«La pallina non sa quanti anni ho». Così Martina Navratilova, la più grande tennista di tutti i tempi, annuncia un 2005 da protagonista. E si offende quando qualcuno le ricorda l’età: 48 anni da due mesi. «Troppo vecchia? Grazie, lo considero un insulto. Il tennis femminile oggi è potenza. Ma non solo, per fortuna. E io sto dannatamente bene. Vi sorprenderò». La promessa vale una minaccia per le avversarie degli Australian Open - al via il 17 gennaio - dove Martina farà coppia con la francese Nathalie Dechy che ha metà dei suoi anni. La Navratilova cercherà di ritoccare il suo strabiliante bilancio di 58 titoli nel Grande slam, tra singolare (18), doppio (31) e misto (9). Intanto, da domani all’8 gennaio, la mancina di Praga con passaporto stelle e strisce assaggerà la terra australiana nel torneo della Gold Coast, sempre in doppio con la Dechy.
Trecentoquarantuno titoli, di cui 167 nei singolare dei tornei open (primato assoluto), per sette anni numero uno del ranking mondiale, il 17 novembre 1994 la Navratilova abbandonava la scena in sella a una Harley Davidson, regalo delle colleghe per il suo addio. Falsa partenza. Dopo quasi nove anni, nel giugno 2002, il clamoroso ritorno alla racchetta. «Senza tennis era una noia bestiale» ricorda Martina.
Da allora ha aggiunto due incantesimi alla sua magica storia: la vittoria nel doppio misto di Wimbledon (a 46 anni e 7 mesi, record storico per una prova del Grande slam), con l’indiano Paes, e il debutto olimpico la scorsa estate ad Atene: quarti di finale raggiunti insieme a Lisa Raymond.
Quello di Martina Navratilova è un caso unico nello sport, sia per i risultati che per le «modalità». Ha attraversato e affrontato generazioni di avversarie storiche, da Chris Evert alle sorelle Williams, passando da Steffi Graff e Gabriela Sabatini, restando sempre accomodata sul trono. Con McEnroe ha inventato, e mai tradito, il «serve and volley», uno stile concesso solo ai mostri di tecnica e agonismo che prevede battuta e discesa immediata a rete. Punti più veloci e spettacolari, risparmio di energie. Anche questo spiega la sua carriera infinita.
«Oggi - dice - costruiscono le racchette per colpire forte dal fondo. Ma all’inizio per me c’era solo legno. La mia filosofia è nata da un limite dell’attrezzo».
Nata a Praga il 18 ottobre 1956, Martina ha abbandonato l’ex Cecoslovacchia nel 1975 («Non sopportavo l’arroganza sovietica. Mi hanno sequestrato perfino la casa») per trasferirsi prima in Florida, poi in Colorado. Dal 1981 è cittadina americana grazie a una legge che porta il suo nome - «Bill relief of Martina Navratilova» - che concede il passaporto Usa ad atleti stranieri con eccezionali meriti sportivi. Recentemente ha riacquistato la sua vecchia casa natale. Con i 30 milioni di dollari guadagnati in carriera se lo poteva permettere.