto libero e reciproco tra persone.
La mancanza di pressioni dall’esterno rende il separarsi un passaggio altrettanto intimo del momento in cui si è deciso di cominciare a stare insieme. Si può accettare lo spegnersi di una storia più facilmente e decidere di preservare ciò che si è costruito. Senza altra amarezza che quella di un amore finito.
08 settembre 2010

l'U


09/09/2010 01:11
 
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Re:
GayAbruzzo, 05/06/2010 6.55:

l'italia è in mano alla chiesa!

Io preferisco dire tra gli artigli [SM=x432719]


30/06/2011 12:35
 
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IL CASO
Obama: "Legge unioni gay? Buona cosa"
Calo debito-deficit con crescita lavoro




Barack Obama

Il presidente Usa: "Singoli Stati decideranno
se legalizzare o meno legami tra persone dello stesso sesso".
E sulla crisi economica:
"Le conseguenze di un default americano saranno significative
e imprevedibili".
Per quanto riguarda l'Afghanistan,
"lavoro non ancora finito"

NEW YORK - La legge approvata a New York "è stata una buona cosa". Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano cosa ne pensasse dei matrimoni gay nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca, durante la quale ha risposto anche a domande sulla crisi economica e sull'intervento militare in Afghanistan. "La riduzione del deficit e del debito deve essere parte di un pacchetto per la crescita dell'occupazione", ha detto Obama, sottolineando che l'amministrazione sta rivedendo la normativa per semplificarla in modo da favorire la crescita.

Legge sui matrimoni gay. Obama ha ricordato quanto fatto finora dalla sua amministrazione in materia, a cominciare dalla abrogazione della 'dont' ask don't tell' (non chiedere, non dire), la legge che vieta l'arruolamento nelle forze armate Usa a una persona dichiaratamente omosessuale. "La mia amministrazione ha più volte affermato che non si può discriminare in base all'orientamento sessuale", ha affermato. Questo è "un principio essenziale" per la sua amministrazione. Ma per quanto riguarda il matrimonio a suo avviso la materia deve essere regolata dagli Stati. "Ho scoperto da quando sono presidente che non posso dettare precisamente come procede questa questione", ha detto Obama, che è stato criticato dagli attivisti del movimento
gay con l'accusa di essere troppo timido nell'appoggio al diritto di sposarsi. Obama - la cui posizione sul matrimoni gay è stata definita dallo stesso "in evoluzione" (anche se non ha mai nascosto di essere contrario, mentre è favorevole alle unioni civili) - ha reiterato che il suo governo non difenderà più in tribunale la legge federale che definisce il matrimonio come esclusivamente tra un uomo e una donna, ma che non prenderà posizione rispetto ai singoli stati (6 su 50 più il distretto di Columbia prevedono le nozze gay finora). In ogni caso "il paese va verso più uguaglianza, e penso che sia una buona cosa", ha detto il presidente, apparso leggermente imbarazzato su una questione politicamente molto sensibile.

Crisi economica. Per quanto riguarda la crisi economica, il presidente degli Stati Uniti ha sottolineato ancora una volta che "è urgente ridurre il deficit". Mille miliardi di dollari di tagli sono già stati identificati per ridurre il deficit, ha precisato Obama, spiegando che la riduzione del deficit richiede un "approccio bilanciato": "continueremo a trattare fino a che un accordo non sarà raggiunto. Nessuno vuole vedere un default degli Usa". E ha aggiunto: "I repubblicani faranno quello che è responsabile per il deficit e il debito".

"Afghanistan, lavoro non ancora finito". Il nostro lavoro in Afghanistan "non è finito", ma siamo "entrati nella fase di transizione", ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. ''Kabul è molto più sicura che in passato e le forze afgane a Kabul sono molto più preparate di prima. Questo non significa che non possano accadere eventi del genere ancora per un po' di tempo''.


(29 giugno 2011)

Rep


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30/06/2011 13:55
 
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